REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.509/2006

Reg.Dec.

N.  5096 Reg.Ric.

ANNO   2000

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto da MINISTERO DELL’INTERNO rappresentato  e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliato per legge presso i suoi uffici in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

contro

(omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Parlamenti Paolo ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma via Rodolfo Lanciani n. 10;

per l'annullamento

della sentenza  del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione I ter - n. 4007   del 1999;

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellato;         

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla camera di consiglio dell’8 novembre 2005 relatore il Consigliere Giancarlo Montedoro.

     Udito l’avv. dello Stato Vessichelli;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

     Il ricorrente in primo grado (omissis), in servizio presso il Commissariato di P.S. di (omissis) in data 15 ottobre 1996 veniva fermato per un controllo nei pressi del carcere di Spoleto dove si era recato a prelevare il cognato, ivi recluso, che doveva fruire di un permesso premio da trascorrere in famiglia a San Giorgio a Cremano.

     Tale episodio determinava l’avvio di un procedimento disciplinare a carico del ricorrente, conclusosi con un provvedimento di sospensione dal servizio, irrogato per violazione dell’art. 6 n. 1 in relazione all’art.4 n. 3 del d.p.r. n. 737/1981 (che censura come illecito disciplinare il fatto dell’agente o funzionario che gravemente e/o reiteratamente e/o abitualmente “mantiene relazioni con persone che non godono di pubblica estimazione o … non confacenti al proprio stato”).

     A siffatto provvedimento, impugnato dall’interessato con ricorso n. 16842 del 1997 , poi accolto con sentenza del Tar Lazio n. 1381/1999, si aggiungeva il provvedimento impugnato nel presente processo, recante il trasferimento del ricorrente , ai sensi dell’art. 55 del d.p.r. n. 335/1982, dalla sede di servizio del Commissariato di P.S. di Portici alla Questura di Campobasso, nonché di tutti gli altri atti precedenti, correlati e comunque connessi.

     Il provvedimento era stato adottato su richiesta del Questore di Napoli, dal Capo della Polizia, ed era motivato per incompatibilità ambientale dall’attuale sede di servizio nonché dalla Provincia di Napoli.

     Avverso quest’ultimo provvedimento il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

     1) Violazione di legge ( l. n. 241/1990 ) ed eccesso di potere per omessa valutazione di elementi rilevanti prodotti dall’istante.

     L’amministrazione, alla quale il (omissis), dopo l’avvio del procedimento che lo riguardava, aveva prodotto le proprie documentate controdeduzioni, non ha dato conto, nell’adottare il provvedimento impugnato, di aver valutato quanto rappresentato dall’interessato motivando in ordine alle ragioni per le quali le deduzioni stesse dovevano essere disattese.

     2) Eccesso di potere per omesse e parziali valutazioni di elementi rilevanti e vizi di motivazione , quanto alla sussistenza dell’incompatibilità, essendo fondato l’atto impugnato, adottato su richiesta del Questore, su una motivazione viziata ed anomala, che è in sostanza una condanna del tutto personale del Questore stesso nei confronti dell’assistente di P.S. ricorrente.

     3) Eccesso di potere per vizio assoluto di motivazione sull’ambito territoriale della pretesa incompatibilità, non emergendo alcun elemento nell’atto impugnato, diretto ad allontanare il ricorrente dall’attuale sede di servizio nonché dalla Provincia di Napoli, che giustifichi “incompatibilità più ampie dal punto di vista territoriale”.

     4) Eccesso di potere per sviamento, essendo irrazionale ed in contrasto col principio di organizzazione ex art. 97 Cost. l’uso del trasferimento per incompatibilità al diverso fine di completare gli organici ed essendo comunque fondato detto trasferimento non tanto su motivi di compatibilità ambientale, quanto piuttosto su ragioni di tipo punitivo.

     L’amministrazione ha controdedotto concludendo per il rigetto del gravame.

     Il Tar ha accolto il ricorso con la sentenza impugnata.

     Appella l’amministrazione.

     Resiste il ricorrente.  

D I R I T T O

     L’appello è fondato.

     La sentenza ha ritenuto che l’amministrazione non abbia considerato adeguatamente il legame familiare tra il ricorrente ed il cognato ergastolano, legame rilevante, anche ai fini del trasferimento per incompatibilità ambientale, alla luce delle norme costituzionali che tutelano i valori della solidarietà familiare ed indicano che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, anche per gravi delitti come quello commesso dal congiunto del ricorrente.

     La situazione di incompatibilità ambientale non sarebbe insanabile, non potendosi prescindere, nella valutazione della fattispecie dall’osservanza dei principi e dei valori costituzionali prima ricordati.

     Va rilevato che il provvedimento impugnato ha considerato in modo specifico le osservazioni avanzate dal (omissis), dando atto di avere esaminato “la nota n. 2.3/33 M0665 datata 13 febbraio 1997 con la quale l’assistente ha espresso le proprie osservazioni in merito al procedimento per il movimento d’autorità” e di avere in sostanza valutato la situazione familiare del predetto.

     Non vi è alcun dovere dell’amministrazione di procedere ad una confutazione analitica delle osservazioni formulate dal privato quando risulti che l’amministrazione ne abbia tenuto conto in modo serio e specifico ed il complesso della motivazione renda chiare le ragioni della determinazione amministrativa.

     Quanto poi alla mancata considerazione dei valori costituzionali della tutela della solidarietà familiare e della finalità rieducazione delle pene va rilevato che essi vanno bilanciati, nel nostro ordinamento costituzionale, con altri valori di pari importanza come ad esempio quello volto ad assicurare l’imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione nonché il principio di legalità dell’azione amministrativa.

     Va peraltro considerato che tali ragioni possono considerarsi maggiormente incidenti sulla potestà disciplinare della p.a. (ed hanno infatti condotto all’annullamento del provvedimento disciplinare irrogato al (omissis)); mentre minore incidenza sono destinate a spiegare rispetto ad un provvedimento che trova le sue ragioni nella necessità di assicurare la piena serenità dello svolgimento dei compiti istituzionali dell’amministrazione e dello stesso dipendente e la credibilità della azione amministrativa, nel delicato settore del contrasto alla criminalità e della garanzia della sicurezza pubblica e dell’ordine pubblico.

     La vicenda delittuosa che aveva coinvolto il cognato del ricorrente, relativa ad un delitto di sangue nei confronti di  minorenne, consumato collettivamente, costituisce motivo sufficiente, per la sua notorietà, in presenza di prova del legame familiare significativo e della relazione affettiva fra il (omissis) ed il cognato, per ritenere inopportuna la presenza del (omissis) nella sede di servizio operante nel territorio che conservava memoria dell’atto delittuoso.

     Il rapporto di frequentazione e parentela fra un dipendente della Polizia di Stato ed un condannato all’ergastolo per un efferato omicidio a danni di minori, può infatti , senza dubbio, costituire motivo di scandalo e di turbamento quando l’assistente di polizia presti servizio nella sede di servizio avente competenza sul territorio nel quale ebbe a verificarsi il grave fatto delittuoso.

     Congrua è la scelta di assegnare l’appellato ad una sede di servizio appartenente a provincia limitrofa a quella in cui egli prestava servizio, proprio al fine di minimizzare il pregiudizio inevitabilmente connesso al trasferimento per incompatibilità.

     Non vi sono elementi poi che consentano di affermare che il provvedimento rivesta carattere punitivo o sia motivato da decisione riconducibile a valutazioni personali del Capo di Polizia piuttosto che a ragioni istituzionali.

     Infatti la rilevanza della vicenda delittuosa è di per sé, nella specie, indicativa delle ragioni istituzionali che fondano la determinazione amministrativa impugnata, legittima e ragionevole per tutto quanto esposto. 

     Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio. 

P. Q. M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata e respinge il ricorso di primo grado .

     Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, l’8 novembre 2005 al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Claudio VARRONE   Presidente

Sabino LUCE    Consigliere

Giuseppe ROMEO   Consigliere

Rosanna DE NICTOLIS  Consigliere

Giancarlo MONTEDORO  Consigliere Est. 
 

Presidente

CLAUDIO VARRONE

Consigliere       Segretario

GIANCARLO MONTEDORO    GLAUCO SIMONINI 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il.  09/02/2006

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 5096/2000


 

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