T.A.R. Lombardia – sent. N. 453/2007 del 19/03/2007

                        N.              /07 Reg. Sent.

N.      1038/06  Reg. Ric.

 
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA

Sezione  III

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1038/2006 proposto da ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., rappresentato e difeso dagli avvocati Nicola Iovocchini e Claudio Moscati, nello studio dei quali è elettivamente domiciliato in Milano, Viale Berengario, n. 19;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, il Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e la Questura di Milano, in persona del Questore pro tempore, rappresentati e difesi dalla Avvocatura distrettuale dello Stato, presso cui sono domiciliati ex lege in Milano, Via Freguglia, n. 1;

per l'annullamento

- della sanzione disciplinare irrogata con decreto n. 333D/68686 del 9.1.2006 a firma del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e notificata al ricorrente in data 31.1.2006 a seguito di contestazione prot. n. 2.8/04188 a firma del Funzionario Istruttore della Questura di Milano, emanata il 14.5.2005

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;

VISTO il ricorso con i relativi allegati;

VISTO l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Milano;

VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

VISTI gli atti tutti della causa;

Nominato relatore alla pubblica udienza del 25 gennaio 2007 il dott. Vincenzo Blanda;

Udito l'avv. Nicola Iovocchini per il ricorrente ed, ai preliminari di udienza, l'avvocato dello Stato Francesco Vignoli per l’amministrazione resistente;

Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso in epigrafe il signor ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., agente scelto della Polizia di Stato, ha impugnato il decreto del Capo della Polizia in data 9.1.2006, con il quale gli è stata inflitta la sanzione della sospensione dal servizio per sei mesi ai sensi dell’art. 6, n. 1, in relazione all’art. 4, n. 18, del D.P.R. 25.10.1981, n. 737.

Il provvedimento disciplinare è stato così motivato “al termine di un periodo di malattia, dopo essere stato dichiarato idoneo al servizio da sanitario della Polizia di Stato, comunicava nella serata dello stesso giorno una nuova indisponibilità al servizio per motivi di salute arrecando un grave pregiudizio alla organizzazione dei servizi dell’ufficio di appartenenza”.

Avverso tale determinazione, ed ogni altro atto a questa connesso, presupposto e consequenziale, ha proposto impugnativa l'interessato, chiedendone l'annullamento previa sospensione della esecuzione, per i seguenti motivi:

1) illegittimità per erronea applicazione dell’articolo 6, n. 1 del D.P.R. n. 737/1981 in relazione all’art. 4, n. 18; Eccesso di potere per travisamento in fatto ed in diritto. Ingiustizia manifesta. Sviamento.

I comportamenti contestati al ricorrente non potrebbero essere considerati lesivi dell’onore e del prestigio dell’Amministrazione, in quanto sarebbero rimasti circoscritti nell’ambito della gestione interna del personale.

L’Amministrazione avrebbe, inoltre, travisato il comportamento tenuto dall’istante, poiché quest’ultimo avrebbe sempre comunicato all’ufficio di appartenenza le proprie assenze per malattia, inviando le relative certificazioni mediche tramite fax;

2) Violazione di legge per falsa e/o erronea applicazione delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 737/1981 con riferimento alla corretta determinazione della sanzione irrogata rispetto al comportamento contestato.  Illegittimità per violazione dell’articolo 3 della legge 241/1990, per difetto di motivazione. Eccesso di potere per travisamento in fatto ed in diritto. Ingiustizia manifesta.

La sanzione irrogata sarebbe incongrua ed immotivata rispetto ai comportamenti contestati. Il decreto impugnato, inoltre, sarebbe stato notificato oltre il termine di 10 giorni previsto dall’art. 21 del D.P.R. n. 737/1981.

L’Amministrazione resistente si è costituita in giudizio, contestando la fondatezza delle censure dedotte e concludendo per la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 1156/2006 assunta nella camera di consiglio del 17 maggio 2006 la Sezione ha respinto la domanda cautelare.

Alla udienza pubblica del 25 gennaio 2007, il difensore dell’interessato ha insistito per l’accoglimento del ricorso e la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorrente, agente scelto della Polizia di Stato, ha impugnato il provvedimento recante la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di sei mesi, che gli è stata inflitta ai sensi dell'art. 6, n. 1 in relazione all'art. 4, n. 18 del d.P.R. n. 737/1981, poiché “al termine di un periodo di malattia dopo essere stato dichiarato idoneo al Servizio Sanitario della Polizia di Stato, comunicava nella serata dello stesso giorno una nuova indisponibilità al servizio per motivi di salute arrecando grave pregiudizio alla organizzazione dei servi dell’ufficio di appartenenza. Recidivo”.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia il vizio da eccesso di potere per travisamento dei fatti in relazione alla condotta contestata, che non rientrerebbe nelle previsioni di cui agli artt. 6, n. 1, e 4, n. 18, del D.P.R. n. 737/1981.

Osserva, al riguardo il Collegio che, per una retta comprensione della presente vicenda, è necessario riepilogarne i fatti che l’hanno significativamente contrassegnata.

2.1. Con immediato riferimento all’episodio a seguito del quale è stato emesso il provvedimento impugnato va dunque ricordato che il ricorrente, al termine di un periodo di malattia, veniva visitato da un medico della Polizia di Stato della Questura di Bologna alle ore 10.45 del 30 marzo 2005, che lo riconosceva idoneo al servizio.

Alle ore 20.30 del medesimo giorno - secondo quanto riferito dall’interessato - egli si sottoponeva a nuova visita presso il medico di famiglia, allegando la riacutizzazione di un dolore alle gambe, conseguendo da questi il rilascio di una nuova certificazione di malattia.

Anziché dare immediata comunicazione all’ufficio di appartenenza della sua sopraggiunta impossibilità di riprendere il servizio per gli indicati motivi di salute egli si poneva in contatto telefonico con quest’ultimo alle ore 22.55, trasmettendo tramite fax soltanto alle ore 19.00 del giorno successivo la relativa attestazione medica.

E’ dunque a seguito di detto comportamento che l’Amministrazione ha dato avvio al procedimento disciplinare, non senza motivarla con il pregnante rilievo che lo stesso agente aveva già riportato in passato altre sei sanzioni disciplinari, di cui cinque per mancanze della stessa natura di quella in contestazione e, nel dettaglio, 1) un richiamo scritto per aver omesso di informarsi del turno che avrebbe dovuto svolgere al rientro da un periodo di assenza per malattia; 2) una prima sanzione pecuniaria per aver comunicato in ritardo la propria indisponibilità a riprendere il servizio per motivi di salute; 3) un’ulteriore sanzione pecuniaria per non aver comunicato nel corso di un lungo periodo di malattia la propria indisponibilità al rientro ed aver, inoltre, trasmesso i certificati medici all’ufficio malattia di altro capoluogo di provincia; 4) una terza sanzione pecuniaria per non aver del pari comunicato l’indisponibilità a rientrare al lavoro, inviando la certificazione medica in ritardo e solo a seguito di richiesta telefonica; 5) una finale deplorazione perché, dopo aver accettato il giudizio di idoneità emesso dalla C.M.O., comunicava di essere ancora indisponibile, accusando la medesima patologia in precedenza acclarata insussistente.

3. In un siffatto quadro, peculiarmente caratterizzato da fatti debitamente accertati e contestati all’istante, il Collegio è dell’avviso che non si profili, anzitutto, il travisamento dedotto dal ricorrente e che, in relazione al susseguirsi delle elencate violazioni, la sua condotta rientri nelle fattispecie previste dagli artt. 6, n. 1, e 4, n. 18, del D.P.R. n. 737/1981.

3.1. Osserva, in proposito, come sia anzitutto incontroverso tra le parti che il ...omissismsmvld.... abbia effettivamente tardato ad avvisare l’ufficio di appartenenza del nuovo periodo di malattia ed abbia, altresì, trasmesso con notevole ritardo il certificato originale rilasciato dal medico di fiducia dopo la visita del 30 marzo 2005 (cfr. pag. 3 della delibera del Consiglio provinciale di disciplina in data 25.10.2005 e pag. 2 delle giustificazioni fornite dal ricorrente dopo la contestazione degli addebiti, in cui egli riconosce il proprio errore per aver comunicato lo stato di malattia solo in tarda serata).

Tale condotta integra, tuttavia, una precisa violazione dei doveri degli appartenenti alla Polizia di Stato ed, in particolare, dell’art. 61 del D.P.R. 28.10.1985, n. 782 (regolamento di servizio dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) secondo il quale “il personale della Polizia di Stato che per ragioni di salute non ritenga di essere in condizione di prestare servizio deve darne tempestiva notizia telefonica al capo dell'ufficio, reparto o istituto da cui dipende, trasmettendo, nel più breve tempo possibile, il certificato medico da cui risulti la diagnosi e la prognosi”.

3.2. Se il dovere posto a carico del personale della Polizia di Stato appare invero stringente, il comportamento reiteratamente tenuto dal ...omissismsmvld...., come emergente dai molteplici precedenti disciplinari evidenziati nell’attenta e scrupolosa istruttoria espletata dall'Amministrazione (cfr. pagg. 3, 4 e 5 della delibera del Consiglio provinciale di disciplina del 25.10.2005 e pag. 2, 3 e 4 del verbale di trattazione orale in pari data), pone in luce una assoluta e pertinace refrattarietà dell’inquisito al rispetto delle norme che regolano lo status di dipendente dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza.

Sotto tale profilo, la persistente condotta tenuta dal ricorrente può ben essere considerata dunque come “non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza”, secondo quanto previsto dall’art. 4, n. 18 del d.P.R. n. 737/1981.

Vale osservare per questo verso che il “decoro delle funzioni” alle quali fa riferimento la sanzione in contestazione non può essere inteso solo nella proiezione esterna del comportamento dell’inquisito, come infondatamente argomenta la difesa del ricorrente, quando ne depotenzia il rilievo in quanto astretto ai soli interna corporis dell’Amministrazione: la lesione del prestigio e dell’immagine della Polizia di Stato deve essere, infatti, considerato come un primario dovere per ogni appartenente alla Polizia di Stato di mantenere un contegno ed una condotta sempre improntata alla massima correttezza (cfr. art. 13 del d.P.R. 28.10.1985, n. 782) nei confronti dell’Amministrazione di appartenenza (cfr. in proposito Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2006, n. 378).

3.3. In ordine, poi, al dedotto travisamento dei fatti occorsi è opportuno sottolineare che le condotte idonee a dare luogo a responsabilità disciplinari sovente non sono specificamente definite da norme di legge o da regolamenti (non applicandosi ad essi il principio della tassatività delle ipotesi di reato, proprio del diritto penale); le indicazioni contenute nelle norme disciplinari sono quindi comprensive di diverse ipotesi, per cui spetta alla stessa Amministrazione, durante l’iter del procedimento disciplinare e nel contraddittorio con l’inquisito, stabilire il collegamento tra la fattispecie sanzionatoria e il fatto contestato, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un meditato apprezzamento dell’Amministrazione, il cui sindacato da parte del giudice amministrativo si esercita primariamente con strumenti di carattere sintomatico, ma anche con quello del travisamento dei fatti, ove possano reputarsi inidonei totalmente o parzialmente ad essere assimilati all’una ovvero all’altra ipotesi di comportamento sanzionabile (Consiglio di Stato, Ad. plen. n. 10 del 2006, idem, Sez. VI, 5.9.2002, n. 4485; idem, 11.10.1999, n. 1334).

Il contestato vizio è, tuttavia, nella specie, insussistente, avendo l’Amministrazione contestato al ...omissismsmvld.... con equilibrio e chiarezza i termini di un comportamento reputato inaccettabile alla stregua dei doveri degli appartenenti al Corpo della Polizia di Stato e che tali obiettivamente ed attendibilmente appaiono nel susseguirsi dei fatti che, con singolare perseveranza si sono susseguiti nel tempo, nonostante le ripetute sanzioni irrogate all’interessato e che si sono gradualmente elevate fino alla deplorazione, sul cui rilievo poi si dirà.

4. Con il secondo motivo l’istante deduce la violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, allegando che il provvedimento disciplinare adottato sarebbe patentemente esorbitante rispetto alla condotta tenuta.

Anche quest’ordine di idee non merita adesione.

4.1. In proposito giova rilevare che risponde certamente al vero che tra i fatti contestati e la sanzione irrogata debba necessariamente sussistere un rapporto di necessaria proporzionalità e che, per la verifica di quest’ultimo trovino necessaria applicazione i parametri che la giurisprudenza ha da tempo elaborato.

Nel caso di specie la sanzione irrogata non viola, tuttavia, nè il primo dei suddetti parametri e dunque la regola della necessità della sanzione alla stregua del negligente e superficiale comportamento dell’inquisito, nè la successiva soglia della sua idoneità a retribuire il contestato illecito disciplinare, tenuto anche conto del fine di renderne percepibile il rilievo all’interessato. Sotto quest’ultimo profilo la stessa non appare, poi, neppure violativa del rapporto di stretta proporzione tra fatto e sanzione alla stregua dell’ultimo episodio contestato, che non è stato pervero isolatamente apprezzato dal Consiglio provinciale di disciplina, ma valutato alla stregua di una costante ed inaccettabile pulsione comportamentale del ...omissismsmvld.... in aperta contraddizione con il valore che assume all’interno del Corpo l’esigenza del rispetto della correttezza come costume proprio di un ordinamento di “tipo militare”; l’accentuata gravità della sua violazione è, infine, resa evidente dall’inescusabile ritardo della comunicazione della nuova sopravvenuta malattia, che non poteva non tradursi in un corrispondente pregiudizio per il regolare svolgimento del servizio che il ricorrente avrebbe dovuto svolgere il giorno successivo con orario dalle 8.00 del mattino fino alle ore 14.00.

5. Corollario del suesposto ordine d’idee è che la sospensione irrogata appare del pari rispettosa del principio della gradualità delle sanzioni, essendo intervenuta dopo ben cinque sanzioni disciplinari riportate dal ricorrente per mancanze dello stesso tenore e, in particolare, dopo che a questi era già stata inflitta una “deplorazione” che, nell’ordine dei provvedimenti inflittivi previsti dal regolamento di disciplina degli appartenenti alla Polizia di Stato, costituisce la sanzione immediatamente precedente a quella della sospensione dal servizio.

6. Infine, quanto alla sua durata, egualmente contestata per gli stessi motivi dal deducente, è avviso del Collegio che la sua determinazione nella misura di sei mesi sia egualmente congrua, tenuto conto dell’accertata renitenza dell’interessato ad osservare un comportamento consono allo status di agente della Polizia di Stato: merita di essere sottolineato per questo aspetto che anche l’ultimo “messaggio” rivoltogli e consistente nella formale deplorazione per il suddetto persistente comportamento sia rimasto del tutto inascoltato, per cui non poteva non darsi corso rispetto ad una sanzione capace di essere rettamente intesa, quale meditata espressione della determinazione dell’Amministrazione di ricondurre nei “ranghi” della correttezza il comportamento del deducente.

6.1. La reiterazione delle mancanze disciplinari è stata, del resto, individuata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che è stata in proposito particolarmente rigorosa, giungendo a considerare la recidiva quale specifico “indice della personalità del soggetto perseguito e della gravità dei comportamenti” assunti (Sez. VI, 11 novembre 1998, n. 1546).

7. Né in senso contrario depone l’assunto della difesa del ricorrente secondo il quale la sussistenza della malattia del ...omissismsmvld.... è stata accertata dai medici della C.M.O. di seconda istanza di Firenze in data 13.7.2005.

L’ininfluenza ai fini considerati del visto accertamento è, a ben vedere, dimostrata dal fatto che nel corso del procedimento disciplinare non è mai stata posta in dubbio l’esistenza della denunciata malattia, in disparte restando la circostanza che tale riconoscimento da parte del C.M.O. è avvenuto a distanza di circa quattro mesi dall’episodio in questione, essendo stata contestata all’istante esclusivamente la negligente condotta tenuta in quell’occasione, dalla quale è derivato pregiudizio presso l’ufficio di appartenenza dell’interessato.

8. Priva di rilievo, si rivela, poi, la violazione del termine per la notifica del provvedimento impugnato, di cui all’art. 21 del d.P.R. n. 737/1981, attesa la natura ordinatoria dello stesso pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. da ultimo: Consiglio di Stato, Ad. plen., 27 giugno 2006, n. 10; idem, Sez. VI, 23 maggio 2006, n. 3069).

9. Con un ultimo profilo di censura viene dedotta la violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per la mancanza e l'insufficienza della motivazione.

Anche tale assunto è, tuttavia, infondato.

9.1. Occorre considerare innanzi tutto che, sotto il profilo dell'accertamento della responsabilità del ricorrente, il provvedimento impugnato è stato motivato per relationem, vale a dire attraverso il rinvio alla delibera del Consiglio provinciale di disciplina del 25 ottobre 2005, le cui conclusioni sono state poi condivise dall'Autorità che ha irrogato la sanzione disciplinare.

Dalla suddetta delibera (cfr. allegato 14 fasc. Amministrazione) si evince come la proposta sanzionatoria sia stata assunta al termine di un’approfondita istruttoria (come si ricava dalla relazione del funzionario istruttore, prodotta sub allegato 8 fasc. Amministrazione, dal verbale della seconda riunione del Consiglio di disciplina e dalla deliberazione assunta dal medesimo organo il 25 ottobre 2005) e dopo una adeguata valutazione della rilevanza dei fatti contestati al dipendente, con il voto unanime dei componenti del Collegio (compreso quindi anche quello dei rappresentanti sindacali, circostanza questa non certo secondaria, quale indice di un equilibrato apprezzamento dei fatti contestati all’istante).

9.2. Sempre sotto il profilo considerato si è dunque tenuto conto sia della reiterazione dei comportamenti tenuti in passato dal ...omissismsmvld.... sia del fatto che l'episodio in esame denotava una grave mancanza di correttezza ai sensi dell'art. 4, n. 18, del D.P.R. n. 737 del 1981; in proposito è opportuno osservare che in sede di trattazione orale il difensore dell’incolpato ha ammesso che il comportamento del dipendente non “era stato propriamente corretto e consono ai propri doveri previsti dal regolamento di servizio”.

9.3. Così sussidiato il provvedimento impugnato risulta dunque adeguatamente motivato, essendo stato chiaramente desumibile l'iter logico che, attraverso un attento accertamento ed una ponderata valutazione dei fatti, ha condotto l’Amministrazione ad irrogare la sanzione disciplinare in esame.

Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere  respinto.

Le spese seguono la soccombenza del ricorrente nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. III, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della resistente Amministrazione, delle spese processuali che si liquidano in complessivi € 2.000,00 (duemila/00).

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 25 gennaio 2007, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Mariuzzo   -  Presidente

Riccardo Giani    -  Referendario

Vincenzo Blanda    -  Referendario est.