R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.1916/2009

Reg. Dec.

N. 694 Reg. Ric.

Anno 2005

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 694 del 2005, proposto da @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli Avv. G-

contro

il MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici é domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione 1^ bis, del 26 novembre 2003, n. 10954;

visto il ricorso in appello, con i relativi allegati,

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata; 

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

data per letta, all’udienza  pubblica del 13 gennaio 2009 la relazione del consigliere -

Uditi l’avv. -

F A T T O

     1. Il sig. @@@@@@@, appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri, impugnava in prime cure il provvedimento con il quale era stata disposta la sua cessazione dal servizio permanente per “scarso rendimento”, deducendone la illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere per le seguenti ragioni:

1)- perché nella motivazione del provvedimento impugnato l’Amministrazione non avrebbe dato conto di avere valutato le memorie presentate, risultando che sarebbero state soltanto lette;

2)- perché il Presidente della Commissione di Avanzamento e Valutazione (di seguito: @@@@@@@) avrebbe dovuto astenersi per incompatibilità in quanto, in precedenza, aveva già valutato la proposta di dispensa quale superiore gerarchico del militare; 3)- perché il provvedimento impugnato sarebbe in contraddizione con il provvedimento di “ammonimento a mutare condotta” del 16 marzo 2001, emesso a chiusura della valutazione del servizio insufficiente fino a quella data prestato; perché, conseguentemente, detto periodo di servizio è stato nuovamente valutato, in violazione del principio del ne bis in idem;  perché sarebbe illogico aver attribuito una nuova qualifica di “insufficiente” senza tener conto del giudizio di “buono” conseguito in corso di aggiornamento frequentato nello stesso periodo di servizio;

4)- perché avrebbero inciso in maniera determinante aspetti disciplinari, e non l’asserito scarso rendimento del ricorrente, per cui si sarebbe dovuto attivare, semmai, un procedimento per “perdita del grado”; perché i documenti caratteristici dal 1996 in poi darebbero conto di circostanze di servizio diverse da quelle individuate nei provvedimenti di assegnazione di sede;

5)- perché sarebbe incostituzionale l’art. 33 della legge n. 599 del 1954 per violazione degli articoli 3, 24, 53 e 97 della Costituzione e della prassi amministrativa non prevedendo la possibilità di farsi assistere da difensore di fiducia, come invece consentito in sede disciplinare.

     Con successivo atto il @@@@@@@ proponeva anche motivi aggiunti di contenuto eguale a quelli già sviluppati con l’atto introduttivo del giudizio chiedendo l’annullamento di altra determinazione dirigenziale di conferma del contestato provvedimento di cessazione dal servizio per scarso rendimento.

     L’Amministrazione intimata resisteva al ricorso, contestando la fondatezza delle censure dedotte e chiedendone il rigetto.

     Con sentenza  del 26 novembre 2003, n. 10954, il Giudice di prime cure respingeva il ricorso ed i motivi aggiunti proposti dal ricorrente, ritenendoli entrambi infondati per le seguenti ragioni:

- in quanto il verbale dà dimostrazione per tabulas dell’intervenuto esame delle memorie e la loro valutazione concreta, tant’è che la Commissione, all’unanimità, le ha qualificate “non innovative”;

- perché la sola presenza alla riunione del Gen. @@@@@@@, superiore gerarchico che aveva precedentemente espresso parere sulla proposta di dispensa, non vizia la deliberazione del @@@@@@@, essendosi astenuto detto ufficiale, come da verbale, dal partecipare alla votazione del parere;

- in quanto la natura interlocutoria della determinazione del vice-comandante generale dell’ Arma dei Carabinieri sulla prima proposta di dispensa per scarso rendimento non preclude la valutabilità del servizio fino a quel momento e non consente di ritenere violato il principio del ne bis in idem;  in quanto, il lasso di tempo intercorso tra la prima proposta di “dispensa” (settembre 2000) e la seconda (31 gennaio 2002), presupposta al provvedimento impugnato,  dimostra che il periodo di “ripensamento” concesso al ricorrente è stato sostanzialmente molto più lungo dei pochi mesi dichiarati in ricorso;  in quanto non può ritenersi violata la normativa interna regolante la fattispecie, in relazione al periodo di tempo  considerato, viste le continue esortazioni  a migliorare il rendimento di servizio ricevute dal ricorrente dai propri superiori negli anni 1998, 1999 e 2001;  in quanto il provvedimento di dispensa per scarso rendimento, avendo natura di tipica misura di autotutela amministrativa, diretta a garantire il regolare funzionamento delle Forze Armate ed a mantenere in servizio elementi di pieno e sicuro affidamento, non può essere confuso con i provvedimenti sanzionatori, né possono essere assimilate  le regole dei rispettivi procedimenti;

- perché non c’è il denunziato sviamento in quanto è stato valutato il servizio effettivamente svolto dal 1996, qualificato insufficiente da diversi compilatori e revisori e perché erano insussistenti i presupposti per l’applicazione della procedura di dispensa per perdita del grado, prevista soltanto per fatti disciplinari; perché lo scarso rendimento, pur non necessariamente accompagnandosi a mancanze disciplinari, può però da queste trarre ulteriore consistenza nella valutazione dell’insufficiente rendimento complessivo del dipendente; perché è irrilevante la qualifica di “buono” ottenuta alla fine di corso aggiornamento frequentato nelle more di tempo considerate, attesa l’irrisoria durata temporale di detto corso;

- perché nel procedimento di dispensa per scarso rendimento non trovano applicazione, per pacifica giurisprudenza, le disposizioni concernenti il procedimento disciplinare.

     2. Con l’atto di appello in esame il Sig. @@@@@@@ ha sostenuto che la sentenza appellata  sarebbe errata:

1)- laddove si afferma la sufficienza dell’attestazione a verbale della intervenuta lettura delle memorie, in conseguenza della ritenuta non innovatività delle stesse rispetto ad atti e risultanze già noti, in quanto l’unico modo per rispettare sostanzialmente le norme degli articoli 3 e 10 della legge n. 241 del 1990 sarebbe quello di dare contezza nella motivazione del provvedimento delle ragioni per le quali le stesse memorie erano ritenute sostanzialmente superflue;

2)- laddove si sarebbe omessa la pronunzia sulla rilevante questione, risultante dal verbale, della partecipazione del Generale @@@@@@@ alla valutazione delle memorie presentate dal ricorrente, e cioè ad una fase rilevante del procedimento, pur essendo, invece, incompatibile per avere lo stesso ufficiale, in qualità di superiore gerarchico, già in precedenza espresso parere sulla proposta, nonché laddove si sarebbe erroneamente affermata la necessarietà della “presenza”, in violazione dell’art. 31 della legge 10 maggio 1983, n. 212;

3)- laddove si sarebbe incorsi nell’omissione della pronunzia sulla specifica censura di violazione della direttiva del Ministero Difesa 22 maggio 2000 e della circolare del Comando Generale dell’Arma del 10 novembre 1990, resa ancor più palese dal fatto che il vice-Comandante Generale aveva, invece, considerato applicabili entrambi detti atti, in sede di emanazione del proprio provvedimento del 16 marzo 2001;

4)- laddove erroneamente sono stati considerati valutabili i provvedimenti disciplinari subiti per motivi di servizio ed è stata limitata la valutazione soltanto ai documenti caratteristici dal 1996 in poi, mentre andava estesa anche a quelli favorevoli degli anni precedenti;

5)- laddove si è erroneamente ritenuto che la diversa natura dei procedimenti di dispensa per scarso rendimento o per motivi disciplinari possa giustificare una diversa previsione circa la facoltà di farsi assistere da difensore fiducia, per cui sarebbe ancora rilevante e non manifestamente infondata la dedotta questione di costituzionalità per violazione dell’art 3, 24 e 97, nonché dell’art. 52, comma 3, della Costituzione, non potendosi rinvenire, al riguardo, alcuna esigenza di specifica salvaguardia dell’ordinamento militare.

     L’Amministrazione della Difesa si è costituita anche in questo grado di giudizio, resistendo all’appello ed esponendo le proprie argomentazioni difensive.

     Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

D I R I T T O

     1. L’appello è infondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

     1.1 Il sig. @@@@@@@ sostiene, con il primo dei motivi di appello, che la Commissione di Valutazione ed Avanzamento (di seguito: @@@@@@@) non avrebbe sostanzialmente valutato le sue memorie difensive perché la dichiarata “presa d’atto delle stesse e non innovatività dei contenuti”, rispetto alle notizie ed atti già acquisiti al procedimento, non sarebbe sufficiente per poter ritenere adempiuto l’obbligo di motivazione, potendosi assolvere, invece, lo stesso obbligo soltanto attraverso la confutazione esplicita delle tesi esposte negli scritti difensivi esibiti.

      La tesi non può essere condivisa.

     Come ben osserva, sul punto, il Giudice di prime cure la prova concreta che le memorie prodotte dal ricorrente sono state valutate è ricavabile, non soltanto dal giudizio unanime sul contenuto delle stesse espresso dai componenti del @@@@@@@, circa la mera ripetizione in dette memorie di atti e fatti già acquisiti al procedimento, ma anche dalla circostanza, risultante anch’essa dal verbale di seduta, che delle citate memorie è stata data integrale lettura nel corso dell’audizione del militare interessato.

     L’obbligo di confutazione cui fa riferimento l’appellante non comporta che si debba, in caso di reiterazione di elementi già noti, necessariamente darne conto in maniera esplicita nella motivazione dell’atto finale poiché un tale adempimento nulla apporterebbe di nuovo e di sgnificativo ai fini del decidere.

     Ciò che resta ognora indefettibile è soltanto l’obbligo di rendere comprensibile il percorso logico seguito nell’adozione dell’atto e le ragioni che sono poste a sostegno della soluzione adottata., cosa che, nella specie, è stato adempiuto dalla @@@@@@@.

     1.2 Né coglie nel segno l’appellante con la sua critica alla partecipazione del Generale @@@@@@@ ai lavori della @@@@@@@ in quanto l’obbligo di astensione che il predetto ufficiale non avrebbe adempiuto - pur essendosi in precedenza già espresso, in qualità di superiore gerarchico, sulla proposta di cessazione dal servizio del militare - a ben vedere è stato pienamente rispettato, tenuto conto che dal verbale risulta che il predetto ufficiale, nella sua qualità di Presidente di detto organo collegiale, ha dichiarato, sin dall’inizio della seduta, la propria astensione e, poi, si è limitato a coordinare i lavori fino al momento immediatamente precedente alla valutazione del caso ed all’espressione del parere sullo stesso, come risulta dal più volte citato verbale.

     Deve convenirsi, al riguardo, con il Giudice di prime cure che ogni affermazione che si ponga in contrasto con quanto risulta dal verbale di seduta del @@@@@@@, circa la dichiarazione di astensione pronunziata dal Generale @@@@@@@, non  può non ritenersi che mera illazione, mancando, allo stato, ogni elemento idoneo a scalfire la certezza garantita da detta dichiarazione (a verbale) ed a superare il privilegio legale dal quale essa è assistita.

     In breve, deve escludersi che sia stato vulnerato il valore dell’imparzialità dell’organo, attraverso la violazione del dovere di astensione da parte di uno dei suoi componenti.

     Inoltre, giova precisare, che le argomentazioni svolte sul punto dalla sentenza appellata, testè condivise dal Collegio, dimostrano come sia infondata anche la doglianza dell’appellante che imputa al Giudice di prime cure di aver omesso di pronunziarsi sul rilevato contrasto tra la dichiarazione di astensione del Generale @@@@@@@ e la successiva verbalizzazione del momento in cui, ascoltata la lettura integrale degli scritti difensivi del miliare, “…ogni membro della Commissione…” ha ritenuto “…di non esprimere osservazioni…”.

     Ed infatti, rimane insuperabile, anche sotto tale profilo, la dichiarazione di astensione resa dall’interessato che, evidentemente, è stata valida ed efficace in tutti i momenti della seduta e, quindi, anche nella fase alla quale si riferisce la esaminata doglianza.

     Infine, può ritenersi infondata anche la censura che, muovendo dalla lettera della norma dell’art. 31 della legge n. 212 del 1983, contesta la “necessarietà” della presenza del Presidente titolare alla riunione del @@@@@@@, in quanto la relativa questione non è essenziale ai fini del decidere.

     Ed invero -in disparte il rilievo che il Presidente del @@@@@@@ è nominabile, ex art. 32 della stessa legge n. 212 del 1983, soltanto fra i generali di corpo d’armata, ovvero, in subordine,  tra i generali di divisione dell’Arma, e che la sua posizione è chiaramente distinta dalla legge da quella dei “membri ordinari”, tutti ufficiali superiori, tra i quali al più anziano sono affidate le funzioni di vice-presidente, cosicché non appare irragionevole un’interpretazione di detta norma che esalti l’unicità della posizione dell’ufficiale generale chiamato all’incarico, attese le rilevanti e delicatissime funzioni rimesse dalla legge all’organismo- non può non evidenziarsi ancora una volta che l’intervenuta “astensione” priva il sollevato quesito di ogni sua concreta influenza nell’economia del presente giudizio e che, in ogni caso, l’adozione a maggioranza del parere dimostra come siano comunque rimasti integri i valori di autonomia e di imparzialità dell’organo.

     1.3 A non diversa negativa valutazione deve, poi, pervenire il Collegio anche con riferimento al terzo motivo di appello per le seguenti considerazioni.

     Innanzi tutto, è da escludere che con l’appellata sentenza il Giudice di prima istanza abbia omesso di pronunziarsi sulla specifica censura concernente l’asserita violazione delle norme interne (circolare dell’Arma del 10 novembre 1990 e direttiva ministeriale del 2000) regolanti il procedimento per la cessazione dal servizio per scarso rendimento, in quanto  la concreta valutazione di dette fonti emerge con evidenza dalla articolata motivazione resa da detto Giudice.

     In particolare, emerge allorquando, in sede di esame del profilo della sussistenza o meno di un’antinomia, se non un insanabile contrasto, tra le determinazioni assunte dal vice-comandante generale dell’Arma il 16 marzo 2001 e quelle che successivamente hanno portato al contestato provvedimento di dispensa dal servizio per scarso rendimento, il Giudice di prime cure correttamente ha attribuito alla determinazione di detto vice-comandante generale un valore ed una efficacia interlocutoria e non anche la valenza di atto qualificatorio del servizio prestato dal militare fino a quella data.

     Inoltre, è condivisibile anche l’avviso che dette norme interne non certo consentono di ipotizzare lo iato che l’appellante fa conseguire dalla determinazione del vice comandante generale dell’Arma del 16 marzo 2001 (cosicchè non fosse possibile promuovere un nuovo procedimento se non dopo due anni da detta data) tenuto conto che la determinazione emanata da detta autorità vicaria, come già chiarito, ha un valore meramente interlocutorio, avuto riguardo proprio all’ammonimento finale da essa espresso acchè il militare cambiasse radicalmente il suo impegno nell’espletamento del servizio.

     Né le stesse norme interne impedivano che il ricorrente fosse sottoposto al giudizio del @@@@@@@ dopo una anno circa dalla data della prima proposta di dispensa, poiché nell’ultimo periodo di servizio, successivo alla data del 16 marzo 2001, il militare aveva ricevuto nuovamente una valutazione di “insufficienza” che, congiunta alle altre relative agli anni precedenti, legittimamente costituivano presupposto idoneo e sufficiente della (poi) adottata dispensa dal servizio.

     Infine, le considerazioni sin qui svolte consentono di ritenere infondata anche la doglianza di violazione del principio ne bis in idem, atteso che, da un lato, i due atti considerati (la determinazione interlocutoria del vice-comandante generale sulla prima proposta di dispensa ed le determinazioni successive che hanno portato al provvedimeno impugnato) hanno natura ed effetti diversi; dall’altro, la determinazione interlocutoria anzidetta, per sua natura e valenza, non esprimeva alcuna valutazione sul servizio prestato fino a quella data dal militare e, quindi, non poteva comportare alcuna preclusione ai fini di una successiva valutazione del comportamentio in servizio del militare stesso.

     1.4 Né sono fondate le critiche mosse  al Giudice di prima istanza perché avrebbe erroneamente ritenuto valutabili anche i precedenti disciplinari (cinque) del militare, ai fini della sua dispensa dal servizio per scarso rendimento, potendosi ribadire, anche in questo caso, l’avviso giursiprudenziale della Sezione secondo il quale lo scarso rendimento, pur non fondandosi necessariamente su mancanze disciplinari (in cui sia incorso il militare e per le quali gli siano state irrogate sanzioni) tuttavia può dai relativi precedenti trarre ulteriore consistenza la valutazione che il rendimento si sia dimostrato insufficiente.

     Nella specie, la determinazione contestata trova fondamento, innanzitutto, nei reiterati giudizi di “insufficiente” emessi nei confronti dell’appellante nel periodo di servizio dal luglio 1996 al luglio 2001 e, poi, ulteriore consistenza nelle citate sanzioni disciplinari di numero certamente cospicuo.

     Inoltre, quanto al rilievo che erroneamente sarebbe stata considerata soltanto l’ultima parte (dal 1996 al 2001) del servizio prestato nell’Arma, ma non anche tutti gli anni precedenti in cui l’appellante aveva conseguito giudizi non soltanto positivi, ma anche lusinghieri, non sembra irrazionale che sia stato dato decisivo risalto, nell’economia della valutazione ampiamente discrezionale rimessa alla competenza dell’Amministrazione, al fatto che il dipendente, pur essendo stato più volte sollecitato a cambiare comportamento (14 gennaio 1998; 5 febbraio 1998, 5 maggio 1999 e 13 marzo 2001), visti i costanti risultati negativi conseguiti per anni, si sia constantemente mostrato insensibile, anche allorquando l’ammonimento gli è pervenuto, da ultimo, dal vice-comandante generale dell’Arma, in occasione della prima proposta di sua cessazione dal servizio per scarso rendimento.

     1.5 Infine, può ritenersi infondato anche l’ultimo dei motivi di appello proposti, con il quale il @@@@@@@ contesta che gli sia stata denegata la possibilità di farsi assistere da legale di fiducia nel corso del procedimento, così come è consentito nel procedimento disciplinare,  ritenendo il Collegio di poter condividere,  anche nella presente occasione, l’avviso già espresso più volte dalla Sezione circa l’insussistenza di un obbligo di estensione automatica di tutte le garanzie tipiche previste dalla disciplina legale propria del giudizio disciplinare al procedimento di dispensa dal servizio per scarso rendimento (cfr. n. 4972 del 5 settembre 2003 e n. 7276 del 20 dicembre 2005).

     Ed invero, l’obbligo immanente sull’Amministrazione, in caso di dispensa dal servizio per scarso rendimento, è compiutamente soddisfatto attraverso la garanzia di partecipazione al dipendente dei fatti mediante apposita contestazione,  di assegnazione di un termine per la presentazione delle osservazioni, del diritto di accedere agli atti e di estrarne copia, del diritto di essere personalmente ascoltato, a richiesta, adempimenti questi che, nella specie, sono stati tutti rispettati.

     La diversità dei procedimenti nei rispettivi contenuti sostanziali e, fondamentalmente, dei distinti scopi cui gli stessi procedimenti sono preordinati per legge giustificano la diversità di disciplina in punto di previsione della facoltà di farsi assistere da apposito difensore nel procedimento.

     Occorre, infatti, avere presente che la valutazione da operarsi in sede cessazione dal servizio per scarso rendimento –consistente, per pacifica giurisprudenza della sezione, nell’espressione di un giudizio ampiamente discrezionale sulle prestazioni rese in servizio dal dipendente e sui comportamenti da questi tenuti nello stesso periodo- concerne, diversamente da quella propria della sede disciplinare, non atti ancora soggetti ad accertamento e/o a valutazione tecncio-giuridica, come in sede disciplinare, ma bensì atti già  compiutamente e definitivamente adottati (giudizi su ciascun periodo di servizio prestato, divenuti intangibili perché non contestati dall’interessato nei modi e nei termini di legge) che vanno valutati soltanto nel loro insieme, al fine di verificare se essi compendino o meno la fattispecie concreta di continuativa scarsa qualità delle prestazioni e del comportamento del militare, incompatibile con la sua permanenza in servizio.

     Quanto, infine, ai riproposti dubbi di costituzionalità delle norme della legge n. 599 del 1954, laddove esse non consentono al militare di farsi assistere, in corso di procedimento, da un difensore di fiducia, da un lato, non possono non richiamarsi tutte le considerazioni testè formulate circa  la oggettiva diversità di contenuti e di finalità dei procedimenti disciplinare e per scarso rendimento, al fine di ritenere manifestamente infondata la dedotta violazione degli invocati parametri di cui agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione e, dall’altro non può non evidenziarsi, ulteriomente, che al militare, essendo stata garantita la piena ed integrale conoscenza di tutti gli atti del procedimento e la possibilità (esercitata) di presentare per iscritto le proprie tesi difensive, è stato concretamente  e pienamente riconosciuto il diritto di difesa.

     Né è fondato il riferimento all’art. 52, coma 3, della Costituzione poiché la norma censurata non ha alcuna finalità di “…salvaguardia dell’ordinamento militare…”, come affermato dall’appellante, ma corrisponde, in termini di razionalità e di adeguatezza, a null’altro che alle effettive esigenze del dipendente in quel peculiare procedimento, così come definito dalla legge nei suoi fini e nei suoi contenuti.

     Infine, in relazione all’ulteriore questione di costituzionalità sollevata con riferimento alla norma dell’art. 71 della legge n. 599 del 1954, per asserita violazione dell’art. 3 della Costituzione, in conseguenza del fatto che nel procedimento per scarso rendimento non è consentito al militare di ricusare il componente della Commissione incompatibile, come, invece, garantito in sede disciplinare, deve ritenersi che detta questione sia non rilevante nel presente giudizio, atteso che non risulta che nel procedimento in esame la norma in questione sia stata invocata dal militare, ovvero rifiutata da parte della @@@@@@@.

     2. Conclusivamente l’appello deve essere respinto e, quanto alle spese di giudizio, ritiene il Collegio che, valutati gli elementi della vicenda, sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, sezione IV, definitivamente pronunziando, respinge l’appello indicato in epigrafe e dispone la integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 gennaio 2009, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

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IL SEGRETARIO

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Depositata in Segreteria

           Il 31/3/2009

(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)

  Per il  / Il Dirigente

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N.R.G. 694/2005


 

RL