Ricorso n. 1380/2005       Sent. n. 664/08

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

  Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei magistrati:

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della   L.   27  aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

  ha pronunciato la seguente

SENTENZA

   sul ricorso n. 1380/2005 proposto da @@@@@@@@ @@@@@@@@, rappresentato e difeso dagli avv. ..

   contro

   il Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege;

   per l'annullamento

   quanto al ricorso principale: del provvedimento n. 333-C/1630 del 13.1. 2005 con il quale è stata inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare della pena pecuniaria pari ad 1/30 dello stipendio mensile;

   quanto ai motivi aggiunti: del decreto del Ministero dell’Interno con il quale è stata rigettata l’istanza tesa ad ottenere la riapertura del procedimento disciplinare.

   Visto il ricorso e i motivi aggiunti, rispettivamente notificati il 25.3.2005 e depositato presso la segreteria il 17.6.2005 con i relativi allegati;

   visto l'atto di costituzione del Ministero dell’Interno, depositato in Segreteria il 26.7.2006 con i relativi allegati;

   visti gli atti tutti della causa;

   uditi alla pubblica udienza dell’8 novembre 2007 ..

   ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

   Fatto

   Il ricorrente premette in fatto di essere Commissario Capo della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di @@@@@@@@ (all’epoca dei fatti, aggregato alla Questura di @@@@@@@@).

   Durante la sua permanenza a @@@@@@@@ e precisamente in data 22.4.2004, essendo funzionario di reperibilità e avendo appreso dalla propria radio portatile che si stavano verificando alcuni episodi criminosi in zona centro, si adoperava per raggiungere con urgenza, la sede di servizio.

   Lungo tale tragitto, in prossimità di un semaforo, un’autovettura posizionata alla destra del ricorrente urtava leggermente la propria auto, senza provocare danni ai veicoli ed ai rispettivi conducenti.

   Ciononostante, il conducente dell’altro veicolo, tale sig. @@@@@@@@, si avvicinava al ricorrente in modo agitato.

   A questo punto il  @@@@@@@@ invitava il @@@@@@@@ ad accostare al margine destro della strada per evitare intralcio alla circolazione.

   Sul posto era presente il sig. @@@@@@@@, appartenente alla Polizia Municipale di @@@@@@@@, il quale intervenne nella breve discussione e dopo aver trascritto entrambe le targhe su una propria agendina, si allontanava.

   Subito dopo, quando ormai il sig. @@@@@@@@ non era più presente, avveniva lo scambio di generalità tra il ricorrente e il sig. @@@@@@@@ per procedere ad una constatazione amichevole.

   Il @@@@@@@@, in evidente stato di agitazione  sferrava due pugni sulla carrozzeria del @@@@@@@@.

   Il ricorrente, al fine di evitare che la situazione degenerasse ulteriormente, tenuto conto dell’età del suo contraddittore ed esperiti tutti i tentativi per calmarlo, prese tutte le generalità e le notizie del caso, si allontanava.

   Tuttavia con nota del 13.5.2004, il Questore di @@@@@@@@ gli contestava la sanzione del richiamo scritto.

   Successivamente, in sede di autotutela, lo stesso Questore con nota del 19.7.2004, constatando la propria incompetenza territoriale, essendo il ricorrente solo temporaneamente assegnato alla Questura di @@@@@@@@, annullava d’ufficio il precedente provvedimento e trasmetteva gli atti al competente Questore della Provincia di @@@@@@@@.

   Tale organo, con nota del 26.7.2004 ritenendo che il predetto episodio integrasse una fattispecie disciplinare più grave del richiamo scritto, trasmetteva tutta la documentazione al Ministero dell’Interno – Dipartimento della P.S. – affinché fosse irrogata una sanzione più grave.

   Con decreto del 13.1.2005, il Capo della Polizia, respingendo le giustificazioni presentate dal ricorrente gli infliggeva la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 1/30 di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.

   Avverso il provvedimento impugnato vengono dedotti i seguenti motivi:

  1. violazione degli artt. 3, 13 e 17 del D.P.R. 737/81 – Violazione dell’art. 3 L. 241/90 – Difetto di motivazione – Inesistenza dei presupposti in fatto e in diritto – Carenza di istruttoria – Disparità di trattamento – Illogicità manifesta – Travisamento dei fatti – Contraddittorietà – Perplessità.

    Il provvedimento impugnato risulta carente di motivazione fondato su presupposti fattuali errati ed inoltre non vi è corrispondenza tra i fatti addebitati e quelli sanzionati.

    Dall’istruttoria eseguita dal dott. ......, dirigente della Digos, emergono elementi di contraddittorietà.

    La ricostruzione fattuale fa leva su una testimonianza soltanto telefonica di un tale ....., riassunta e neanche registrata dal responsabile dell’istruttoria e, quindi, suscettibile di involontari equivoci.

    Sarebbe stata più attendibile  una dichiarazione sottoscritta dal testimone.

    Sebbene sia stata inflitta al ricorrente una sanzione disciplinare grave, il provvedimento impugnato non spiega perché il comportamento del dott. @@@@@@@@ sarebbe risultato non conforme al decoro delle funzioni.

    Tali motivazioni non si ricavano dal decreto impugnato, nel quale le argomentazioni addotte appaiono generiche e di stile e non riferite ad alcuna circostanza concreta.

    Dagli elementi indicati, non emerge alcun giudizio di colpevolezza sulla condotta tenuta dal @@@@@@@@ e manca, altresì, qualsiasi valutazione sulle testimonianze rese da altri soggetti presenti sul posto indicati dallo stesso ricorrente.

    Non è stata valutata la dichiarazione della sig.ra ...... che ha riferito “di aver notato un comportamento civile e cordiale da parte del funzionario in questione nei confronti dell’altro cittadino”.

    L’Amministrazione, si è limitata da un richiamo generico delle giustificazioni presentate dal funzionario senza un reale approfondimento delle affermazioni e delle richieste istruttorie ivi formulate.

    Non si può addebitare al ricorrente un comportamento poco consono alla sua funzione, atteso che lo stesso ha cercato in ogni modo di giungere ad una soluzione bonaria e non ha partecipato ad alcuna lite, ma è stato, nella realtà dei dati, oggetto delle offese del sig. @@@@@@@@, il quale, in un primo momento, non resosi conto dell’irrisorietà dell’accaduto, come lui stesso afferma nella dichiarazione del 6.2.2005, si era alquanto agitato.

    Inoltre, il ricorrente non ha alzato la voce, non ha minacciato o abusato della sua posizione di Commissario capo di P.S..

    Lo stesso ha, invece, tentano di calmare l’animo del suo contraddittore, che continuava ad inveire nei suoi confronti, e non essendoci riuscito si è allontanato per evitare che la sua pazienza giungesse al termine.

    L’unico atteggiamento tenuto dal @@@@@@@@ che possa ritenersi censurabile è quello di essersi allontanato, ma perché le circostanze lo richiedevano stante la particolare agitazione del sig. @@@@@@@@.

    Comunque l’ha fatto dopo aver lasciato le sue generalità ed aver preso quelle del suo interlocutore.

    Il comportamento del ricorrente, pertanto, andava valutato nella sua interezza e cioè andava tenuto in debita considerazione che lo stesso dopo l’accaduto, si è messo in contatto con la moglie del sig. @@@@@@@@ e in ogni caso si è reso disponibile, pur non avendo torto, a risarcire il danno, risarcimento che il sig. @@@@@@@@ non ha neanche più richiesto.

    Il provvedimento impugnato è censurabile perché la sanzione irrogata non è proporzionata al comportamento tenuto dal dott. @@@@@@@@.

  1. Violazione degli artt. 1, 3 e 4 del D.P.R. 737/81 – Eccesso di potere – Contraddittorietà – Ingiustizia manifesta.

  Occorre evidenziare, altresì la contraddittorietà del comportamento tenuto dall’Amministrazione nell’adottare il provvedimento in questa sede impugnato.

  Le circostanze evidenziano il contrasto tra la precedente valutazione dei fatti da parte del Questore di @@@@@@@@ e quella effettuata dal Questore di @@@@@@@@.

  Ne discende che l’operato del Questore di @@@@@@@@ è viziato da eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di motivazione atteso che era doverosa una più puntuale motivazione del perché gli stessi fatti andassero censurati con una più grave sanzione disciplinare.

  Con i motivi aggiunti il ricorrente rileva in fatto che in data 14.2.2005, presentava istanza di riapertura del procedimento disciplinare ex art. 26 D.P.R. n. 737/1981, allegando nuovi elementi di prova.

  Il Capo della Polizia con il decreto impugnato ha respinto la suddetta istanza ritenendo che gli elementi addotti dal dott. @@@@@@@@ non costituiscono elementi nuovi e, quindi, non risultano idonei per l’applicabilità dell’istituto della riapertura previsto dall’art. 26 del  D.P.R. n. 737/1981.

  L’atto impugnato è illegittimo per i seguenti motivi:

  1. Violazione dell’art. 26 del D.P.R. n. 737/1981 – Violazione dell’art. 3 della L. del 7.8.1990 n. 241 – Eccesso di potere per difetto di motivazione – Difetto di istruttoria.

  Nel caso di specie le dichiarazioni prodotte dal ricorrente tra cui quella del sig. @@@@@@@@ rappresentano elementi di prova del tutto nuovi e non  conosciuti all’atto della dichiarazione della sanzione disciplinare e pertanto dovevano essere esaminati dall’Amministrazione ai fini di una nuova determinazione.

  Gli atti allegati all’istanza per la riapertura del procedimento dimostrerebbero la palese erroneità dell’istruttoria svolta nel corso del procedimento disciplinare, che già era apparsa viziata da contraddittorietà per evidente contrasto tra le dichiarazioni rese dal @@@@@@@@ (Agente di P.M.) e quelle fornite dal funzionario dott. .. (cfr. ricorso introduttivo).

  I nuovi elementi che risulterebbero dalle dichiarazioni sono, decisivi e idonei a fare emergere la capacità di rideterminazione in melius della sanzione precedentemente inflitta.

  In particolare, dalla nota del @@@@@@@@ del 6.2.2005 emerge che i fatti così come narrati dal @@@@@@@@ sono diversi da quelli esposti dal @@@@@@@@.

  Il @@@@@@@@ nella sua relazione riferisce di essere stato, lui, contattato dal @@@@@@@@ al fine di conoscere i dati del ricorrente.

  Questa circostanza viene, smentita dal @@@@@@@@, allorquando riferisce che le generalità del ricorrente gli furono fornite “fin da subito..” e che quest’ultimo si preoccupò di telefonare tempestivamente presso la sua abitazione per riconfermare i dati lasciati frettolosamente.

  Inoltre, il @@@@@@@@ nega di aver avuto il colloquio con il @@@@@@@@, avrebbe dovuto, quindi, indurre il Consiglio Centrale di Disciplina a riaprire il procedimento.

  La nota del 6.2.2005, insieme con la dichiarazione della sig. ....., anch’essa rimasta sconosciuta all’Amministrazione perché fornita solo in data 29.1.2005 a procedimento disciplinare ormai concluso, costituivano nuove prove suscettibili di riaprire un procedimento disciplinare e molto probabilmente in grado di modificare l’esito dello stesso.

  Le suddette dichiarazioni hanno messo in evidenza le contraddizioni degli agenti @@@@@@@@ e .... la cui istruttoria è fondata unicamente sul “sentito dire”.

  1. Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis, L. 241/90 – Violazione del giusto procedimento.

Inoltre, non si comprende  perché il Consiglio Centrale di Disciplina abbia ritenuto che le dichiarazioni non rivestissero la natura di atti probatori, in quanto “privi di elementi oggettivi circa la sicura provenienza dello scritto”, dal momento che si trattava di atti sottoscritti da persona già note all’amministrazione.

  Peraltro gli stessi autori si dichiaravano disponibili a fornire ogni ulteriore chiarimento che potesse contribuire a ristabilire la verità dei fatti, ma non sono mai stati ascoltati.

  1. Violazione dell’art. 3 L. 241/90 e degli artt. 3 e 97 Cost.

  Nel merito, il provvedimento appare viziato da difetto di motivazione.

  Non risponde al vero che le dichiarazioni del @@@@@@@@ e del .... sono coincidenti e concordanti. Anzi al contrario mostrano quanto sia stata lacunosa e falsata l’istruttoria.

  La motivazione, con la quale è stata respinta l’istanza in questione perché le dichiarazioni allegate dal ricorrente sarebbero contrastanti con quelle dei funzionari e, soprattutto, prive dei requisiti della genuinità e spontaneità, è illogica e contraddittoria per mancanza di quei presupposti di fatto e di quelle ragioni di giuridiche che la legge richiede siano presenti in ogni provvedimento.

  Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno contestando al fondatezza del ricorso principale e dei motivi aggiunti.

  All’udienza dell’8 novembre 2007 la causa è stata ritenuta per la decisione.

   Diritto

1- Sono infondati sia ricorso principale sia il ricorso per motivi aggiunti.

2- Con riguardo al primo motivo del ricorso principale il Collegio osserva che il provvedimento di irrogazione della sanzione appare congruamente motivato, sufficientemente istruito, non contraddittorio e non fondato su presupposti fattuali errati.

Ed invero i fatti quali risultanti nella relazione dell'istruttore (dirigente della Digos) non risultano confutati dal ricorrente in modo convincente.

Tale dirigente (anche sulla base delle risultanze emergenti dalla relazione di servizio redatta dall'Istruttore Direttivo della polizia municipale di @@@@@@@@, signor @@@@@@@@, che è stato testimone diretto dell'accaduto) ha correttamente evidenziato che "una volta effettuata la manovra, il sig. @@@@@@@@ voleva effettuare lo scambio delle generalità ma il funzionario in questione gli riferiva in modo concitato che doveva recarsi urgentemente in Questura per una rapina e di non intralciare la giustizia.

Il sig. @@@@@@@@, ritenendo di essere suo buon diritto di avere comunque i dati minimi della persona, si portava di fronte all’auto del funzionario, rientrato nel frattempo nell’interno dell’abitacolo, insistendo su tale aspetto. Lo stesso riferisce che a tal punto il funzionario metteva in moto l’auto ripartendo e durante tale manovra lo colpiva al gomito con lo specchietto retrovisore facendolo cadere a terra”.

Tale Dirigente evidenzia inoltre che  il signor .....(che aveva assistito alla scena) “conferma la versione del sig. @@@@@@@@ ad eccezione di due aspetti riguardanti, da un lato, il fatto che anche il sig. @@@@@@@@ viene descritto in atteggiamento concitato al pari del funzionario e, d’altra parte, che lo stesso ricorda di aver visto il sig. @@@@@@@@ colpito al braccio dallo specchietto dell’auto del funzionario ma non gli sembra che quest’ultimo sia caduto in terra”.

D'altra parte l' Istruttore Direttivo della polizia municipale @@@@@@@@ ha dichiarato (e tale dichiarazione siccome proveniente da un pubblico ufficiale deve ritenersi costituisca piena prova in difetto di querela di falso) che dopo l'incidente, per verificare la veridicità delle affermazioni del signor @@@@@@@@ (esso sarebbe appena stato avvisato di una rapina e si stava dirigendo sul posto) raggiungeva il Comando e alle nove e quindici contattava la sala radio della Questura il cui personale riferiva che non vi era stata  notizia di una rapina (da poco avvenuta).

La dinamica dei fatti non è stata seriamente contestata dal ricorrente non potendo ritenersi sufficienti le dichiarazioni testimoniali rese (in un secondo momento) dalla signore ....., signore che assumevano di essersi trovate nelle vicinanze del luogo in cui è accaduto l'incidente (dichiarazioni rese peraltro quando il procedimento disciplinare era già stato istruito).

Anche la dichiarazione resa (dopo molto tempo dall’accaduto) dallo stesso signor @@@@@@@@ (soggetto coinvolto nell'incidente) non appare dotata di un'efficacia in grado di scalfire la reale dinamica dei fatti così come indicati dall'istruttore direttivo @@@@@@@@ e poi ricostruita (anche in base alla testimonianza del signor ...

Alla luce della dinamica degli accadimenti così come ricostruiti dai citati pubblici ufficiali, correttamente il Ministero ha rilevato che quanto affermato (in sede di controdeduzioni) dal ricorrente non potrebbe mai portare a giustificare l'atteggiamento comportamentale dallo stesso tenuto nel corso dell’incidente.

Di conseguenza legittimamente il Ministero ha ritenuto “che l’accesa lite susseguente ad un banale incidente – peraltro svoltasi alla presenza di altre persone – avrebbe potuto ben essere evitata, se il dr. @@@@@@@@ si fosse assunto, nell’immediato, la responsabilità dell’evento conseguente alla sua condotta di guida imprudente, che di certo aveva determinato nella controparte la convinzione di subire un gesto prevaricatore ed arrogante”

In buona sostanza il Ministero ha correttamente ritenuto (alla luce degli atti istruttori) che il ricorrente ha tenuto una condotta imprudente, non giustificata da un'effettiva emergenza e che pur dovendo essere consapevole del suo comportamento colpevole non ha saputo evitare la lite ed assumere un atteggiamento consono alla sua figura professionale e al grado rivestito.

Congrua e proporzionata deve pertanto ritenersi la sanzione disciplinare (concretamente inflitta) dalla pena pecuniaria di un trentesimo dello stipendio mensile ai sensi dell'articolo 13 del decreto presidenziale n. 737/1981.

Ciò deve ritenersi in particolare, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, il sindacato del Giudice Amministrativo sulla misura della sanzione disciplinare inflitta dall'amministrazione è limitato ai soli casi in cui sussiste una abnorme sproporzione fra i fatti contestati e accertati e la misura medesima, e che in ogni caso, la valutazione discrezionale nell'Amministrazione può essere sindacata solo per evidenti ragioni di contraddittorietà, illogicità e travisamento dei fatti (cfr. Consiglio di Stato, quarta sezione, 1°ottobre 2004 n. 6404).

Ovviamente nessuna contraddittorietà può rinvenirsi nel mero fatto che la Questura di @@@@@@@@ (organo che poi correttamente si è dichiarato non competente) in un primo momento aveva ipotizzato di applicare la sola sanzione del richiamo scritto.

3- Quanto al motivi aggiunti è sufficiente rilevare che correttamente il Consiglio Centrale di Disciplina, dopo avere chiarito che le nuove prove che possono giustificare la possibilità di revisione del procedimento disciplinare sono confinate “a tassative ipotesi tutte incentrate su fatti che minano in radice l'esattezza della sanzione" rileva che le due dichiarazioni prodotte dall'interessato (quelle rese dalla signora .... e  dal signor @@@@@@@@) appaiono contraddittorie e contrastanti con quelle acquisite nella fase prodromica al provvedimento sanzionatorio" ed inoltre esse non contengono elementi nuovi non conosciuti e/o non conoscibili per consentire la riapertura del procedimento disciplinare ai sensi dell'articolo 26 del decreto presidenziale 737/1981.

Tale motivazione appare al Collegio esaustiva, logica e pienamente conforme al citato articolo 26 e quindi non affetta dalle censure dedotte con tali motivi aggiunti.

4- Alla luce delle svolte considerazioni devono pertanto essere rigettati sia ricorso principale, sia il ricorso per motivi aggiunti.

5- Sussistono peraltro giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.

   P. Q. M.

   Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima  sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni altra domanda o eccezione, lo rigetta.

   Compensa le spese e competenze del giudizio tra le parti.

   Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

   Così deciso in Venezia, addì 8 novembre 2007.

         Il Presidente     L’Estensore 
 

   Il Segretario 
 
 

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione 
 

T.A.R. per il Veneto – I Sezione                                               n.r.g. 1380/05