N.5759/2006

Reg. Dec.

N. 10341

Reg. Ric.

Anno 2005 
 

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

     sul ricorso in appello n. 10341 del 2005, proposto da ...OMISSIS... ...OMISSIS... rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Alberto Melegari ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Enrico Petrucci in Roma, Piazza di Villa Carpegna, n. 42;

CONTRO

     Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi n.12, è domiciliato per legge;

PER L’ANNULLAMENTO

     della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma (Sezione II) 4 novembre 2004, n. 12430.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 27 giugno 2006, relatore il Consigliere Costantino Salvatore.

     Uditi l’avv. Procaccini su delega dell'avv. Melegari per lappellante e lAvvocato dello Stato Quattrone per il Ministero appellato;

     Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

     ...OMISSIS... ...OMISSIS..., Maresciallo della Guardia di Finanza in forza al Comando Gruppo Aeroporti Guardia di Finanza di ...OMISSIS..., con ricorso al TAR Lazio, sede di Roma, impugnava il provvedimento del Comandante Generale della Guardia di Finanza n.316700 in data 14 settembre 2002, recante la perdita del grado per rimozione.

     Il ricorrente premetteva che la sanzione era stata inflitta all’esito di procedimento disciplinare, che traeva origine da un controllo antidroga operato da una pattuglia del Commissariato di Nettuno in data 19 aprile 2001, mentre si trovava all’interno della propria autovettura.

     Aggiungeva che, a seguito della perquisizione effettuata nella macchina, era stato rinvenuto un involucro, contenente sostanza di colore bianco che gli agenti qualificavano come “cocaina”, e che nell’annotazione redatta nell’occasione, si dava atto di presunte dichiarazioni da lui rese, con le quali, oltre a confermare la tipologia della sostanza, si ammetteva sia l’acquisto da un non meglio identificato Emanuele sia di fare uso di sostanze stupefacenti da circa due anni.

     Rappresentava ancora il ricorrente che, a seguito di analisi chimiche effettuate presso l’ARPA Lazio, la sostanza sequestrata non risultava essere stupefacente (verbale ARPA prot. n. 2909 – n. Reg. D/271/2001 del 19 giugno 2001), e che gli accertamenti clinici svolti nei suoi confronti presso il Centro Militare di Medicina Legale di Roma – Cecchignola, davano esito negativo in ordine a tossicodipendenza da qualsiasi tipo di droghe conosciute come da verbale del 23 aprile 2001.

     Solo l’esame tricologico, al quale era stato sottoposto presso l’Istituto di Medicina Legale della facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” di Roma, dava esito “positivo per cocaina”, con un limite di sensibilità estremamente basso (0,5 nano/grammi/milligrammo).

     Ciò non di meno, l’inchiesta formale instaurata per verificare la sussistenza delle attitudini alla permanenza in servizio ed il conseguente procedimento disciplinare si concludevano con il gravato provvedimento, nei confronti del quale insorgeva l’interessato, deducendo, con un unico articolato motivo, la violazione degli artt. 40 della legge 3 agosto 1961, n. 833, 60 della legge 3 agosto 1954, n. 599, nonché erronea e insufficiente motivazione in ordine all’uso di sostanza stupefacente.

     Il Ministero intimato resisteva al ricorso, contestandone la fondatezza.

     Il ricorso era respinto con la sentenza in epigrafe specificata, contro la quale l’interessato ha proposto il presente appello, chiedendone l’integrale riforma.

     Il Ministero si è costituito anche in questo grado di giudizio.

     L’appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 27 giugno 2006.

D I R I T T O

     1. Il primo motivo d’appello critica le conclusioni del TAR sul corrispondente motivo di ricorso originario e ripropone la censura di errata e/o insufficiente motivazione in ordine all’uso di sostanza stupefacente ed allo stato di tossicodipendenza del ricorrente.

     Ad avviso del ricorrente, l’indicato provvedimento espulsivo sarebbe viziato sotto i profili della la carenza e della contraddittorietà della motivazione sia perché l’asserita tossicodipendenza si basa sostanzialmente sulle risultanze degli accertamenti effettuati presso l’Ospedale Gemelli, mentre non sarebbero state tenute in alcuna considerazione le risultanze di altri accertamenti sanitari favorevoli all’interessato sia perché non sono state evidenziate le ragioni in base alle quali l’amministrazione, pur ritenendo accertata la positività del ricorrente, ha ritenuto di irrogare la contestata rimozione senza prendere in esame la possibilità di irrogare una sanzione più lieve e non espulsiva.

     Entrambi i profili di censura sono stati respinti dal giudice di primo grado.

     Per quanto concerne la positività alle sostanze stupefacenti il TAR ha osservato che la circostanza è stata ritenuta sussistente sulla base delle specifiche analisi tossicologiche effettuate presso l’ospedale Gemelli, non tenendo conto in merito delle risultanze degli accertamenti favorevoli, quali quello eseguito in data 23 aprile 2001 presso la CMO di Roma Cecchignola, in quanto l’unico sistema per accertare inequivocabilmente l’assunzione di sostanze stupefacenti è la spettometria di massa accoppiata alla gas cromatografia liquida ad alta efficienza, esame a cui è stato sottoposto il ricorrente presso il Gemelli.  

     I risultati degli accertamenti tossicologici non sarebbero stati in alcun modo confutati dal ricorrente, il quale si sarebbe limitato a contestarne la fondatezza sulla base del mero riferimento agli altri accertamenti medici effettuati, senza evidenziare la ragioni, anche di carattere scientifico, in base alle quali l’amministrazione si sarebbe dovuta adeguare alle risultanze di tali i accertamenti, ignorando in sostanza l’esito delle specifiche analisi tossicologiche.

     Quanto all’omessa indicazione delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione a non prendere in esame la possibilità di irrogare una sanzione meno grave, il primo giudice ha osservato che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, il provvedimento disciplinare che infligge la sanzione (specie quella più grave) è adeguatamente motivato, allorché individua, con sufficiente chiarezza, i relativi presupposti di fatto, la manifesta gravità degli stessi nonché le ragioni che hanno indotto l’amministrazione a considerare incompatibili i fatti commessi con la prosecuzione del rapporto di servizio.

      Nel caso di specie, tale onere motivazionale risulterebbe ampiamente soddisfatto, vuoi perché il provvedimento impugnato evidenzia chiaramente i presupposti di fatto – peraltro, non limitati alle sole risultanze della analisi, ma riferiti anche a quanto dichiarato dall’interessato agli Agenti di Polizia – sui quali si è basato il giudizio sulla sussistenza della tossicodipendenza, vuoi perché sono altrettanto adeguatamente esplicitate le ragioni in forza della quali il comportamento tenuto dal ...OMISSIS... doveva essere considerato particolarmente grave (palese e stridente contrasto con le elementari regole deontologiche alla cui osservanza erano tenuti gli appartenenti alla Guardia di Finanza) nonché quelle per cui il suddetto ufficiale è stato ritenuto non meritevole di continuare a far parte della citata struttura (venir meno dei requisiti morali ritenuti necessari in relazione ai delicati compiti istituzionali della G.di F.).

     1.1. Le argomentazioni svolte con il primo motivo di appello sono dirette a contestare le considerazioni poste a base della statuizione del TAR, che sarebbero errate perché completamente disancorate dalle emergenze processuali compiutamente analizzate, invece, in sede di ricorso introduttivo.

     Le critiche che vengono rivolte alla sentenza sono le seguenti:

     a). l’affermazione del giudice di primo grado, secondo cui l’unico esame al quale attribuire rilevanza scientifica per verificare la tossicodipendenza dell’inquisito sia quello eseguito presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, mentre tutti quelli di segno opposto effettuati prima e dopo tale ultimo esame sarebbero privi di rappresentatività, è intimamente illogica e incoerente.

     Detta affermazione, difatti, dimostra che, senza il supporto di un’indagine peritale ovvero di un parere scientifico, è stata effettuata un’analisi comparativa di differenti esami con un giudizio di valore estraneo al bagaglio cognitivo del giudice. Indagine tanto più necessaria ove si consideri che le prime analisi effettuate nell’immediatezza del fermo amministrativo (cinque giorni dopo l’annotazione di servizio del 19 aprile 2001) avevano dato esito del tutto negativo (risultati del laboratorio di analisi del Centro Militare di Medicina Legale di Roma Cecchignola del 23 aprile 2001)

     b). della successiva seconda analisi, effettuata ad oltre un mese di distanza, che ha avuto esito positivo sulla tossicodipendenza, l’interessato è stato tenuto all’oscuro sulle modalità di trasporto e di apertura del pacco contenente i campioni prelevati e non è stato invitato alle operazioni successive, che si sono svolte senza alcun preavviso, per cui non sarebbe da escludere una contaminazione, ancorché involontaria, degli stessi.

     A questo proposito, l’appellante assume che, alla stregua della ratio ispiratrice dell’art. 360 CPP – secondo cui gli esami irripetibili di particolare importanza e complessità devono svolgersi, pena la loro inutilizzabilità, nel rispetto di particolari cautele ed alla presenza dell’indagato e del suo difensore – anche nel caso di specie, un esame dal quale dipende la vita professionale di un soggetto deve essere effettuato con la presenza dell’interessato, e ciò specie quando, come nella vicenda in esame, detto esame è l’unico contrastante con plurimi esami, precedenti e successivi, di segno opposto.

     D’altra parte, l’insufficienza dell’esame contestato al fine di accertare lo stato di tossicodipendenza è dimostrato dal fatto che la Commissione Medica di Seconda Istanza ha proseguito i propri lavori, concludendo in data 23 febbraio 2002, con un giudizio di “lieve reattività ansiosa in soggetto senza segni di scompenso psicopatologico in atto con allegata denegata e non riscontrata tossicofilia”. Altrettanto negativo è stato il risultato delle successive analisi tricologiche del 14 novembre 2003, che si sono concluse con “risultato negativo per presenza di cocaina”.

     A supporto di tali considerazioni critiche sul valore probatorio intrinseco degli esami effettuati presso la CMO di Roma Cecchignola (attendibili) e presso l’Università del Sacro Cuore (poco attendibili), l’appellante richiama l’opinione di autorevole dottrina in materia, della quale deposita anche un parere tecnico scientifico. Si aggiunge, per sostenere la tesi della discolpa, che il ...OMISSIS..., fino a pochissimi mesi prima della vicenda, ha svolto servizio nel Nucleo Antidogra presso l’Aeroporto di ...OMISSIS..., per cui non è da escludere una contaminazione innocente, posto che l’interessato è risultato negativo a tutti gli esami successivi effettuati.

     c). l’affermazione del TAR circa la “radicale inconferenza” del parere della Commissione Medica di Seconda Istanza, che riguarda solo l’idoneità fisica, è errata perché non considera che le gravi carenze di requisiti morali sui quali si fonda la rimozione sono derivate solo dalla dedotta tossicodipendenza. L’inesattezza di tale affermazione, inoltre, si coglie appieno ove si consideri che la sostanza sequestrata, che ha dato origine alla vicenda, è risultata non essere “cocaina”.

     2. Il Collegio osserva che nessuna delle critiche rivolte alla sentenza appellata è meritevole di favorevole considerazione.

     In via prioritaria, va rilevato che, con riferimento al precedente punto 1.1., lett. b), le critiche incentrate sulle modalità di trasporto e di apertura del pacco contenente i campioni prelevati e sul mancato invito alle operazioni successive, che si sono svolte senza alcun preavviso, per cui non sarebbe da escludere una contaminazione, ancorché involontaria, degli stessi, nonché quelle sui criteri da seguire, dal punto di vista scientifico, per attribuire attendibilità agli esami effettuati presso l’Università del Sacro Cuore alla luce del parere della Prof. Annunziata Lopez, introducono per la prima volta in appello profili di censura non sollevati con il ricorso originario. Esse, pertanto, prima ancora che infondate, sono inammissibili.

      Nel merito, nessuna delle critiche avanzate dall’appellante è tale da condurre a conclusioni diverse da quelle raggiunte dal primo giudice.

     Al riguardo, conviene ricordare che le tappe del procedimento disciplinare, che si è concluso con la perdita del grado per rimozione, sono analiticamente e dettagliatamente evidenziate nel provvedimento del Comandante Generale della Guardia di Finanza.

     In esso, infatti - pur dandosi atto della mancanza di prova dell’addebito circa la detenzione di sostanza stupefacente, essendo emerso nel corso del procedimento che quella sequestrata non appartiene a nessuna delle droghe conosciute attualmente in circolazione - sono esplicitate le ragioni che dimostravano inequivocabilmente le responsabilità del militare (dichiarazione, nell’immediatezza del fatto, di fare uso di droga da circa due anni e di avere acquistato la sostanza sequestrata poco prima da un certo Emanuele, giunto sul posto a bordo di una “Fiat Tipo” di colore grigio metallizzato in compagnia di tale Maurizio; referto della Facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, attestante la positività all’uso di cocaina e diagnosi in data 25 maggio 2001 del Centro militare di Medicina Legale di Roma, attestante la “persistente reattività disforia in soggetto tossicomane accertato”); sono richiamate dettagliatamente le difese addotte dall’interessato a propria discolpa (firma dei verbali in stato di emotività senza leggerne il contenuto; errore materiale della diagnosi di positività alla cocaina emersa dall’esame di laboratorio, tenuto conto che gli esami ematici e delle urine sono risultati negativi; probabile contatto involontario con sostanza stupefacente, avvenuto nei giorni antecedenti al proprio fermo a seguito di operazioni di servizio effettuate); sono, infine, analiticamente indicate le ragioni che impedivano di accogliere le discolpe predette e che inducevano a concludere nel senso del mancato possesso da parte dell’inquisito dei “requisiti morali” e della sua incompatibilità con la permanenza nello status di appartenente alla Guardia di Finanza, essendo stata provata a suo carico la piena violazione del giuramento prestato, cui consegue, ai sensi dell’art. 60 della legge 3 agosto 1954, n. 599, la perdita del grado per rimozione.

     Ad avviso del Comandante Generale, gli addebiti contestati e poi provati nel corso del procedimento disciplinare, denotano gravi carenze di qualità morali e di carattere, perché il militare, assumendo droga, è entrato in netto contrasto con le finalità del Corpo in cui presta servizio, istituzionalmente preposto alla repressione di tali traffici ed ha arrecato grave nocumento all’immagine ed al prestigio della Guardia di Finanza.

     Il contenuto del provvedimento impugnato consente, in primo luogo, di rilevare che tutti i profili di censura muovono dal presupposto, errato, che la perdita del grado per rimozione sia stata considerata una conseguenza automatica dell’uso di sostanze stupefacenti. Al contrario, dalle motivazioni poste a base del citato provvedimento, ampiamente richiamate, si ricava in modo evidente che gli elementi di fatto emersi sono stati valutati come incompatibili con lo status di militare della Guardia di Finanza, per la decisiva ragione che il comportamento del ...OMISSIS... ha denotato gravi carenze di qualità morali e di carattere e si è posto in palese contrasto con gli obblighi nascenti dal giuramento.

        2.1. Passando, poi, all’esame dei singoli rilievi mossi con il primo motivo di appello, si deve subito osservare che le prime analisi effettuate nell’immediatezza del fermo amministrativo, vale a dire quelle svolte in data 24 aprile 2001 presso il Centro Militare di Medicina Legale di Roma - Cecchignola, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, si sono concluse con un giudizio della CMO non di segno negativo, ma interlocutorio, avendo diagnosticato uno “stato ansioso disforico di grado moderato in soggetto con sospetta tossicosi in attesa di ulteriori accertamenti”, con conseguente non idoneità al servizio militare incondizionato per trenta giorni.

     Identico giudizio diagnostico veniva formulato sotto la stessa data dall’Ambulatorio psichiatrico del Centro suddetto, il quale consigliava l’analisi del capello.

     Pertanto, il successivo giudizio diagnostico espresso dalla medesima CMO in data 25 maggio 2001, in base al quale – presa visione del giudizio psichiatrico e dell’analisi del capello eseguito il 16 maggio 2001 dalla facoltà di Medicina e Chirurgia del policlinico “A. gemelli” – è stata riscontrata una persistente reattività disforia in tossicomane accertato, con conseguente non idoneità al servizio militare incondizionato per 180 giorni, lungi dall’essere in contrasto con quello del 24 aprile 2001, costituisce la semplice prosecuzione degli accertamenti precedenti.

     In base alle considerazioni che precedono, è da escludere che nella specie vi sia stata discordanza tra i vari pareri medico – sanitari intervenuti e vanno, pertanto, disattesi i rilievi critici di cui al precedente punto 1.1. lett. a) e b) vuoi perché, non essendo stata effettuata un’analisi comparativa di differenti esami, non occorreva il supporto di un’indagine peritale ovvero di un parere scientifico, vuoi perché tutti gli esami di laboratorio sono stati effettuati, ovviamente, in presenza dell’interessato.

     Né può condurre a diversa conclusione il parere della Commissione Medica di Seconda Istanza del 23 febbraio 2002, recante un giudizio di “lieve reattività ansiosa in soggetto senza segni di scompenso psicopatologico in atto con allegata denegata e non riscontrata tossicofilia”.

     Il provvedimento di rimozione per perdita di grado non è stato emanato in considerazione delle condizioni psico-fisiche dell’interessato, ma per la violazione dei doveri di lealtà e correttezza assunti con il giuramento e per carenza delle qualità morali e di carattere.

     In altri termini, come correttamente affermato dal primo giudice, l’esito della seconda visita medica è assolutamente irrilevante, posto che causa del provvedimento espulsivo non è lo stato di salute e l'efficienza del soggetto, da accertarsi mediante accertamenti strumentali sanitari rigorosi e da apprezzarsi sul piano medico legale, bensì valutazioni di tipo morale ed attitudinale che si collocano sul piano della sfera caratteriale del finanziere.

     Altrettanto irrilevante, ai fini della legittimità del provvedimento impugnato, è la circostanza che la sostanza sequestrata è risultata non essere “cocaina”, atteso che di tale circostanza dà atto lo stesso provvedimento impugnato, nel quale si precisa che dell’esito negativo dell’esame di laboratorio si è avuto conoscenza solo nel corso dell’istruttoria del procedimento disciplinare. Ciò che dimostra come il provvedimento di rimozione è stato adottato senza tenere in alcun conto la natura della sostanza sequestrata, inizialmente qualificata “cocaina”.

     In realtà, come esplicitamente chiarito nel provvedimento di rimozione, la responsabilità del ...OMISSIS... è stata desunta, oltre che dai risultati delle analisi alle quali il medesimo è stato sottoposto, anche dalla sua dichiarazione, resa nell’immediatezza del fatto, di fare uso di cocaina da circa due anni e, quanto alla sostanza sequestrata (asseritamene “cocaina”), di averla acquistata poco prima da un certo Emanuele, giunto sul posto a bordo di una “Fiat Tipo” di colore grigio metallizzato in compagnia di tale Maurizio.

      La tesi, esposta in sede di discolpa e riprodotta nel presente giudizio, di avere firmato i verbali in parola in stato di emotività senza leggerne il contenuto, appare, oltre che poco credibile come sostenuto nel provvedimento impugnato, stante l’anzianità di servizio (dodici anni) del militare proprio in attività antidroga, solo un tentativo difensivo, chiaramente smentito dai fatti.

     Va, a questo proposito, rammentato che il ricorrente è stato sorpreso nella sua autovettura in occasione di un perlustramento da parte di agenti di polizia giudiziaria del Commissariato di P.S. “Anzio – Nettuno”, nel corso del quale gli agenti avevano incrociato una Fiat Tipo di colore grigio metallizzato, targata ........ con a bordo tre persone, alla cui guida veniva riconosciuto il sig. ...OMISSIS..., noto pregiudicato da tempo oggetto di indagini da parte della Squadra Mobile dl predetto Commissariato, perché dedito allo spaccio di stupefacenti del tipo “cocaina” in notevole quantità. In particolare, secondo quanto emerge dal rapporto del 19 aprile 2001, il ...OMISSIS... veniva notato durante le ricerche in una delle stradine sterrate esistenti nella zona del Molini che, accortosi della presenza degli agenti della polizia di Stato, era riuscito a far perdere le proprie tracce.

     Ora, se si tiene conto che nella dichiarazione resa dal ...OMISSIS... si parla di un certo ..... per individuare il venditore della sostanza sequestrata, giunto sul posto a bordo di un’autovettura Fiat Tipo di colore grigio metallizzato in compagnia di tale Maurizio, non sembra possano sorgere dubbi sul fatto che tali soggetti siano da individuare, rispettivamente, il primo in ........, risultato intestatario dell’autovettura Fiat Tipo di colore grigio metallizzato, e il secondo, nel noto pregiudicato spacciatore di droga ...OMISSIS....

       Il che conferma la piena attendibilità dell’ammissione sull’uso da circa due anni della droga, fatta dall’inquisito nell’immediatezza dei fatti, ammissione che non può essere smentita dal tentativo successivo di attribuire l’accertata positività, in un primo tempo, a probabili errori di laboratorio e, in un secondo momento, alla possibilità di essere entrato in contatto con lo stupefacente per ragioni di servizio.

     Concludendo sul punto, il primo motivo di appello è infondato e va,pertanto, respinto.

     3. Con il secondo motivo di appello la sentenza viene censurata per erronea, insufficiente e/o inefficiente motivazione circa la sufficienza del presunto stato di tossicodipendenza per il provvedimento di rimozione.

     La tesi del primo giudice, secondo la quale l’amministrazione non è tenuta a prendere in esame la possibilità di irrogare una sanzione meno afflittiva, atteso che, giusta il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, è sufficiente che la determinazione che irroga una sanzione disciplinare (specie quella più grave) indichi i relativi presupposti di fatto, la manifesta gravità degli stessi nonché le ragioni che hanno indotto l’amministrazione a considerare incompatibili i fatti commessi con la prosecuzione del rapporto di servizio, viene contestata perché non considera, da un lato, che il ricorrente non è risultato affetto né da tossicodipendenza né da tossicofilia (come accertato dalla Commissione medica di Roma, la quale, in esito agli accertamenti effettuati agli inizi del 2002, ha riscontrato il ...OMISSIS... affetto da “lieve reattività ansiosa in soggetto senza segni di scompenso psicopatologico in atto con allegata denegata e non riscontrata tossicofila” lo ha ritenuto idoneo al servizio militare nella Guardia di Finanza), e, dall’altro lato, che l’assunzione saltuaria di sostanze stupefacenti non giustifica, di per se, la sanzione della perdita del grado per rimozione.

     L’assunto non può essere condiviso.

     In punto di fatto, conviene ricordare che il Comandante Generale della Guardia di Finanza ha disposto la perdita del grado per rimozione, avendo ritenuto che il Maresciallo, con il suo comportamento, aveva denotato la carenza delle qualità morali e di carattere ed era venuto meno ai doveri di lealtà e correttezza assunti con il giuramento, ponendosi altresì in contrasto con le finalità istituzionali del Corpo.

     In diritto, si deve rilevare che, come ripetutamente affermato dalla Sezione (cfr., Sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2705; 15 maggio 2003, n. 2624; 30 ottobre 2001, n. 5868; 12 aprile 2001, n. 2259; 31 luglio 2000, n. 3647) e ribadito anche di recente (Sez. IV, 14 ottobre 2005, n. 5682), la valutazione della gravità di un comportamento ai fini disciplinari e della proporzione tra la sanzione disciplinare irrogata e la gravità dei fatti contestati, costituisce manifestazione del discrezionale apprezzamento dell’amministrazione, suscettibile di sindacato di legittimità solo per macroscopici vizi logici che nella specie non sussistono.

     Come si è avuto modo di chiarire (cfr. Sez. IV, 31 luglio 2000, n. 3647), che l'assunzione di sostanze stupefacenti sia indice della gravità del comportamento del militare, si ricava dalla considerazione che, anche dopo la parziale abrogazione ad opera del referendum del 18 aprile 1993 di alcune norme del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti (D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309), a mente dell'art. 75 del predetto Testo unico, l'assunzione di sostanze stupefacenti rimane illecito amministrativo.

     Tanto più grave per un militare della Guardia di Finanza il cui compito è di contrastare il commercio di sostanze stupefacenti.

     Il sindacato di legittimità sul giudizio operato dall'Amministrazione militare deve, coerentemente, essere calibrato sui compiti specifici che questa attende (nella specie fra i compiti d'istituto della Guardia di finanza vi rientra l'azione di contrasto al contrabbando ed al traffico di sostanze stupefacenti) e sulle attività istituzionali ad essa commesse (di rilievo quelle di polizia giudiziaria ordinaria e militare), senza invadere gli apprezzamenti di natura tecnico discrezionale a questo sottesi.

     In altri termini, posto che il giudizio di tenuità di una sanzione disciplinare è direttamente correlato alla qualità dell’interessato, non può essere connotato da “tenuità” il comportamento di un Maresciallo, con dodici anni di anzianità, istituzionalmente preposto alla repressione del contrabbando e del traffico di stupefacenti, il quale, in contrasto con i doveri di lealtà e correttezza assunti con il giuramento, faccia uso di sostanze stupefacenti.

     Il Collegio non ignora che, secondo taluni precedenti della sezione (cfr., IV Sez., 14 gennaio 1999, n. 20; id., 18 giugno 1998 n. 948), si è escluso, ai fini del reclutamento, che il vizio degradante di cui all'art. 31 R.D. 3 gennaio 1926, n. 126 fosse rintracciabile in un episodio isolato di assunzione di sostanza stupefacente di tipo hascisc, giacché come tale, doveva intendersi solo quello consistente in un stato patologico del fisico o in una grave devianza della psiche del candidato.

     Si deve, peraltro, osservare che, in tali fattispecie, doveva essere riscontrato lo stato di salute e l'efficienza del soggetto, mediante accertamenti strumentali sanitari rigorosi, da apprezzarsi sul piano medico legale, e non confondibili con le valutazioni di tipo morale ed attitudinale che si collocano sul piano della sfera caratteriale dell'aspirante all'arruolamento.

     Nel caso di specie, invece, non è in contestazione l'efficienza psico-fisica del finanziere, bensì la sua valenza morale ed attitudinale.

     Inoltre, a ben vedere, diversa è la posizione di un soggetto che non ha ancora assunto, mercè l'arruolamento, gli obblighi giuridici e deontologici del militare in servizio, rispetto a quella di chi, già appartenente al Corpo, li infrange. In quest'ultimo caso, la riscontrata mancanza di affidamento sulle doti morali e caratteriali del militare ben può fondarsi sul provato uso di sostanze stupefacenti anche se circoscritto nel tempo, secondo un giudizio di disvalore che rientra nell’esclusiva determinazione del Comandante Generale.

     Quanto all’asserita sproporzione tra fatto contestato e sanzione inflitta, va ricordato la pacifica giurisprudenza (A.P. 26 giugno 2000, n. 15), secondo cui anche questo aspetto rientra nella sfera di apprezzamento discrezionale dell’amministrazione.

     In tale contesto interpretativo, si deve ribadire la irrilevanza, ai fini della legittimità del provvedimento impugnato, del parere della Commissione medica di seconda istanza di Roma, per la decisiva ragione che il provvedimento di rimozione per perdita di grado non è stato emanato in considerazione delle condizioni psico-fisiche dell’interessato, ma per la violazione dei doveri di lealtà e correttezza assunti con il giuramento e per carenza delle qualità morali e di carattere.

     In altri termini, l’esito della seconda visita medica è assolutamente ininfluente, posto che causa del provvedimento espulsivo non è lo stato di salute e l'efficienza del soggetto, da accertarsi mediante accertamenti strumentali sanitari rigorosi e da apprezzarsi sul piano medico legale, bensì valutazioni di tipo morale ed attitudinale che si collocano sul piano della sfera caratteriale del Maresciallo.

     Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va respinto.

     Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe specificato, lo respinge.

     Spese del grado compensate.

      Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

      Così deciso in Roma, addì 27 giugno 2006, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori

Lucio   Venturini   Presidente

Costantino   Salvatore    Consigliere est.

Anna    Leoni    Consigliere

Sergio  De Felice   Consigliere

Sandro    Aureli    Consigliere

LESTENSORE     IL PRESIDENTE

    Costantino Salvatore    Lucio Venturini  

      IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

2 ottobre 2006

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

     Il Dirigente

     Antonio Serrao 
 

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N.R.G.  10341/2005


 

RL