REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sez. 1^ bis – ha pronunciato la seguente

Sent. n.

Anno 2006

R.g. n.   1087

Anno 2006

 
 

SENTENZA

sul ricorso n. 3019/2006 proposto da (omissis), rappresentato e difeso, giusta delega a margine dell’atto introduttivo, dall’avv. Laura Chiarini, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Roma, v. Monte Zebio, n. 32,

contro

COMPAGNIA CARABINIERI ROMA EUR, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui sono domiciliati, ex lege, in Roma, v. dei Portoghesi, n. 12,

per l’annullamento, previa sospensione,

Visti gli atti e documenti depositati con il ricorso;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato per le Amministrazioni intimate;

Vista l’istanza cautelare presentata dal ricorrente;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore alla camera di consiglio del 26 aprile 2006 il Consigliere Donatella Scala;

Udito l’avv. Chiarini per il ricorrente;

Visto l’art. 3, legge 21 luglio 2000, n. 205;

Visto l’art. 26 della legge n. 1034/1971, come modificato dall’art. 9, legge n. 205/2000, che consente l’immediata assunzione di una decisione di merito, “con sentenza succintamente motivata”, ove, nella Camera di Consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il giudice ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso;

Considerato che il ricorrente, Appuntato dell’Arma dei Carabinieri, ha impugnato il provvedimento meglio epigrafato con il quale la resistente Amministrazione ha determinato la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari ai sensi dell’art. 34, n. 6, della legge 18.10.1961, n. 1168, e per l’effetto ne ha disposto la cessazione dal servizio permanente ai sensi dell’art. 12, lett. f) della citata legge 1168/1961, per i motivi nello stesso provvedimento indicati; 

Considerato che ha dedotto, al riguardo:

  1. Travisamento dei fatti, illogicità manifesta, eccesso di potere;
  2. Violazione degli artt. 12, 34 e ss. Della legge 1168/1961, violazione degli artt. 3, 27 e 97 della Costituzione; violazione dell’art. 3, legge 241/1990; difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento ed illogicità manifesta; sproporzionalità della sanzione; eccesso di potere;
  3. Eccesso di potere per irragionevolezza e violazione dell’art. 97 della Cost.;

Osservato, invero, che il ricorrente è stato condannato, con sentenza irrevocabile (a seguito di rigetto del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di condanna di secondo grado), per il reato di tentato furto pluriaggravato in concorso;

Considerato che reato siffatto, in quanto commesso da un carabiniere, assume i connotati della rilevante gravità, avendo i carabinieri, fra i propri compiti primari, quello di contrastare i reati contro il patrimonio, e perciò reati del genere;

Considerato che, conseguentemente, il prestigio dell’Istituzione risulta nel caso fortemente compromesso;

Ritenuto, pertanto, che non sussiste la dedotta (con il primo motivo di ricorso) duplicazione di sanzione disciplinare con riferimento al medesimo fatto, in quanto la sanzione della consegna, comminata al tempo della commissione del fatto oggetto del giudizio penale, aveva a riferimento quanto all’epoca risultante (essersi cioè il ricorrente accompagnato a giovani, di cui uno pregiudicato, venendo sorpreso da una pattuglia della Polizia di Stato in circostanze tali da recare pregiudizio all’immagine dell’Istituzione), mentre, attualmente, il provvedimento impugnato ha a riferimento la condanna penale, che, pur se riferita allo stesso fatto, rappresenta, nello sviluppo temporale degli avvenimenti, un quid novi che legittima una ulteriore e diversa iniziativa sanzionatoria da parte dell’Amministrazione;

Considerato che non sussiste il dedotto (con il secondo motivo) difetto di motivazione del provvedimento impugnato, avendo l’Amministrazione messo in evidenza la gravità dei fatti commessi dal ricorrente e la contrarietà di tali fatti ai principi di moralità e rettitudine a cui deve ispirarsi l’agire di un militare e ai doveri connessi al giuramento prestato oltre che a quelli propri di un appartenente all’Arma dei Carabinieri, con precisazione che tali fatti si dimostrano lesivi del prestigio dell’Istituzione, cosicché va ritenuto che l’Amministrazione, autonomamente valutando i fatti definitivamente accertati in sede penale, ha espresso le ragioni che la hanno indotta ad adottare l’impugnato provvedimento espulsivo;

Considerato, altresì, che non sussiste il dedotto (sempre con il secondo motivo) eccesso di potere per sproporzione e per omessa considerazione di elementi a favore del ricorrente, dovendosi osservare - quanto alla sproporzione - che rientra nel merito amministrativo individuare la sanzione più idonea da comminare con riferimento al caso concreto, e tale individuazione sfugge quindi a possibili censure di legittimità, salvo il caso della manifesta irragionevolezza, che in fattispecie non si evidenzia tenuto conto del tipo di reato commesso dal ricorrente e dei compiti, sopra evidenziati, di cui sono investiti i carabinieri, ed ulteriormente - quanto alla omessa considerazione di elementi a favore, e cioè del comportamento, che ha dato luogo anche ad apprezzamenti per il servizio prestato, tenuto dal ricorrente successivamente alla commissione del reato in questione - la manifesta irrilevanza di tale comportamento, atteso che, come messo in evidenza, e ciò non si presenta ragionevolmente censurabile, nel provvedimento in questione, il fatto per il quale il ricorrente è stato condannato è stato ritenuto lesivo del prestigio dell’Istituzione, cosicché quanto di positivo opponibile dal ricorrente cede senz’altro a fronte della necessità della tutela di tale prestigio;

Considerato che neanche sussiste la dedotta (ancora con il secondo motivo) violazione della ratio che il ricorrente desume dall’art.36 della legge 18 ottobre 1961 n.1168 (sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell’Arma dei carabinieri) nella parte in cui è previsto che il militare rimosso dal grado per motivi disciplinari può essere reintegrato allorquando abbia conservato ottima condotta morale e civile per almeno cinque anni dalla data della rimozione, il che, come sotteso nella censura, avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione a non comminare la sanzione irrogata, avendo il ricorrente mantenuto condotta del genere nei nove anni intercorsi fra la commissione del fatto (avvenuto nel 1997) e la data della rimozione, dovendosi, in contrario, osservare che la predetta norma, che si riferisce alla condotta tenuta dopo la rimozione, non si presenta senz’altro applicabile, precisandosi che, allorquando la rimozione consegua, come nel caso, a una condanna penale che non comporta di diritto la perdita del grado, la reintegrazione non può aver luogo prima che sia intervenuta sentenza di riabilitazione;

Considerato, infine, che non sussiste il dedotto (con il terzo motivo) eccesso di potere per irragionevolezza e per violazione dell’art.97 della Costituzione a cagione della contestazione degli addebiti ritardata rispetto al tempo (anno 1997) in cui l’Amministrazione è venuta a conoscenza dei fatti, dovendosi considerare che il procedimento disciplinare è stato instaurato con riferimento e dopo che, in data 27 maggio 2005, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal ricorrente avverso la sentenza di condanna della Corte di Appello di Roma, sentenza quest’ultima divenuta quindi soltanto da tale momento irrevocabile, dimostrandosi improprio il richiamo, al fine di dimostrare la tardività dell’azione disciplinare, alla data (anno 1997) di commissione del fatto;

Considerato, altresì, che le parti costituite sono state avvertite circa l’eventualità di assunzione di decisione nel merito ai sensi degli artt. 3 e 9, legge 205/2000;

Ritenuto, pertanto, che, stante la manifesta infondatezza del ricorso, il Tribunale può assumere una decisione in forma semplificata, ai sensi dell’art. 26, L. 1034/1971, e s.m.;

Considerato, infine quanto alle spese di giudizio, che le stesse possono essere compensate, in relazione alla natura della controversia;

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione 1^ bis, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 26 aprile 2006, in Camera di consiglio, con l'intervento dei sigg. magistrati:

Dott. Elia Orciuolo                  - Presidente

Dott. Roberto Politi                  - Consigliere

Dr.ssa Donatella Scala            - Consigliere, est.

IL PRESIDENTE                                  L’ESTENSORE