PREMESSA
Non sembri una novità l’interesse e
l’impegno dei Comunisti sui temi delle forze dell’ordine e delle forze
militari.
Basterebbe ricordare che durante il periodo dal giugno ’44 al maggio
’47 furono 3 i sottosegretari comunisti al Ministero della Guerra e
che i Comunisti diedero un contributo determinante per la riforma e la
democratizzazione della Pubblica Sicurezza, oggi Polizia di Stato,
della fine anni ’70, inizio anni ’80.
Inoltre i Comunisti, attraverso il Centro studi e iniziative per la
Riforma dello Stato tennero un convegno (febbr. ’74) dove presentarono
le elaborazioni e le proposte per la politica militare italiana, in un
quadro di applicazione delle norme costituzionali, nello spirito della
Resistenza partigiana contro l’occupazione nazista e il fascismo.
Importanti dirigenti del PCI negli anni ’70 diedero il loro
contributo, anche con libri sull’argomento, a questo aspetto
importantissimo della vita democratica dello Stato, per la
democratizzazione delle forze dell’ordine.
Oggi il PRC, nell’accingersi a iniziare una riflessione per adottare
il Programma fondamentale, vuole rinnovare quell’impegno e tradizione,
presentando idee e proposte per la riforma e il riordino delle forze
dell’ordine. Non vogliamo qui trattare l’argomento assai complesso e
delicato delle forze armate ma, altrettanto complesso e delicato,
quello delle forze di pubblica sicurezza, nell’Italia contemporanea e
in un quadro di raffronto con le esperienze europee.
A) Dopo un primo periodo di attenzione e
di iniziativa delle forze di sinistra (politiche, sociali e culturali)
sui temi degli apparati dello Stato (approdata alla smilitarizzazione
della P.S., oggi Polizia di Stato, e alla realizzazione di diritti
sindacali ma non parificati a quelli di tutti gli altri lavoratori
dipendenti) una lunga fase di inerzia ha caratterizzato questi ultimi
anni, lasciando campo libero alle forze di centro e di destra, che
hanno ripreso l’iniziativa soprattutto nel periodo del Governo
Berlusconi.
Inesistente è stato il ruolo dei Ministri del Governo Prodi, rispetto
ad un avanzamento del processo di democratizzazione di una parte degli
apparati di pubblica sicurezza, mentre il Governo D’Alema sembra più
ricalcare il solco classico dei governi centristi nel rapporto
privilegiato e unico con gli alti vertici delle varie forze
dell’ordine.
Le incertezze e le insicurezze che si sono prodotte con il processo di
ristrutturazione capitalistica (particolarmente pesante a partire
dalla metà degli anni 80) hanno alimentato la richiesta di ordine
attraverso il modello classico della destra: repressione ed
emarginazione.
Molte cose sono cambiate nel nostro Paese, ma l’ordinamento di
pubblica sicurezza è rimasto quello di prima. Anzi, sono aumentate le
deleghe ai privati nell’esercizio di forme di vigilanza che hanno
anticipato e accompagnato la pratica della sussidiarietà.
L’Italia rimane il Paese in Europa con il più alto numero di corpi di
polizia e con il più alto numero di addetti a questi compiti.
Cinque Polizie con dimensione nazionale (Carabinieri, Polizia di
Stato, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Polizia
Penitenziaria) e numerosi corpi di carattere locale (Polizia
Municipale e Polizia Provinciale) ai quali si aggiungono l’Enpa (Ente
nazionale protezione animali), le Guardie Giurate (con un ruolo sempre
più grande di alcune aziende con carattere nazionale) e le Capitanerie
di Porto (alle dipendenze del Ministro dei Trasporti e Marina
mercantile).
In totale oltre 600.000 uomini (e donne) regolarmente autorizzati al
porto d’armi, dotati di navi, aerei, elicotteri, mezzi blindati,
camion e autovetture e sofisticatissime dotazioni tecnologicamente
avanzate, per una popolazione che non raggiunge i 60 milioni.
Gran parte di questo personale svolge però attività che potrebbero
essere svolte da normali dipendenti della Pubblica Amministrazione.
Contemporaneamente si sono aggiunte alle tradizionali forme di
criminalità, nuove forme di criminalità.
L’Italia rimane il Paese in Europa che ha più alto il livello di morti
e infortunati sul lavoro, che ha il più alto livello di evasione
fiscale, dove l’utilizzo delle moderne tecnologie garantisce meno la
riservatezza personale, dove esiste un elevatissimo numero di minori
addetti alle attività lavorative, dove periodicamente si scoprono
(sempre più spesso) forme e fenomeni di schiavismo. Forme inquietanti
di controllo a distanza dei rapporti sociali e dell’attività
individuale possono essere (sono) realizzate con le nuove tecnologie.
E’ più che matura la necessità di una iniziativa politica, sociale e
culturale per mettere ordine fra le varie forze dell’ordine,
finalizzata ad impedire un ritorno all’indietro, da una parte, e
dall’altra per produrre un più avanzato processo di democratizzazione
negli apparati dello Stato.
B) La nostra proposta si regge su alcuni
principi di fondo:
1° - Unificazione in una sola forza di
polizia civile nazionale, non dipendente dal Ministero della Difesa,
delle forze oggi disperse fra vari ministeri (Polizia di Stato,
Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Polizia
Penitenziaria, Capitanerie di Porto) aumentando e migliorando il grado
di specializzazione in settori decisivi della vita del Paese
(sicurezza nei luoghi di lavoro, evasione fiscale, violenze contro
minori e donne, importazione trattamento e spaccio delle droghe
pesanti, usura, salvaguardia del patrimonio ambientale, culturale ed
artistico, riservatezza, lotta alle forme di controllo sociale a
distanza con l’uso della telematica se non autorizzate dalla
magistratura ecc.) sottoponendole alla dipendenza del Ministero degli
Interni, con un ruolo forte di controllo e indirizzo da parte del
Parlamento.
2° - Utilizzo dell’Arma dei Carabinieri
solo come corpo di polizia militare, introducendo anche nei corpi
militari spazi democratici a partire da quelli della rappresentanza.
Le unità specializzate in compiti di Polizia giudiziaria e pubblica
sicurezza passano sotto le competenze e negli organici della Polizia
di Stato.
3° - Parificazione dei lavoratori
dipendenti, dalla polizia civile a tutti gli altri lavoratori della
P.A., a partire dai diritti politici, civili e sindacali.
4° - Riutilizzo delle forze anche in
direzione di copertura delle attività oggi delegate ai corpi privati.
5° - Riqualificazione della Polizia
Municipale in ordine alla vigilanza urbana sull’utilizzo del
territorio, della viabilità, delle concessioni edilizie, commerciali e
dell’uso degli edifici in cui si svolgono attività lavorative.
6° - Scioglimento delle Polizie
Provinciali e dell’ENPA, con il passaggio delle competenze alle
Regioni.
7° - Limitazione all’interno degli
edifici (Banche, Aziende private ecc.) del personale degli Istituti
privati di vigilanza per la tutela del patrimonio privato.
Le forze che si battono e si batteranno
per la conservazione degli attuali ordinamenti sono tante e forti.
Il nostro ragionamento va strettamente correlato all’iniziativa
politica per rendere più vivibile le nostre città e paesi, per far
rivivere in termini di uso sociale intere aree urbane oggi dismesse o
degradate, per combattere la tendenza ad un uso solo repressivo e
sempre meno preventivo delle forze di pubblica sicurezza in un quadro
che tende a restringere gli spazi democratici., mentre occorre
riconfermare l’impostazione generale della Costituzione e della difesa
dello Stato democratico di diritto, per garantire la pari dignità e
l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, nonché
l’assolvimento del compito di “rimuovere gli ostacoli economici e
sociali che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.