Circolare INPDAP n. 29 del 8 Giugno 2000


 


Oggetto: Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione complementare dei pubblici dipendenti.

E' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 maggio 2000, n. 111, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 dicembre 1999, emanato su proposta del Ministro della funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro ed il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, titolato "Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti".
Relativamente agli iscritti ai fondi previdenziali gestiti dall'INPDAP si ritiene opportuno fornire ogni utile notizia.

Il quadro normativo

Con il DPCM innanzi indicato, con effetto dall'entrata in vigore, si completa un lungo iter normativo che ha preso avvio dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, la quale, all'art. 2, comma 5, ha esteso l'istituto del Trattamento di Fine Rapporto ai sensi dell'art. 2120 del codice civile ai nuovi assunti delle pubbliche amministrazioni (inizialmente considerati tali coloro che erano assunti a partire dal 1/1/1996) e ha affidato, con il comma 6, alla contrattazione collettiva, così come regolata dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, di stabilire le modalità di attuazione di quanto previsto al comma 5, con riferi-mento agli adeguamenti della struttura retributiva e contributiva, nonché di definire le modalità dell'applicazione della disciplina del TFR ai dipendenti pubblici in servizio fino al 31 dicembre 1995 (comma 7).
Infine, il comma 8 dello stesso articolo ha stabilito che il TFR per il pubblico impiego dovesse essere corrisposto dalle amministrazioni ovvero dagli enti che già provvedevano al pagamento dei trattamenti di fine servizio.
Quanto disposto dalla legge 335/95 è stato successivamente integrato dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449 e dalla legge 23 dicembre 1998 n. 448, collegando l'introduzione del TFR all'avvio della previdenza complementare per il pubblico im-piego.
La prima, all'art. 59, comma 56, stabilisce che, fermo restando quanto previsto dalla legge 335/95, si possa trasformare l'indennità di fine servizio in TFR al fine di favorire il processo di attuazione della previdenza complementare. Per coloro che optano in tal senso, una quota della vigente aliquota contributiva relativa alla inden-nità di fine servizio, pari al 1,5%, viene destinata al finanziamento della previdenza complementare.
La successiva L. 448/98, nel quantificare in 200 miliardi annui la somma da de-stinare effettivamente ai fondi pensione del pubblico impiego a titolo di quote di ac-cantonamenti annuali del TFR dei lavoratori interessati, ha stabilito altresì che con il DPCM previsto dalla L. 335/95:

  • fosse disciplinato l'accantonamento, la rivalutazione e la gestione della quota della vigente aliquota contributiva relativa all'indennità di fine servizio pari al 1,5% da destinare ai fondi pensione;

  • fossero definiti, ferma restando l'invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai fini pensionistici, gli adeguamenti della struttura retributiva e contributiva conseguenti all'applicazione del TFR;

  • fossero determinate le modalità per l'erogazione del TFR per i periodi di la-voro prestato a tempo determinato e le modalità per rendere operativo il passaggio al nuovo sistema del personale assunto a partire dal 1/1/96 (rectius 31/5/2000).

La L. 448/98, inoltre, affida alle specifiche procedure negoziali l'armonizzazio-ne al TFR e l'istituzione di forme pensionistiche complementari anche per le forze armate e di polizia.
Va infine aggiunto che l'accordo quadro nazionale in materia di trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i dipendenti pubblici, i cui contenuti dovevano essere recepiti dal DPCM, sottoscritto il 29 luglio 1999 fra l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni ed Organizzazioni sinda-cali, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 27 agosto 1999, n. 201. In sede di accordo è stato stabilito il differimento alla data di entrata in vigore del DPCM di re-cepimento dell'Accordo del termine del 1/1/1996 perché un lavoratore fosse conside-rato di nuova assunzione con applicazione delle relative regole.

Gli effetti del DPCM 20 dicembre 1999

Il complesso percorso normativo che ha condotto all'emanazione del citato DPCM ha prodotto situazioni diverse a seconda della posizione del lavoratore che so-no di seguito elencate:

  • lavoratori pubblici con contratto di lavoro a tempo indeterminato presso una pubblica amministrazione al 30 maggio 2000.
    Per tali soggetti il passaggio al TFR disciplinato dalla legge 29 maggio 1982, n. 297, non è automatico, ma deve essere esercitato tramite una opzione, me-diante la sottoscrizione del modulo di adesione ad un fondo pensionistico complementare di cui al D.Lgs. 124/93, costituito nell'ambito del pubblico impiego.
    Al momento non vi sono fondi pensione già costituti per il pubblico impiego (ciò avviene attraverso le diverse contrattazioni di comparto, in quanto "fonti istitutive"), per cui il possibile esercizio dell'opzione è rinviato al momento in cui il lavoratore entrerà in possesso della scheda informativa con allegato il modulo di adesione predisposta dal Consiglio di amministrazione provvisorio del Fondo Pensione di comparto ed approvata dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione;

  • lavoratori assunti con contratto di lavoro successivamente al 30 maggio 2000.
    Per tali "neo-assunti" è immediatamente applicabile il TFR, a prescindere dal-l'adesione o meno al fondo pensionistico complementare.
    E' da ricordare, tuttavia, che in caso di iscrizione al fondo, l'intero accanto-namento annuale del TFR deve essere utilizzato quale fonte di finanziamento del Fondo Pensione;

  • prestazioni di lavoro con contratto a tempo determinato presso Ammini-strazioni pubbliche.
    Anche per i contratti a tempo determinato, così come per i "neo-assunti", è immediatamente applicabile il TFR, a prescindere dall'adesione o meno al fondo pensionistico complementare. Sul punto, sono in corso riflessioni con gli Organi di Vigilanza e si fa riserva, pertanto, di fornire ulteriori specifiche indicazioni al riguardo.

La disciplina del TFR

 

Il TFR è disciplinato dalla legge 29 maggio 1982, n. 297, che ha modificato l'art. 2120 e seguenti del codice civile, prevedendo che detto trattamento spetta al la-voratore in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Il TFR è calcolato nel seguente modo:

a) accantonamento annuale: aliquota di computo
Per ciascun anno di servizio si accantona contabilmente una quota pari alla retribuzione annua utile ai fini dello stesso TFR (e, comunque, non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno) divisa per 13,5.
Per i lavoratori privati, pertanto, l'aliquota di computo per l'accantonamento è pari al 7,41% della retribuzione, alla quale però si deve sottrarre lo 0,5% de-stinato al fondo di garanzia istituito presso l'INPS, di cui all'art. 2 della legge citata. Per i lavoratori pubblici, in base all'art. 2, comma 8, L. 335/95, non è previsto il versamento della quota al fondo di garanzia e, quindi, l'aliquota di computo è assunta al netto della stessa ed è pari al 6,91% (art. 1, comma 6, DPCM).
Vale la pena di osservare, pertanto, come il TFR non sia commisurato ad anni di servizio, ma a quote di retribuzione annuale ed è costituito dalla somma di tali quote di retribuzione annuali e non più come prodotto dell'ultima retribu-zione per gli anni di servizio.

b) frazioni di anno
L'accantonamento è realizzato per ogni anno di servizio o frazione di anno. In quest'ultimo caso la quota è proporzionalmente ridotta, computandosi come mese intero la frazione di mese uguale o superiore ai 15 giorni.
Anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro dopo un periodo di servi-zio di soli 15 giorni, pertanto, si consegue il diritto ad ottenere il pagamento del TFR, anche se rapportato ad una sola mensilità;

c) la rivalutazione
Le quote accantonate, come sopra determinate, con esclusione della quota maturata nell'anno, sono incrementate su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dal 1,5 % in misura fissa e dal 75 % dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente.
Poiché ogni anno si procede alla rivalutazione di tutte le quote maturate com-prensive della rivalutazione già calcolata negli anni precedenti, il lavoratore è perfettamente in grado di conoscere sia l'importo della quota relativa all'ultimo anno non immediatamente rivalutabile, sia l'accantonamento com-plessivo risultante dalla somma di tale quota con il cumulo indicizzato di tutte le quote degli anni precedenti;

d) la retribuzione utile
Ai sensi del 2120 c.c., salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retri-buzione annua, ai fini del calcolo dell'accantonamento annuale, tiene conto di tutte le somme (e per intero), compreso l'equivalente delle prestazioni in natu-ra, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
La normativa civilistica pertanto è, in linea generale, onnicomprensiva della retribuzione del lavoratore, ma demanda alla contrattazione fra le parti even-tuali esclusioni o inclusioni nel computo del TFR.
Analogamente, relativamente al personale pubblico, il DPCM (art. 1, comma 6, penultimo periodo) rinvia all'art. 4 dell'Accordo per ciò che concerne la base di calcolo utile per il TFR.
Questo prevede che il TFR si calcoli applicando i criteri di cui all'art. 2120 c.c. sulle seguenti voci della retribuzione:

  • l'intero stipendio tabellare;
     

  • l'indennità integrativa speciale;
     

  • la retribuzione individuale di anzianità;
     

  • gli altri emolumenti considerati utili ai fini del calcolo dell'indennità di fine servizio comunque denominata ai sensi della pree-sistente normativa;
     

  • ulteriori voci retributive potranno essere considerate nella contratta-zione di comparto, garantendo per la finanza pubblica, con riferimento ai settori interessati, i complessivi andamenti programmati sia della spesa corrente, sia delle condizioni di bilancio degli enti gestori delle relative forme previdenziali.

Poiché il DPCM nulla aggiunge al riguardo, ma rinvia all'Accordo, è da rite-nersi che siano già ricompresi nella base di calcolo del TFR gli altri emolu-menti valutati ai fini del calcolo della indennità di buonuscita o della inden-nità premio servizio in base alla normativa (atto avente forza di legge, rego-lamento o contratto) preesistente alla data di pubblicazione in Gazzetta uffi-ciale dell'Accordo (27 agosto 1999).
Perché ulteriori voci, quantunque considerate utili ai fini delle indennità di fi-ne servizio, vengano ricomprese nella base di calcolo del TFR è necessaria una esplicita indicazione in sede di contrattazione successiva alla suddetta data.
Ai fini del computo del TFR si deve anche considerare la quota figurativa di incremento della retribuzione pari al soppresso contributo a carico del lavo-ratore di cui si dirà in seguito.

e) anticipazioni
La disciplina del TFR prevede altresì che il dipendente, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, possa chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, un'anticipazione per le ragioni individuate dalla legge (spese sanitarie ed acquisto prima casa) non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.
Le richieste di anticipazione sono soddisfatte annualmente nel limite del 10% degli aventi titolo e, comunque, del 4% del numero totale dei dipendenti.
Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali.
Inoltre, il TFR e le indennità equipollenti, ai sensi dell'art. 7 della legge 8 marzo 2000 n. 53, possono essere anticipati ai fini delle spese da sostenere per la fruizione dei congedi per maternità.
Tali disposizioni, tuttavia, non sono immediatamente applicabili al TFR a favore del pubblico impiego, ma l'Accordo all'art. 8, comma 3, rinvia le condizioni per realizzare l'armonizzazione fra lavoratori pubblici e privati in tema di anticipazioni in sede di contrattazione di comparto. Allo stesso modo, l'art. 7, comma 3, della legge 53/2000, rimanda ad un successivo Decreto del Ministro della funzione pubblica, di concerto con i Ministeri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del Lavoro e della previdenza sociale e per la solidarietà sociale, la definizione delle modalità applicative per l'anticipazione del TFR e delle indennità equipollenti a favore dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Il ruolo dell'INPDAP e gli effetti sulla contribuzione.

In base a quanto disposto dal DPCM, in attuazione di quanto previsto dall'art. 2, comma 8, L. 335/95, per il personale iscritto all'INPDAP ai fini dell'erogazione dei trattamenti di fine servizio, il TFR viene accantonato figurativamente e liquidato alla cessazione dal servizio del lavoratore, secondo le regole sopra descritte, dall'INPDAP stesso.
Pertanto, la gestione del fondo per il trattamento di fine rapporto dei dipendenti dello Stato, delle aziende di Stato, della scuola, dell'università, della sanità e degli enti locali è affidata all'INDPAP.
A tal fine è previsto che le Amministrazioni pubbliche continuino a versare in misura invariata, anche per il personale che abbia optato per il TFR o al quale si ap-plica automaticamente la disciplina del TFR, la contribuzione stabilita per il finan-ziamento delle indennità di fine servizio.
In particolare, il contributo previdenziale a favore dell'INPDAP da parte delle amministrazioni pubbliche resta fissato per il personale dello Stato nella misura del 9,60% dell'attuale base contributiva per l'indennità di buonuscita di cui al d.P.R. 1032/73 e nella misura del 6,10% dell'attuale base contributiva di riferimento pre-vista dall'art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, per il personale degli enti locali.
Nonostante il contributo complessivo che le Amministrazioni devono versare re-sti invariato, per i dipendenti ai quali si applica il TFR è abolito il contributo a carico del lavoratore nella misura del 2,5% della base retributiva prevista dall'art. 11 L. 152/68 e del d.P.R. 1032/73 e la relativa rivalsa da parte del datore di lavoro.
Tuttavia, l'Accordo ed il successivo DPCM di recepimento, hanno "sterilizzato" gli effetti di tale abolizione per cui:
- la retribuzione lorda viene ridotta in misura pari al contributo obbligato-rio soppresso e, quindi, resta invariata la retribuzione netta;
- la soppressione del contributo non produce effetti sulla retribuzione im-ponibile ai fini fiscali;
- ai fini pensionistici, contrattuali e dell'applicazione delle norme sul TFR, la retribuzione lorda è incrementata figurativamente di una quota pari alla ri-duzione sopraindicata.
Questa disposizione non si applica solo al personale già in servizio al 30 maggio 2000 e al quale viene computato il TFR per effetto dell'esercizio dell'opzione a favo-re della previdenza complementare, ma anche al personale assunto successivamente a tale data che non ha mai subito la ritenuta del 2,5% sulla retribuzione, ma per il quale si pone una esigenza di parità di trattamento contrattuale dei rapporti di lavoro previ-sta dall'art. 49, comma 2, del D.Lgs. 29/93.

Alcuni riflessi di immediata applicazione

Rinviando l'analisi degli effetti del passaggio al TFR ed il collegamento con la previdenza complementare per il personale in servizio al 30 maggio 2000 al momento della costituzione del primo fondo pensione, restano da esaminare alcune questioni relative a coloro per i quali il TFR è immediatamente applicativo, ed in particolare coloro i quali sono assunti successivamente a tale data e quelli che prestano la propria opera per un tempo determinato.
Si può infatti verificare, a breve termine, che:
- un lavoratore assunto dopo il 30 maggio 2000 cessi dal proprio lavoro per dimissioni o mortis causa;
- un rapporto di lavoro a tempo determinato volga al termine.
In tutti questi casi, se il periodo di lavoro è di durata uguale o superiore ai 15 giorni, il TFR maturato deve essere liquidato all'iscritto dall'Ufficio provinciale. Poi-ché non vi sono disposizioni specifiche derogatorie e poiché l'art. 3, comma 2, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, così come modificato dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, fa riferimento in generale "alla liquidazione dei trattamenti di fine ser-vizio, comunque denominati" a favore dei dipendenti delle amministrazioni pubbli-che, loro superstiti o aventi causa, è da ritenersi che le disposizioni contenute nella citata legge siano applicabili anche alle erogazioni del TFR da parte dell'INPDAP.
Pertanto gli attuali termini per il pagamento dell'indennità di buonuscita o per l'indennità premio servizio restano invariati anche nel caso di pagamento del TFR.
Da ricordare che, in base all'art. 2122 c.c., in caso di morte del prestatore di la-voro il TFR deve essere corrisposto per diritto proprio a favore del coniuge, dei figli, e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado.
La ripartizione dell'indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno.
In caso di mancanza delle persone prima indicate e, secondo quanto disposto dalla sentenza della Corte costituzionale 19 gennaio 1972 n. 8, di eventuali diverse disposizioni testamentarie del de cuius, le indennità sono attribuite secondo le norme sulla successione legittima.
Sempre l'art. 2122 c.c. stabilisce che è nullo ogni patto anteriore alla morte del prestatore di lavoro circa l'attribuzione e la ripartizione del TFR.
L'art. 1, comma 9, del DPCM prevede altresì che per i periodi di lavoro a tempo prestato a tempo determinato presso le Amministrazioni pubbliche:
- non si applica l'obbligo di un anno di iscrizione ai fini della percezione dell'indennità di liquidazione ed ogni altra disposizione incompatibile con le regole per l'erogazione del TFR.
Da osservare, tuttavia, come, a fronte del venir meno del vincolo annuale per il pagamento del beneficio, vi dovrà essere contestualmente un obbligo di versa-mento dei contributi relativi al periodo di lavoro prestato, anche se inferiore all'anno, da parte delle amministrazioni datrici di lavoro;
- in via eccezionale rispetto alla disciplina del TFR, resta ferma la possibi-lità per i dipendenti interessati di riscattare, secondo le modalità previste dalle norme di riferimento, i periodi di lavoro prestati a tempo determinato svolti precedentemente al 30 maggio 2000, ma solo questi e non altri servizi o periodi riscattabili secondo l'attuale normativa per i previgenti ordinamenti previden-ziali.
Alla luce di ciò, restano invariate le regole per quanto riguarda il riscatto e cioè:

  • l'onere del contributo dovuto (che sarà pari a quanto calcolato attualmente per il riscatto ai fini dell'indennità di fine servizio);

  • l'impossibilità di riscattare il periodo se ha formato oggetto di precedente liquidazione;

  • pagamento in una unica soluzione o facoltà di rateizzare sulla base dei mesi riscattabili. Si fa riserva di fornire entro breve termine direttive operative in merito alla ge-stione amministrativo-contabile e informatica del TFR.

IL DIRETTORE GENERALE
F.to Andrea Simi

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI del 20 Dicembre 1999
(Pubblicato nella G.U. n. 111 del 15 Maggio 2000)

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Oggetto: Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti


Il Presidente del Consiglio dei Ministri

su proposta del Ministro per la Funzione Pubblica di concerto con il Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica e del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale

Vista la legge 29 maggio 1982, n. 297, recante "Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica";
Visto il decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, recante "Disciplina delle forme pensionistiche complementari a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della legge 23 ottobre 1992, n.241;
Visto l'articolo 2, commi 5,6, 7, 8, 9 della legge 8 agosto 1995, n.335, recante "Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare";
Visto l'articolo 59, comma 56, della legge 27 dicembre 1997, n.449, recante "Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica";
Visto l'articolo 26, commi 18 e 18, della legge 23 dicembre 1998, n.448, recante "Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo";
Visto l'Accordo quadro sottoscritto dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (A.Ra.N.) e dalle organizzazioni sindacali il 29 luglio 1999;

Decreta

Articolo 1. - Trattamento di fine rapporto

1. L'esercizio dell'opzione di cui all'articolo 59, comma 56, della legge n. 449 del 1997 [1] avviene mediante sottoscrizione del modulo di adesione al fondo pensione e comporta l'applicazione della disciplina prevista dall'articolo 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297[2]. Il computo dell'indennità di fine esercizio maturata fino a tale data sarà effettuato secondo le regole della previgente normativa. La rivalutazione e la liquidazione della quota così calcolata, unitamente alle quote di trattamento di fine rapporto maturate a far tempo dalla data dell'opzione saranno effettuate secondo le norme previste dall'articolo 1 della citata legge n. 297 del 1982. All'indennità di fine servizio maturata fino alla data dell'opzione per il trattamento di fine rapporto e alla sua rivalutazione dovranno applicarsi gli stessi abbattimenti di imponibile previsti dalla previgente normativa fiscale in materia di indennità di fine servizio.
2. A decorrere dalla data dell'opzione prevista dall'articolo 59, comma 56, della legge n. 449 del 1997 ai dipendenti che transiteranno dal pregresso regime di trattamento di fine servizio, comunque denominato, al regime di trattamento di fine rapporto non si applica il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dall'articolo 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032. La soppressione del contributo non determina effetti sulla retribuzione imponibile ai fini fiscali.
3.Per assicurare l'invarianza della retribuzione netta complessiva e di quella utile ai fini previdenziali dei dipendenti nei confronti dei quali si applica quanto disposto dal comma 2, la retribuzione lorda viene ridotta in misura pari al contributo previdenziale obbligatorio soppresso e contestualmente viene stabilito un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e dell'applicazione delle norme sul trattamento di fine rapporto, a ogni fine contrattuale nonché per la determinazione della massa salariale per i contratti collettivi nazionali.
4.Per garantire la parità di trattamento contrattuale dei rapporti di lavoro, prevista dall'articolo 49, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29[3] , e successive modificazioni e integrazioni, ai dipendenti assunti dal giorno successivo all'entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina prevista dai commi 2 e 3.
5.Per gli enti il cui personale non è iscritto alle gestioni Inpdap per i trattamenti di fine servizio e per i quali conseguentemente non opera la trattenuta del 2,5% della base retributiva prevista dall'articolo 11 della legge n. 152 del 1968 e dall'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, non si applica quanto previsto dai commi 2 e 3.
6.Il trattamento di fine rapporto sarà accantonato figurativamente e verrà liquidato dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (Inpdap) alla cessazione dal servizio del lavoratore secondo quanto disposto dalla legge 29 maggio 1982, n. 297. Per i dipendenti degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e sperimentazione e degli enti per il cui personale non è prevista l'iscrizione all'Inpdap per i trattamenti di fine servizio il predetto adempimento è effettuato dall'ente datore di lavoro. Le quote di accantonamento annuale saranno determinate applicando l'aliquota del 6,91 per cento in vigore per i dipendenti privati, ai sensi dell'articolo 3, comma 16, della legge n. 297 del 29 maggio 1982 e sulla base di quanto previsto dall'articolo 4 dell'accordo quadro sottoscritto il 29 luglio 1999. Nell'accantonamento annuale non saranno computate le quote di trattamento di fine rapporto destinate ai fondi pensione.
7.In attuazione di quanto disposto dall'articolo 2, comma 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la gestione del fondo per il trattamento di fine rapporto dei dipendenti dello Stato, delle aziende di Stato, della scuola, delle università, della sanità e degli enti locali è affidata all'Inpdap. Il contributo previdenziale a favore dell'Inpdap da parte delle amministrazioni pubbliche resta fissato per il personale dello Stato nella misura del 9,60 per cento della attuale base contributiva di riferimento prevista dall'articolo 18 della legge 20 marzo 1980, n. 75, e nella misura del 6,10 per cento della attuale base contributiva di riferimento prevista dall'articolo 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, per il personale degli enti locali.
8.Il trattamento di fine rapporto dei dipendenti degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e sperimentazione e degli enti per il cui personale non è prevista l'iscrizione all'Inpdap per i trattamenti di fine servizio resta a totale carico degli enti medesimi, ai quali è affidata la gestione di tali trattamenti.
9.Ai fini dell'armonizzazione al regime generale del trattamento di fine rapporto, per i periodi di lavoro prestato a tempo determinato presso le amministrazioni di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni nonché presso enti sottoposti alla disciplina della legge 20 marzo 1975, sarà erogato il trattamento di fine rapporto ai sensi della legge n. 297 del 29 maggio 1982, con le modalità definite dall'accordo quadro sottoscritto il 29 luglio 1999, a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. A far tempo dalla stessa data non si applica l'articolo 7, primo comma, della legge 29 aprile 1976, n. 177, nonché ogni altra disposizione incompatibile con quanto previsto dal presente comma. Resta ferma la possibilità per i dipendenti interessati di riscattare, secondo le modalità previste dalle norme di riferimento, i periodi di lavoro prestato a tempo determinato svolto precedentemente alla predetta data.

Articolo 2. - Fondi pensione

1.Sono associati ai fondi pensione i dipendenti già occupati alla data del 31 dicembre 1995 e quelli assunti dal 1º gennaio 1996 fino al giorno precedente la data di entrata in vigore del presente decreto del presidente del Consiglio dei ministri che avranno esercitato l'opzione di cui all'articolo 59, comma 56, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. La quota di Tfr che detti dipendenti potranno destinare ai fondi pensione non potrà superare il 2 per cento della retribuzione base di riferimento per il calcolo del Tfr.
2.Nei confronti del personale assunto successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto del presidente del Consiglio si applicano le regole concessive e di computo di cui alla legge n. 297 del 29 maggio 1982 in materia di trattamento di fine rapporto. Nei confronti di detto personale che, in sede di contrattazione collettiva, sceglierà di iscriversi al fondo pensione sarà prevista la integrale destinazione al fondo stesso degli accantonamenti al trattamento di fine rapporto.
3.La somma di 200 miliardi annui, di cui all'articolo 26, comma 18, della legge 23 dicembre 1998, n. 448[4], sarà resa immediatamente disponibile in favore dei fondi pensione istituiti. In via transitoria e fino alla raccolta delle adesioni da parte dei lavoratori, il riparto dell'intera somma di 200 miliardi avverrà in misura proporzionale alla retribuzione media e alla consistenza del personale in servizio presso ciascun comparto o area di contrattazione alla data di istituzione dei fondi pensione in conto di quote degli accantonamenti annuali del trattamento di fine rapporto dei lavoratori di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo. Le ulteriori quote di trattamento di fine rapporto, destinate ai fondi pensione e non coperte dallo stanziamento di 200 miliardi annui sono trattate come quote figurative e rivalutate secondo il meccanismo di rendimento di cui al successivo comma 5.
4.A favore del personale di cui al comma 2 dell'articolo 1 viene destinata, come previsto dall'articolo 59, comma 56, della legge n. 449/97, una quota pari all'1,5% della base contributiva di riferimento ai fini dei vigenti trattamenti di fine servizio comunque denominati. Detta quota, avente natura di elemento figurativo, è considerata neutra rispetto ai conferimenti dei lavoratori e a quelli di pertinenza delle amministrazioni. I dipendenti degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e sperimentazione e degli enti per il cui personale non è prevista l'iscrizione all'Inpdap non sono destinatari della quota dell'1,5 per cento.
5. Alla cessazione del rapporto di lavoro l'Inpdap conferirà al fondo pensione di riferimento il montante maturato, costituito dagli accantonamenti figurativi delle quote di trattamento di fine rapporto di cui al comma 3 non coperte dallo stanziamento di 200 miliardi nonché di quelli relativi all'aliquota dell'1,5% di cui al comma 4, applicando a entrambi gli accantonamenti un tasso di rendimento che, in via transitoria, per il periodo di consolidamento della struttura finanziaria dei fondi pensione dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, corrisponderà alla media dei rendimenti netti di un "paniere" di fondi di previdenza complementare presenti sul mercato da individuarsi tra quelli con maggiore consistenza di aderenti, con decreto del ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentite le organizzazioni sindacali firmatarie dell'accordo quadro. Successivamente, previa verifica con le parti sociali sul consolidamento della struttura finanziaria dei fondi pensione, si applicherà il rendimento netto dei medesimi fondi dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
6. Alla cessazione del rapporto di lavoro gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e sperimentazione e gli enti per il cui personale non è prevista l'iscrizione all'Inpdap conferiranno al fondo pensione di riferimento il montante maturato dal dipendente, costituito dagli accantonamenti figurativi delle quote di trattamento di fine rapporto non coperte dallo stanziamento di 200 miliardi, applicando il tasso di rendimento previsto dal comma 5.
7.La prima verifica con le parti sociali firmatarie dell'accordo quadro sul consolidamento della struttura finanziaria dei fondi pensione di cui all'ultimo periodo del comma 5 e sui contenuti dell'accordo medesimo avverrà entro il 31 dicembre 2001.


Nota redazionale e Note (CGIL SCUOLA))

Scatta anche per i dipendenti pubblici la possibilità di iscriversi ai fondi pensione. E' stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 111 del 15 maggio il decreto del Presidente del Consiglio che istituisce i fondi pensione dei dipendenti pubblici. Il nuovo trattamento si applicherà con modalità diverse ai vecchi e nuovi assunti: per chi è in servizio alla data del 30 maggio (corrispondente a quella di entrata in vigore del decreto) ci sarà la possibilità di optare per il passaggio dall'indennità di buonuscita (che ha un carattere contributivo) al trattamento di fine rapporto come previsto per i dipendenti privati. Per i nuovi assunti, invece, il passaggio sarà automatico. Non tutte le somme però saranno automaticamente investite nei fondi: in base alla legge infatti le risorse destinabili ai fondi comuni del pubblico impiego ammontano a 200 miliardi annui. Le quote eventualmente "scoperte" saranno versate in maniera figurativa: al momento della pensione del dipendente l'Inpdap, che gestirà il Tfr dei pubblici, conferirà al fondo il capitale maturato rivalutato in base ad una media del rendimento di un paniere di fondi complementari.

1. Le norme della legge stabiliscono la possibilità per i dipendenti pubblici di richiedere la trasformazione dell'indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto. Per coloro che optano in tal senso una quota dell'aliquota contributiva relativa all'indennità di fine servizio prevista dalle gestioni previdenziali di appartenenza, pari all'1,5 per cento, verrà destinata alla previdenza complementare nei modi e con la gradualità da definirsi in sede di specifica trattativa con le organizzazioni sindacali dei lavoratori
 
2. Si tratta delle norme in base alle quali in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto, calcolato sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5.
 
3. Sono le norme che regolamentato i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici.
 
4. Sono le disposizioni della legge "misure per la stabilizzazione e lo sviluppo" in base alle quali "la somma da destinare effettivamente ai fondi gestori di previdenza complementare, ai sensi dell'articolo 59, comma 56, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, resta stabilita in lire 200 miliardi annue. Nei limiti di tale importo sono trasferite ai predetti fondi quote degli accantonamenti annuali del trattamento di fine rapporto dei lavoratori interessati".