Ric. n. 312/2002 Sent. n. 1031/04
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione costituito da:
Stefano Baccarini Presidente
Angelo De Zotti Consigliere, relatore
Marco Buricelli Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 312/2002 proposto da ********, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maurizio Paniz e Domenico Sagui Pascalin e Franco Stivanello Gussoni ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’ultimo in Venezia Dorsoduro 3593;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge;
il Capo della Polizia. Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, pro tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento con cui il Capo della Polizia ha inflitto al ricorrente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per mesi sei e di ogni altro atto connesso o presupposto.
Visto il ricorso, notificato il 24 gennaio 2002 e depositato presso la Segreteria il 7 febbraio 2002 con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, depositato in segreteria il 13 febbraio 2002 con i relativi allegati;
visti gli atti tutti della causa;
uditi all'udienza pubblica del 30 ottobre 2003 (relatore il consigliere Angelo De Zotti) l'avv. Bertagnolli, in sostituzione dell’avv. Stivanello Gussoni, per il ricorrente e l’avvocato dello Stato Daneluzzi per l’amministrazione intimata;
ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente, ispettore superiore della Polizia di Stato all'epoca dei fatti (autunno inverno '91 - '92) operava presso il Commissariato di P.S. di *******, sovraintendendo al servizio per assenza del Dirigente-
Rinviato a giudizio per i delitti di omissione di denuncia di reato, di soppressione di atti pubblici e di minaccia ed oltraggio a pubblico ufficiale, con sentenza del 23.6.97 venne condannato alla pena di 8 mesi di reclusione per falso ed omissione di denuncia, mentre venne assolto per gli altri quattro capi di imputazione.
Con sentenza del 13.4.00, la Corte d’Appello di Venezia riformò la condanna di I grado, dichiarando estinto per prescrizione il reato di omissione di denuncia.
Tale condanna divenne definitiva per effetto della sentenza della Corte di Cassazione, pronunciata il 9.1.2001, che dichiarò inammissibile il ricorso.
Ricevuta la comunicazione della sentenza in data 15 gennaio 2001, il Questore di Belluno, con provvedimento datato 22 marzo 2001 avviava il procedimento disciplinare a carico del ricorrente, che si concludeva con la proposta di irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio ex art. 6 n. 2 del D.P.R. 25.10.81 n. 737 nella misura massima di mesi sei.
Il provvedimento non fu ritenuto legittimo dal Capo della Polizia che con decreto datato 8 giugno 2001 annullò gli atti del procedimento disciplinare instaurato a carico del ****** a partire dalla contestazione degli addebiti.
A seguito di tale intervento in autotutela è stato attivato un nuovo procedimento disciplinare che si è concluso con la proposta dell’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio ex art. 6 n. 2 del D.P.R. 25.10.81 n. 737 nella misura massima di mesi sei.
Tale ultima deliberazione è stata recepita, con una parziale correzione della motivazione, con decreto del Capo della Polizia.
Ciò premesso, il ricorrente impugna il decreto d'irrogazione della sanzione disciplinare e di tutti gli atti del procedimento disciplinare per i seguenti motivi:
1) violazione dell'art. 9 co. 2^ l. n. 19/90 e dell’art. 10 co. 3^ della l. n. 97/01 per intervenuta scadenza del termine perentorio per l'avvio del procedimento disciplinare.
Si sostiene che il termine di 180 giorni, di cui all'art. 9 co. 2^ L. 19/90, previsto ai fini dell'avvio o della ripresa del procedimento disciplinare a seguito della definizione di quello penale, ha carattere perentorio e che il suo mancato rispetto determina l'illegittimità di tutti gli atti procedimentali e del provvedimento conclusivo irrogativo della sanzione; che nella specie il suddetto termine, verosimilmente ridotto a 120 gg. ai sensi dell'art.10 co. 3^ 97/01, non è stato rispettato in quanto la sentenza pronunciata il 9.1.01 dalla Suprema Corte è stata comunicata alla Questura di Belluno in data il 15 gennaio 2001 e dunque il termine per promuovere l’azione disciplinare scadeva il 15 luglio 2001 laddove, annullata in sede di autotutela dal Capo della Polizia la prima procedura disciplinare, la nuova azione è stata avviata con atto del 23.7.01 e dunque tardivamente; che conseguentemente, deve essere annullato l'impugnato decreto irrogativo della sanzione disciplinare e tutti gli atti procedimentali, a partire dalla contestazione degli addebiti.
2) violazione dell'art. 653 c.p.p. in relazione agli artt. 14 co. e 19 penult. co. d.p.r. 25.10.81 n. 737; eccesso di potere per errata rappresentazione dei fatti in capo al funzionario istruttore ed al questore.
Si sostiene che la nuova formulazione dell'art. 653 C.P.P., a seguito dell'entrata in vigore dell'art. l della L. 97/01, prevede che "la sentenza penale irrevocabile ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare quanto all'accertamento che il fatto non sussiste, non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso"; che stante l'incidenza del giudicato penale sul procedimento disciplinare questi poteva essere assoggettato ad azione disciplinare solo per i fatti oggetto di condanna definitiva (e dunque solo per aver soppresso la relazione di servizio riguardante il caso Bombaci, reato contestato al capo B sub 2); che tali essendo i precisi limiti della condanna penale, non andavano contestati in sede disciplinare i fatti di minaccia ed oltraggio a pubblico ufficiale, nonché la soppressione della relazione di servizio relativa al tentativo di furto; che il funzionario istruttore, invece, disattendendo i limiti oggettivi del giudicato penale di cui all'art. 653 C.P.P., ha finito per ricomprendere nell'inchiesta preliminare tutti i fatti oggetto dell'originaria imputazione, compresi quelli oggetto di assoluzione con formula piena; che il Questore di ******, ha trasmesso gli atti al Presidente del Consiglio Provinciale di Disciplina senza valutare l'opportunità d'infliggere un'eventuale sanzione disciplinare più tenue di quella della sospensione o di quella della destituzione incorrendo nella violazione delle norme in epigrafe.
3) violazione del principio costituzionale di imparzialità; violazione dell'art. 149 co. 1^ lett. b) e co. 5^ d.p.r. 10.1.57 n. 3.
Si deduce il mancato accoglimento dell’istanza di ricusazione del Consiglio di disciplina in quanto questo si era già pronunciato nel primo procedimento annullato; che sussisteva l’obbligo di astensione in capo al componente Della Rocca in quanto teste indicato dal ricorrente; che inoltre il componente **** non poteva far parte del Consiglio di disciplina perché in malattia.
4) eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria.
Si sostiene che la motivazione della sanzione è stata modificata d’ufficio dal capo della polizia; che non è stato acquisito il precedente indicato dal ricorrente; che inoltre il provvedimento non contiene alcuna motivazione in ordine ai precedenti favorevoli dell’incolpato.
5) violazione del principio costituzionale del diritto di difesa; violazione dell'art. 24 co. 2^ Cost. in relazione all’art. 20 co. 2^ del d.p.r. 737/1981.
6) violazione dell’art. 3 l. 241/1990 in relazione all’art. 25 del d.p.r. 10.1.57 n. 3 e all’art. 1 del d.p.r. 1199/1971.
L’amministrazione si è costituita in giudizio ed ha controdedotto su tutti i motivi di censura chiedendo la reiezione del ricorso con vittoria di spese.
Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2003, previa audizione dei difensori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorrente deduce la perenzione del procedimento disciplinare per la violazione dell’art. 9 co. 2^ L. 19/90,che fissa il termine di 180 giorni per l'avvio o per la ripresa del procedimento disciplinare a seguito della definizione di quello penale, precisando che la censura non riguarda il primo procedimento disciplinare annullato con il decreto del Capo della Polizia dell’8 giugno 2001 ma il secondo, avviato con la contestazione di addebiti datata 23 luglio 2001.
La nuova procedura disciplinare sarebbe, infatti, tardiva rispetto al momento di conoscenza della sentenza dalla cui valutazione essa origina: la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione sul ricorso del ****** è stata comunicata alla Questura di ****** in data il 15 gennaio 2001, ed il termine di 180 giorni è scaduto il 15 luglio 2001.
Il motivo è fondato.
Dagli atti di causa si evince che il procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente, dopo l’annullamento della prima sanzione è stato avviato ex novo con contestazione tardiva rispetto al termine di 180 giorni previsto dalla norma invocata: inoltre esso si è concluso con il provvedimento impugnato oltre il termine di 270 giorni (180+90) decorrenti dalla data del 15 gennaio 2001.
Orbene, osserva il Collegio che sulla natura perentoria del termine previsto dal citato art. 9, si è pronunciata l’Adunanza Plenaria con la decisione 25 gennaio 2000, n. 4. rilevando che il termine di novanta giorni comincia a decorrere dalla ‘scadenza virtuale del termine di centottanta giorni, fissato dal medesimo art. 9 per l’inizio del procedimento disciplinare e che decorre “dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna” (cfr. C.d.S. sez. IV, 17 settembre 2002, n. 4665).
Ne consegue che il procedimento disciplinare, annullato e avviato ex novo, va considerato perento perché iniziato dopo 180 giorni e concluso oltre il termine di 270 giorni (15 settembre 2001).
Per quanto la censura abbia natura assorbente il Collegio rileva che è manifestamente fondato anche il secondo motivo di ricorso (avente natura sostanziale) con il quale il ricorrente deduce la violazione, già evidenziata in sede cautelare, degli articoli 14 e 19 del d.p.r. 737/1981.
Ciò in quanto la contestazione di addebiti, e dunque il procedimento disciplinare, ha riguardato anche fatti che la sentenza penale di condanna posta a base dell’azione disciplinare ha accertato non sussistere o dalla cui imputazione il ricorrente è stato prosciolto con formula assolutoria.
In particolare si tratta delle contestazioni sub A1, B1, C e D della nota di addebito del 23 luglio 2001 e precisamente l’omessa denuncia del delitto di tentato furto commesso presso il supermercato da *******; la soppressione della relazione di servizio relativa alla vicenda ******, le minacce e le ingiurie all’agente *******.
Ne consegue che la contestazione della sanzione disciplinare, peraltro incomprensibilmente aggravata piuttosto che attenuata rispetto al primo procedimento annullato, è viziata da erroneità dei presupposti, in quanto riferita ad una condotta sostanzialmente diversa e assai più grave di quella che avrebbe potuto essere oggetto dell’azione
Le spese di causa seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’amministrazione intimata al pagamento delle spese e delle competenze di causa che liquida in favore della parte ricorrente in € 2000 (duemila euro) oltre ad iva e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, addì 30 ottobre 2003.
Il Presidente
L’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della
Prima Sezione