T.a.r. Lombardia – sent. N. 63/2007 del 17/01/2007 
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - prima sezione - ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 169/05 proposto da

...OMISSIS.... ...OMISSIS....,

rappresentato e difeso dall’avv. Alessia Pontenani ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ...OMISSIS...., via della Signora n. 2; 

contro

MINISTERO DELL’INTERNO,

costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avvocatura dello Stato  ed elettivamente domiciliato presso la sua sede in ...OMISSIS...., via Freguglia n.1;

per l'annullamento

del decreto del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, del 23.9.2004, notificato il 16.12.2004, con cui veniva comminata al ricorrente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi quattro, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti.

Visto il ricorso  con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito il primo ref. Elena Quadri, designato relatore per l’udienza del 6.12.2006; 

Uditi i difensori delle parti;

Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

Con il presente gravame il ricorrente, sostituto commissario della Polizia di Stato, impugna il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale è stata inflitta allo stesso la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi quattro, ai sensi dell’art. 6, numero 1 ed in relazione all’art. 4, nn. 10 e 18, del D.P.R. 25.10.1981, n. 737, unitamente al provvedimento di trasferimento dello stesso dalla squadra mobile della Questura di ...OMISSIS.... alla divisione del personale - ufficio indisponibili.

A sostegno del proprio gravame il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

  1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 14 d.p.r. 25 ottobre 1981, n. 737, dell’art. 68 della legge n. 121 del 1981; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, dell’obbligo di imparzialità, abuso di potere, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, sviamento dall’interesse pubblico.
  2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 19, 20, 31 d.p.r. 25 ottobre 1981, n. 737, degli artt. 104 e 111 del d.p.r. n. 3/1957; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, dell’obbligo di imparzialità, abuso di potere, omessa analisi e valutazione degli elementi difensivi proposti dal ricorrente, ingiustizia ed illogicità manifesta, carenza di istruttoria, difetto di motivazione.
  3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della legge 7 febbraio 1990, n. 19; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento.
  4. Violazione e falsa applicazione degli artt. 16, 19 d.p.r. 25 ottobre 1981, n. 737, nonché dell’art. 149 del d.p.r. n. 3/1957; incompetenza della commissione di disciplina, disomogenea composizione; eccesso di potere per sviamento, disparità di trattamento, violazione del principio di terzietà ed imparzialità del giudice.
  5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 del d.p.r. n. 3/1957; eccesso di potere, violazione manifesta di legge.
  6. Violazione e falsa applicazione dell’art. 20 d.p.r. 25 ottobre 1981, n. 737; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, violazione dell’obbligo di imparzialità, abuso di potere, ingiustizia ed illogicità manifesta, carenza di istruttoria, difetto di motivazione.
  7. Violazione dell’art. 55 del d.p.r. 24 aprile 1982, n. 335; dell’art. 3 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, violazione dell’obbligo di imparzialità, carenza di presupposto essenziale, abuso di potere, ingiustizia ed illogicità manifesta, difetto di motivazione.
  8. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 quater del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, dell’art. 97 del T.U. n. 309/1990; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, sviamento dall’interesse pubblico, difetto di motivazione.

Il ricorrente ha formulato, altresì, istanza di risarcimento dei danni causati  dai provvedimenti impugnati.

Si è costituita l’amministrazione intimata, che ha in via preliminare eccepito l’irricevibilità per tardività degli ultimi due motivi di gravame, dedotti avverso il provvedimento di trasferimento, chiedendo, comunque, il rigetto del ricorso per infondatezza nel merito.

Alla pubblica udienza del 6.12.2006, il gravame è stato, quindi, trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Con il ricorso all’esame il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Capo della Polizia gli ha inflitto la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi quattro, ai sensi dell’art. 6, numero 1 ed in relazione all’art. 4, nn. 10 e 18,  del D.P.R. 25.10.1981, n. 737, unitamente al provvedimento di trasferimento dello stesso dalla squadra mobile della Questura di ...OMISSIS.... alla divisione del personale - ufficio indisponibili.

Il ricorrente lamenta, in sostanza, l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione, che gli avrebbe irrogato una sanzione disciplinare senza che ne sussistessero i presupposti ed in violazione delle norme vigenti in tema di procedimento disciplinare, trasferendolo, oltretutto, con intento punitivo e senza alcuna legittima motivazione, dalla squadra mobile della Questura di ...OMISSIS...., ove aveva sempre prestato un eccellente servizio, all’ufficio indisponibili della medesima Questura.

L’amministrazione, al contrario, assume la piena legittimità del proprio operato.

Deve, in via preliminare, esaminarsi l’eccezione di irricevibilità sollevata dall’amministrazione per tardività degli ultimi due motivi di gravame dedotti avverso il provvedimento di trasferimento adottato nei confronti del ricorrente.

L’eccezione è fondata.

In proposito basta, infatti, osservare che il provvedimento di trasferimento è stato notificato al ricorrente l’11 marzo 2004, mentre il ricorso risulta notificato in data 14 gennaio 2005, ben oltre il termine di decadenza di 60 giorni previsto dall’art. 21 della legge n. 1034/1971; né si ritiene accoglibile l’istanza di rimessione in termini per errore scusabile formulata dalla difesa del ricorrente in ragione della mancata indicazione sul provvedimento del termine e dell’autorità innanzi a cui ricorrere, atteso che, nella fattispecie in questione, non ne sussistono i presupposti, come confermato dal costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, per il quale, al fine di riconoscere la scusabilità dell'errore e concedere, quindi, la rimessione in termini, è necessario verificare se, nel singolo caso, sia apprezzabile una qualche giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte dell'interessato; la circostanza che consente la concessione del beneficio è data, pertanto, da incertezze e difficoltà obiettive di interpretazione della norma, da una situazione normativa oggettivamente non conoscibile o confusa. Si richiede, più in generale, una oggettiva incertezza, tale da far incorrere l'interessato in un errore incolpevole e quindi scusabile. Tali presupposti non ricorrono nella fattispecie all’esame del collegio.

Nel merito, in relazione ai primi sei motivi dedotti, il ricorso è da ritenersi infondato.

Deve premettersi, in punto di fatto, che il procedimento disciplinare all’esito del quale è stata irrogata la sanzione in questione è stato avviato in ragione di un episodio che ha visto coinvolto il ricorrente, il quale, trovandosi all’interno di un ristorante di cui era socio, accorreva per sedare una rissa scatenatasi fra alcuni clienti e due buttafuori in servizio, omettendo di qualificarsi come appartenente alla Polizia di Stato e cercando di risolvere la controversia al di fuori delle vie legali.

Per tale episodio veniva avviato nei confronti del ricorrente anche un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 494, 378, 61, n. 2, 81, comma 1, 328 e 361 c.p., (sostituzione di persona, favoreggiamento personale, omissione di atti d'ufficio e omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale aggravati).

La sanzione disciplinare in questione è stata irrogata al ricorrente ai sensi dell’art. 6, numero 1 e dell’art. 4, nn. 10 e 18,  del d.p.r. 25.10.1981, n. 737.

Per il disposto della prima norma richiamata, la sospensione dal servizio può essere inflitta per le mancanze previste dall’art. 4, qualora rivestano carattere di particolare gravità ovvero siano reiterate o abituali. Tali mancanze consistono nella grave negligenza in servizio ed in qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente preveduto nelle ipotesi disciplinate dall’art. 4, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.

Dall’esame della documentazione versata in atti risulta una approfondita attività istruttoria posta in essere da parte dell’amministrazione, volta ad accertare la veridicità e la valenza sul piano disciplinare dei fatti emersi nel corso del procedimento e dei comportamenti tenuti dal ricorrente durante lo svolgimento degli stessi.

Proprio dal risultato di tale accurata attività istruttoria, documentata dagli atti depositati, oltre che dalla particolare considerazione dell’eccellente servizio prestato fino ad allora dal ...OMISSIS.... posto in rilievo nelle sue memorie difensive, attentamente esaminate, l’amministrazione si è determinata nel senso di derubricare la sanzione della destituzione inizialmente proposta in quella meno grave della sospensione dal servizio per quattro mesi, sanzione senza dubbio proporzionata alla valenza dei fatti accertati e documentati.

Il collegio ritiene, inoltre, che l’amministrazione abbia ben esplicitato le contestazioni mosse nei confronti del ricorrente, anche con riferimento alla motivazione contenuta nella deliberazione del Consiglio provinciale di disciplina della Questura di ...OMISSIS.... del 28 giugno 2004, integralmente richiamata dal provvedimento disciplinare impugnato, dalla quale emerge il concreto interesse al perseguimento del comportamento gravemente omissivo del dipendente e non conforme al decoro delle sue funzioni.

La sanzione disciplinare è stata, dunque, inflitta del tutto legittimamente, non rilevando, a tal fine, la successiva assoluzione ottenuta in sede penale dal ricorrente per i reati di cui agli artt. 494, 378, 61, n. 2, 81, comma 1, 328 e 361 c.p., atteso che proprio dalla lettura della motivazione della sentenza risultano avvalorati i principali fatti posti a base del procedimento disciplinare, integranti la disdicevole condotta tenuta dal ricorrente.

Inoltre, il collegio non ritiene fondate le numerose censure di valenza procedurale dedotte dal ricorrente, richiamandosi, sul punto, alla circostanziata relazione depositata dall’amministrazione, nonché alla documentazione alla stessa allegata.

In particolare, risulta agli atti la richiesta motivata dell’Istruttore di proroga del termine di quarantacinque giorni previsto per la conclusione dell’inchiesta disciplinare, né avverso tale atto di proroga è stata proposta querela di falso; risulta agli atti il rispetto da parte dell’amministrazione dei termini prescritti perentoriamente dalla legge per la predisposizione di un’idonea difesa (cfr. pagine 10 e 11 della relazione dell’amministrazione e documentazione richiamata ed allegata), nonché del termine massimo di 90 giorni tra gli atti tipici del procedimento, iniziato con la contestazione degli addebiti in data 19 marzo 2004 e conclusosi con l’emissione del provvedimento impugnato, avvenuta il 23.9.2004 (essendo a tal fine irrilevante la data di notifica dello stesso al ricorrente, come risulta dal costante orientamento giurisprudenziale per il quale la notifica, concernendo una fase successiva all’adozione dell’atto, non riguarda la legittimità del suo contenuto), procedimento nel corso del quale l’amministrazione ha posto in essere tutti gli atti tipici del procedimento disciplinare, senza inattività protrattasi per più di 90 giorni; con riferimento ai termini diversi da quelli prescritti dalla legge per la predisposizione di un’idonea difesa da parte dell’inquisito (ad esempio per il termine di dieci giorni per la comunicazione all’interessato della sanzione disciplinare irrogata) si richiama, comunque, la giurisprudenza che ne afferma il carattere sollecitatorio ed ordinatorio (cfr. Cons. di Stato, A.P., 25 gennaio 2000, n. 4).

Riguardo alla presunta parzialità del funzionario istruttore e di un membro del collegio di disciplina per la loro appartenenza ad un sindacato con il quale il ricorrente avrebbe avuto motivi di contrasto, si richiama il disposto dell’art. 16 del d.p.r. 737/81, per il quale “con decreto del questore è costituito, in ogni provincia, il consiglio di disciplina composto: a) dal vice questore con funzioni vicarie che lo convoca e lo presiede; b) da due funzionari del ruolo direttivo della Polizia di Stato; c) da due appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato di qualifica superiore a quella dell'incolpato, designati di volta in volta dai sindacati di polizia più rappresentativi sul piano provinciale. Un funzionario del ruolo direttivo della Polizia di Stato funge da segretario. I membri di cui alla lettera b) durano in carica un anno. Con le stesse modalità si procede alla nomina di un pari numero di supplenti per i membri di cui alla lettera b)”.

Dalla lettura della norma succitata emerge che la nomina dei componenti fissi del consiglio di disciplina prescinde dalla loro appartenenza o meno ad un sindacato e che anche quelli appartenenti a sindacati sono scelti con criteri obiettivi e non in relazione all’eventuale iscrizione dell’inquisito ad un determinato sindacato; la nomina dei supplenti, che avviene con decreto del Questore, riguarda i funzionari elencati alla lettera b) dell’articolo16 del d.p.r. 737/81, che restano in carica per un anno, né sussiste alcuna ragione per cui della suddetta nomina si faccia menzione nella delibera conclusiva dell’assemblea per la trattazione orale innanzi al Collegio di disciplina. Non risulta, dunque, alcuna parzialità di giudizio del Consiglio Provinciale di disciplina.

Infine, non risulta che il ricorrente abbia mai formulato istanza di sospensione del procedimento disciplinare per motivi di salute.

Per le suesposte considerazioni il ricorso risulta infondato e deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - prima sezione - respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso, in ...OMISSIS...., il 6.12.2006, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Piermaria Piacentini                          Presidente

Elena Quadri                                     giudice est.

Alessandro Cacciari                          giudice