XIV Legislatura

Atto Senato  1280

Norme per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori da molestie moralii e psicologiche nel mondo del lavoro

 

Testi disponibili: Testo DDL 1280
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16 Aprile 2002: assegnato (non ancora iniziato l'esame)
Iter:
S. 1280 assegnato (non ancora iniziato l'esame) 16 Aprile 2002
Iniziativa Parlamentare: Sen. Tommaso Sodano (Misto, RC)
Cofirmatari
Natura: ordinaria
Presentazione: Presentato in data 21 Marzo 2002; annunciato nella seduta n.145 del 26 Marzo 2002
Classificazione TESEO:

TUTELA DEI LAVORATORI, VIOLENZA E MINACCE
Articoli

Assegnazione: Assegnato alla 11^ Lavoro, previdenza sociale in sede referente in data 16 Aprile 2002. Assegnazione annunciata nella seduta n.158 del 16 Aprile 2002.
Pareri della 1^ Affari Costituzionali; 2^ Giustizia; 5^ Bilancio; 12^ Igiene e sanita'; Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

    ———– XIV LEGISLATURA ———–

 

    N. 1280
 
 


DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori SODANO Tommaso, MALABARBA
e MALENTACCHI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 21 MARZO 2002

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Norme per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori da molestie morali e psicologiche nel mondo del lavoro

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Onorevoli Senatori. – La psicologia del lavoro indica con l’espressione mobbing che deriva dall’inglese to mob (accerchiare, aggredire), il complesso delle azioni e dei sintomi derivanti da una situazione di terrore psicologico sul posto di lavoro.

    Il concetto di mobbing fu introdotto dallo studioso svedese Heinz Leymann, psicologo del lavoro di origine tedesca, il quale aveva notato un fenomeno molto frequente nei luoghi di lavoro: l’emarginazione e l’isolamento nei confronti di un dipendente, provocati generalmente da un superiore o da un collega (mobber), nei confronti del quale viene esercitato una vera e propria persecuzione psicologica con l’obiettivo di distruggerlo psicologicamente e socialmente, fino a provocarne il licenziamento o indurlo alle dimissioni.
    Il fenomeno non è per niente da sottovalutare: non è secondario né poco frequente, ed in tutto il mondo colpisce più le donne degli uomini e, nella maggior parte dei casi, comincia sotto forma di molestie sessuali.
    Nel 1998 uno studio della Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro condotta su un campione di dodicimila lavoratori ha messo in evidenza che nei quindici Paesi dell’Unione, 1’8,1 per cento si è dichiarato vittima di atti di violenza e persecuzione psicologica nell’ambito dell’attività lavorativa.
    I Paesi europei che hanno adottato misure legislative che tutelano dal fenomeno del mobbing sono la Finlandia e la Svezia, seguite dalla Germania che ha introdotto nei contratti di lavoro misure cautelative contro il mobbing.
    Anche in Francia è frequente questo fenomeno: nel suo libro «Molestie Morali» (La violenza perversa in famiglia e sul posto di lavoro) la psicanalista francese Marie France Hirigoyen, esperta in «vittimologia», (disciplina per la quale è stata istituita in Francia una cattedra universitaria) parla del «Narcisista Perverso», di uno psicotico senza sintomi, che trova il suo equilibrio scaricando su un altro il dolore che non è capace di sentire. Questo transfert del dolore gli permette di valorizzarsi a spese di un altro.
    Tutti gli studi internazionali attribuiscono ormai grande importanza all’organizzazione del lavoro: una cattiva organizzazione del lavoro creerà prevedibilmente maggiore stress nei dipendenti, e faciliterà quindi il verificarsi di situazioni di mobbing, soprattutto se in presenza di personalità disturbate: ciò a dire che varie sono le cause che possono determinare tali situazioni.
    Anche in Italia il fenomeno diventa sempre più esteso ed eclatante. Nel 2001, nel corso della Prima conferenza nazionale sulla salute mentale, l’allora Ministro della sanità, professor Veronesi, fornì alcuni dati ufficiali. Il mobbing è risultato al secondo posto tra i fattori di rischio per malattie mentali, con circa due milioni di vittime, cui fanno seguito circa quattro milioni di familiari coinvolti, anch’essi colpiti da questa grave patologia sociale.
    Gli effetti sulle vittime sono devastanti: dagli studi fatti in tutto il mondo le vittime risultano ammalarsi di sindrome post-traumatica da stress a cui si aggiunge un disturbo depressivo, in genere grave, tanto che in uno studio condotto da Leymann in collaborazione con l’OMS è risultato che tra il 20 ed il 15 per cento di suicidi in Svezia era dovuto a situazioni di mobbing.
    I disturbi fisici generalmente presenti sono l’ipertensione, l’ulcera, le malattie artrosiche, le malattie della pelle, e, perfino, i tumori.
    Tristemente famoso è il caso dell’ILVA di Taranto, riconosciuto ufficialmente come mobbing da tutti i maggiori studiosi italiani: la famigerata palazzina LAF (una palazzina che serviva come uffici per gli impianti di laminatoio a freddo, da cui deriva il nome) dismessa da anni, e nei quali i dirigenti dell’ILVA avevano messo settantanove dipendenti (tutti impiegati e laureati); solo dopo l’intervento del centro di salute mentale di Taranto, che inviò un esposto alla procura, dei mass media locali e nazionali e di Amnesty International la palazzina è stata chiusa.
    Questo caso, pur nella sua gravità, non è emblematico. Il mobbing, infatti, viene consumato in maniera isolata, sotto gli occhi di spettatori indifferenti, a loro volta ricattati dal mobber.
    Una legge in materia è ormai indispensabile anche in Italia, e non solo per motivi etici: l’Unione europea ha più volte sanzionato l’Italia per la mancanza di un legge su questo fenomeno.
    Le malattie mentali e fisiche dovute al mobbing recano un danni socio-economici rilevanti alla società: costi per i ricoveri ospedalieri, costi per le cure ed, infine, un lavoratore costretto al prepensionamento a soli quaranta anni determina un costo sociale altamente più elevato rispetto ad un lavoratore che va in quiescenza in età prevista.
    Un danno economico rilevante anche per la società e le aziende, sia pubbliche che private.
    Il presente disegno di legge intende disciplinare un fenomeno in forte espansione attraverso norme in grado di prevenire la diffusione e di sanzionare i comportamenti persecutori.
    L’articolo 1 individua il campo di applicazione del disegno di legge il cui fine è quello di tutelare i lavoratori nell’ambito dei rapporti di lavoro, nel settore pubblico e privato e indipendentemente dalla natura dello stesso.
    L’articolo 2 definisce i concetti di molestie morali e violenza psicologica e le modalità attraverso le quali tali atti sono posti in essere, introducendo altresì il concetto di danno psico-fisico provocato dai comportamenti precedentemente definiti.
    Con l’articolo 3 si prevede che i datori di lavoro, pubblici e privati e le rispettive rappresentanze sindacali, in concorso con i centri regionali per la prevenzione, organizzano iniziative periodiche di informazione per i dipendenti, allo scopo di prevenire le situazioni di mobbing.
    Il datore di lavoro ha l’obbligo tempestivo di accertare i comportamenti denunciati e prendere provvedimenti per il loro superamento (articolo 4).
    L’azione di tutela giudiziaria (articolo 5) prevede un percorso attraverso il giudizio immediato del tribunale del lavoro al fine di salvaguardare i soggetti da danni psico-fisici permanenti.
    L’articolo 6 disciplina la pubblicità del provvedimento di condanna emesso dal giudice, l’articolo 7 contiene previsioni in materia di sanzioni per coloro che pongono in essere comportamenti rilevanti ai fini della presente legge, l’articolo 8 prevede che tutti gli atti discriminatori assunti e riconducibili al mobbing siano nulli.
    Con l’articolo 9 si istituiscono Centri regionali per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo, quale organo tecnico di consulenza dei servizi di prevenzione delle AUSL.

 

DISEGNO DI LEGGE
 

Art. 1.

(Campo di applicazione)

    1. La presente legge prescrive misure per la tutela da molestie morali e violenze psicologiche delle lavoratrici e dei lavoratori in ambito lavorativo ed in tutti i settori di attività, privati o pubblici, comprese le collaborazioni, indipendentemente dalla loro natura, mansione o grado.

    2. Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato è vietato qualsiasi comportamento anche omissivo, che leda o ponga in pericolo la salute fisica e psichica, la dignità e la personalità morale del lavoratore.

Art. 2.

(Definizioni)

    1. Agli effetti della presente legge, si intendono per molestie morali e violenza psicologica nell’ambito del posto di lavoro quelle azioni, esercitate esplicitamente con modalità lesiva, che sono svolte con carattere iterativo e sistematico. Per avere il carattere di molestia morale e violenza psicologica, tali atti devono avere il fine di emarginare, discriminare, screditare, o, comunque, recare danno alla lavoratrice o al lavoratore nella propria carriera, autorevolezza, e rapporto con gli altri. Ciò può avvenire anche:

        a) attraverso la rimozione da incarichi;
        b) per l’esclusione dalla comunicazione ed informazione aziendale;
        c) per la svalutazione sistematica dei risultati, fino ad un vero e proprio sabotaggio del lavoro, che può essere svuotato dei contenuti, oppure privato degli strumenti necessari al suo svolgimento;
        d) per sovraccarico di lavoro, o per compiti impossibili o inutili, che acuiscono i sensi di impotenza e di frustrazione;
        e) per attribuzione di compiti inadeguati rispetto alla qualifica e preparazione professionale, o alle condizioni fisiche e di salute;
        f) per esercizio da parte del datore di lavoro o dei dirigenti di azioni sanzionatorie, quali reitirate visite fiscali, di idoneità, contestazioni o trasferimenti in sedi lontane, rifiuto di permessi, di ferie o trasferimenti, tutte finalizzate alla estromissione del soggetto da quel posto di lavoro.
        g) per gli atti persecutori e di grave maltrattamento, comunicazioni verbali distorte e tesi a critica, anche di fronte a terzi;
        h) con le molestie sessuali;
        i) per la squalifica dell’immagine personale e professionale;
        l) per le offese alla dignità personale, attuate da superiori, da pari-grado, o da subordinati, o dal datore di lavoro;

    2. Agli effetti degli accertamenti delle responsabilità l’istigazione è considerata equivalente alla realizzazione del fatto.

    3. Il danno sull’integrità psico-fisica provocato dai comportamenti ed atti di cui al comma 1 è rilevato, ai fini della presente legge, ogni qualvolta comporti riduzione della capacità lavorativa per disturbi psicofisici di qualunque entità quali depressione, disturbi psicosomatici conseguenti a stress lavorativo come l’ipertensione, l’ulcera, l’artrite, disturbi allergici, disturbi della sfera sessuale sino ai tumori.


Art. 3.

(Prevenzione e informazione)

    1. Ai fine di prevenire i casi di molestie morali e violenza psicologica i datori di lavoro, pubblici e privati, in collaborazione con le organizzazioni sindacali aziendali, ed i servizi di prevenzione e protezione della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro delle AUSL, unitamente ai centri regionali per la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo di cui all’articolo 9, organizzano iniziative periodiche di informazione dei dipendenti anche al fine di individuare immediatamente eventuali sintomi o condizioni di discriminazioni, espresse nell’articolo 2.

    2. In concorso con i centri di cui all’articolo 9 i servizi della AUSL di cui al comma 1 organizzano annualmente corsi sul fenomeno mobbing obbligatori e a carico del datore di lavoro per i dirigenti, i medici competenti, i responsabili della sicurezza aziendale, nonché per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS).
    3. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi nelle aziende, previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, deve essere competente in materia di mobbing, anche servendosi di appositi consulenti.
    4. Devono essere previste in ogni azienda all’interno dei processi informativi e formativi previsti dal citato decreto legislativo n. 626 del 1994, e successive modifiche, apposite riunioni aziendali periodiche, improntate alla trasparenza e alla correttezza nei rapporti aziendali e professionali, atte a fornire alle lavoratrici e ai lavoratori informazioni sugli aspetti organizzativi (ruoli, mansioni, carriera, mobilità).
    5. Un’informazione generale deve essere svolta anche per tutti i lavoratori dedicando allo scopo due ore di assemblea annuali oltre a quelle previste dalla legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.

Art. 4.

(Obblighi del datore di lavoro)

1. Il datore di lavoro qualora siano denunciati azioni o fatti di cui all’articolo 2 da singoli lavoratori o da gruppi di lavoratori, o su segnalazione delle rappresentanze sindacali aziendali, o del rappresentante alla sicurezza, nonché dal medico competente, ha l’obbligo di accertare tempestivamente i comportamenti denunciati.

    2. Il datore di lavoro è tenuto a prendere provvedimenti per il loro superamento sentiti i lavoratori dell’area interessata, il medico competente, nonché se necessario il servizio di prevenzione e protezione della AUSL.

Art. 5.

(Azioni di tutela giudiziaria)

    1. Qualora vengano posti in essere comportamenti definiti ai sensi dell’articolo 2 su ricorso del lavoratore o per sua delega dalle organizzazioni sindacali, il tribunale territorialmente competente, in funzione di giudice del lavoro, nei cinque giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, ordina al responsabile del comportamento denunziato, con provvedimento motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo, ne dispone la rimozione degli effetti, stabilisce le modalità di esecuzione della decisione e determina in via equitativa la riparazione pecuniaria dovuta al lavoratore per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Contro tale decisione è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti, opposizione davanti al tribunale, che decide in composizione collegiale, con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.

    2. Il risarcimento del danno dovuto al lavoratore dal responsabile di comportamenti definiti dall’articolo 2 deve comprendere in ogni caso anche una somma a titolo di indennizzo del danno biologico da determinarsi in via equitativa.
    3. Restano valide tutte le altre norme vigenti in materia di tutela di lavoro subordinato.

Art. 6.

(Pubblicità del provvedimento del giudice)

    1. Su richiesta della parte interessata, il giudice può disporre che del provvedimento di condanna o di assoluzione venga data informazione ai dipendenti, mediante una lettera del datore di lavoro, omettendo il nome della persona oggetto di molestia morale e violenza psicologica.

    2. Se l’atto è commesso dal datore di lavoro o si evince una sua complicità, il giudice dispone la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a tiratura nazionale, omettendo il nome della persona oggetto di molestia morale e violenza psicologica. Le eventuali spese sono a carico del condannato.

Art. 7.

(Responsabilità disciplinare)

    1. Nei confronti di coloro che pongono in essere atti e comportamenti previsti all’articolo 2, deve essere disposta, da parte del datore di lavoro o del superiore, una sanzione disciplinare prevista dalla contrattazione collettiva.

Art. 8.

(Nullità degli atti discriminatori)

    1. Tutti gli atti discriminatori di cui all’articolo 2 o conseguenti ad esso sono dichiarati nulli.

Art. 9.

(Istituzione di centri regionali
per prevenzione, diagnosi e terapia
dei disturbi da disadattamento lavorativo)

    1. Ogni regione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge istituisce un centro regionale per la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo, di seguito chiamato «centro» con un adeguato organico, diretto da uno psichiatra di ex II livello che abbia seguito appositi corsi di formazione. Il centro anche ai fini contrattuali, ha il carattere di struttura complessa. Il centro viene organizzato quale organismo tecnico di consulenza dei servizi di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro delle AUSL e svolge i seguenti compiti:

        a) ricerca e prevenzione del fenomeno mobbing;

        b) informazione dei lavoratori;
        c) formazione degli operatori dei servizi e delle strutture di prevenzione delle AUSL;
        d) formazione dei medici competenti, formazione dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti;
        e) monitoraggio dei casi.

    3. Il centro organizza una conferenza annuale per valutare i risultati del lavoro svolto e individuare le opportune iniziative per la riduzione o l’eliminazione del fenomeno.

 

Onorevoli Senatori. – La psicologia del lavoro indica con l’espressione mobbing che deriva dall’inglese to mob (accerchiare, aggredire), il complesso delle azioni e dei sintomi derivanti da una situazione di terrore psicologico sul posto di lavoro.

    Il concetto di mobbing fu introdotto dallo studioso svedese Heinz Leymann, psicologo del lavoro di origine tedesca, il quale aveva notato un fenomeno molto frequente nei luoghi di lavoro: l’emarginazione e l’isolamento nei confronti di un dipendente, provocati generalmente da un superiore o da un collega (mobber), nei confronti del quale viene esercitato una vera e propria persecuzione psicologica con l’obiettivo di distruggerlo psicologicamente e socialmente, fino a provocarne il licenziamento o indurlo alle dimissioni.
    Il fenomeno non è per niente da sottovalutare: non è secondario né poco frequente, ed in tutto il mondo colpisce più le donne degli uomini e, nella maggior parte dei casi, comincia sotto forma di molestie sessuali.
    Nel 1998 uno studio della Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro condotta su un campione di dodicimila lavoratori ha messo in evidenza che nei quindici Paesi dell’Unione, 1’8,1 per cento si è dichiarato vittima di atti di violenza e persecuzione psicologica nell’ambito dell’attività lavorativa.
    I Paesi europei che hanno adottato misure legislative che tutelano dal fenomeno del mobbing sono la Finlandia e la Svezia, seguite dalla Germania che ha introdotto nei contratti di lavoro misure cautelative contro il mobbing.
    Anche in Francia è frequente questo fenomeno: nel suo libro «Molestie Morali» (La violenza perversa in famiglia e sul posto di lavoro) la psicanalista francese Marie France Hirigoyen, esperta in «vittimologia», (disciplina per la quale è stata istituita in Francia una cattedra universitaria) parla del «Narcisista Perverso», di uno psicotico senza sintomi, che trova il suo equilibrio scaricando su un altro il dolore che non è capace di sentire. Questo transfert del dolore gli permette di valorizzarsi a spese di un altro.
    Tutti gli studi internazionali attribuiscono ormai grande importanza all’organizzazione del lavoro: una cattiva organizzazione del lavoro creerà prevedibilmente maggiore stress nei dipendenti, e faciliterà quindi il verificarsi di situazioni di mobbing, soprattutto se in presenza di personalità disturbate: ciò a dire che varie sono le cause che possono determinare tali situazioni.
    Anche in Italia il fenomeno diventa sempre più esteso ed eclatante. Nel 2001, nel corso della Prima conferenza nazionale sulla salute mentale, l’allora Ministro della sanità, professor Veronesi, fornì alcuni dati ufficiali. Il mobbing è risultato al secondo posto tra i fattori di rischio per malattie mentali, con circa due milioni di vittime, cui fanno seguito circa quattro milioni di familiari coinvolti, anch’essi colpiti da questa grave patologia sociale.
    Gli effetti sulle vittime sono devastanti: dagli studi fatti in tutto il mondo le vittime risultano ammalarsi di sindrome post-traumatica da stress a cui si aggiunge un disturbo depressivo, in genere grave, tanto che in uno studio condotto da Leymann in collaborazione con l’OMS è risultato che tra il 20 ed il 15 per cento di suicidi in Svezia era dovuto a situazioni di mobbing.
    I disturbi fisici generalmente presenti sono l’ipertensione, l’ulcera, le malattie artrosiche, le malattie della pelle, e, perfino, i tumori.
    Tristemente famoso è il caso dell’ILVA di Taranto, riconosciuto ufficialmente come mobbing da tutti i maggiori studiosi italiani: la famigerata palazzina LAF (una palazzina che serviva come uffici per gli impianti di laminatoio a freddo, da cui deriva il nome) dismessa da anni, e nei quali i dirigenti dell’ILVA avevano messo settantanove dipendenti (tutti impiegati e laureati); solo dopo l’intervento del centro di salute mentale di Taranto, che inviò un esposto alla procura, dei mass media locali e nazionali e di Amnesty International la palazzina è stata chiusa.
    Questo caso, pur nella sua gravità, non è emblematico. Il mobbing, infatti, viene consumato in maniera isolata, sotto gli occhi di spettatori indifferenti, a loro volta ricattati dal mobber.
    Una legge in materia è ormai indispensabile anche in Italia, e non solo per motivi etici: l’Unione europea ha più volte sanzionato l’Italia per la mancanza di un legge su questo fenomeno.
    Le malattie mentali e fisiche dovute al mobbing recano un danni socio-economici rilevanti alla società: costi per i ricoveri ospedalieri, costi per le cure ed, infine, un lavoratore costretto al prepensionamento a soli quaranta anni determina un costo sociale altamente più elevato rispetto ad un lavoratore che va in quiescenza in età prevista.
    Un danno economico rilevante anche per la società e le aziende, sia pubbliche che private.
    Il presente disegno di legge intende disciplinare un fenomeno in forte espansione attraverso norme in grado di prevenire la diffusione e di sanzionare i comportamenti persecutori.
    L’articolo 1 individua il campo di applicazione del disegno di legge il cui fine è quello di tutelare i lavoratori nell’ambito dei rapporti di lavoro, nel settore pubblico e privato e indipendentemente dalla natura dello stesso.
    L’articolo 2 definisce i concetti di molestie morali e violenza psicologica e le modalità attraverso le quali tali atti sono posti in essere, introducendo altresì il concetto di danno psico-fisico provocato dai comportamenti precedentemente definiti.
    Con l’articolo 3 si prevede che i datori di lavoro, pubblici e privati e le rispettive rappresentanze sindacali, in concorso con i centri regionali per la prevenzione, organizzano iniziative periodiche di informazione per i dipendenti, allo scopo di prevenire le situazioni di mobbing.
    Il datore di lavoro ha l’obbligo tempestivo di accertare i comportamenti denunciati e prendere provvedimenti per il loro superamento (articolo 4).
    L’azione di tutela giudiziaria (articolo 5) prevede un percorso attraverso il giudizio immediato del tribunale del lavoro al fine di salvaguardare i soggetti da danni psico-fisici permanenti.
    L’articolo 6 disciplina la pubblicità del provvedimento di condanna emesso dal giudice, l’articolo 7 contiene previsioni in materia di sanzioni per coloro che pongono in essere comportamenti rilevanti ai fini della presente legge, l’articolo 8 prevede che tutti gli atti discriminatori assunti e riconducibili al mobbing siano nulli.
    Con l’articolo 9 si istituiscono Centri regionali per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo, quale organo tecnico di consulenza dei servizi di prevenzione delle AUSL.