Norme per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori da molestie moralii e psicologiche nel mondo del lavoro
Testi disponibili: | Testo DDL
1280 Testo correlato 1280 |
16 Aprile 2002: | assegnato (non ancora iniziato l'esame) | |||
Iter: |
|
|
Cofirmatari |
Natura: | ordinaria |
Presentazione: | Presentato in data 21 Marzo 2002; annunciato nella seduta n.145 del 26 Marzo 2002 |
Classificazione TESEO: |
|
Assegnazione: |
Pareri della |
SENATO DELLA REPUBBLICA
———–
N. 1280
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori SODANO Tommaso, MALABARBA
e MALENTACCHI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 21 MARZO 2002
———–
Norme per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori da molestie morali e psicologiche nel mondo del lavoro
———–
Il concetto di mobbing fu introdotto dallo studioso
svedese Heinz Leymann, psicologo del lavoro di origine tedesca, il quale aveva
notato un fenomeno molto frequente nei luoghi di lavoro: l’emarginazione e
l’isolamento nei confronti di un dipendente, provocati generalmente da un
superiore o da un collega (mobber), nei confronti del quale viene
esercitato una vera e propria persecuzione psicologica con l’obiettivo di
distruggerlo psicologicamente e socialmente, fino a provocarne il licenziamento
o indurlo alle dimissioni.
Il fenomeno non è per niente da sottovalutare: non è
secondario né poco frequente, ed in tutto il mondo colpisce più le donne degli
uomini e, nella maggior parte dei casi, comincia sotto forma di molestie
sessuali.
Nel 1998 uno studio della Fondazione Europea per il
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro condotta su un campione di
dodicimila lavoratori ha messo in evidenza che nei quindici Paesi dell’Unione,
1’8,1 per cento si è dichiarato vittima di atti di violenza e persecuzione
psicologica nell’ambito dell’attività lavorativa.
I Paesi europei che hanno adottato misure legislative che
tutelano dal fenomeno del mobbing sono la Finlandia e la Svezia, seguite
dalla Germania che ha introdotto nei contratti di lavoro misure cautelative
contro il mobbing.
Anche in Francia è frequente questo fenomeno: nel suo libro
«Molestie Morali» (La violenza perversa in famiglia e sul posto di lavoro) la
psicanalista francese Marie France Hirigoyen, esperta in «vittimologia»,
(disciplina per la quale è stata istituita in Francia una cattedra
universitaria) parla del «Narcisista Perverso», di uno psicotico senza sintomi,
che trova il suo equilibrio scaricando su un altro il dolore che non è capace di
sentire. Questo transfert del dolore gli permette di valorizzarsi a spese
di un altro.
Tutti gli studi internazionali attribuiscono ormai grande
importanza all’organizzazione del lavoro: una cattiva organizzazione del lavoro
creerà prevedibilmente maggiore stress nei dipendenti, e faciliterà
quindi il verificarsi di situazioni di mobbing, soprattutto se in
presenza di personalità disturbate: ciò a dire che varie sono le cause che
possono determinare tali situazioni.
Anche in Italia il fenomeno diventa sempre più esteso ed
eclatante. Nel 2001, nel corso della Prima conferenza nazionale sulla salute
mentale, l’allora Ministro della sanità, professor Veronesi, fornì alcuni dati
ufficiali. Il mobbing è risultato al secondo posto tra i fattori di
rischio per malattie mentali, con circa due milioni di vittime, cui fanno
seguito circa quattro milioni di familiari coinvolti, anch’essi colpiti da
questa grave patologia sociale.
Gli effetti sulle vittime sono devastanti: dagli studi fatti
in tutto il mondo le vittime risultano ammalarsi di sindrome post-traumatica da
stress a cui si aggiunge un disturbo depressivo, in genere grave, tanto
che in uno studio condotto da Leymann in collaborazione con l’OMS è risultato
che tra il 20 ed il 15 per cento di suicidi in Svezia era dovuto a situazioni di
mobbing.
I disturbi fisici generalmente presenti sono l’ipertensione,
l’ulcera, le malattie artrosiche, le malattie della pelle, e, perfino, i tumori.
Tristemente famoso è il caso dell’ILVA di Taranto,
riconosciuto ufficialmente come mobbing da tutti i maggiori studiosi
italiani: la famigerata palazzina LAF (una palazzina che serviva come uffici per
gli impianti di laminatoio a freddo, da cui deriva il nome) dismessa da anni, e
nei quali i dirigenti dell’ILVA avevano messo settantanove dipendenti (tutti
impiegati e laureati); solo dopo l’intervento del centro di salute mentale di
Taranto, che inviò un esposto alla procura, dei mass media locali e
nazionali e di Amnesty International la palazzina è stata chiusa.
Questo caso, pur nella sua gravità, non è emblematico. Il
mobbing, infatti, viene consumato in maniera isolata, sotto gli occhi di
spettatori indifferenti, a loro volta ricattati dal mobber.
Una legge in materia è ormai indispensabile anche in Italia,
e non solo per motivi etici: l’Unione europea ha più volte sanzionato l’Italia
per la mancanza di un legge su questo fenomeno.
Le malattie mentali e fisiche dovute al mobbing recano
un danni socio-economici rilevanti alla società: costi per i ricoveri
ospedalieri, costi per le cure ed, infine, un lavoratore costretto al
prepensionamento a soli quaranta anni determina un costo sociale altamente più
elevato rispetto ad un lavoratore che va in quiescenza in età prevista.
Un danno economico rilevante anche per la società e le
aziende, sia pubbliche che private.
Il presente disegno di legge intende disciplinare un fenomeno
in forte espansione attraverso norme in grado di prevenire la diffusione e di
sanzionare i comportamenti persecutori.
L’articolo 1 individua il campo di applicazione del disegno
di legge il cui fine è quello di tutelare i lavoratori nell’ambito dei rapporti
di lavoro, nel settore pubblico e privato e indipendentemente dalla natura dello
stesso.
L’articolo 2 definisce i concetti di molestie morali e
violenza psicologica e le modalità attraverso le quali tali atti sono posti in
essere, introducendo altresì il concetto di danno psico-fisico provocato dai
comportamenti precedentemente definiti.
Con l’articolo 3 si prevede che i datori di lavoro, pubblici
e privati e le rispettive rappresentanze sindacali, in concorso con i centri
regionali per la prevenzione, organizzano iniziative periodiche di informazione
per i dipendenti, allo scopo di prevenire le situazioni di mobbing.
Il datore di lavoro ha l’obbligo tempestivo di accertare i
comportamenti denunciati e prendere provvedimenti per il loro superamento
(articolo 4).
L’azione di tutela giudiziaria (articolo 5) prevede un
percorso attraverso il giudizio immediato del tribunale del lavoro al fine di
salvaguardare i soggetti da danni psico-fisici permanenti.
L’articolo 6 disciplina la pubblicità del provvedimento di
condanna emesso dal giudice, l’articolo 7 contiene previsioni in materia di
sanzioni per coloro che pongono in essere comportamenti rilevanti ai fini della
presente legge, l’articolo 8 prevede che tutti gli atti discriminatori assunti e
riconducibili al mobbing siano nulli.
Con l’articolo 9 si istituiscono Centri regionali per la
prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo,
quale organo tecnico di consulenza dei servizi di prevenzione delle AUSL.
(Campo di applicazione)
1. La presente legge prescrive misure per la tutela da molestie morali e violenze psicologiche delle lavoratrici e dei lavoratori in ambito lavorativo ed in tutti i settori di attività, privati o pubblici, comprese le collaborazioni, indipendentemente dalla loro natura, mansione o grado.
2. Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato è vietato qualsiasi comportamento anche omissivo, che leda o ponga in pericolo la salute fisica e psichica, la dignità e la personalità morale del lavoratore.
(Definizioni)
1. Agli effetti della presente legge, si intendono per molestie morali e violenza psicologica nell’ambito del posto di lavoro quelle azioni, esercitate esplicitamente con modalità lesiva, che sono svolte con carattere iterativo e sistematico. Per avere il carattere di molestia morale e violenza psicologica, tali atti devono avere il fine di emarginare, discriminare, screditare, o, comunque, recare danno alla lavoratrice o al lavoratore nella propria carriera, autorevolezza, e rapporto con gli altri. Ciò può avvenire anche:
a) attraverso la rimozione da incarichi;
b) per l’esclusione dalla comunicazione ed
informazione aziendale;
c) per la svalutazione sistematica dei risultati,
fino ad un vero e proprio sabotaggio del lavoro, che può essere svuotato dei
contenuti, oppure privato degli strumenti necessari al suo svolgimento;
d) per sovraccarico di lavoro, o per compiti
impossibili o inutili, che acuiscono i sensi di impotenza e di frustrazione;
e) per attribuzione di compiti inadeguati rispetto
alla qualifica e preparazione professionale, o alle condizioni fisiche e di
salute;
f) per esercizio da parte del datore di lavoro o
dei dirigenti di azioni sanzionatorie, quali reitirate visite fiscali, di
idoneità, contestazioni o trasferimenti in sedi lontane, rifiuto di permessi, di
ferie o trasferimenti, tutte finalizzate alla estromissione del soggetto da quel
posto di lavoro.
g) per gli atti persecutori e di grave
maltrattamento, comunicazioni verbali distorte e tesi a critica, anche di fronte
a terzi;
h) con le molestie sessuali;
i) per la squalifica dell’immagine personale e
professionale;
l) per le offese alla dignità personale, attuate
da superiori, da pari-grado, o da subordinati, o dal datore di lavoro;
2. Agli effetti degli accertamenti delle responsabilità l’istigazione è considerata equivalente alla realizzazione del fatto.
3. Il danno sull’integrità psico-fisica provocato dai comportamenti ed atti di cui al comma 1 è rilevato, ai fini della presente legge, ogni qualvolta comporti riduzione della capacità lavorativa per disturbi psicofisici di qualunque entità quali depressione, disturbi psicosomatici conseguenti a stress lavorativo come l’ipertensione, l’ulcera, l’artrite, disturbi allergici, disturbi della sfera sessuale sino ai tumori.
Art. 3.
(Prevenzione e informazione)
1. Ai fine di prevenire i casi di molestie morali e violenza psicologica i datori di lavoro, pubblici e privati, in collaborazione con le organizzazioni sindacali aziendali, ed i servizi di prevenzione e protezione della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro delle AUSL, unitamente ai centri regionali per la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo di cui all’articolo 9, organizzano iniziative periodiche di informazione dei dipendenti anche al fine di individuare immediatamente eventuali sintomi o condizioni di discriminazioni, espresse nell’articolo 2.
2. In concorso con i centri di cui all’articolo 9 i
servizi della AUSL di cui al comma 1 organizzano annualmente corsi sul fenomeno
mobbing obbligatori e a carico del datore di lavoro per i dirigenti, i
medici competenti, i responsabili della sicurezza aziendale, nonché per i
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS).
3. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi nelle
aziende, previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni, deve essere competente in materia di mobbing,
anche servendosi di appositi consulenti.
4. Devono essere previste in ogni azienda all’interno dei
processi informativi e formativi previsti dal citato decreto legislativo n. 626
del 1994, e successive modifiche, apposite riunioni aziendali periodiche,
improntate alla trasparenza e alla correttezza nei rapporti aziendali e
professionali, atte a fornire alle lavoratrici e ai lavoratori informazioni
sugli aspetti organizzativi (ruoli, mansioni, carriera, mobilità).
5. Un’informazione generale deve essere svolta anche per
tutti i lavoratori dedicando allo scopo due ore di assemblea annuali oltre a
quelle previste dalla legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.
(Obblighi del datore di lavoro)
1. Il datore di lavoro qualora siano denunciati azioni o fatti di cui all’articolo 2 da singoli lavoratori o da gruppi di lavoratori, o su segnalazione delle rappresentanze sindacali aziendali, o del rappresentante alla sicurezza, nonché dal medico competente, ha l’obbligo di accertare tempestivamente i comportamenti denunciati.
2. Il datore di lavoro è tenuto a prendere provvedimenti per il loro superamento sentiti i lavoratori dell’area interessata, il medico competente, nonché se necessario il servizio di prevenzione e protezione della AUSL.
(Azioni di tutela giudiziaria)
1. Qualora vengano posti in essere comportamenti definiti ai sensi dell’articolo 2 su ricorso del lavoratore o per sua delega dalle organizzazioni sindacali, il tribunale territorialmente competente, in funzione di giudice del lavoro, nei cinque giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, ordina al responsabile del comportamento denunziato, con provvedimento motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo, ne dispone la rimozione degli effetti, stabilisce le modalità di esecuzione della decisione e determina in via equitativa la riparazione pecuniaria dovuta al lavoratore per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Contro tale decisione è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti, opposizione davanti al tribunale, che decide in composizione collegiale, con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.
2. Il risarcimento del danno dovuto al lavoratore dal
responsabile di comportamenti definiti dall’articolo 2 deve comprendere in ogni
caso anche una somma a titolo di indennizzo del danno biologico da determinarsi
in via equitativa.
3. Restano valide tutte le altre norme vigenti in materia di
tutela di lavoro subordinato.
(Pubblicità del provvedimento del giudice)
1. Su richiesta della parte interessata, il giudice può disporre che del provvedimento di condanna o di assoluzione venga data informazione ai dipendenti, mediante una lettera del datore di lavoro, omettendo il nome della persona oggetto di molestia morale e violenza psicologica.
2. Se l’atto è commesso dal datore di lavoro o si evince una sua complicità, il giudice dispone la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a tiratura nazionale, omettendo il nome della persona oggetto di molestia morale e violenza psicologica. Le eventuali spese sono a carico del condannato.
(Responsabilità disciplinare)
1. Nei confronti di coloro che pongono in essere atti e comportamenti previsti all’articolo 2, deve essere disposta, da parte del datore di lavoro o del superiore, una sanzione disciplinare prevista dalla contrattazione collettiva.
(Nullità degli atti discriminatori)
1. Tutti gli atti discriminatori di cui all’articolo 2 o conseguenti ad esso sono dichiarati nulli.
(Istituzione di centri regionali
per prevenzione, diagnosi e terapia
dei disturbi da disadattamento lavorativo)
1. Ogni regione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge istituisce un centro regionale per la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo, di seguito chiamato «centro» con un adeguato organico, diretto da uno psichiatra di ex II livello che abbia seguito appositi corsi di formazione. Il centro anche ai fini contrattuali, ha il carattere di struttura complessa. Il centro viene organizzato quale organismo tecnico di consulenza dei servizi di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro delle AUSL e svolge i seguenti compiti:
a) ricerca e prevenzione del fenomeno mobbing;
b) informazione dei lavoratori;
c) formazione degli operatori dei servizi e delle
strutture di prevenzione delle AUSL;
d) formazione dei medici competenti, formazione
dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti;
e) monitoraggio dei casi.
3. Il centro organizza una conferenza annuale per valutare i risultati del lavoro svolto e individuare le opportune iniziative per la riduzione o l’eliminazione del fenomeno.
Il concetto di mobbing fu introdotto dallo studioso
svedese Heinz Leymann, psicologo del lavoro di origine tedesca, il quale aveva
notato un fenomeno molto frequente nei luoghi di lavoro: l’emarginazione e
l’isolamento nei confronti di un dipendente, provocati generalmente da un
superiore o da un collega (mobber), nei confronti del quale viene
esercitato una vera e propria persecuzione psicologica con l’obiettivo di
distruggerlo psicologicamente e socialmente, fino a provocarne il licenziamento
o indurlo alle dimissioni.
Il fenomeno non è per niente da sottovalutare: non è
secondario né poco frequente, ed in tutto il mondo colpisce più le donne degli
uomini e, nella maggior parte dei casi, comincia sotto forma di molestie
sessuali.
Nel 1998 uno studio della Fondazione Europea per il
miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro condotta su un campione di
dodicimila lavoratori ha messo in evidenza che nei quindici Paesi dell’Unione,
1’8,1 per cento si è dichiarato vittima di atti di violenza e persecuzione
psicologica nell’ambito dell’attività lavorativa.
I Paesi europei che hanno adottato misure legislative che
tutelano dal fenomeno del mobbing sono la Finlandia e la Svezia, seguite
dalla Germania che ha introdotto nei contratti di lavoro misure cautelative
contro il mobbing.
Anche in Francia è frequente questo fenomeno: nel suo libro
«Molestie Morali» (La violenza perversa in famiglia e sul posto di lavoro) la
psicanalista francese Marie France Hirigoyen, esperta in «vittimologia»,
(disciplina per la quale è stata istituita in Francia una cattedra
universitaria) parla del «Narcisista Perverso», di uno psicotico senza sintomi,
che trova il suo equilibrio scaricando su un altro il dolore che non è capace di
sentire. Questo transfert del dolore gli permette di valorizzarsi a spese
di un altro.
Tutti gli studi internazionali attribuiscono ormai grande
importanza all’organizzazione del lavoro: una cattiva organizzazione del lavoro
creerà prevedibilmente maggiore stress nei dipendenti, e faciliterà
quindi il verificarsi di situazioni di mobbing, soprattutto se in
presenza di personalità disturbate: ciò a dire che varie sono le cause che
possono determinare tali situazioni.
Anche in Italia il fenomeno diventa sempre più esteso ed
eclatante. Nel 2001, nel corso della Prima conferenza nazionale sulla salute
mentale, l’allora Ministro della sanità, professor Veronesi, fornì alcuni dati
ufficiali. Il mobbing è risultato al secondo posto tra i fattori di
rischio per malattie mentali, con circa due milioni di vittime, cui fanno
seguito circa quattro milioni di familiari coinvolti, anch’essi colpiti da
questa grave patologia sociale.
Gli effetti sulle vittime sono devastanti: dagli studi fatti
in tutto il mondo le vittime risultano ammalarsi di sindrome post-traumatica da
stress a cui si aggiunge un disturbo depressivo, in genere grave, tanto
che in uno studio condotto da Leymann in collaborazione con l’OMS è risultato
che tra il 20 ed il 15 per cento di suicidi in Svezia era dovuto a situazioni di
mobbing.
I disturbi fisici generalmente presenti sono l’ipertensione,
l’ulcera, le malattie artrosiche, le malattie della pelle, e, perfino, i tumori.
Tristemente famoso è il caso dell’ILVA di Taranto,
riconosciuto ufficialmente come mobbing da tutti i maggiori studiosi
italiani: la famigerata palazzina LAF (una palazzina che serviva come uffici per
gli impianti di laminatoio a freddo, da cui deriva il nome) dismessa da anni, e
nei quali i dirigenti dell’ILVA avevano messo settantanove dipendenti (tutti
impiegati e laureati); solo dopo l’intervento del centro di salute mentale di
Taranto, che inviò un esposto alla procura, dei mass media locali e
nazionali e di Amnesty International la palazzina è stata chiusa.
Questo caso, pur nella sua gravità, non è emblematico. Il
mobbing, infatti, viene consumato in maniera isolata, sotto gli occhi di
spettatori indifferenti, a loro volta ricattati dal mobber.
Una legge in materia è ormai indispensabile anche in Italia,
e non solo per motivi etici: l’Unione europea ha più volte sanzionato l’Italia
per la mancanza di un legge su questo fenomeno.
Le malattie mentali e fisiche dovute al mobbing recano
un danni socio-economici rilevanti alla società: costi per i ricoveri
ospedalieri, costi per le cure ed, infine, un lavoratore costretto al
prepensionamento a soli quaranta anni determina un costo sociale altamente più
elevato rispetto ad un lavoratore che va in quiescenza in età prevista.
Un danno economico rilevante anche per la società e le
aziende, sia pubbliche che private.
Il presente disegno di legge intende disciplinare un fenomeno
in forte espansione attraverso norme in grado di prevenire la diffusione e di
sanzionare i comportamenti persecutori.
L’articolo 1 individua il campo di applicazione del disegno
di legge il cui fine è quello di tutelare i lavoratori nell’ambito dei rapporti
di lavoro, nel settore pubblico e privato e indipendentemente dalla natura dello
stesso.
L’articolo 2 definisce i concetti di molestie morali e
violenza psicologica e le modalità attraverso le quali tali atti sono posti in
essere, introducendo altresì il concetto di danno psico-fisico provocato dai
comportamenti precedentemente definiti.
Con l’articolo 3 si prevede che i datori di lavoro, pubblici
e privati e le rispettive rappresentanze sindacali, in concorso con i centri
regionali per la prevenzione, organizzano iniziative periodiche di informazione
per i dipendenti, allo scopo di prevenire le situazioni di mobbing.
Il datore di lavoro ha l’obbligo tempestivo di accertare i
comportamenti denunciati e prendere provvedimenti per il loro superamento
(articolo 4).
L’azione di tutela giudiziaria (articolo 5) prevede un
percorso attraverso il giudizio immediato del tribunale del lavoro al fine di
salvaguardare i soggetti da danni psico-fisici permanenti.
L’articolo 6 disciplina la pubblicità del provvedimento di
condanna emesso dal giudice, l’articolo 7 contiene previsioni in materia di
sanzioni per coloro che pongono in essere comportamenti rilevanti ai fini della
presente legge, l’articolo 8 prevede che tutti gli atti discriminatori assunti e
riconducibili al mobbing siano nulli.
Con l’articolo 9 si istituiscono Centri regionali per la
prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo,
quale organo tecnico di consulenza dei servizi di prevenzione delle AUSL.