REPUBBLICA ITALIANA N. Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Anno 2005
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio N.  Reg.Ric.
Roma

Sezione I ter

ha pronunciato la seguente

Anno

 
 

SENTENZA

sul ricorso n. 6964/2000, proposto dalla sig.ra (omissis), rappresentata e difesa dall’avv. Sandro Picciolini ed elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli 72/F3, presso il difensore;

contro

il Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;

per l'annullamento

del decreto del Capo della polizia Cat. B.1.a n. 70376.1.2.8.3/8 in data 14.1.2000, che le ha inflitto la sanzione pecuniaria nella misura di 4/30 di una mensilità dello stipendio;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti gli atti di causa;

Relatore alla pubblica udienza del 10 novembre 2005 il Consigliere Giancarlo Luttazi;

Difese in udienza come da verbale;

Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.

F AT T O

      La ricorrente, vice ispettore della Polizia di Stato, impugna il provvedimento in epigrafe denunciando:

A) Eccesso di potere sotto il profilo della perplessità della motivazione;

B) Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e conseguente mancanza del presupposto;

C) Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione.

     Col ricorso sono stati depositati documenti.

     L’Amministrazione si è costituita.

     .La causa è passata in decisione all’udienza del 10 novembre 2005.

D I R I T T O

      Il ricorso non è fondato.

      1.0 - L’atto impugnato ha irrogato alla ricorrente la sanzione in epigrafe per la seguente mancanza: “comandata in servizio di vigilanza, in qualità di coordinatore, veniva colta da un superiore mentre s’intratteneva all'interno di un esercizio pubblico, unitamente ad altro personale, per acquistare alcuni generi alimentari. Nella circostanza indossava abiti civili anziché la divisa”.

      1.1 – La ricorrente lamenta in primo luogo perplessità della motivazione. Questa non consentirebbe di comprendere se le singole azioni stigmatizzate costituiscano un’unica fattispecie complessa oppure se le singole azioni costituiscano altrettante mancanze, oppure se comportamenti costituenti autonome violazioni si pongano come aggravanti. Sicché non sarebbe possibile individuare la mancanza oggetto della sanzione.

      Questi rilievi sono infondati.

     Lo stesso motivo di ricorso, nella parte finale, si mostra consapevole che l’Amministrazione ha inteso punire la complessiva fattispecie comportamentale espressamente descritta. E ciò, del resto, risulta evidente dal testo del provvedimento. Sicché la censura di perplessa motivazione va respinta.

     1.2 – Il mezzo successivo reca rilievi che possono così riassumersi:

     1) nessun nocumento sarebbe derivato al servizio dal comportamento della ricorrente;

     2) lo svolgimento del servizio sarebbe stato affidato alla discrezionalità dei singoli incaricati, sicché la ricorrente, nella sua veste di coordinatore, aveva organizzato l’accesso al ristorante per consentire il pasto ai dipendenti che ne avessero esigenza;

     3) carenza di istruttoria: il Questore, prima di irrogare la sanzione, avrebbe dovuto accertare: se il servizio non fosse stato organizzato sommariamente; se fossero o meno state emanate direttive in proposito; se fosse o meno stata pianificata assistenza sostitutiva della mensa, con distribuzione di viveri di conforto;

     4) la ricorrente e i sottoposti si sono intrattenuti nel ristorante solo per sette/otto minuti;

     5) l’aver svolto il servizio in abiti civili anziché in divisa non avrebbe avuto nessun riflesso negativo sul buon andamento, perché il servizio cui era stata comandata la ricorrente avrebbe dovuto svolgersi all’interno del Centro di Ponte Galeria;

     6) nessuna turbativa sarebbe derivata per l’ufficio, poiché la ricorrente era rimasta in contatto con il Centro grazie alla radio di bordo dell’autovettura di servizio;

     7) erroneamente l’atto impugnato avrebbe citato l’art. 4, n. 18, del D.P.R. n. 737/1981 (ove è prevista la sanzione pecuniaria anche per “qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente preveduto nelle precedenti ipotesi, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza”), anche perché i soggetti presenti nel ristorante non avrebbero percepito che gli operatori di polizia, tra cui la ricorrente, .avevano abbandonato il posto di servizio.

     Nessuno di questi rilievi è fondato.

     E’ incontestata la circostanza che la ricorrente, vice ispettore della Polizia Stato, sebbene comandata in servizio di vigilanza in divisa, in qualità di coordinatore, ha omesso la vigilanza con responsabilità di coordinamento cui era comandata, per intrattenersi con i sottoposti all'interno di un esercizio pubblico (ed in abiti civili anziché - come avrebbe dovuto - in divisa) per acquistare delle pizze.

     L’atto impugnato ha inquadrato questo comportamento nelle fattispecie di cui all’art.  4, n 10 (“grave negligenza in servizio”) e n. 18 (“comportamento comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza”) del D.P.R.  25 ottobre 1981, n. 737.

     . L’applicazione all’incontestato comportamento della ricorrente di quelle fattispecie disciplinari appare calzante ed immune da vizi logici o carenze valutative.

     In proposito le asserzioni circa l’assenza di  nocumento per il servizio, la discrezionalità operativa della ricorrente, l’esiguità del tempo di permanenza nel ristorante, l’asserita ignoranza nel pubblico della violazione degli obblighi di servizio non possono escludere la palese violazione di questi obblighi, comunque perpetrata da parte dell’ispettrice di polizia.

     Quelle asserite circostanze costituiscono semmai elementi di valutazione che l’Amministrazione della p.s. deve considerare per le concrete opzioni sanzionatorie (quali la scelta fra una sanzione ad un’altra più o meno grave; o l’entità della sanzione: v. artt. 1, secondo comma, e 13 del D.P.R. n. 737/1981); ma anche in proposito – e anche a prescindere dalla verifica della veridicità o meno di quelle asserzioni - l’opzione sanzionatoria prescelta (fra quelle possibili ai sensi degli artt. 2 e seguenti del citato D.P.R. n. 737/1981 e fra le possibili gradazioni della specifica sanzione irrogata) appare, in relazione ai fatti, immune  da vizi logici o carenze valutative.

     Parimenti da respingere è la censura di carente istruttoria sopra indicata sub 3): in relazione ai fatti incontestati e al relativo peso disciplinare, risulta del tutto da escludere che, prima di irrogare la sanzione, l‘Autorità procedente dovesse farsi carico di appurare elementi estranei all’accaduto specifico e disciplinarmente rilevante, quali il livello di organizzazione del servizio,  le eventuali direttive in proposito, la pianificazione dell’assistenza sostitutiva della mensa, la distribuzione di viveri di conforto.

     1.3 – Da ultimo la ricorrente lamenta carenza di istruttoria e motivazione su una richiesta da essa prospettata nella lettera di contestazione.

     La richiesta di cui si lamenta pretermissione era quella che fosse ascoltato un sottufficiale della Guardia di finanza presente in sede, al fine di accertare se corrispondesse a verità che la ricorrente “gli aveva fatto presente la necessità di allontanarsi dal Centro per cercare qualcosa da mangiare per un agente che era stato colto da malore e che prima di uscire gli aveva lasciato proprio recapito telefonico cellulare".

     Questo rilievo è da respingere perché quanto allegato (l’asserita necessità di allontanarsi dal Centro per cercare qualcosa da mangiare per un agente che era stato colto da malore) contrasta palesemente con gli incontestati accadimenti (cui si ritiene sufficiente fare rinvio) sia in fatto sia quanto a logica operativa. Sicché in proposito appaiono da escludere le prospettate esigenze istruttorie o di motivazione.

     2. – Il ricorso va dunque respinto.

     Le spese possono essere compensate, data la non rilevante attività processuale dell’Amministrazione.

P.Q.M.

     Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio respinge il ricorso in epigrafe.

     Compensa tra le parti le spese di giudizio.

     Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso dal Tribunale amministrativo regionale nella Camera di consiglio del 10 novembre 2005 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Tosti    Presidente

Roberto Politi   Consigliere

Giancarlo Luttazi   Consigliere est.

L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE