REPUBBLICA  ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sezione Prima Ter – ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 3311/99, proposto da (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Corsini, presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Roma, Circonvallazione Gianicolense n. 95;

contro

il Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica sicurezza, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;

per l’annullamento

del decreto del Questore di Roma 10 dicembre 1998, con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della deplorazione;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Vista l’ordinanza collegiale istruttoria 4 giugno 2005 n. 4409;

Vista la documentazione depositata dall’Amministrazione;

Udito alla pubblica udienza del 9 febbraio 2006 il relatore Luigi Tosti e udito altresì  l’avv,. Roberto Bianchi, delegato, per il ricorrente; 

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;

FATTO

Con il ricorso in esame, depositato in data 11 marzo 1999, il Sig. (omissis), agente della Polizia di Stato, ha chiesto l’annullamento del provvedimento, specificato in epigrafe, con il quale il Questore di Roma gli ha inflitto la sanzione disciplinare delle deplorazione,  ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R.. 25 ottobre 1981 n. 737.

Dopo avere esposto in fatto le vicende che avevano dato luogo all’apertura della procedura sanzionatoria il ricorrente deduce in diritto i seguenti motivi:

Eccesso di potere per:

travisamento ed erronea valutazione dei fatti

inosservanza di norme interne

carenza di motivazione

Il ricorrente sostiene che la sanzione comminata dal Questore è illegittima, avendo l’Amministrazione palesemente travisato i fatti, ritenendo che il dipendente si fosse allontanato arbitrariamente dalla zona assegnata, recandosi sul luogo di una lite tra suoi conoscenti.

Il suo comportamento invece sarebbe stato ineccepibile dal punto di vista professionale e deontologico.

I fatti addebitati, quand’anche veri, non potevano comunque comportare la sanzione della deplorazione, che riguarda ipotesi di grave o abituale negligenza in servizio, mentre il ricorrente in precedenza non aveva mai ricevuto sanzioni. In ogni caso la pena inflitta sarebbe sproporzionata rispetti ai fatti a lui ascritti, anche per la mancanza di una motivazione adeguata.

Alla Camera di Consiglio del 15 aprile 1999 venne respinta la domanda cautelare.

Con ordinanza collegiale istruttoria n. 4409 del 2005 venivano chiesti all’Amministrazione tutti gli atti del procedimento. Il Ministero ha ottemperato con deposito del 4 gennaio 2006.

L’Avvocatura dello Stato non ha presentato memorie.

All’udienza del 9 febbraio 2006 la causa è stata posta in decisione. 

DIRITTO

Il ricorso deve essere respinto.

L’interessato chiede in realtà a questo Tribunale una sorta di riesame della vicenda disciplinare che lo ha coinvolto, anche attraverso una diversa ricostruzione e una nuova lettura dei fatti.

Ma gli atti acquisiti al giudizio, anche a seguito di ordinanza istruttoria, escludono l’emersione di vizi di assoluto travisamento dei fatti o di palese sproporzione della sanzione inflitta (la deplorazione) tali da consentire, secondo il pacifico avviso della giurisprudenza, l’esercizio del sindacato di legittimità a fronte di valutazioni amministrative connotate da ampia discrezionalità.

A parte inammissibili considerazioni di opportunità in ordine ad un eccessivo rigore nella valutazione dei fatti addebitati, è innegabile che il ricorrente, nell’esercizio della sua attività di agente addetto ad autopattuglia, abbia tenuto un comportamento non conforme alla disciplina interna non rispettoso delle regole di servizio.

E’ infatti incontestato che l’agente si sia recato arbitrariamente fuori dalla zona assegnata senza ricevere autorizzazione dagli uffici responsabili (che ben avrebbero potuto ordinare l’uso di altra autovettura di servizio disponibile, in luogo di quella mal funzionante)  e che, al fine di raggiungere, secondo le sue tesi difensive, l’autofficina di servizio abbia effettuato un percorso assolutamente irrazionale, tanto da trovarsi nei pressi di Piazza del Popolo in Roma ed intervenire in soccorso di una giovane donna oggetto di aggressione.

Ed è ugualmente incontroverso che la ragazza soccorsa avesse in passato intrattenuto relazioni con il ricorrente, anche burrascose, viste le reciproche querele ammesse dall’incolpato in sede di trattazione orale del procedimento disciplinare.

Non appare quindi illogico il giudizio di colpevolezza che la Commissione disciplinare ha tratto dal contesto dei fatti valutati, proponendo l’irrogazione della deplorazione per arbitrario abbandono del posto di lavoro e per condotta gravemente censurabile sotto il profilo professionale.

I dedotti vizi di eccesso di potere per travisamento ed errata valutazione dei fatti e per carenza di motivazione  vanno quindi disattesi.

Non hanno poi fondamento le (adombrate) censure di violazione dell’articolo 5 del D.P.R. 27 ottobre 1981 n. 737, nel senso di non corrispondenza della sanzione della deplorazione al caso di specie, in quanto il provvedimento impugnato esattamente individua, quale ipotesi applicabile, il n. 3, che persegue “le gravi mancanze attinenti alla disciplina o alle norme di contegno”.  E neppure può ritenersi errato il riferimento anche al numero 1 dello stesso articolo, che punisce non solo le negligenze abituali in servizio (il ricorrente era alla sua prima punizione) ma anche le negligenze gravi (senza necessità del presupposto della reiterazione). 

Il ricorso deve essere quindi respinto.

Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Sezione  Prima Ter- respinge il ricorso proposto come in epigrafe da (omissis).

Compensa interamente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso a Roma, addì 9 febbraio 2006 in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Magistrati:

  Luigi             TOSTI                        Presidente Estensore

             Franco          DE BERNARDI             Consigliere

             Agnese          BARONE                       Referendario