N.  806/08   Reg.Dec. 
 

N.    1312    Reg.Ric. 
 

ANNO  2003

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 1312/03 proposto da

MINISTERO DELL’INTERNO,

in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n. 81, è per legge domiciliato;

c o n t r o

@@@@@@@@ @@@@@@@@, rappresentato e difeso dall’avv. .....

per l'annullamento

della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sede di Palermo (sez. I) - n. 1968/02 dell’8 luglio 2002.

     Visto il ricorso in appello di cui in epigrafe;

     Visto l’atto di costituzione dell’avv. ... per @@@@@@@@ @@@@@@@@;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 3 aprile 2008 il ....

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FAT T O

     Con la sentenza in epigrafe il TAR ha accolto il ricorso proposto dal dott. @@@@@@@@ @@@@@@@@, vice questore aggiunto della Polizia di Stato, contro il decreto di destituzione emesso nei suoi confronti dal Capo della polizia, la delibera del Consiglio centrale di disciplina e gli altri atti connessi.

     L’infrazione contestata al funzionario riguarda in particolare la violazione dell’art. 7, c. 2, nn. 1,2 e 4 d.p.r. n. 737/1981 per avere lo stesso mantenuto “contatti con persone non confacenti il proprio status, dimostrandosi disponibile nei loro confronti con consigli e suggerimenti inopportuni ed illeciti che hanno evidenziato un habitus mentale non conforme ai doveri propri di un funzionario di polizia”.

     Il TAR ha ritenuto illegittimi i provvedimenti adottati in relazione all’assorbente vizio di eccesso di potere “per violazione del principio di ragionevolezza e speditezza del procedimento amministrativo” e in particolare per la circostanza che il provvedimento sanzionatorio si basa su una serie di intercettazioni telefoniche eseguite dalla Questura di @@@@@@@@ tra il luglio e il dicembre del 1994, il cui contenuto è stato segnalato alla Direzione centrale del personale solo nel 2000.

     La sentenza è stata impugnata dalla Amministrazione soccombente.

     Quest’ultima - ricostruendo puntualmente la complessa vicenda - mette in primo luogo in evidenza il complicato iter processuale della vicenda innanzi al giudice penale che si è concluso solo in data 13.12.2000 con sentenza assolutoria. L’appellante evidenzia anche che i competenti organi disciplinari hanno avviato il procedimento disciplinare non appena avuta piena cognizione di tutto il materiale probatorio raccolto in sede di indagini (acquisizione avvenuta solo in data 20.5.02, in esito a esplicita autorizzazione rilasciata dalla Procura della Repubblica in data 20.4.2001). L’appellante infine sottolinea che non sussiste neppure il lamentato pregiudizio al diritto di difesa del ricorrente, avendo ottenuto il @@@@@@@@ l’accesso agli atti del procedimento disciplinare.

     Si è costituito in giudizio il sig. @@@@@@@@ con apposita memoria che conclude con la richiesta di conferma della sentenza del TAR. In essa si riportano (quasi sempre per relationem) i motivi di ricorso di primo grado, considerati assorbiti da parte del TAR.

D I R I T T O

     A giudizio di questo Collegio l’appello è meritevole di accoglimento.

     Da quanto sopra riportato (e da quanto emerge in modo ancor più puntuale dagli atti) risulta chiaramente che l’amministrazione, nel lungo periodo di celebrazione dei diversi processi a carico del @@@@@@@@ (avviati in seguito alle predette intercettazioni telefoniche), ha seguito costantemente le vicende processuali, adottando di volta in volta i provvedimenti necessari sul piano amministrativo (sospensione e riammissione dell’impiegato in servizio) e avviando quindi il procedimento disciplinare.

     Appaiono anche convincenti i rilievi più specifici dell’appel-lante tendenti a dimostrare il non sforamento dei termini per l’instau-razione del giudizio disciplinare.

     Il TAR di Palermo ha assunto che, nella specie, non vi sarebbe stata alcuna necessità di attendere - prima di iniziare il procedimento disciplinare a carico del @@@@@@@@ - la previa definizione dei relativi procedimenti penali, dal momento che, “così come dichiarato dall’Ammi-nistrazione stessa”, non sarebbe intercorso “alcun nesso causale tra procedimento penale e quello disciplinare”: donde la violazione del principio di speditezza dell’azione amministrativa.

     Sotto altro profilo, lo stesso TAR ha ritenuto che tutto il procedimento disciplinare si sarebbe, comunque, prescritto ai sensi dell’art. 120 D.P.R. 3/57, essendo decorso tra la nota del 20.5.2000 di trasmissione dei verbali delle trascrizioni telefoniche da parte della Questura di @@@@@@@@, e la nota del 21.9.2000 di richiesta di ulteriore documentazione da parte della competente direzione centrale del personale del Ministero dell’Interno, un arco temporale superiore a 90 giorni “senza che nelle more risulta sia stato compiuto nessun altro atto”.

     Quanto al primo profilo si osserva che alla stregua della vigente normativa ex L. 19/90, come modificata ed integrata a seguito della nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 104/91, il procedimento disciplinare a carico dei dipendenti pubblici si presenta come del tutto peculiare ed autonomo rispetto al procedimento penale, dovendo la Amministrazione procedere ad una nuova valutazione dell’entità ed incidenza dei fatti che hanno formato oggetto del procedimento penale, ben potendo gli stessi, pur se ritenuti privi di disvalore penalmente rilevante, integrare gli estremi del comportamento sanzionabile sotto il profilo disciplinare, in quanto lesivo della dignità e dei doveri del pubblico impiegato.

     Inoltre ex lege 19/90, il procedimento disciplinare a carico del dipendente già sottoposto a giudizio penale deve essere avviato o proseguito entro il termine di 180 giorni decorrenti dalla conoscenza della sentenza di condanna (C.d.S. sez. IV 1.2.01 n. 369); e che lo stesso comunque non può essere iniziato prima che la sentenza penale di condanna sia divenuta irrevocabile (C.d.S., sez. VI, 17.7.00 n. 3971).

     Pertanto, la perentorietà dell’avvio del procedimento disciplinare è stata strettamente riconnessa alle sole ipotesi di condanna del dipendente, essendo stata - di contro - sottolineata in giurisprudenza la inapplicabilità di siffatta previsione (operando, in tal caso, la normativa basilare ex T.U. 3/57) nell’ipotesi in cui sia stata pronunciata sentenza ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (C.d.S., A.P. 25.1.00 n. 7) ed – a fortiori – nel caso di assoluzione del dipendente (TAR Palermo 10.12.01 n. 1853).

     Inoltre, l’inizio del procedimento disciplinare, coincide con la data di notifica al dipendente della contestazione degli addebiti (C.d.S., sez. IV, 14.5.01 n. 2662); e che, una volta iniziato, la perenzione del procedimento disciplinare secondo la previsione generale ex art. 120 T.U. 3/57 viene interrotta dal compimento di tutti quegli atti (anche se aventi carattere interno all’Amministrazione: C.d.S., sez. VI, 21.10.99 n. 1515), esplicitamente previsti come facenti parte dell’iter procedimentale.

     Orbene, dagli atti risulta che, in esito alle intercettazioni delle utenze telefoniche nella disponibilità del dott. @@@@@@@@, venne instaurato a carico dell’odierno appellato un unico procedimento penale, iscritto al n. 663/94 R.G. N.R., per due distinte ipotesi di reato (concorso in tentata truffa e peculato); e che per entrambi i predetti capi di reato, venne richiesto dal competente P.M. il rinvio a giudizio.

     Dopo alterne vicende processuali, il Tribunale di @@@@@@@@ si pronunciava separatamente sui due capi di imputazione, dichiarando, con sentenza del 16.9.96, la propria incompetenza per materia in ordine al reato di concorso in tentata truffa ed assolvendo, con separata sentenza dell’8.4.98, il @@@@@@@@ dall’altra imputazione ex art. 314 c.p., “perchè il fatto non costituisce reato”.

     Tale ultima pronuncia è stata confermata in grado di appello dalla Corte d’Appello di Palermo con sentenza del 21.6.99; ed è divenuta quindi irrevocabile in esito alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dal @@@@@@@@, pronunciata dalla Corte di Cassazione con sentenza del 17.3.00.

     Per quanto concerne, invece, l’altra ipotesi di reato inizialmente contestatagli (concorso in tentata truffa) il @@@@@@@@ è stato assolto con sentenza del 13.12.00.

     Pertanto, le intercettazioni telefoniche hanno formato (unitamente ad altro materiale probatorio) oggetto di fonti di prova nell’inte-ro procedimento penale iscritto al n. 663/94 R.G. N.R.; e che le stesse non potevano, quindi, essere valutabili ai fini disciplinari se non dopo la conclusione – in tutte le sue fasi – dell’iter procedimentale in sede penale (conclusosi, come detto, con riferimento all’ultima delle contestazioni mosse al @@@@@@@@, solamente con sentenza assolutoria del 13.12.200).

     Inoltre, se pure si ritenesse applicabile l’art. 9 della l. n. 19/1990 non si vede come possa essere stato superato il termine dei 180 giorni (ivi previsto), posto che la sentenza definitiva della Cassazione è del 13.12.2000 e le contestazioni sono datate 19.3.2001; ancor minor rilievo la censura di tardività del giudizio disciplinare sembra assumere (nel caso di specie), ove si ritenga invece applicabile (come ritiene questo Collegio) la generale disciplina dell’art. 3 t.u. n. 3/1957, in considerazione sia della natura assolutoria della sentenza in discussione, sia del principio di autonomia tra giudizio penale e giudizio disciplinare.

     Non sembra infine ravvisabile la perenzione del procedimento disciplinare in relazione all’art. 120 T.U. 3/57, in quanto successivamente alla contestazione degli addebiti (atto iniziale del procedimento disciplinare), l’ulteriore svolgimento dello stesso (ivi compresi gli atti interni) si è svolto con la massima sollecitudine e secondo scansioni temporali che non hanno mai superato il limite dei 90 giorni; mentre inidonee ad inficiare la legittimità dell’iter procedimentale disciplinare e dell’adottato provvedimento, devono, invece, ritenersi tutti gli adempimenti posti in essere dall’Amministrazione dell’Interno in epoca antecedente alla data di apertura del procedimento disciplinare.

     Per le considerazioni che precedono questo Consiglio ritiene che l’appello sia fondato.

      Ritiene, altresì, il Collegio che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

     Sussistono tuttavia valide ragioni per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P. Q. M.

     Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, pronunciando in via definitiva, accoglie l'appello in epigrafe e, per l’effetto, annulla la sentenza di primo grado.

      Compensa le spese di giudizio tra le parti.

      Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

      Così deciso in Palermo il 3 aprile 2008, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori: ...

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                           Depositata in segreteria

il 23 settembre 2008