Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione prima ter, sentenza n. 2173/2007

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

SEZIONE I TER

nelle persone dei signori

Luigi Tosti PRESIDENTE

Italo Volpe COMPONENTE

Franco De Bernardi COMPONENTE, estensore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 3031/2003 R.G.R., proposto dal signor (OMISSIS)  elettivamente domiciliato in Roma, via S. Saba n.12, presso l’avv. Giuliano Feliciani, ma rappresentato e difeso – per mandato – dall’avv. Maurizio Russo, del Foro di Napoli;

- ricorrente -

contro

il Ministero dell’Interno, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n.12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende "ex lege";

- resistente -

per l’annullamento

della destituzione inflittagli dal Capo della Polizia con provvedimento n.333-D/55256 del 20.1.2003.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi, alla pubblica udienza del 25.1.2007 (relatore il dott. Franco De Bernardi), i difensori delle parti (come da apposito verbale);

Ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Deducendo eccesso di potere sotto svariati profili e violazione di talune disposizioni della vigente normativa di settore, l’Assistente Capo (OMISSIS), ha impugnato (chiedendone contestualmente, e fruttuosamente, la sospensione dell’esecutività) il decreto n. "333-D/55256" del 20.1.2003, con cui il Capo della Polizia – valutate autonomamente le risultanze del processo penale instaurato nei confronti del proprio sottoposto (accusato di aver estorto del denaro ad un cittadino fermato per un controllo) – lo ha destituito disciplinarmente dal servizio.

Con successivo atto di "motivi aggiunti", lo (OMISSIS)  ha altresì impugnato il provvedimento (i cui effetti, anche in tal caso, sono stati interinalmente sospesi da questo giudice) col quale i competenti organi del Dipartimento della p.s. – nel dare esecuzione alla prima delle cennate statuizione di ordine cautelare – hanno subordinato la riammissione in servizio del dipendente alla verifica della persistenza, in capo a tale soggetto, dei prescritti requisiti psico-fisico-attitudinali.

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 25.1.2007, il Collegio – trattenuto il relativo ricorso in decisione – ne constata (sia per quel che concerne la parte "principale" che per quanto attiene a quella "accessoria") la sostanziale fondatezza.

È sufficiente, al riguardo, osservare (ed un tale rilievo, com’è agevole arguire, assorbe ogni altra valutazione di segno contrario che – pure – potrebbe esser formulata) che – nella circostanza – è stato palesemente violato il disposto dell’art.9, secondo comma, della legge n. 19/90 [1]: che, com’è noto, impone alla p.a. (cfr., sul punto, C.d.S., A.p., n.1/2004) di concludere i procedimenti del genere considerato entro il termine complessivo di 270 giorni. (Decorrenti da quello in cui essa ha avuto formale notizia della sentenza penale di condanna riguardante il proprio dipendente).

Risulta, invero, "per tabulas"

-che, nel caso di specie, il Dicastero dell’Interno ha saputo ufficialmente dell’esistenza di una tale pronuncia l’11.3.2002 (quando gli è pervenuto il documento riproducente il "decisum" della Cassazione che ha concluso definitivamente l’annosa vicenda);

-che lo stesso (anche a voler tenere conto del tempo occorsogli per l’espletamento del richiesto supplemento d’istruttoria) avrebbe pertanto dovuto concludere il procedimento disciplinare instaurato nei confronti dello (OMISSIS)  (al più tardi) il 4.1.2003;

- che tale termine, come si è visto, non è certamente stato rispettato.

E tanto basta, al Collegio, per ritenere illegittimo (e, per ciò stesso, passibile di annullamento) l’impugnato provvedimento espulsivo.

Parimenti illegittima è da considerare la pretesa della p.a. di subordinare la riammissione in servizio dell’interessato, disposta (come pure si è visto) "iussu iudicis", al superamento – da parte di tale soggetto – di nuovi esami di idoneità.

Improprio è, al riguardo, il richiamo – operato dalla resistente – alla disposizione di cui all’art. 97del D.P.R. 904/83[2].

Non è, invero, chi non veda come – in forza di questa – il dipendente di polizia possa esser sottoposto a simile verifiche (per valutarne la possibilità di un diverso utilizzo: eventualmente anche presso altre Amministrazioni) solo in caso di una sua già accertata invalidità o qualora si sia in presenza di una sua esplicita istanza: finalizzata alla concessione di un beneficio connesso allo stato invalidante. (Del quale si chiede, appunto, che venga accertata la sussistenza).

Né può dirsi che – nel caso di specie – ricorrano quelle "specifiche circostanze rilevate d’ufficio", che pure (ai sensi della cennata disposizione normativa) permettono alla p.a. di riverificare l’idoneità psico-fisica (e, successivamente, attitudinale) del proprio dipendente.

È sufficiente, al riguardo, osservare come l’assenza dal servizio dello (OMISSIS)  sia durata (e, tra l’altro, solo per il ritardo con cui si è inteso dar esecuzione alla pronuncia cautelare intervenuta a favore di tale soggetto) appena 10 mesi: arco temporale, questo, che non consente certo di ipotizzare che un individuo (il quale, per decenni, ha prestato – mostrando, con ciò, di possedere un’ottima salute – proficuo servizio) possa aver contratto uno specifico stato invalidante. (Ed, anche sotto tale profilo, le argomentazione addotte dallo (OMISSIS) – che ha pertanto titolo a veder definitivamente caducato il provvedimento impugnato con "motivi aggiunti" – devono ritenersi pienamente fondate).

Giustificati motivi inducono, peraltro, a compensare tra le parti le spese di lite.

P. Q . M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

SEZIONE I TER

- accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti costituentine oggetto;

- compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 25.1.2007.

Luigi Tosti PRESIDENTE

Franco De Bernardi ESTENSORE

 

 

Depositata in Segreteria il 6 marzo 2007



[1] L’art. 9, secondo comma , L. n. 19/1990 (" Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti") è il seguente:

La destituzione può sempre essere inflitta all’esito del procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni. Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto.



[2] Approvazione del regolamento sui requisiti psico-fisici e attitudinali di cui devono essere in possesso gli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato che espletano funzioni di polizia ed i candidati ai concorsi per l'accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia.