Oggetto: Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi
pensione complementare dei pubblici dipendenti.
E' stato pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 15 maggio 2000, n. 111, il
Decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri del 20 dicembre 1999, emanato su proposta
del Ministro della funzione pubblica, di concerto con il Ministro del
tesoro ed il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, titolato
"Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione dei
pubblici dipendenti".
Relativamente agli iscritti ai fondi previdenziali gestiti dall'INPDAP si
ritiene opportuno fornire ogni utile notizia.
Il quadro normativo
Con il DPCM innanzi indicato, con effetto dall'entrata in vigore, si
completa un lungo iter normativo che ha preso avvio dalla legge 8 agosto
1995, n. 335, di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e
complementare, la quale, all'art. 2, comma 5, ha esteso l'istituto del
Trattamento di Fine Rapporto ai sensi dell'art. 2120 del codice civile ai
nuovi assunti delle pubbliche amministrazioni (inizialmente considerati
tali coloro che erano assunti a partire dal 1/1/1996) e ha affidato, con
il comma 6, alla contrattazione collettiva, così come regolata dal decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, di stabilire le modalità di attuazione
di quanto previsto al comma 5, con riferi-mento agli adeguamenti della
struttura retributiva e contributiva, nonché di definire le modalità
dell'applicazione della disciplina del TFR ai dipendenti pubblici in
servizio fino al 31 dicembre 1995 (comma 7).
Infine, il comma 8 dello stesso articolo ha stabilito che il TFR per il
pubblico impiego dovesse essere corrisposto dalle amministrazioni ovvero
dagli enti che già provvedevano al pagamento dei trattamenti di fine
servizio.
Quanto disposto dalla legge 335/95 è stato successivamente integrato dalla
legge 27 dicembre 1997, n. 449 e dalla legge 23 dicembre 1998 n. 448,
collegando l'introduzione del TFR all'avvio della previdenza complementare
per il pubblico im-piego.
La prima, all'art. 59, comma 56, stabilisce che, fermo restando quanto
previsto dalla legge 335/95, si possa trasformare l'indennità di fine
servizio in TFR al fine di favorire il processo di attuazione della
previdenza complementare. Per coloro che optano in tal senso, una quota
della vigente aliquota contributiva relativa alla inden-nità di fine
servizio, pari al 1,5%, viene destinata al finanziamento della previdenza
complementare.
La successiva L. 448/98, nel quantificare in 200 miliardi annui la somma
da de-stinare effettivamente ai fondi pensione del pubblico impiego a
titolo di quote di ac-cantonamenti annuali del TFR dei lavoratori
interessati, ha stabilito altresì che con il DPCM previsto dalla L.
335/95:
-
fosse disciplinato
l'accantonamento, la rivalutazione e la gestione della quota della
vigente aliquota contributiva relativa all'indennità di fine servizio
pari al 1,5% da destinare ai fondi pensione;
-
fossero definiti, ferma restando
l'invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai
fini pensionistici, gli adeguamenti della struttura retributiva e
contributiva conseguenti all'applicazione del TFR;
-
fossero determinate le modalità
per l'erogazione del TFR per i periodi di la-voro prestato a tempo
determinato e le modalità per rendere operativo il passaggio al nuovo
sistema del personale assunto a partire dal 1/1/96 (rectius 31/5/2000).
La L. 448/98, inoltre, affida alle
specifiche procedure negoziali l'armonizzazio-ne al TFR e l'istituzione di
forme pensionistiche complementari anche per le forze armate e di polizia.
Va infine aggiunto che l'accordo quadro nazionale in materia di
trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i
dipendenti pubblici, i cui contenuti dovevano essere recepiti dal DPCM,
sottoscritto il 29 luglio 1999 fra l'Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni ed Organizzazioni sinda-cali, è
stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 27 agosto 1999, n. 201. In
sede di accordo è stato stabilito il differimento alla data di entrata in
vigore del DPCM di re-cepimento dell'Accordo del termine del 1/1/1996
perché un lavoratore fosse conside-rato di nuova assunzione con
applicazione delle relative regole.
Gli effetti del DPCM 20 dicembre 1999
Il complesso percorso normativo che ha condotto all'emanazione del citato
DPCM ha prodotto situazioni diverse a seconda della posizione del
lavoratore che so-no di seguito elencate:
-
lavoratori pubblici con
contratto di lavoro a tempo indeterminato presso una pubblica
amministrazione al 30 maggio 2000.
Per tali soggetti il passaggio al TFR disciplinato dalla legge 29 maggio
1982, n. 297, non è automatico, ma deve essere esercitato tramite una
opzione, me-diante la sottoscrizione del modulo di adesione ad un fondo
pensionistico complementare di cui al D.Lgs. 124/93, costituito
nell'ambito del pubblico impiego.
Al momento non vi sono fondi pensione già costituti per il pubblico
impiego (ciò avviene attraverso le diverse contrattazioni di comparto,
in quanto "fonti istitutive"), per cui il possibile esercizio
dell'opzione è rinviato al momento in cui il lavoratore entrerà in
possesso della scheda informativa con allegato il modulo di adesione
predisposta dal Consiglio di amministrazione provvisorio del Fondo
Pensione di comparto ed approvata dalla Commissione di vigilanza sui
fondi pensione;
-
lavoratori assunti con
contratto di lavoro successivamente al 30 maggio 2000.
Per tali "neo-assunti" è immediatamente applicabile il TFR, a
prescindere dal-l'adesione o meno al fondo pensionistico complementare.
E' da ricordare, tuttavia, che in caso di iscrizione al fondo, l'intero
accanto-namento annuale del TFR deve essere utilizzato quale fonte di
finanziamento del Fondo Pensione;
-
prestazioni di lavoro con
contratto a tempo determinato presso Ammini-strazioni pubbliche.
Anche per i contratti a tempo determinato, così come per i
"neo-assunti", è immediatamente applicabile il TFR, a prescindere
dall'adesione o meno al fondo pensionistico complementare. Sul punto,
sono in corso riflessioni con gli Organi di Vigilanza e si fa riserva,
pertanto, di fornire ulteriori specifiche indicazioni al riguardo.
La disciplina del TFR
Il TFR è disciplinato dalla legge 29
maggio 1982, n. 297, che ha modificato l'art. 2120 e seguenti del codice
civile, prevedendo che detto trattamento spetta al la-voratore in ogni
caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Il TFR è calcolato nel seguente modo:
a) accantonamento annuale: aliquota di computo
Per ciascun anno di servizio si accantona contabilmente una quota pari
alla retribuzione annua utile ai fini dello stesso TFR (e, comunque, non
superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno) divisa per
13,5.
Per i lavoratori privati, pertanto, l'aliquota di computo per
l'accantonamento è pari al 7,41% della retribuzione, alla quale però si
deve sottrarre lo 0,5% de-stinato al fondo di garanzia istituito presso
l'INPS, di cui all'art. 2 della legge citata. Per i lavoratori pubblici,
in base all'art. 2, comma 8, L. 335/95, non è previsto il versamento della
quota al fondo di garanzia e, quindi, l'aliquota di computo è assunta al
netto della stessa ed è pari al 6,91% (art. 1, comma 6, DPCM).
Vale la pena di osservare, pertanto, come il TFR non sia commisurato ad
anni di servizio, ma a quote di retribuzione annuale ed è costituito dalla
somma di tali quote di retribuzione annuali e non più come prodotto
dell'ultima retribu-zione per gli anni di servizio.
b) frazioni di anno
L'accantonamento è realizzato per ogni anno di servizio o frazione di
anno. In quest'ultimo caso la quota è proporzionalmente ridotta,
computandosi come mese intero la frazione di mese uguale o superiore ai 15
giorni.
Anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro dopo un periodo di
servi-zio di soli 15 giorni, pertanto, si consegue il diritto ad ottenere
il pagamento del TFR, anche se rapportato ad una sola mensilità;
c) la rivalutazione
Le quote accantonate, come sopra determinate, con esclusione della quota
maturata nell'anno, sono incrementate su base composta, al 31 dicembre di
ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dal 1,5 % in misura
fissa e dal 75 % dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai ed impiegati accertato dall'ISTAT, rispetto al mese di
dicembre dell'anno precedente.
Poiché ogni anno si procede alla rivalutazione di tutte le quote maturate
com-prensive della rivalutazione già calcolata negli anni precedenti, il
lavoratore è perfettamente in grado di conoscere sia l'importo della quota
relativa all'ultimo anno non immediatamente rivalutabile, sia
l'accantonamento com-plessivo risultante dalla somma di tale quota con il
cumulo indicizzato di tutte le quote degli anni precedenti;
d) la retribuzione utile
Ai sensi del 2120 c.c., salvo diversa previsione dei contratti collettivi,
la retri-buzione annua, ai fini del calcolo dell'accantonamento annuale,
tiene conto di tutte le somme (e per intero), compreso l'equivalente delle
prestazioni in natu-ra, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro,
a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo
di rimborso spese.
La normativa civilistica pertanto è, in linea generale, onnicomprensiva
della retribuzione del lavoratore, ma demanda alla contrattazione fra le
parti even-tuali esclusioni o inclusioni nel computo del TFR.
Analogamente, relativamente al personale pubblico, il DPCM (art. 1, comma
6, penultimo periodo) rinvia all'art. 4 dell'Accordo per ciò che concerne
la base di calcolo utile per il TFR.
Questo prevede che il TFR si calcoli applicando i criteri di cui all'art.
2120 c.c. sulle seguenti voci della retribuzione:
-
l'intero stipendio tabellare;
-
l'indennità integrativa speciale;
-
la retribuzione individuale di
anzianità;
-
gli altri emolumenti considerati
utili ai fini del calcolo dell'indennità di fine servizio comunque
denominata ai sensi della pree-sistente normativa;
-
ulteriori voci retributive
potranno essere considerate nella contratta-zione di comparto,
garantendo per la finanza pubblica, con riferimento ai settori
interessati, i complessivi andamenti programmati sia della spesa
corrente, sia delle condizioni di bilancio degli enti gestori delle
relative forme previdenziali.
Poiché il DPCM nulla aggiunge al
riguardo, ma rinvia all'Accordo, è da rite-nersi che siano già ricompresi
nella base di calcolo del TFR gli altri emolu-menti valutati ai fini del
calcolo della indennità di buonuscita o della inden-nità premio servizio
in base alla normativa (atto avente forza di legge, rego-lamento o
contratto) preesistente alla data di pubblicazione in Gazzetta uffi-ciale
dell'Accordo (27 agosto 1999).
Perché ulteriori voci, quantunque considerate utili ai fini delle
indennità di fi-ne servizio, vengano ricomprese nella base di calcolo del
TFR è necessaria una esplicita indicazione in sede di contrattazione
successiva alla suddetta data.
Ai fini del computo del TFR si deve anche considerare la quota figurativa
di incremento della retribuzione pari al soppresso contributo a carico del
lavo-ratore di cui si dirà in seguito.
e) anticipazioni
La disciplina del TFR prevede altresì che il dipendente, con almeno otto
anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, possa chiedere, in
costanza di rapporto di lavoro, un'anticipazione per le ragioni
individuate dalla legge (spese sanitarie ed acquisto prima casa) non
superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di
cessazione del rapporto alla data della richiesta.
Le richieste di anticipazione sono soddisfatte annualmente nel limite del
10% degli aventi titolo e, comunque, del 4% del numero totale dei
dipendenti.
Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti
collettivi o da patti individuali.
Inoltre, il TFR e le indennità equipollenti, ai sensi dell'art. 7 della
legge 8 marzo 2000 n. 53, possono essere anticipati ai fini delle spese da
sostenere per la fruizione dei congedi per maternità.
Tali disposizioni, tuttavia, non sono immediatamente applicabili al TFR
a favore del pubblico impiego, ma l'Accordo all'art. 8, comma 3, rinvia le
condizioni per realizzare l'armonizzazione fra lavoratori pubblici e
privati in tema di anticipazioni in sede di contrattazione di comparto.
Allo stesso modo, l'art. 7, comma 3, della legge 53/2000, rimanda ad un
successivo Decreto del Ministro della funzione pubblica, di concerto con i
Ministeri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del
Lavoro e della previdenza sociale e per la solidarietà sociale, la
definizione delle modalità applicative per l'anticipazione del TFR e delle
indennità equipollenti a favore dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni.
Il ruolo dell'INPDAP e gli effetti sulla contribuzione.
In base a quanto disposto dal DPCM, in attuazione di quanto previsto
dall'art. 2, comma 8, L. 335/95, per il personale iscritto all'INPDAP ai
fini dell'erogazione dei trattamenti di fine servizio, il TFR viene
accantonato figurativamente e liquidato alla cessazione dal servizio del
lavoratore, secondo le regole sopra descritte, dall'INPDAP stesso.
Pertanto, la gestione del fondo per il trattamento di fine rapporto dei
dipendenti dello Stato, delle aziende di Stato, della scuola,
dell'università, della sanità e degli enti locali è affidata all'INDPAP.
A tal fine è previsto che le Amministrazioni pubbliche continuino a
versare in misura invariata, anche per il personale che abbia optato per
il TFR o al quale si ap-plica automaticamente la disciplina del TFR, la
contribuzione stabilita per il finan-ziamento delle indennità di fine
servizio.
In particolare, il contributo previdenziale a favore dell'INPDAP da
parte delle amministrazioni pubbliche resta fissato per il personale dello
Stato nella misura del 9,60% dell'attuale base contributiva per
l'indennità di buonuscita di cui al d.P.R. 1032/73 e nella misura del
6,10% dell'attuale base contributiva di riferimento pre-vista dall'art. 11
della legge 8 marzo 1968, n. 152, per il personale degli enti locali.
Nonostante il contributo complessivo che le Amministrazioni devono versare
re-sti invariato, per i dipendenti ai quali si applica il TFR è abolito il
contributo a carico del lavoratore nella misura del 2,5% della base
retributiva prevista dall'art. 11 L. 152/68 e del d.P.R. 1032/73 e la
relativa rivalsa da parte del datore di lavoro.
Tuttavia, l'Accordo ed il successivo DPCM di recepimento, hanno
"sterilizzato" gli effetti di tale abolizione per cui:
- la retribuzione lorda viene ridotta in misura pari al contributo
obbligato-rio soppresso e, quindi, resta invariata la retribuzione netta;
- la soppressione del contributo non produce effetti sulla retribuzione
im-ponibile ai fini fiscali;
- ai fini pensionistici, contrattuali e dell'applicazione delle norme sul
TFR, la retribuzione lorda è incrementata figurativamente di una quota
pari alla ri-duzione sopraindicata.
Questa disposizione non si applica solo al personale già in servizio al 30
maggio 2000 e al quale viene computato il TFR per effetto dell'esercizio
dell'opzione a favo-re della previdenza complementare, ma anche al
personale assunto successivamente a tale data che non ha mai subito la
ritenuta del 2,5% sulla retribuzione, ma per il quale si pone una esigenza
di parità di trattamento contrattuale dei rapporti di lavoro previ-sta
dall'art. 49, comma 2, del D.Lgs. 29/93.
Alcuni riflessi di immediata applicazione
Rinviando l'analisi degli effetti del passaggio al TFR ed il collegamento
con la previdenza complementare per il personale in servizio al 30 maggio
2000 al momento della costituzione del primo fondo pensione, restano da
esaminare alcune questioni relative a coloro per i quali il TFR è
immediatamente applicativo, ed in particolare coloro i quali sono assunti
successivamente a tale data e quelli che prestano la propria opera per un
tempo determinato.
Si può infatti verificare, a breve termine, che:
- un lavoratore assunto dopo il 30 maggio 2000 cessi dal proprio lavoro
per dimissioni o mortis causa;
- un rapporto di lavoro a tempo determinato volga al termine.
In tutti questi casi, se il periodo di lavoro è di durata uguale o
superiore ai 15 giorni, il TFR maturato deve essere liquidato all'iscritto
dall'Ufficio provinciale. Poi-ché non vi sono disposizioni specifiche
derogatorie e poiché l'art. 3, comma 2, del decreto legge 28 marzo 1997,
n. 79, così come modificato dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, fa
riferimento in generale "alla liquidazione dei trattamenti di fine
ser-vizio, comunque denominati" a favore dei dipendenti delle
amministrazioni pubbli-che, loro superstiti o aventi causa, è da ritenersi
che le disposizioni contenute nella citata legge siano applicabili anche
alle erogazioni del TFR da parte dell'INPDAP.
Pertanto gli attuali termini per il pagamento dell'indennità di buonuscita
o per l'indennità premio servizio restano invariati anche nel caso di
pagamento del TFR.
Da ricordare che, in base all'art. 2122 c.c., in caso di morte del
prestatore di la-voro il TFR deve essere corrisposto per diritto proprio a
favore del coniuge, dei figli, e, se vivevano a carico del prestatore di
lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo
grado.
La ripartizione dell'indennità, se non vi è accordo tra gli aventi
diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno.
In caso di mancanza delle persone prima indicate e, secondo quanto
disposto dalla sentenza della Corte costituzionale 19 gennaio 1972 n. 8,
di eventuali diverse disposizioni testamentarie del de cuius, le indennità
sono attribuite secondo le norme sulla successione legittima.
Sempre l'art. 2122 c.c. stabilisce che è nullo ogni patto anteriore alla
morte del prestatore di lavoro circa l'attribuzione e la ripartizione del
TFR.
L'art. 1, comma 9, del DPCM prevede altresì che per i periodi di lavoro a
tempo prestato a tempo determinato presso le Amministrazioni pubbliche:
- non si applica l'obbligo di un anno di iscrizione ai fini della
percezione dell'indennità di liquidazione ed ogni altra disposizione
incompatibile con le regole per l'erogazione del TFR.
Da osservare, tuttavia, come, a fronte del venir meno del vincolo annuale
per il pagamento del beneficio, vi dovrà essere contestualmente un obbligo
di versa-mento dei contributi relativi al periodo di lavoro prestato,
anche se inferiore all'anno, da parte delle amministrazioni datrici di
lavoro;
- in via eccezionale rispetto alla disciplina del TFR, resta ferma la
possibi-lità per i dipendenti interessati di riscattare, secondo le
modalità previste dalle norme di riferimento, i periodi di lavoro prestati
a tempo determinato svolti precedentemente al 30 maggio 2000, ma solo
questi e non altri servizi o periodi riscattabili secondo l'attuale
normativa per i previgenti ordinamenti previden-ziali.
Alla luce di ciò, restano invariate le regole per quanto riguarda il
riscatto e cioè:
-
l'onere del contributo dovuto (che
sarà pari a quanto calcolato attualmente per il riscatto ai fini
dell'indennità di fine servizio);
-
l'impossibilità di riscattare il
periodo se ha formato oggetto di precedente liquidazione;
-
pagamento in una unica soluzione o
facoltà di rateizzare sulla base dei mesi riscattabili. Si fa riserva di
fornire entro breve termine direttive operative in merito alla ge-stione
amministrativo-contabile e informatica del TFR.
IL DIRETTORE GENERALE
F.to Andrea Simi |