REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 925/07

Reg.Dec.

N. 11153 Reg.Ric.

ANNO   2004

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 11153 del 2004, proposto dal MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è per legge domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

- ...omissismsmvld...., rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Rotondo e Gianni Lostia, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, Via M. Boiardo n. 17;

- Di ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Mileto, elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in Roma, Lungotevere dei Mellini n. 44,

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. I ter, n. 5392 del 8 giugno 2004.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio degli appellati;

     Viste le memorie prodotte dagli appellati a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 1 dicembre 2006 il Cons. Giuseppe Minicone;

     Udito l’avv. Lostia, anche per delega dell’avv. Mileto, presente alle preliminari d’udienza l’avv. dello Stato Fiduccia;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     Con distinti ricorsi notificati il 25 giugno 2001 e il 5 luglio 2001, gli agenti della Polizia di Stato ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld.... e ...omissismsmvld.... Di ...omissismsmvld.... impugnavano, innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, i provvedimenti in data 4 aprile 2001, con i quali il Capo della Polizia, all’esito dei procedimenti disciplinari ai quali entrambi erano stati sottoposti, aveva disposto la loro destituzione dal servizio.

     Il Di ...omissismsmvld.... impugnava, altresì, contestualmente, il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio adottato in data 31 ottobre 2000.

     Assumeva, in particolare, il ricorrente ...omissismsmvld.... l’illegittimità dell’atto di destituzione per violazione dell’art. 7 nn. 1 e 2 del DPR n. 737/81, eccesso di potere per erronea presupposizione dei fatti e difetto di motivazione, ritenendo che i fatti addebitatigli non avrebbero consentito l’adozione della misura disciplinare estrema della destituzione e che, comunque, non sarebbero state adeguatamente esplicitate le ragioni per cui l’Amministrazione aveva ritenuto di dover risolvere il rapporto di impiego.

     A sua volta, il ricorrente Di ...omissismsmvld.... assumeva che l’Amministrazione avrebbe dovuto sospendere il procedimento disciplinare nelle more della definizione del procedimento penale iniziato nei suoi confronti e deduceva, comunque, l’insufficienza degli elementi emersi a suo carico a fondare l’adozione della sanzione della destituzione dal servizio.

     Il giudice adito, riuniti i due gravami:

     - dichiarava improcedibile per carenza di interesse l’impugnazione del sig. Di ...omissismsmvld.... contro il provvedimento di sospensione cautelare;

     - dichiarava l’infondatezza della doglianza del medesimo Di ...omissismsmvld...., secondo la quale l’amministrazione avrebbe dovuto sospendere il procedimento disciplinare in ragione della contestuale pendenza del procedimento penale a suo carico, essendo quest’ultimo ancora nella fase preliminare;

     - accoglieva entrambi i ricorsi per il profilo in cui contestavano il difetto di motivazione e l’inadeguatezza degli elementi acquisiti e posti a fondamento delle disposte destituzioni e, per l’effetto, annullava i provvedimenti impugnati.

     Avverso questa decisione ha proposto appello il Ministero dell’Interno, il quale, premessa l’insindacabilità, da parte del giudice amministrativo, dell’adeguatezza della sanzione disciplinare a carico degli appartenenti alla Polizia di Stato, salvo che per manifesta illogicità e ingiustizia (nella specie, non ravvisabili), ha sostenuto la congruità e logicità della motivazione posta a fondamento della sanzione, in presenza di una condotta accertata, denotante scarso senso morale e dell’onore.

     Si sono costituiti entrambi gli appellati, i quali hanno confutato le argomentazioni dell’Amministrazione, chiedendo il rigetto del gravame.

     Con ordinanza n. 597 del 5 febbraio 2005 la richiesta di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata è stata respinta.

     Alla pubblica udienza del 1 dicembre 2006 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

     1. Il Ministero dell’Interno appella la sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha annullato i provvedimenti di destituzione adottati a carico degli odierni appellati, per essere stati gli stessi assunti sulla base soltanto degli atti e degli elementi istruttori propri del procedimento penale in corso ed all’attenzione degli organi inquirenti, senza alcuna autonoma istruttoria.

     Assume, al riguardo, l’Amministrazione l’erroneità di tale decisione, in quanto escluderebbe “qualunque legittimità dell’apprezzamento autonomo dei fatti emersi in ambito istruttorio, ai fini e per gli effetti del procedimento disciplinare”, laddove il giudice amministrativo potrebbe “sindacare soltanto quelle palesi aberrazioni, in presenza delle quali il vizio di merito della valutazione trasmoda in eccesso di potere per irrazionalità manifesta in relazione alle risultanze dell’istruttoria, oppure in relazione all’evidente diversità dei fatti rispetto alle fattispecie generali normativamente stabilite per l’irrogazione della sanzione concretamente applicata”.

     E siffatte macroscopiche deviazioni non ricorrerebbero, nel caso di specie, essendo stata la sanzione adeguatamente motivata in relazione alla mancanza di senso morale e dell’onore dimostrata dagli incolpati nell’episodio ad essi ascritto.

     2. L’appello non merita accoglimento.

     3. Occorre premettere che le argomentazioni dell’Amministrazione appellante appaiono, in larga misura, inconferenti, laddove affermano l’insindacabilità, da parte del giudice amministrativo, della adeguatezza della sanzione irrogata, in relazione ai fatti addebitati, trattandosi di valutazione discrezionale appartenente al merito dell’azione amministrativa.

     Ed infatti, il primo giudice, nella decisione appellata, non ha messo in discussione il potere dell’Amministrazione di scegliere la sanzione ritenuta congrua in base ai fatti accertati, ma ha condotto il proprio sindacato, in stretta aderenza ai poteri ad esso spettanti in sede di legittimità, sulla incompletezza proprio dell’assunzione dei fatti e delle deduzioni logiche tratte da essi, incompletezza che si risolve in un vizio nell’esercizio del potere, come tale scrutinabile dal giudice amministrativo.

     4. Ricondotto entro questi limiti il thema decidendum della presente controversia, il Collegio ritiene che il difetto di motivazione e di istruttoria rilevato dal T.A.R. sussista con riguardo ad entrambi i provvedimenti impugnati in prime cure.

     5. Va osservato, in primo luogo, che i detti provvedimenti recano una identica succinta imputazione (“Considerato che…è stato sottoposto al Consiglio Provinciale di Disciplina perché deferito all’Autorità Giudiziaria per omissione di atti d’ufficio, favoreggiamento personale e minacce aggravate, in quanto unitamente ad altri due dipendenti e ad un pregiudicato indirizzava pesanti apprezzamenti sulla presunta natura omosessuale di due giovani avventori all’interno di un locale pubblico, provocando un’animata discussione con conseguente ferimento degli stessi, che per giunta minacciava di ritorsione in caso di denuncia”), laddove emergono chiaramente, dagli atti procedimentali, il differente coinvolgimento personale di ciascuno di essi nonché il diverso grado di responsabilità.

     6. Ma v’è di più.

     L’imputazione sopra descritta diverge, addirittura, da quella formulata dal Consiglio di disciplina, all’esito del procedimento disciplinare, avendo detto Organo escluso, nei confronti sia del ...omissismsmvld.... sia del Di ...omissismsmvld...., l’addebito relativo al dileggio verso gli avventori seduti all’altro tavolo, essendo stato accertato che l’autore del comportamento offensivo era stato altro agente (anch’esso, poi, destituito all’esito del procedimento disciplinare).

     Per quel che riguarda il ...omissismsmvld...., inoltre, il medesimo Consiglio di disciplina aveva escluso anche l’addebito relativo alla minaccia di ritorsioni effettuata all’interno del locale.

     6.1. Ne consegue che il provvedimento impugnato appare già inficiato nei suoi elementi costitutivi, avendo, da un lato, assunto a presupposto anche fatti che erano stati positivamente esclusi; avendo, dall’altro, fatto conseguire una medesima sanzione da addebiti di differente spessore.

     7. Ma anche a voler prescindere da tale profilo e a voler integrare l’atto finale con gli altri atti procedimentali, non può tacersi che anche il parere del Consiglio di disciplina si presenta, a sua volta, afflitto, come rilevato giustamente dal primo giudice, da difetto di istruttoria e di motivazione.

     Basti considerare che, nell’addebitare ad entrambi gli incolpati la responsabilità del tentativo di fuga dal locale e di minaccia al gestore di denuncia per sequestro di persona, l’Organo disciplinare recepisce deposizioni rese dal gestore stesso sia alla Squadra Mobile sia al Funzionario istruttore, attribuendo ad esse acriticamente valore probatorio.

     Sta di fatto, però, che, in disparte il non ancora intervenuto vaglio delle deposizioni rese alla Polizia giudiziaria da parte del giudice penale, quelle rese, sul punto, al Funzionario istruttore non consentono di evincere, con la necessaria certezza, né il tentativo di fuga né la preannunciata minaccia di denuncia per sequestro di persona, dal momento che, nella relazione di quest’ultimo, tutto ciò che è dato rilevare è che era stato il gestore stesso a chiudere a chiave la porta di uscita del locale, dopo la fuga del responsabile del ferimento di uno dei giovani e di un collega dei due ricorrenti, mentre questi ultimi risultano essere stati scorti dal medesimo gestore, al suo ritorno dopo l’avvenuta chiusura, nella saletta ove era avvenuto l’episodio incriminato; mentre è, d’altra parte, accertato che gli stessi avevano anche chiesto e ottenuto di pagare il conto.

     7.1. Quanto al loro atteggiamento minaccioso, sempre dalla relazione del funzionario istruttore emergono, piuttosto che minacce, “preghiere” di andar via.

     7.2. Relativamente, poi, ad altro addebito (omissione di soccorso e mancata qualificazione come poliziotti), nessuna parola è spesa, negli atti procedimentali, per confutare la difesa degli incolpati, secondo la quale, attesa la dinamica della vicenda, il loro intervento come pure la qualificazione come agenti avrebbero potuto piuttosto aggravare anziché risolvere la situazione di tensione determinatasi.

     8. Non è certo compito del giudice amministrativo, come giustamente sottolineato dall’appellante, valutare l’incidenza di tali addebiti, ove definitivamente provati, sulla sanzione in concreto irrogabile.

     Quello che rileva, però, nella fattispecie, è che detta sanzione risulta adottata sulla base di elementi, che, come si è posto in evidenza, in parte, non risultano compiutamente indagati, onde eliminare talune innegabili incongruenze e contraddittorietà; in parte, non appaiono neppure adeguatamente valutati, al fine di discernere, comparativamente, le responsabilità individuali di ciascuno degli odierni appellati, in relazione a quelle di tutti gli altri partecipanti all’episodio de quo.

     9. Per tutte queste considerazioni, l’appello va respinto e l’impugnata sentenza di annullamento dei provvedimenti di destituzione va confermata, fatta salva l’ulteriore attività amministrativa.

     Sussistono sufficienti motivi, in relazione a tutti gli elementi del caso concreto, per disporre la compensazione delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, come specificato in motivazione, lo respinge.

     Spese compensate.

     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, addì 1 dicembre 2006, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Mario Egidio SCHINAIA   Presidente

Sabino LUCE    Consigliere

Carmine VOLPE   Consigliere

Gianpiero Paolo CIRILLO  Consigliere

Giuseppe MINICONE  Consigliere Est. 
 

Presidente

f.to Mario Egidio Schinaia

Consigliere       Segretario

f.to Giuseppe Minicone    f.to Giovanni Ceci 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il..................21/02/2007...................

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

f.to Maria Rita Oliva 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 11153/2004


 

FF