REPUBBLICA   ITALIANA                    N. XYXYXY/2000 + 1411/2002 + 1083/2003 + 1084/2003

                    + 815/2004 + 896/2004 + 897/2004  Reg. Ric.

     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                               N.                 Reg. Sez.

   IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L’EMILIA-ROMAGNA    N.  108      Reg. Sent.

     SEZIONE I                                               Anno 2008

composto dai signori:

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

1) sul ricorso n. XYXYXY del 2000 proposto da

XYXYXY XYXYXY

rappresentata e difesa da:

con domicilio eletto in XYXYXY

presso

 

contro 
 

MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA 

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

PROVVEDITORATO REG.LE AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA XYXYXY

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede; 
 

per l'annullamento

del provvedimento n. 2748 del 31/12/1999 a mezzo del quale il Provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria dell'Emilia Romagna irrogava alla ricorrente la sanzione disciplinare della censura. 
 

2) sul ricorso n. 1411 del 2002 proposto da  
 

XYXYXY XYXYXY  
 

rappresentata e difesa da:

con domicilio eletto in XYXYXY

presso

 

contro 
 

MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA 

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

PROVVEDITORATO REG.LE AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA XYXYXY

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

DIREZIONE CASA CIRCONDARIALE DI XYXYXY  

rappresentata e difesa da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede; 
 

per l'annullamento

del Rapporto informativo per l'anno 2001, notificato alla ricorrente in data 5/9/2002 e del relativo giudizio espresso dal competente organo e dell’atto a firma del Direttore della Casa circondariale di XYXYXY del 5/8/2002 n. 1243, e

per la declaratoria

del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’illecita condotta tenuta dal datore di lavoro, che nel complesso può essere ricondotta nella definizione di mobbing, da cui è derivata la lesione all'integrità psicofisica della ricorrente, quantificata dal perito di parte nella misura del 12% in termini di danno biologico permanente

e per la condanna

dell'Amministrazione convenuta al pagamento alla ricorrente della somma di € 200.000,00 ovvero alla maggiore o minore somma che risulterà di giustizia, a titolo di risarcimento del danno biologico e morale patito. 
 

3) sul ricorso n. 1083 del 2003 proposto da 
 

XYXYXY XYXYXY  
 

rappresentata e difesa da:

con domicilio eletto in XYXYXY

presso

 

contro 
 

MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA 

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

PROVVEDITORATO REG.LE AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA XYXYXY   
 

DIREZIONE CASA CIRCONDARIALE DI XYXYXY    
 

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,

del decreto n. 1368 del 15/7/2003 del Provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria dell'Emilia Romagna,

per la declaratoria

del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’illecita condotta tenuta dal datore di lavoro, che nel complesso può essere ricondotta nella definizione di mobbing, da cui è derivata la lesione all'integrità psicofisica della ricorrente (danno biologico) nonché della qualità della sua vita (danno esistenziale)

e per la condanna

dell'Amministrazione convenuta al pagamento alla ricorrente della somma di € 50.000,00 ovvero alla maggiore o minore somma che risulterà di giustizia, a titolo di risarcimento del danno biologico e morale patito. 
 

4) sul ricorso n. 1084 del 2003 proposto da 
 

XYXYXY XYXYXY 
 

rappresentata e difesa da:

con domicilio eletto in XYXYXY

presso

LAMAZZA AVV. FRANCESCA   
 

contro 
 

MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA 

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

PROVVEDITORATO REG.LE AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA XYXYXY   
 

DIREZIONE CASA CIRCONDARIALE DI XYXYXY    
 

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,

del decreto n. 1367 del 15/7/2003 del Provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria dell'Emilia Romagna,

per la declaratoria

del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’illecita condotta tenuta dal datore di lavoro, che nel complesso può essere ricondotta nella definizione di mobbing, da cui è derivata la lesione all'integrità psicofisica della ricorrente (danno biologico) nonché della qualità della sua vita (danno esistenziale)

e per la condanna

dell'Amministrazione convenuta al pagamento alla ricorrente della somma di € 50.000,00 ovvero alla maggiore o minore somma che risulterà di giustizia, a titolo di risarcimento del danno biologico e morale patito. 
 

5) sul ricorso n. 815 del 2004 proposto da 
 

XYXYXY XYXYXY  
 

rappresentata e difesa da:

con domicilio eletto in XYXYXY

presso

 

contro 
 

MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA 

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

PROVVEDITORATO REG.LE AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA XYXYXY

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

DIREZIONE CASA CIRCONDARIALE DI XYXYXY    
 

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,

del decreto n. 359 del 14/4/2004 del Provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria dell'Emilia Romagna,

per la declaratoria

del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’illecita condotta tenuta dal datore di lavoro, che nel complesso può essere ricondotta nella definizione di mobbing, da cui è derivata la lesione all'integrità psicofisica della ricorrente (danno biologico) nonché della qualità della sua vita (danno esistenziale)

e per la condanna

dell'Amministrazione convenuta al pagamento alla ricorrente della somma di € 100.000,00 ovvero alla maggiore o minore somma che risulterà di giustizia, a titolo di risarcimento del danno biologico e morale patito. 
 

6) sul ricorso n. 896 del 2004 proposto da 
 

XYXYXY XYXYXY  
 

rappresentata e difesa da:

con domicilio eletto in XYXYXY

presso

 

contro 
 

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

PROVVEDITORATO REG.LE AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA XYXYXY

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

DIREZIONE CASA CIRCONDARIALE DI XYXYXY  

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede; 
 

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,

del decreto n. 212 del 22/3/2004 del Provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria dell'Emilia Romagna,

per la declaratoria

del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’illecita condotta tenuta dal datore di lavoro, che nel complesso può essere ricondotta nella definizione di mobbing, da cui è derivata la lesione all'integrità psicofisica, alla qualità della vita e alla sfera emotiva della ricorrente

e per la condanna

dell'Amministrazione convenuta al pagamento alla ricorrente della somma di € 250.000,00 ovvero alla maggiore o minore somma che risulterà di giustizia, a titolo di risarcimento del danno biologico e morale patito. 
 

7) sul ricorso n. 897 del 2004 proposto da 
 

XYXYXY XYXYXY  
 

rappresentata e difesa da:

con domicilio eletto in XYXYXY

presso

 

contro 
 

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

PROVVEDITORATO REG.LE AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA XYXYXY

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede 
 
 

DIREZIONE CASA CIRCONDARIALE DI XYXYXY  

rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO 

con domicilio eletto in XYXYXY

VIA RENI 4

presso la sua sede; 
 

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,

del decreto n. 211 del 22/3/2004 del Provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria dell'Emilia Romagna,

per la declaratoria

del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’illecita condotta tenuta dal datore di lavoro, che nel complesso può essere ricondotta nella definizione di mobbing, da cui è derivata la lesione all'integrità psicofisica e alla sfera emotiva della ricorrente

e per la condanna

dell'Amministrazione convenuta al pagamento alla ricorrente della somma di € 250.000,00 ovvero alla maggiore o minore somma che risulterà di giustizia, a titolo di risarcimento del danno biologico e morale patito.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in tutti i giudizi dell'Amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti delle cause;

Relatore il Cons.

Uditi alla pubblica udienza del 20 dicembre 2007 i difensori delle parti, presenti come da verbale;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

F   A   T   T   O

1.1) Con il ricorso n. XYXYXY/2000 l'Ispettore del Corpo di polizia penitenziaria XYXYXY XYXYXY ha impugnato il provvedimento n. 2748 del 31/12/1999 con cui il Provveditore Regionale dell'Emilia Romagna dell’Amministrazione penitenziaria le ha irrogato la sanzione disciplinare della censura; di tale determinazione l'interessata ha chiesto l'annullamento, prospettando vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

1.2) Con il ricorso n. 1411/2002 la sig.ra XYXYXY XYXYXY, nel frattempo promossa alla qualifica di Ispettore Capo del Corpo di polizia penitenziaria:

- ha impugnato il rapporto informativo relativo all'anno 2001, nonché la nota del Direttore della Casa circondariale di XYXYXY datata 5/8/2002 n. 1243 (riguardante il rapporto in questione);

- ha formulato domanda di risarcimento dei danni patiti in conseguenza del mobbing di cui sarebbe stata vittima da parte dell'Amministrazione, quantificati in € 200.000,00.

1.3) Con i ricorsi n. 1083 e n. 1084, entrambi del 2003, l’Ispettore Capo XYXYXY:

a) ha impugnato, rispettivamente:

b) ha formulato distinte domande di risarcimento dei danni patiti in conseguenza del mobbing di cui sarebbe stata vittima da parte dell'Amministrazione, quantificati in € 50.000,00 in ciascuno dei ricorsi.

Nella camera di consiglio del 23 ottobre 2003 questo Tribunale, con ordinanza n. 725, previa riunione dei due ricorsi (ai fini della trattazione degli incidenti cautelari), ha accolto le istanze di sospensione dei provvedimenti impugnati evidenziando che "le sanzioni contestate si riferiscono a fatti che, per le circostanze temporali e comportamentali che li caratterizzano, meriterebbero una valutazione unitaria".

A seguito di tale pronuncia il Provveditore Regionale dell’Amministrazione penitenziaria ha disposto, con provvedimento datato 21/11/2003, l'annullamento in autotutela degli impugnati decreti n. 1367 e n. 1368 del 15/7/2003, rimettendo gli atti relativi ai procedimenti disciplinari al Consiglio regionale di disciplina per il personale del Corpo di polizia penitenziaria, ai fini di una valutazione unitaria degli episodi oggetto dei decreti annullati.

1.4) Con il ricorso n. 815/2004 l’Ispettore Capo XYXYXY:

- ha impugnato il decreto n. 359 del 14/4/2004 con cui il Provveditore Regionale (a conclusione del rinnovato procedimento disciplinare) le ha irrogato la sanzione disciplinare della censura;

- ha formulato domanda di risarcimento dei danni patiti in conseguenza del mobbing di cui sarebbe stata vittima da parte dell'Amministrazione, quantificati in € 100.000,00;

- ha proposto anche un'istanza di sospensione del provvedimento impugnato, che è stata respinta da questo TAR con ordinanza n. 774/2004, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con ordinanza n. 990/2005.

1.5) Con il ricorso n. 896 /2004 l’Ispettore Capo XYXYXY:

- ha impugnato il decreto n. 212 del 22/3/2004 con cui il Provveditore Regionale le ha irrogato la sanzione disciplinare della pena pecuniaria, determinandola nella riduzione di 5/30 dello stipendio mensile e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo;

- ha formulato domanda di risarcimento dei danni patiti in conseguenza del mobbing di cui sarebbe stata vittima da parte dell'Amministrazione, quantificati in € 250.000,00;

- ha altresì chiesto la sospensione del provvedimento impugnato; la relativa istanza è stata respinta dal TAR con ordinanza n. 843/2004, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con ordinanza n. 991/2005.

1.6) Con il ricorso n. 897/2004 l’Ispettore Capo XYXYXY:

- ha impugnato il decreto n. 211 del 22/3/2004 con cui il Provveditore Regionale le ha irrogato la sanzione disciplinare della deplorazione;

- ha formulato domanda di risarcimento dei danni patiti in conseguenza del mobbing di cui sarebbe stata vittima da parte dell'Amministrazione, quantificati in € 250.000,00;

- ha altresì chiesto la sospensione del provvedimento impugnato; la relativa istanza è stata respinta dal TAR con ordinanza n. 847/2004, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con ordinanza n. 989/2005.

2) In tutte le cause si sono costituiti il Ministero della Giustizia e l'Amministrazione penitenziaria contestando le tesi della ricorrente e chiedendo la reiezione dei gravami perché infondati.

3) Le parti hanno depositato memorie in vista dell'udienza del 20 dicembre 2007, in cui tutte le cause sono passate in decisione.

D   I   R   I   T   T   O

1) L'evidente connessione sotto il profilo oggettivo e soggettivo dei ricorsi n. XYXYXY/2000, n. 1411/2002, n. 1083/2003, n. 1084/2003, n. 815/2004, n. 896/2004 e n. 897/2004 induce il Collegio a disporne la riunione ai fini di una trattazione e decisione congiunta.

2) Il primo ricorso proposto contro l'Amministrazione di appartenenza dall'Ispettore (poi Ispettore Capo) del Corpo di polizia penitenziaria XYXYXY XYXYXY è rubricato al n. XYXYXY/2000 e ha ad oggetto il provvedimento n. 2748 del 31/12/1999 con cui il Provveditore Regionale dell'Emilia Romagna dell’Amministrazione penitenziaria le ha irrogato la sanzione disciplinare della censura; tale determinazione è stata assunta a conclusione di un procedimento disciplinare in cui alla predetta è stata contestata l'omessa trasmissione di consegne relative al servizio. Con i primi due motivi la ricorrente ha dedotto:

Nella memoria (non notificata) depositata il 19/2/2001 la difesa della ricorrente ha poi ricostruito dettagliatamente la scansione temporale degli atti del procedimento, evidenziando la violazione tanto dei termini di cui ai citati artt. 15 e 16, quanto del termine di 90 giorni di cui all’art. 120 del T.U. n. 3/1957. Qualificando il richiamo a quest'ultima norma come motivo aggiunto rispetto a quelli proposti con l'atto introduttivo del giudizio, l'Avvocatura dello Stato ne ha eccepito l'inammissibilità; il Collegio è però di diverso avviso.

Va innanzitutto premesso che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, da ultimo esplicitato nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 21 giugno 2007 n. 3437 "il giudice amministrativo può procedere all'individuazione dei motivi di ricorso tenendo conto non solo delle censure espressamente enunciate, ma anche di quelle che, pur se formalmente non esposte, possono essere desunte chiaramente dall'esposizione dei fatti ovvero dall'intero contesto del ricorso (Sezione IV, 10 dicembre 2003, n. 8117; 20 ottobre 1992, n. 910; V, 9 ottobre 2003, n. 6070; 9 giugno 2003, n. 3242), con la conseguenza che il vizio di ultrapetizione non sussiste allorquando viene accolta una domanda che, pur se non espressamente formulata, sia comunque contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio (Sezione IV, 5 ottobre 2005, n. XYXYXY7; 10 giugno 2004, n. 3730; V, 24 settembre 2003, n. 5462)". Ebbene, l'affermazione contenuta nel ricorso (più sopra testualmente riportata) secondo cui l'equilibrio tra gli opposti interessi in gioco nel procedimento disciplinare non è compatibile "con una durata debordante rispetto ai termini predisposti per i singoli adempimenti" risulta riferibile a tutte le prescrizioni normative che regolano il procedimento in questione nei confronti degli appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria. E la disposizione di cui al primo comma dell’art. 120 del T.U. n. 3/1957 ("Il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto") è applicabile anche al procedimento disciplinare riguardante la particolare categoria di personale di cui si tratta, visto il rinvio operato dall’art. 24 del D.Lgs. n. 449/1992, che al quinto comma così recita: "Per quanto non previsto dal presente decreto in materia di disciplina e di procedura, si applicano, in quanto compatibili, le corrispondenti norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3". Mancando una norma di chiusura che stabilisca un limite di durata allo svolgimento del procedimento disciplinare (o meglio, delle sue fasi) nei confronti degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, risulta infatti pertinente il rinvio alla previsione di cui al citato art. 120, sicuramente idonea a contemperare le diverse esigenze (della pubblica amministrazione e del dipendente) meritevoli di tutela e ravvisabili anche nello specifico settore di cui si controverte; a tale proposito è utile sottolineare che alle medesime conclusioni è pervenuto il TAR Trieste nella sentenza 29 maggio 2000 n. 434, riguardante anch'essa un dipendente dell'Amministrazione penitenziaria.

Ciò detto, si deve osservare che tra la data della relazione redatta dal funzionario istruttore (26/5/1999) - doc. 5 prodotto dall'Amministrazione resistente - e la data (27/8/1999) del decreto n. 1972 con cui il Provveditore Regionale dell'Amministrazione penitenziaria ha disposto la trasmissione (poi concretamente avvenuta in data 1/9/1999) del carteggio dell'inchiesta al Consiglio regionale di disciplina - doc.ti 4 e 5 allegati al ricorso - sono trascorsi oltre 90 giorni (per la precisione 93, mentre la ricorrente, nella sua memoria depositata il 19/2/2001, ha conteggiato 92 giorni decorrenti dal 27/5/1999, indicato come data di trasmissione del fascicolo dell'istruttore: la circostanza non risulta, comunque, decisiva, posto che il superamento del limite di 90 giorni non è oggetto di controdeduzioni della parte resistente).

In relazione a quanto sopra deve ritenersi sussistente la violazione della disposizione di cui all’art. 120 del T.U. n. 3/1957; e tanto basta per determinare l'illegittimità del provvedimento impugnato, senza necessità di prendere in considerazione l'ulteriore periodo, intercorrente tra la data di trasmissione del fascicolo dal Provveditore alla Commissione e quella in cui quest'ultima ha deliberato (16/12/1999).

Il ricorso n. XYXYXY/2000 risulta pertanto fondato e va accolto (con assorbimento degli ulteriori motivi dedotti); l'impugnato decreto n. 2748 del 31/12/1999 va conseguentemente annullato.

3) Tutti i ricorsi successivamente proposti dalla sig.ra XYXYXY, a partire dal n. 1411/2002, contengono sia una domanda di annullamento (dei provvedimenti via via impugnati), sia una domanda di risarcimento dei danni patiti in conseguenza del mobbing di cui la predetta sostiene di essere stata vittima da parte dell'Amministrazione, diversamente quantificati in ciascun ricorso. Poiché le domande risarcitorie necessitano di una valutazione unitaria, si deve procedere innanzitutto ad esaminare la fondatezza o meno dei singoli gravami in relazione alle azioni impugnatorie proposte.

Con il ricorso n. 1411/2002 l'interessata ha impugnato il rapporto informativo per l'anno 2001, che riporta un giudizio complessivo di "distinto" ed un punteggio di 26; tale punteggio consegue alla valutazione massima (3 punti) attribuita alla dipendente per tutti i dieci elementi di giudizio considerati, fatta eccezione per quelli ("Rendimento complessivo" e "Attitudine a svolgere funzioni superiori") di cui alla voce "Qualità attività svolta", per i quali è stato attribuito il coefficiente minimo (1 punto). La riduzione del punteggio per gli elementi in questione è stata motivata dal Direttore della Casa circondariale di XYXYXY, nella nota datata 5/8/2002 n. 1243 indirizzata al Provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria, con la circostanza che l’Isp. Capo XYXYXY "è assente senza soluzione di continuità dal 20/07/2001 e non si è mai avuto modo di poterla vedere all'opera per valutare compiutamente le attitudini e il rendimento"; anche questa nota di spiegazione è stata impugnata dall'interessata con il ricorso in esame, in cui si censura l'illogicità della valutazione, che viene altresì contestata perché manifestamente ingiusta e frutto di sviamento di potere.

Nella parte impugnatoria il ricorso è fondato. Per un più puntuale inquadramento della vicenda occorre tenere presente quanto segue:

Le circostanze richiamate evidenziano, ad avviso del Collegio, l'illogicità della valutazione impugnata, che si è tradotta in un peggioramento del giudizio contraddittoriamente motivata (come emerge chiaramente dalla nota del 5/8/2002) con la mancanza di elementi di giudizio. Il fatto però che il funzionario compilatore del rapporto non avesse diretta conoscenza della persona e delle sue qualità non poteva giustificare una modificazione in senso peggiorativo della valutazione del dipendente, se non altro perché la sig.ra XYXYXY era rimasta assente dal 20/7/2001 e dunque, nel precedente periodo dell’anno, aveva fornito prova delle sue qualità in servizio; ed elementi di valutazione relativi al servizio prestato nei primi sette mesi dell’anno di riferimento ben potevano essere richiesti dal nuovo Direttore della Casa circondariale al suo predecessore, così come è logico fare laddove un nuovo dirigente sia chiamato ad esprimere giudizi su un periodo precedente la sua gestione; e gli elementi così acquisiti, posti in relazione ai giudizi espressi nei pregressi rapporti informativi, avrebbero potuto costituire idonei presupposti per una più attendibile valutazione della dipendente, ancorché non direttamente conosciuta dal funzionario compilatore.

Risulta perciò irragionevole (come dedotto nel ricorso) la scelta di attribuire valenza negativa alla non conoscenza personale dell'interessata; il rapporto informativo impugnato ne risulta conseguentemente viziato e, in accoglimento dell'azione impugnatoria proposta con il gravame n. 1411/2002, va annullato.

4) Come già riferito nella parte in fatto, con i ricorsi n. 1083 e n. 1084 del 2003 l’Ispettore Capo XYXYXY ha impugnato, rispettivamente, i decreti n. 1368 e n. 1367 del 15/7/2003 con cui il Provveditore Regionale dell'Emilia Romagna dell’Amministrazione penitenziaria le ha irrogato due distinte sanzioni disciplinari: la censura e la riduzione di 5/30 dello stipendio mensile e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo. A seguito dell'accoglimento da parte di questo Tribunale (con ordinanza n. 725/2003) delle istanze di sospensione dei provvedimenti impugnati nei due ricorsi riuniti il predetto Provveditore ha disposto, con provvedimento datato 21/11/2003, l'annullamento in autotutela dei decreti in questione ed ha rimesso gli atti relativi ai procedimenti disciplinari al Consiglio regionale di disciplina per il personale del Corpo di polizia penitenziaria, ai fini di una valutazione unitaria degli episodi oggetto dei decreti annullati.

Ne consegue che, quantomeno con riferimento alle azioni impugnatorie proposte, i ricorsi n. 1083 e n. 1084 del 2003 vanno dichiarati improcedibili per cessazione della materia del contendere.

5) Il procedimento disciplinare di cui sopra, riattivato con il provvedimento del 21/11/2003 secondo le indicazioni di questo TAR, si è poi concluso con il decreto n. 359 del 14/4/2004 con cui il Provveditore Regionale dell'Emilia Romagna dell’Amministrazione penitenziaria ha irrogato all’Isp. Capo XYXYXY la sanzione della censura. L'interessata ha impugnato tale provvedimento con il ricorso n. 815 del 2004 in cui si deduce:

- che la sanzione di cui si tratta si inquadra nel complesso di atti di natura ritorsiva e discriminatoria di cui l'Amministrazione ha fatto oggetto la ricorrente;

- che essa consegue ad un atteggiamento di personale malanimo da parte del Comandante di Reparto nei confronti della XYXYXY;

- che la condotta di quest'ultima sanzionata disciplinarmente era in realtà corretta e giustificata, tant'è che lo stesso Funzionario istruttore è giunto a conclusioni non sfavorevoli all'incolpata.

Occorre ricostruire, in sintesi, i fatti che hanno dato origine al procedimento disciplinare di cui si controverte:

a) il primo degli episodi contestati all’Isp. Capo XYXYXY si è svolto in data 1/2/2003 e ha visto la predetta confrontarsi con il Comandante di Reparto in merito alla effettuazione di una intercettazione nella sala colloqui, disposta dall’A.G.; nella contestazione di addebiti si è fatto riferimento ad atteggiamenti dell'interessata provocatori e stizzosi, indebitamente accusatori nei confronti del superiore, se non addirittura di intralcio allo svolgimento del servizio;

b) il secondo episodio si è svolto il 3/2/2003: la contestazione degli addebiti ha riguardato un’ulteriore occasione di contrasto tra la XYXYXY e il Comandante di Reparto in cui l'incolpata avrebbe assunto un comportamento irrispettoso nei confronti del superiore, alzando la voce nell'ufficio di questi, senza accogliere gli inviti a calmarsi ed allontanandosi poi all'improvviso e senza essere stata congedata.

Per quanto riguarda il primo episodio il Funzionario istruttore, nella sua relazione prot. n. 3705 datata 8/5/2003, ha evidenziato:

Per quanto riguarda il secondo episodio la relazione del Funzionario istruttore (prot. n. 3706) sottolinea:

Il Consiglio regionale di disciplina per il personale del Corpo di polizia penitenziaria, riunitosi il 6/4/2004, ha ritenuto "di poter configurare nei confronti dell'incolpata un comportamento scorretto nei confronti di superiore, riconducibile alla previsione di cui all’art. 2 lett. e) del D.Lgs. 449/92, in quanto in più occasioni la stessa avrebbe tenuto un comportamento improprio, attenuato solo dal convincimento di essere elusa da certe responsabilità riconducibili al proprio ruolo"; ed ha proposto l'applicazione della sanzione disciplinare della censura, infine irrogata dal Provveditore regionale con il provvedimento impugnato.

In relazione a quanto sopra e sulla scorta della documentazione acquisita al giudizio il Collegio ritiene di poter formulare le seguenti considerazioni:

Per le ragioni appena illustrate il ricorso n. 815/2004 va dunque accolto, limitatamente all'azione impugnatoria proposta ed il provvedimento impugnato va conseguentemente annullato.

6) Con atto datato 17/10/2003 il Funzionario istruttore appositamente nominato ha contestato all’Isp. Capo XYXYXY l'infrazione disciplinare di cui all’art. 3 lett. a), d), f) e all’art. 4 lett. l) del D.Lgs. n. 449/1992 per il seguente addebito: "la S.V. dal 13/3/03 non ottempera a quanto previsto dalla circolare n. 3368/5818 del 18/8/93 e dalla disposizione di servizio n. 7/2002 del 10/10/02". Le disposizioni richiamate (contenute nel testo riguardante le sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria) si riferiscono:

La vicenda trae origine da una nota datata 28/7/2003 indirizzata dall'odierna ricorrente al Direttore della Casa circondariale di XYXYXY e al Comandante di Reparto con cui la predetta, facendo riferimento ai propri problemi di salute, ha dichiarato di voler consegnare la propria arma individuale di ordinanza, precisando che la stessa era depositata presso la porta carraia dell'Istituto. In relazione a tale comunicazione il Comandante di Reparto ha redatto, in data 30/7/2003, rapporto disciplinare a carico dell’Isp. Capo XYXYXY per contravvenzione delle disposizioni in materia di custodia dell'arma, che risultava non essere stata prelevata dal 13 marzo 2003. Di qui la contestazione di addebiti, che fa riferimento alle disposizioni secondo cui il personale di polizia penitenziaria doveva portare al seguito l'arma d’ordinanza nel momento in cui usciva dall'Istituto (potendo invece depositarla nell'armeria per il tempo strettamente necessario per il servizio). Il Consiglio regionale di disciplina ha ritenuto fondati gli addebiti proponendo l'irrogazione della sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 5/30 dello stipendio mensile e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo, per l'infrazione di cui all’art. 3 comma 2 lett. d) del D.Lgs. n. 449/1992 "per manifesta negligenza nel prendere visione dell’O.D.S. n. 7/02 del 10.10.2002 della C.C. di XYXYXY che tra l'altro richiamava anche espressamente la Circolare 3368/5818 del 18.08.1993 del D.A.P. Ufficio Centrale del Personale"; detta proposta è stata integralmente recepita dal Provveditore Regionale dell’Amministrazione penitenziaria nel provvedimento n. 212 del 22/3/2004.

Contro tale determinazione l'interessata ha presentato il ricorso n. 896/2004, in cui ha formulato censure di sviamento, irragionevolezza e violazione del principio del contraddittorio; il gravame è però infondato.

La qualificazione della condotta della dipendente in termini di violazione delle disposizioni disciplinari richiamate risulta infatti condivisibile, soprattutto ove si consideri quanto evidenziato dal Consiglio regionale di disciplina nella deliberazione del 12/3/2004 secondo cui l’Isp. Capo XYXYXY "avrebbe lasciato depositata presso la porta carraia sin dal 13.03.03 l'arma individuale limitandosi poi in data 29.07.03 a dare atto di ciò manifestando contestualmente l'intento di consegnare tale arma per finalità di cui alle disposizioni in argomento". A fronte delle inequivoche prescrizioni di cui alla disposizione di servizio n. 7/2002 (che a sua volta richiama la circolare D.A.P. n. 3368/5818 del 18/8/1993) la condotta della ricorrente non trova giustificazione sotto il profilo disciplinare, proprio in ragione della circostanza che l'inosservanza di tali prescrizioni è perdurata per diversi mesi prima della nota del luglio 2003. Non può indurre a diverse conclusioni il tentativo dell'interessata di "ribaltare" sull'Amministrazione la responsabilità del mancato ritiro dell'arma in dotazione ad un soggetto psicologicamente sofferente: ciò anche perché il referto sanitario a cui si fa riferimento nella nota del 28/7/2003 è di poco precedente, mentre nessun elemento documenta lo stato di salute della predetta alla data del 13/3/2003; le stesse considerazioni valgono per superare le contestazioni rivolte contro la presupposta disposizione di servizio n. 7/2002, mentre risulta inconfigurabile il vizio di disparità di trattamento sia perché indimostrato, sia perché la legittimità di un provvedimento disciplinare non può essere inficiata dalla mancata (e dunque illegittima) sanzione di analoghe infrazioni.

Resta da esaminare il profilo procedimentale, in relazione al quale la ricorrente deduce di non aver potuto esercitare il suo diritto di difesa davanti al Consiglio regionale di disciplina che si è riunito il 12/3/2004; ciò in quanto, colta da malore, era stata trattenuta in osservazione presso il Pronto Soccorso del Policlinico.. di XYXYXY dalle ore 23 dell’11/3/2004 alle ore 3 del giorno seguente e, nella mattinata del 12, aveva tempestivamente informato la Casa circondariale dell'inconveniente occorso, chiedendo il rinvio della riunione disciplinare: rinvio che peraltro non è stato disposto, impedendole così di intervenire alla seduta per difendersi, con conseguente illegittimità del provvedimento finale impugnato. Per valutare la fondatezza o meno della censura occorre considerare quanto segue:

In conclusione, dunque, nessuna delle censure formulate a sostegno dell'impugnazione proposta con il ricorso n. 896/2004 risulta fondata; il ricorso va perciò respinto.

7) Con atto datato 17/10/2003 il Funzionario istruttore appositamente nominato ha contestato all’Isp. Capo XYXYXY l'infrazione disciplinare di cui all’art. 3 lett. a) ed f) e all’art. 4 lett. a) ed n) del D.Lgs. n. 449/1992 per il seguente addebito: "la S.V. in data 03/07/02 inviava missiva al direttore e al comandante con osservazioni, giudizi e censure (… è improponibile,… sarebbero lacunoso non prevedere una predisposizione di unità,… erronea e superficiale disamina,… ecc.), senza tener conto di quanto previsto dall’art. 9 e 39 del D.P.R. 82/99; tale condotta, nonostante sia stata resa edotta e diffidata, è l'ennesima di pregresse missive". Le disposizioni richiamate (contenute nel testo riguardante le sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria) si riferiscono:

Nella contestazione degli addebiti si fa altresì riferimento agli artt. 9 e 39 del D.P.R. n. 82/1999 (recante "Regolamento di servizio del Corpo di polizia penitenziaria") che riguardano rispettivamente "Facoltà di rivolgersi ai superiori" e "Preposti ai singoli servizi".

La vicenda trae origine dall'avviso datato 30/7/2003 - a firma del Direttore della Casa circondariale di XYXYXY - che a decorrere dal 7/7/2003 e fino al 20/9/2003 tutti i colloqui sarebbero stati effettuati in spazi comuni all'aperto a ciò destinati; e dalla comunicazione interna di servizio n. 9/01 del 30/6/2001 con cui il Comandante di Reparto aveva precedentemente impartito disposizioni in ordine al servizio da svolgere per consentire l'effettuazione di tale tipo di colloqui. Con una nota avente ad oggetto "richiesta di delucidazioni e chiarimenti colloqui all'aperto-Gazebo" protocollata il 4/7/2003 e indirizzata al Direttore ed al Comandante l’Isp. Capo XYXYXY, in qualità di responsabile dell'area operativa colloqui, ha formulato richieste di chiarimenti ed osservazioni in merito alle disposizioni ricevute. In data 5/7/2003 il predetto Direttore ha adottato l’ordine di servizio n. 51 per disciplinare le modalità del servizio di cui si tratta. In data 28/7/2003 il Comandante di Reparto ha redatto rapporto disciplinare a carico dell’Isp. Capo XYXYXY segnalando che la predetta "relazionava in più occasioni non per via gerarchica", così ritardando e non permettendo al superiore stesso "di istruire e prendere determinazioni in merito a quanto relazionato, su richieste di delucidazioni, chiarimenti, problematiche e difficoltà nell’ottemperare all’O. di S. n. 51/2003 del 05.07.2003"; in particolare, il Comandante faceva riferimento ai "presunti problemi" lamentati dalla dipendente nella nota del 3/7/2003, nonché a tre relazioni "tipo facsimili… datate 16, 17, e 18 c.m. ognuna riferita al giorno precedente in cui relazionava mille difficoltà insormontabili…"; e concludeva segnalando che l'interessata "non fa altro che replicare, censurare, con indebite osservazioni, creando malcontento e problemi tra il personale, producendo turbamento nella regolarità e continuità del servizio, nonché il contenuto delle relazioni sminuisce il prestigio e la figura del comandante". Di qui la contestazione di addebiti datata 17/10/2003 più sopra richiamata, nonché il conseguente procedimento disciplinare. Il Consiglio regionale di disciplina, riunitosi il 12/3/2004, ha ritenuto che lo scritto del 3/7/2003 fosse "indicativo di un atteggiamento a dir poco incalzante nei confronti dei superiori piuttosto che collaborativo e responsabile per il modo in cui tale atteggiamento si traduce in indebite osservazioni, denotando inconsapevolezza dei limiti e responsabilità del proprio ruolo rispetto ad altre più rilevanti competenze"; e, ritenuta la fondatezza degli addebiti, ha proposto, nei confronti dell'incolpata, l'irrogazione della sanzione disciplinare della deplorazione ai sensi dell’art. 4 comma 1 lett. n) del D.Lgs. n. 449/1992. Detta proposta è stata integralmente recepita dal Provveditore Regionale dell’Amministrazione penitenziaria nel provvedimento n. 211 del 22/3/2004, contro cui l'interessata ha presentato il ricorso n. 897/2004, formulando censure di travisamento dei fatti e violazione delle regole procedimentali (in particolare del principio del contraddittorio).

Il ricorso è fondato; si osserva in proposito:

a) se è innegabile che lo scritto della XYXYXY contiene le espressioni (… è improponibile,… sarebbero lacunoso non prevedere una predisposizione di unità,… erronea e superficiale disamina,…) testualmente riportate nella contestazione di addebiti, le stesse perdono l'apparente connotazione offensiva se inserite in un contesto (qual è quello della nota di cui si tratta) che, sebbene espressivo di particolare (e forse eccessivo) zelo, non risulta comunque oltrepassare i limiti al di là dei quali è configurabile la violazione disciplinare contestata, pur tenendo conto dei vincoli gerarchici esistenti nel Corpo di polizia penitenziaria; in altre parole: si può convenire che l'interessata si è (per così dire) "fatta prendere la mano" nell'illustrare le proprie osservazioni con sottolineature espressive forse inopportune nell'ambiente in cui operava, ma appare riduttivo (se non pretestuoso) individuare in tali profili formali, in realtà marginali, gli elementi caratterizzanti della nota in questione;

b) le precedenti considerazioni trovano conforto nel seguito che il Direttore della Casa circondariale ha dato allo scritto della XYXYXY; l'ordine di servizio n. 51 del 5/7/2003 a firma del predetto funzionario riprende infatti in larga misura la comunicazione interna di servizio n. 9/01 del 30/6/2001 a firma del Comandante di Reparto, ma contiene alcune significative integrazioni, che rispondono, recependole, ad alcune delle osservazioni formulate dall'odierna ricorrente nella nota del 3/7/2003; ci si riferisce, in particolare: alla disposizione circa la presenza di almeno due unità nel gazebo 1 e due unità nel gazebo 2 al fine di garantire un'idonea sorveglianza dei colloqui; alla disposizione di dotare di efficiente radio ricetrasmittente il personale di sorveglianza al gazebo 3; alla disposizione rivolta all'Ufficio Servizi circa la predisposizione di una idonea unità per assicurare il servizio di sorveglianza armata tra la garitta 1 bis e la garitta 7 (che nella comunicazione interna di servizio n. 9/01 risulta, almeno in via principale, gravante sul personale addetto ai colloqui, di cui la ricorrente aveva lamentato l'insufficienza).

In relazione a quanto sopra risulta apprezzabile la censura di travisamento dei fatti dedotta nel ricorso, che merita pertanto accoglimento, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato (decreto del Provveditore Regionale dell’Amministrazione penitenziaria n. 211 del 22/3/2004).

8.1) Vanno ora unitariamente esaminate le domande di risarcimento dei danni da mobbing che l’Isp. Capo XYXYXY ha formulato in tutti i ricorsi, con eccezione di quello n. XYXYXY/2000.

E’ preliminarmente opportuno un accenno al profilo attinente alla giurisdizione, benché nessuna contestazione sia stata formulata sul punto. Nel caso di specie va affermata la giurisdizione del Giudice amministrativo sulla base delle seguenti considerazioni:

8.2) Quanto alla nozione di mobbing, premesso che non esiste nell'ordinamento nazionale una disciplina normativa del fenomeno, è utile richiamare quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 19 dicembre 2003 n. 359, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della L.R. del Lazio n. 16/2002 (intitolata "Disposizioni per prevenire e contrastare il mobbing nei luoghi di lavoro"):

"È noto che la sociologia ha mutuato il termine mobbing da una branca dell'etologia per designare un complesso fenomeno consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo. Ciò implica l'esistenza di uno o più soggetti attivi cui i suindicati comportamenti siano ascrivibili e di un soggetto passivo che di tali comportamenti sia destinatario e vittima.

Per quanto concerne i soggetti attivi vengono in evidenza le condotte - commissive o, in ipotesi, omissive - che possono estrinsecarsi sia in atti giuridici veri e propri sia in semplici comportamenti materiali aventi in ogni caso, gli uni e gli altri, la duplice peculiarità di poter essere, se esaminati singolarmente, anche leciti, legittimi o irrilevanti dal punto di vista giuridico, e tuttavia di acquisire comunque rilievo quali elementi della complessiva condotta caratterizzata nel suo insieme dall'effetto e talvolta, secondo alcuni, dallo scopo di persecuzione e di emarginazione.

Per quanto riguarda il soggetto passivo si pongono principalmente problemi di individuazione e valutazione delle conseguenze dei comportamenti medesimi. Tali conseguenze, secondo le attuali acquisizioni, possono essere di ordine diverso. Infatti, la serie di condotte in cui dal lato attivo si concretizza il mobbing può determinare: l'insorgenza nel destinatario di disturbi di vario tipo e, a volte, di patologie psicotiche, complessivamente indicati come sindrome da stress postraumatico; il compimento, da parte del soggetto passivo medesimo o nei suoi confronti, di atti che portano alla cessazione del rapporto di lavoro (rispettivamente: dimissioni o licenziamento), anche indipendentemente dall'esistenza dei disturbi di tipo psicologico o medico di cui si è detto sopra; l'adozione, da parte della vittima, di altre condotte giuridicamente rilevanti, ed eventualmente illecite, come reazione alla persecuzione ed emarginazione".

La giurisprudenza amministrativa formatasi in materia ha evidenziato, in particolare:

8.3) A sostegno delle proprie tesi e della domanda risarcitoria la ricorrente:

8.4) In ordine all'esistenza dell'elemento qualificante il mobbing, cioè di un disegno sistematicamente mirato, attraverso reiterati atti e comportamenti, all'emarginazione e/o all'esclusione della ricorrente dall'ambiente di lavoro, il Collegio osserva quanto segue:

- è vero che i rapporti informativi per gli anni 1999 e 2000 contenevano giudizi che l'interessata ha ritenuto illegittimamente riduttivi rispetto al passato, tanto da indurla a presentare ricorsi gerarchici; ma è altrettanto vero che la stessa Amministrazione ha accolto (almeno parzialmente) i ricorsi in questione (il che risulta contrastante con un'ipotesi di mobbing);

- nei medesimi anni 1999 e 2000 la ricorrente è stata incaricata di tenere corsi come tutor presso la scuola di Parma (il che costituisce chiara manifestazione di apprezzamento);

- gli episodi relativi alla perquisizione nella stanza della ricorrente all'interno della caserma (nel novembre 2000) ed alla "sparizione" dell'arma d'ordinanza (nel settembre 2002) sono stati giustificati dall'Amministrazione, attraverso gli atti acquisiti al giudizio, in modo che appare al Collegio ragionevole e convincente, anche laddove sono stati ammessi errori che sarebbe stato sicuramente opportuno evitare, ma che in ogni caso non bastano per supportare le tesi sostenute dall’interessata;

- è indubbio che la situazione dell’Isp. Capo XYXYXY è divenuta nel tempo, all'interno dell'ambiente di lavoro, via via più difficile: ne dà conferma la relazione in data 24/4/2001 del Comitato per le pari opportunità del D.A.P. in cui le lamentele della dipendente vengono definite "frutto, in alcuni casi, di delegittimazione e in altri di uno stato emozionale provato da un'escalation di circostanze ai limiti del "Mobbing" "; tali conclusioni costituiscono uno dei principali elementi a sostegno delle argomentazioni della ricorrente e nei diversi ricorsi vi si fa ripetuto riferimento; esse tuttavia descrivono, appunto, una situazione "ai limiti", che peraltro il Collegio non ritiene siano stati effettivamente superati;

- ciò vale anche tenendo conto che nel 1999 la dipendente è stata sottoposta ad un primo procedimento disciplinare, conclusi con il provvedimento di censura impugnato con il ricorso n. XYXYXY/2000, illegittimo - e quindi annullato con la presente sentenza - per le ragioni illustrate al precedente punto 2); e che nel rapporto informativo 2001 per la prima volta dopo anni è stato attribuito alla ricorrente il giudizio di "distinto" anziché quello di "ottimo" (giudizio impugnato attraverso il ricorso n. 1411/2002, con esito favorevole: si veda il precedente punto 3); quanto alla prima vicenda, la disfunzione nel servizio che aveva dato origine al procedimento disciplinare si era effettivamente verificata e aveva coinvolto, tra gli altri, anche l’Isp. XYXYXY: per cui, se anche il provvedimento sanzionatorio adottato infine nei confronti di quest'ultima è risultato illegittimo (per un vizio procedimentale), dall'operato dell'Amministrazione non sono emersi apprezzabili intenti vessatori; quanto al rapporto informativo 2001, la sua valenza ai fini che qui interessano non va sopravvalutata, tenuto conto in particolare che i rapporti informativi relativi agli anni 2002 e 2003 sono risultati di nuovo pienamente soddisfacenti per la dipendente;

- le vicende oggetto dei ricorsi n. 1083/2003, n. 1084/2003 e n. 815/2004 sono infine sfociate in un provvedimento di censura che, benché illegittimo (come deciso al precedente punto 5), consegue ad un ridimensionamento dei fatti almeno parzialmente operato dalla stessa Amministrazione (il che non si inquadra in un disegno di mobbing);

- il più grave provvedimento disciplinare della pena pecuniaria, oggetto del ricorso n. 896/2004 (di cui al precedente punto 6), non è risultato affetto dai vizi denunciati;

- l'ulteriore sanzione della deplorazione, oggetto del ricorso n. 897/2004, è risultata invece illegittima per le ragioni illustrate al precedente punto 7), in cui peraltro si è anche evidenziato come la contestazione degli addebiti presentasse un contenuto riduttivo rispetto al rapporto disciplinare redatto dal Comandante di Reparto (che conteneva un ampio riferimento ad ulteriori comportamenti dell'interessata, documentati in giudizio, in cui era maggiormente apprezzabile un atteggiamento di contrapposizione rispetto ai superiori gerarchici);

8.5) Per le ragioni illustrate le domande risarcitorie proposte con i ricorsi in epigrafe vanno respinte.

9) Tenuto conto dell'esito ampiamente favorevole alla ricorrente dei giudizi sulle azioni impugnatorie proposte dalla medesima, nonché della reiezione delle domande risarcitorie, unitariamente considerate, il Collegio ritiene equo condannare l'Amministrazione resistente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese dei giudizi riuniti nel limite di 1/3 e nella misura complessiva di € 7.000,00 (settemila/00) oltre a CPA e IVA; compensando le spese tra le parti per quanto riguarda i restanti 2/3.

P.   Q.   M.

Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione I, definitivamente pronunciando:

a) riunisce i giudizi sui ricorsi n. XYXYXY/2000, n. 1411/2002, n. 1083/2003, n. 1084/2003, n. 815/2004, n. 896/2004 e n. 897/2004;

b) accoglie il ricorso n. XYXYXY/2000 e conseguentemente annulla il provvedimento con il medesimo impugnato;

c) accoglie il ricorso n. 1411/2002 limitatamente all'azione impugnatoria e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato; respinge la domanda risarcitoria;

d) dichiara cessata la materia del contendere per quanto riguarda le azioni impugnatorie proposte con i ricorsi n. 1083/2003 e n. 1084/2003; respinge le domande risarcitorie proposte con entrambi i gravami;

e) accoglie il ricorso n. 815/2004 limitatamente all'azione impugnatoria e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato; respinge la domanda risarcitoria;

f) respinge il ricorso n. 896/2004;

g) accoglie il ricorso n. 897/2004 limitatamente all'azione impugnatoria e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato; respinge la domanda risarcitoria;

h) condanna l'Amministrazione resistente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese dei giudizi riuniti nel limite di 1/3 e nella misura complessiva di € 7.000,00 (settemila/00) oltre a CPA e IVA; compensa le spese tra le parti per quanto riguarda i restanti 2/3.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in XYXYXY il 20 dicembre 2007.

Presidente f.to Calogero Piscitello

Consigliere rel.est. f.to

Depositata in Segreteria in data 25.1.2008

XYXYXY, li 25.1.2008

                        Il Segretario

                        f.to