N.   605/09   Reg.Dec. 
 

N.    1237     Reg.Ric. 
 

ANNO  2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

     Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente:

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 1237/07 proposto da

MINISTERO DELL’INTERNO,

in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici siti in Palermo, via A. De Gasperi 81, è per legge domiciliato;

c o n t r o

@@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’avv. -

per l’annullamento

della sentenza n. 1896/07 emessa dal T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, sez. I, in data 2 agosto 2007;

     Visto il ricorso in appello;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’avv. - per l’appellato;

     Vista l’ordinanza n. 877/07 di questo Consiglio di Giustizia Amministrativa;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore il Consigliere -

     Uditi alla pubblica udienza del 16 luglio 2008 l’avv. dello Stato -

     Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

1. Il signor @@@@@@@ @@@@@@@, con decreto del Capo della Polizia del 20/9/95, era destituito con decorrenza 4/10/95.

     L’interessato con ricorso n. 5073/95 adiva il T.A.R. di Palermo che, con ordinanza n. 57/96, accoglieva la domanda cautelare.

     In esecuzione della misura sospensiva l’appellato, con decreto del 14/8/96, era riammesso in servizio dal 19 agosto 1996 al 30 giugno 1999, data di collocamento a riposo a domanda.

     Il predetto ricorso n. 5073/95 era poi accolto dal TAR con sentenza n. 315/97, successivamente annullata con decisione n. 490/05 di questo Consiglio di Giustizia Amministrativa.

     Conseguentemente, con decreto del Capo della Polizia del 20 settembre 2005 Sezione Stato Giuridico n. 333-D/39221, il servizio prestato in forza della sospensiva accordata con l’ordinanza n. 57/96 del T.A.R. era ritenuto non valido ai fini giuridici ed a quelli di quiescenza e previdenza, con la decorrenza del 4/10/1995.

     Il Prefetto di Palermo, pertanto, con provvedimento del 21/2/06 bloccava l’erogazione del trattamento di quiescenza per difetto del requisito di anzianità.

2. Detto provvedimento era impugnato dal signor @@@@@@@ con ricorso alla Corte dei Conti che, con sentenza n. 468/07, lo rigettava qualificando “servizio di fatto” quello svolto in forza dell’ordinanza del T.A.R. n. 57/96.

     Contemporaneamente, l’odierno appellato proponeva, avverso il decreto del 20/9/05, altro ricorso (n. 1086/06) davanti al T.A.R., lamentando che la mancata valutazione del servizio in argomento avrebbe provocato il venir meno del trattamento pensionistico.

     Il Tribunale, con sentenza n. 1896/07, affermando la propria giurisdizione, accoglieva il ricorso nel merito.

3. Con l’appello indicato in epigrafe l’Avvocatura dello Stato, per il Ministero dell’Interno, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, della sentenza impugnata, affermando la giurisdizione della Corte dei Conti e contestando nel merito la sentenza appellata.

     Ha replicato la difesa dell’appellato, con memoria di costituzione e risposta, chiedendo il rigetto dell’istanza di sospensione e, quindi, di dichiarare inammissibile e/o improcedibile l’atto di appello, in quanto con lo stesso sarebbero state proposte domande ed eccezioni nuove nonché motivi aggiunti rispetto alla semplice costituzione dell’Amministrazione in primo grado, dove non era stata dispiegata alcuna difesa scritta.

     Con ordinanza n. 877/07 questo Consiglio di Giustizia Amministrativa ha accolto l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.

     All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

1. Preliminarmente, va respinta l’eccezione d’inammissibilità dell’appello sollevata dalla difesa di controparte.

     E’ pur vero che l’Amministrazione, odierna appellante, si è limitata in primo grado a costituirsi in giudizio ed a produrre la sentenza della Corte dei Conti, tuttavia, è altrettanto vero che tale comportamento difensivo non può essere inteso come acquiescente e non limita il diritto di difesa in appello per il principio dell’effetto devolutivo.

2. Non è poi condivisibile l’eccezione concernente il difetto di giurisdizione mossa dall’Amministrazione appellante.

     I giudizi proposti dal pubblico dipendente, infatti, ancorché costituiscano un mezzo al fine di ottenere un migliore trattamento pensionistico, sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, implicando un accertamento sulla durata del rapporto di lavoro (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4372 e n. 4377).

     Il Collegio ritiene, pertanto, che la presente controversia rientri nella propria giurisdizione, trattandosi di azione volta al riconoscimento degli effetti giuridici, ai fini di quiescenza, di un periodo di servizio prestato nella Polizia di Stato, in esecuzione di ordinanza cautelare del TAR.

3. L’appello è peraltro fondato nel merito.

     Con la sentenza impugnata il Giudice di prime cure ha ritenuto che “pur condividendo l’opinione secondo la quale dal carattere di strumentalità e di interinalità delle misure cautelari consegue che esse sono destinate a spiegare effetti solo nelle more del conseguimento della pronunzia conclusiva del giudizio, dalla quale deriverebbe che il servizio dal ricorrente prestato in forza della ordinanza cautelare di questo Tribunale debba essere considerato “sine titulo” all’esito della definitiva reiezione del gravame proposto avverso il provvedimento di destituzione dal servizio”, tuttavia ha ritenuto anche che “detto principio debba essere contemperato con quello desumibile dall’art. 2126 cod. civ. - secondo il quale “la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione” - pacificamente ritenuto applicabile anche nell’ambito del pubblico impiego”.

     Il T.A.R. ha, quindi, statuito che “l’applicabilità dell’art. 2126 cod. civ., ai sensi del quale la nullità del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione” (…), “non può limitarsi al profilo meramente economico della irripetibilità delle retribuzioni erogate, ma deve estendersi anche a tutti gli altri diritti connessi al rapporto di lavoro, ivi compresi quelli previdenziali e pensionistici”.

     L’assunto non è condivisibile.

     Osserva il Collegio che l'adozione, vincolata, dell'atto con cui l'Amministrazione dà esecuzione ad un'ordinanza cautelare non comporta la revoca del provvedimento in precedenza sospeso e ha una rilevanza meramente provvisoria, in attesa che nel merito venga accertato se quel provvedimento sia o meno legittimo: con l'emanazione della sentenza che definisce il giudizio con un rigetto (tale è il caso di specie, dopo la decisione in appello n. 490/2005 di questo Consiglio), l'ordinanza cautelare di accoglimento e gli atti ad essa collegati vengono meno con effetto retroattivo - perdendo ab initio il loro fondamento giuridico.

      La situazione non sembra dunque assimilabile a quella del rapporto nullo o annullabile, al quale si applica l’art. 2126 cod.civ..

     D’altra parte anche nel caso dell’art. 2126 la prestazione resa in base a tale rapporto non può ritenersi in via di principio rilevante a fini diversi da quelli espressamente previsti, come ad esempio per costituire il presupposto per ottenere eventuali vantaggi connessi con l’espletamento di un regolare rapporto di pubblico impiego (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 15 febbraio 2007, n. 627), né comunque anche aderendo alle tesi che riconoscono per detto periodo una protezione previdenziale e  assistenziale, tali  meccanismi di protezione  possono estendersi fino a ricomprendervi anche il diritto ad usufruire di una anzianità di servizio ai fini di quiescenza maturata in forza di un rapporto di lavoro di pubblico impiego consentito solo in via cautelare. Nella specie, non appare revocabile in dubbio che il rapporto di servizio si sia giuridicamente risolto il 4 ottobre 1995 in forza del decreto di destituzione del 20 settembre 1995 dichiarato definitivamente legittimo da questo Consiglio di Giustizia Amministrativa con la decisione 490/05.

     In conclusione, l’appello è fondato e, pertanto, va accolto.

     Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

     Sussistono giusti motivi perché le spese del doppio grado di giudizio siano compensate.

P. Q. M.

     Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, accoglie l’appello in epigrafe.

     Le spese del doppio grado di giudizio sono integralmente compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

     Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 16 luglio 2008, con l’intervento dei signori: -

-

                            Depositata in segreteria

il  17 luglio 2009