REPUBBLICA ITALIANA

In nome del popolo italiano

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA PUGLIA

LECCE

TERZA SEZIONE  
 

Registro Dec.: 537/08 

            Registro Generale: 1683/2005 
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Terza Sezione di Lecce, nelle persone dei signori Magistrati:

ha pronunciato la seguente  
 

SENTENZA 
 

sul ricorso n. 1683/2005, proposto da @@@ @@@, rappresentato e difeso dall’avv. .., e con lo stesso elettivamente domiciliato in Lecce,..

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., e Capo della Polizia di Stato pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio eletto in Lecce, Via F. Rubichi 23, presso la sede della stessa; 
 

per l'annullamento, previa sospensiva,

 
 

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Capo della Polizia;

Vista l’ordinanza 27.10.2005, n. 1315, recante il rigetto della domanda cautelare;

Uditi alla pubblica udienza del 30 gennaio 2008 il relatore, Primo Ref. ...., e, per le parti, l’avv. ..e l’avv. dello Stato ....
 

FATTO E DIRITTO 
 

     1. Il ricorrente, assistente capo della Polizia di Stato in servizio presso la Polizia Ferroviaria di Brindisi, impugna i provvedimenti con i quali il Capo della Polizia, dopo aver disposto la rinnovazione parziale del procedimento disciplinare, gli ha inflitto la sanzione della deplorazione, recependo la proposta formulata dal Consiglio Provinciale di Disciplina. La rinnovazione del procedimento si è resa necessaria in quanto questo Tribunale, con sentenza della Sez. I n. 1892/2005, aveva annullato il precedente provvedimento sanzionatorio per illegittima composizione del Consiglio di Disciplina.

     Anche questo secondo provvedimento sanzionatorio viene censurato dall’assistente @@@, il quale deduce i seguenti motivi:

     - illegittima composizione del Consiglio di Disciplina;

     - mancata acquisizione del parere della Commissione consultiva di cui all’art. 15 del DPR n. 737/1981;

     - tardiva notifica della sanzione, rispetto al termine di cui all’art. 21 del citato DPR n. 737/1981;

     - omessa valutazione dei precedenti disciplinari del ricorrente;

     - omessa motivazione circa la sanzione adottata e mancata corrispondenza della sanzione rispetto alla mancanza disciplinare contestata;

     - illegittima valutazione degli eventi acclarati in sede penale (ossia nel giudizio penale da cui è poi scaturito il procedimento disciplinare a carico del ricorrente), visto che l’assistente @@@ non è stato parte di quel giudizio, né in veste di imputato né in veste di testimone o parte civile.

     2. Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e il Capo della Polizia pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso.

     Dopo che con l’ordinanza in epigrafe è stata respinta la domanda cautelare, alla pubblica udienza del 30 gennaio 2008 la causa è stata trattenuta per la decisione di merito.

     3. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

     Risulta in particolare fondato il primo motivo di ricorso (il quale ha carattere assorbente delle altre censure, fra le quali è pure fondata quella con cui si deduce la mancata acquisizione del parere della Commissione consultiva di cui all’art. 15 del DPR n. 737/1981, visto che di tale parere non vi è traccia nel preambolo degli atti impugnati), con il quale il ricorrente deduce l’illegittimità degli atti impugnati, nella parte in cui, nel disporre la rinnovazione del procedimento a suo tempo annullato dal TAR, il Capo della Polizia ha disposto la sostituzione dei soli componenti del Consiglio di Disciplina per i quali era stata accertata una situazione di incompatibilità. Da ciò è derivato che, in fase di riedizione della procedura, la vicenda è stata inammissibilmente riesaminata da alcuni soggetti che avevano già espresso il proprio giudizio nell’ambito della precedente fase procedimentale.

     La censura è indubbiamente fondata, in quanto, per un principio generale dell’ordinamento, in tutti i procedimenti lato sensu giudiziari o assimilati (e tale è senza dubbio il procedimento disciplinare a carico di dipendenti pubblici), salvo espresse eccezioni, il giudice o il funzionario che sono intervenuti in una fase precedente del procedimento non possono partecipare alle fasi successive, specie se si tratta della fase in cui si deve deliberare la decisione sulla controversia o, nel caso dei procedimenti sanzionatori, l’applicazione di una sanzione. Questo, ovviamente, per evitare che l’“accusato” venga giudicato da un soggetto che, per avere partecipato a fasi pregresse del procedimento (ivi inclusa la fase di irrogazione della sanzione, laddove si tratti della rinnovazione del procedimento), è già in qualche modo condizionato dalla conoscenza dei fatti e dalle convinzioni eventualmente già maturate. Il principio di cui si è appena dato conto, peraltro, è già venuto in evidenza nella vicenda che ha coinvolto l’assistente @@@, visto che il precedente provvedimento sanzionatorio è stato annullato dal TAR per il fatto che uno dei componenti del Consiglio di Disciplina era coniuge del funzionario a cui era stata affidata l’istruttoria del procedimento. In effetti, la norma di cui il Tribunale ha fatto applicazione (art. 149 del DPR n. 3/1957, richiamato dall’art. 16 del DPR 25.10.1981, n. 737) costituisce specificazione di un’altra fondamentale disposizione in materia di procedimenti disciplinari a carico dei dipendenti pubblici, ossia l’art. 112, ultimo comma, del T.U. n. 3/1957 (il quale prevede che “Non possono partecipare alla deliberazione [del Consiglio di Disciplina – NdR] a pena di nullità i membri della commissione che abbiano riferito all'ufficio del personale o svolte indagini ai sensi dell'art. 103 o che abbiano partecipato come funzionari istruttori o consulenti all'inchiesta”). Dal combinato disposto di tali disposizioni, si evince il principio generale per cui, nei procedimenti disciplinari, dell’organo competente a proporre l’irrogazione della sanzione (per il personale della P.S. il Consiglio Provinciale di Disciplina) non possono far parte, oltre ai soggetti espressamente citati nell’art. 149 del T.U. n. 3/1957, tutti i funzionari che hanno preso parte alle fasi pregresse del procedimento (esclusa la fase di contestazione degli addebiti – Cons. Stato, VI, 18.6.1993, n. 444).

     Ma se questo è il principio generale, non si può ritenere che l’incompatibilità non sussista per i soggetti che hanno già concorso all’adozione del provvedimento sanzionatorio in seguito annullato dal giudice. Anzi, l’esigenza di evitare condizionamenti indotti dalla pregressa conoscenza dei fatti è ancora più impellente con riguardo all’organo chiamato ad assumere la decisione finale (o, come nel caso di specie, a proporre l’adozione della sanzione all’organo competente alla sua irrogazione, cioè il Capo della Polizia), perché questo organo deve garantire la terzietà del giudice rispetto ai fatti.

     Le conclusioni a cui il Tribunale ritiene di dover pervenire trovano del resto autorevole conferma nella sentenza della Corte Costituzionale n. 262 del 2003, in cui la Consulta, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale degli artt. 4 e 6 della L. 24.3.1958, n. 195, recante le “Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura” (nella parte in cui non consentono una sostituzione, in un numero maggiore di quelli nominati dal Consiglio, di componenti della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, divenuti incompatibili a giudicare in sede di rinvio per avere fatto parte del collegio che aveva pronunciato la decisione cassata), ha dichiarato incostituzionali in parte qua le predette norme, proprio per il fatto che le stesse, non prevedendo la sostituzione di componenti della Sezione Disciplinare del C.S.M. divenuti incompatibili proprio per avere concorso ad adottare il provvedimento sanzionatorio in seguito annullato dalla Cassazione, consentivano in pratica che uno stesso soggetto si pronunciasse di nuovo nell’ambito del medesimo procedimento disciplinare.

     4. Pertanto, poiché la sanzione impugnata è stata adottata a seguito di procedimento viziato dall’illegittima composizione del Consiglio di Disciplina, gli atti impugnati vanno annullati.

     Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio fra le parti. 
 

P.Q.M. 
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Terza Sezione di Lecce – accoglie il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, in camera di consiglio, il 30 gennaio 2008.

                              Pubblicato mediante deposito

               in Segreteria il 19.2.2008 
 

N.R.G.  «1683/2005»