Gennaio/2001 - Congresso Nazionale Siulp

La frammentazione non giova ai poliziotti

 

di Paolo Andruccioli

 

La frammentazione non giova ai poliziotti
Con Luigi Notari (Segretario nazionale del Siulp) subito dopo il Congresso del sindacato in cui milita da molti anni, abbiamo dialogato sullo stato attuale del sindacalismo di Polizia e sul ruolo che possono ancora avere le forze democratiche all’interno delle istituzioni.

La prima domanda riguarda proprio la valutazione della discussione interna al Siulp che ha affrontato alla fine dell’anno scorso il suo primo Congresso dopo la rottura con la Cgil e la conseguente nascita del sindacato Silp. Quale valutazione si può dare dunque delle conclusioni politiche e organizzative del Congresso del Siulp?
Io do un giudizio positivo della discussione congressuale, che secondo me ha superato perfino le aspettative politiche che avevamo. Una discussione che, d’altra parte, era stata già bene impostata nel luglio dello scorso anno, quando, con un Consiglio generale, ci si era dati un po’ di regole e si era programmato nei fatti il quinto Congresso. Per prima cosa c’è da ricordare e da sottolineare che il quinto Congresso è stato una scadenza coincidente con il ventennale della Riforma di Polizia avvenuta nel 1981. C’è stata quindi una sorta di festa, perché era giusto festeggiare un fatto così importante e nello stesso tempo attuare una verifica dei venti anni di storia del sindacato di Polizia. Quindi è stata un’iniziativa importante alla luce dei diversi interventi dei vari delegati provenienti da tutta l’Italia.
Naturalmente c’è anche da dire che questo ventennale è caduto in un momento particolare. Questo sindacato, il Siulp, nato all’interno del mondo confederale di Cgil, Cisl e Uil e in ralazione al Movimento dei riformisti nella Polizia, a distanza di venti anni dalla Riforma, oggi è costretto a muoversi in un contesto molto cambiato. È cambiata la politica nel Paese, abbiamo un sistema elettorale diverso, c’è il maggioritario, non c’è il proporzionale, stiamo vivendo, con una partecipazione diretta dell’Italia, una guerra internazionale contro il terrorismo. Abbiamo una destra al governo. Il Congresso del Siulp ha dovuto quindi tenere conto di tutto questo e direi che il livello degli interventi ha dimostrato l’impegno e la serietà dei delegati e dei vari segretari, a cominciare dal Segretario generale Oronzo Cosi, per passare anche a interventi di prestigio come quello del generale Felsani che ci ha inviato un bellissimo messaggio nel quale ci ha comunicato la sua speranza per un possibile superamento della diaspora del Siulp. Felsani ci ha voluto dare un’indicazione politica unitaria, ricordando le battaglie per la Riforma e per il diritto al lavoro e ricordando in particolare anche l’amico scomparso Franco Fedeli. Vista l’importanza della ricorrenza, erano presenti al Congresso anche altri ex segretari di questo sindacato, da Francesco Forleo a Lo Sciuto. Era invece assente un altro ex segretario, Roberto Sgalla, che pure era stato invitato.
Gli interventi sono stati molto diversi tra loro. Si è parlato del sindacato, ma anche ovviamente del contesto politico. Non ci siamo neppure risparmiati un vero approfondimento dei fatti di Genova di luglio con il vertice del G8. S’è n’è parlato tutti insieme ed è intervenuta anche la parlamentare Graziella Mascia, che ha presentato la relazione di minoranza di Rifondazione Comunista sui quei fatti. C’è stato un confronto molto interessante. Poi ci sono stati circa ottanta interventi dei delegati. Si era creato un clima positivo e anche le scelte di metodo dei dirigenti del sindacato per la rielezione dei quadri, sono state accettate e condivise dai delegati. Si sono attuati criteri, in linea di massima, tendenti a conservare la dirigenza precedente a tutti i livelli. Cresce anche la presenza delle donne all’interno dei gruppi dirigenti: siamo ora a più del 10% ed è una presenza viva, reale, non una riserva. E poi sono entrati come candidati tutti i Segretari provinciali del sindacato. Cito questo dato perché noi, come Siulp, eravamo partiti da quel sistema di elezione che poi era stato cambiato provocando danni rilevanti. Ora siamo tornati al sistema della candidatura dei segretari provinciali perché è vero che questa è un’organizzazione centralista, ma è anche vero che essa è l’ultima organizzazione che si fonda sul centralismo democratico.
Lo statuto del Siulp prevedeva, 20 anni fa, la conformazione duplice degli organismi dirigenti: metà dei quali era elettiva e l’altra metà formata automaticamente dai Segretari provinciali che vi entravano di diritto. Poi però per alcuni intoppi pratici e difficoltà di gestione, il metodo di formazione del parlamentino del Siulp (160 persone) è stato cambiato e i consiglieri generali del Siulp, sono stati scelti per elezione. Io, a quel tempo, fui l’unico a oppormi a questo cambiamento perché mi sembrava negativo. Feci anche ricorso ai probiviri e avevo addirittura pensato di rivolgermi alla magistratura, ma poi non lo feci. Eravamo negli anni 90, c’era una grande crisi, una grande caduta confederale nei rapporti unitari e nel Congresso del 1991, a 10 anni dalla Riforma, si pensò di portare i delegati non più eletti a livello provinciale ma a quello regionale. Chiaramente quel Congresso determinò la conferma degli schieramenti interni, fu un sistema per contarsi, e poi anche per lo stesso Statuto, i segretari provinciali non entrarono più. Si avviò quello scollamento tra il gruppo dirigente e la massa dei lavoratori di Polizia di cui oggi ancora sentiamo le conseguenze. Uno scollamento che secondo me, alla fine nella storia degli ultimi tempi, negli ultimi due anni, ha fatto sì che la dirigenza sindacale non avesse ben presente lo stato d’animo della categoria su alcune questioni. Adesso, per fortuna, siamo tornati al vecchio sistema e, come ho accennato, abbiamo inserito di diritto i Segretari provinciali negli organismi dirigenti nazionali.
Possiamo dire che la caratterizzazione principale del Congresso del Siulp è stata la discussione sui venti anni di riforma della Polizia e sul sistema di elezione e di formazione dei gruppi dirigenti interni?
Sì è questa è la novità. Perché è importante che il sindacato ristabilisca un rapporto diretto con chi rappresenta a cominciare quindi dal territorio. Il metodo di scegliere i Segretari provinciali direttamente sembra meno democratico perché non è elettivo, in realtà è piú democratico. Sembra che siamo tornati all’antico, ma invece è un metodo nuovo. Per quanto riguarda invece la rielezione dei dirigenti sindacali in base alle aree di appartenza dentro il Siulp, possiamo dire che nel Direttivo nazionale si è seguito ancora il sistema delle tre aree.
Qual è dunque la fotografia “politica” che emerge dalle conclusione del Congresso del Siulp? Quali sono, insomma, i rapporti tra queste aree di cui parli?
Diciamo che la nostra componente esce rafforzata dal Congresso con una percentuale nazionale di rappresentanza intorno al 30 per cento. La nostra area continua a fare riferimento ai valori culturali e sindacali della Cgil, per quello che abbiamo imparato frequentando quegli ambienti. Possiamo dire, per semplificare, che noi rappresentiamo una sinistra democratica all’interno del Siulp. È una componente che non ha comunque un nome, ma i nostri rappresentanti hanno parlato al Congresso, si sono espressi, hanno manifestato liberamente le loro opinioni. Le altre due aree interne al Siulp fanno riferimento rispettivamente alla Uil e alla Cisl. Al Congresso ha partecipato per esempio il segretario generale della Cisl, Savino Pezzotta, che secondo me, ha fatto un discorso molto equilibrato, legato alla conoscenza del nostro ambiente. Ha voluto mandare dei segnali rassicuranti per l’organizzazione, non certo di egemonia. Poi c’è la Uil, che ha avuto anch’essa un buon risultato.
La domanda più diretta che forse è interessante per tutti i lettori, oltre che per i sindacalisti, riguarda più in generale il ruolo del sindacato. Qual è la vera missione di un sindacato di Polizia a venti anni dalla Riforma?
La missione, almeno del nostro sindacato, per quello che ci viene riconosciuto, si lega direttamente ai numeri della gente che rappresentiamo. Vedo anche un ruolo ancora forte del Siulp, nonostante le variazioni, le rotture, i cambiamenti degli ultimi anni. Io vedo la necessità di un rapporto ancora forte tra Corpi armati dello Stato e società. Un rapporto vero e profondo e noi possiamo offrire degli strumenti seri ai cittadini che possono liberamente venirci a chiedere spiegazioni. Il Siulp è un’organizzazione aperta; chiunque può entrare, può presentarsi, chiedere. Ci vuole un gran rapporto senza fraintendimenti, fra ambiente della Polizia e società. Società intesa come famiglia, ma intesa anche come problemi della gente; un sindacato, il nostro, che riesce ancora a parlare, a verificare, che ha avuto dei momenti di autoverifica: credo sia l’unico sindacato che ha fatto a Roma, un Congresso nazionale: c’erano 320 delegati che sono stati tutti eletti, perché, evidentemente un minimo di pratica della politica viene ancora attuata. Il nostro è un sindacato che ha la presunzione di rappresentare e praticare un vero metodo democratico e innovativo. Un sindacato dove si è fatta e si fa molto attenzione al ruolo delle donne e al valore della tolleranza.
Un’altra domanda che ci sembra interessante per capire lo stato attuale del sindacalismo di Polizia riguarda ovviamente i fatti di Genova e tutto quello che hanno determinato dentro la Polizia e nella sfera della politica. Se ne è discusso al Congresso? Come cambia nella società l’immagine del poliziotto? Qual è la situazione della formazione e delle Scuole di Polizia?
Sì, i fatti di Genova sono stati uno degli argomenti più forti che si sono trattati durante il Congresso. Direi che su questo tema ci sono stati pochi interventi fuori tono, c’è stata qualche rivalutazione, ci sono stati spunti di riflessione a volte anche un po’ aspri soprattutto per le punizioni attuate dal Viminale contro alti dirigenti della Polizia, perché, secondo qualcuno, o si fa giustizia per tutti o per nessuno. In ogni caso il tono della discussione sui fatti di Genova è stato molto pacato ma molto fermo. È venuto fuori, chiaramente, dalla discussione fra i delegati, in particolare fra i delegati più anziani, cioè fra quelli con più anni di servizio, un richiamo al ruolo istituzionale di garanzia del poliziotto. È venuto fuori facendo riferimento anche ad esperienze tragiche del passato, ai conflitti degli anni 60, 68,69 in particolare a questi due ultimi. Noi abbiamo dei delegati che stanno andando in pensione, che sono ancora membri dei direttivi sindacali e che hanno vissuto il 68 e il 69, che hanno portato questa esperienza alla discussione attuale. Non si possono fare paragoni anche perché a Genova c’è stata anche la violenza gratuita, la violenza contro le persone che non c’entravano nulla. Quindi i colleghi hanno messo in luce anche l’incapacità di fare questo mestiere. Qui infatti non si tratta di giustificare l’uso della forza nei confronti dei violenti, argomento estremamente delicato. Ma non si possono colpire persone che non c’entrano; chi vuole manifestare deve poterlo fare per portare un proprio contributo su una questione economica che riguarda il pianeta e il poliziotto deve saper distinguere, garantire questo diritto del cittadino. Di questi concetti si è discusso durante il nostro Congresso, perché si è sviluppata una riflessione soprattutto sulla professionalità del poliziotto.
Ed eccoci al discorso sulla professionalità e dunque sulla formazione che è stato ripreso anche dal Capo della Polizia e dal Ministro dell’Interno che sono intervenuti al Congresso. Forse perché è un elemento che tiene assieme tutti, nel senso che - l’ho detto inizialmente – bisogna fare attenzione a cosa si intende per addestramento professionale. Perché il rischio è che arrivino dei miliardi per la formazione, ma che poi si faccia come la scuola, ovvero che si vanno a finanziare iniziative e strutture private. Vogliamo vedere che tipo di formazione, che tipo di corsi di management e cose del genere, si mettono in piedi. Non vorrei che diventasse un mercato in cui ci sono i soliti furbi che vengono a speculare sempre sulla qualità della vita dei poliziotti, cioè investire, vedere che tipo di formazione, che tipo di scuola e che tipo di comunicazione. Questo è stato per esempio il senso delll’intervento del Capo della Polizia che ha parlato della necessità della comunicazione, di particolari tipi di comunicazione. In questo Congresso, quindi, si è aperta una discussione, su questo tema, con le Istituzioni. Siamo stati fortunati perché sia l’Amministrazione che la politica, sono intervenute al Congresso tardi, quindi hanno avuto anche la possibilità di fare un intervento vero, non di circostanza. Anche questo, a mio parere, ha giovato, al di là della condivisione più o meno dell’intervento al lavoro del Congresso. Chiaramente questi interventi diluiti nelle giornate hanno permesso anche alla gente di ascoltare di più. Sono diventanti degli interventi in cui la forza del sindacato si è palesata, la sala piena di 400 persone attente, che hanno saputo anche lavorare; l’interesse e l’attenzione dei presenti si sono viste durante la tavola rotonda con Violante e Mantovano, sul tema del rapporto tra conflitto e democrazia. Si è trattato proprio del suggello della discussione su Genova. Violante e Mantovano rappresentavano aree della politica, con un rappresentante del terzo settore, un docente universitario che aveva partecipato ai fatti di Genova. Quindi direi che per il G8 quella tavola rotonda ha rappresentato il suggello di tutto il dibattito perché ha fornito le chiavi di lettura istituzionali. Sul G8, gli interventi hanno permesso di tenere elevato il lavoro del Congresso.
A proposito di numeri di iscritti e di forza dei sindacati, vorremmo sapere se è vero che sta circolando un’ipotesi di semplificazione all’interno del mondo del sindacalismo di Polizia? È vero che c’è chi pensa a una riduzione e a un accorpamento dei sindacati di Polizia che vengono considerati troppo numerosi?
Questo è sicuramente un tema molto delicato su cui bisogna fare attenzione. Non si può rinnovare il modello di rappresentanza con un decreto, ma tutti devono dare un contributo e comprendere i danni che ha causato la frammentazione dei sindacati di Polizia. Constatiamo che le rotture e la frammentazione non hanno portato alcun profitto ai lavoratori, e ai cittadini. Casomai questi fenomeni hanno creato la dispersione di forze creative. La frammentazione è stata voluta dal Dipartimento: su questo punto non si discute. Chi ha creato la frammentazione sono stati il Dipartimento e chi era interessato al “fenomeno”. La frammentazione è stato il frutto dei rapporti tra il Dipartimento, cioè il ministero dell’Interno, e la politica. È una frammentazione che non giova, che non ha giovato.
Può darsi anche che qualche sindacato sia nato per esigenze democratiche. È anche successo che i quadri di un gruppo nell’organizzazione, messi in disparte dal punto di vista democratico, abbiano ritenuto opportuno creare nuovi sindacati. Questo è successo per esempio con i sindacati legati al Sap. Noi abbiamo avuto nei primi dieci anni di sindacalizzazione della Polizia, dei piccoli sindacati legati al Sap. Sono fenomeni nati in un momento in cui c’era nel nostro Paese una politica più conservatrice. Poi si è verificato in questa ultima fase, che anche il più grande sindacato unitario abbia vissuto la sua frattura. Anche in quel caso si può dare una lettura di tipo democratico alla scissione. Penso che certi processi sono legati in qualche modo anche alle stanze del potere.
I fenomeni si intrecciano anche se continuo a pensare che le scelte sono state fatte per esigenze democratiche e sono state scelte di gente che ha bisogno di esprimersi e che non riteneva di poterlo fare all’interno delle organizzazioni di provenienza. La frammentazione è anche più larga in Polizia. Perché c’è il sindacato della dirigenza, quello degli ispettori. Io so per certo comunque che esiste una buona fetta di colleghi che in questo momento è in difficoltà a proposito della aggregazione sindacale. A me non preoccupano tutti questi sindacati. Però devo dire che spesso la frammentazione e l’elevato numero di sindacati vengono usati per le esigenze dei gruppi dirigenti più che per esigenze di democrazia. Esigenze, certamente legittime, ma che non tornano a beneficio dei lavoratori, perché a queste rotture e a questa frammentazione ha corrisposto una dispersione di energie e di risorse, risorse umane.
C’è un altro pericolo che ho notato nella campagna predatoria dei tre mesi congressuali. Ho percepito un fatto nuovo durante tutte le discussioni a cui ho partecipato prima e dopo il Congresso: il rischio che prendano corpo altri due sindacati di Polizia: quello dei giovani e quello degli anziani. Si percepisce chiaramente un conflitto latente tra i poliziotti giovani e quelli più anziani. Ed è un altro punto che potrebbe farci giudicare la dirigenza della Polizia. Si rischia di essere incapaci di dare risposte alle esigenze e si tenta di scaricare le tensioni sui bisogni che nella Polizia sono diversi. Ci sono le esigenze del poliziotto che ha tanti anni di servizio e quelle del poliziotto che ne ha pochi. Li ho sentiti io nei congressi, gli interventi che hanno espresso queste esigenze diverse. Ad esempio quelle dell’anziano, che vuole svolgere il suo al servizio al coperto anziché sulla strada. Si tratta di esigenze vere, come sono vere le esigenze del giovane che dice di restare sempre in posizioni svantaggiate, con una carriera sempre più schiacciata dal modello piramidale. Quindi, quello dello svecchiamento veloce, è sempre stato uno strumento di potere, tipico delle strutture totalitarie. Per rimuovere le esperienze scomode di gente portatrice di memoria, c’è stata sempre la tendenza a svecchiare. In questo senso ci potrebbe anche essere una spinta da parte dei vertici della nostra Amministrazione, anche se inconsapevole. Chiaramente la gerarchia si trova meglio a governare, a navigare, a plasmare il giovane che a plasmare il poliziotto formato e con più esperienza alle spalle.
Per concludere il mio discorso voglio dunque suggerire di stare attenti ad un pericolo. E il pericolo vero consiste forse nel tentativo dell’Amministrazione di tentare di chiudere tutti questi sindacatini di Polizia per crearne magari altri due: quello dei giovani e quello degli anziani.
Questo fatto mi sta molto a cuore perché questa tendenza l’ho percepita in maniera netta. È un fenomeno che ho percepito nei lavori congressuali a livello locale e naturalmente a livello nazionale.

(Intervista a cura di Paolo Andruccioli)