Legislatura: | XIII | Ramo: | Senato |
Tipo Atto: | INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA | Numero atto: | 4/13816 |
Data presentazione: | 28-01-1999 | Seduta di presentazione: | 531 |
Presentatore |
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Cognome | Nome | Gruppo |
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RUSSO SPENA | Giovanni | MISTO (MISTO) |
Destinatari |
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Data | |
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MINISTERO DELL'INTERNO | 28-01-1999 |
MINISTERO CON L'INCARICO PER IL COORDINAMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE | 28-01-1999 |
Argomento |
Classificazione con termini TESEO |
ARMI |
INDAGINI GIUDIZIARIE |
REATI DI TERRORISMO E DI EVERSIONE |
SERVIZI DI SICUREZZA |
VENDITA |
Indicizzazione : geopolitica e sigle |
SERVIZIO PER LE INFORMAZIONI E LA SICUREZZA MILITARE ( SISMI ) |
SUSA (TORINO+ PIEMONTE+) |
Testo dell'Atto |
- Al Ministro dell'interno e per il
coordinamento della protezione civile. - Premesso: che nel 1992 il pubblico ministero dottoressa Gabriella Viglione instaura un procedimento penale a carico dei titolari di un'armeria sita in Susa (Torino), la Brown Bess, sulla base di una serie di prove acquisite a carico di questi dalla polizia giudiziaria della sezione di polizia giudiziaria a lei assegnata; gli elementi di colpevolezza a carico dei due, Andrea Torta e Luisa Duodero - rispettivamente figlio e moglie separata di fatto di un armiere di Milano, Giovanni Torta, che riforniva d'armi la destra eversiva - vengono forniti da un confidente della polizia giudiziaria tale Franco Fuschi, che nel corso della collaborazione riferirà di essere già collaboratore di SISMI e SISDE; che dall'indagine sulla predetta armeria emerge che dalla stessa sono state vendute illecitamente molte armi ed alla conta definitiva risulta che ben 397 armi sono diventate clandestine; la Duodero riferisce di aver commerciato in tal modo godendo della copertura di alcuni sottufficiali dell'Arma e di due appartenenti al SISDE che vengono pertanto indagati ma i cui casi saranno poi archiviati; non tutti per oggettiva innocenza; incominciano a pervenire lettere e telefonate minatorie al personale della polizia giudiziaria con forti pressioni psicologiche anche sui famigliari sia conviventi che non; tali persecuzioni avranno continuità per circa cinque anni per poi continuare più diradatamente sino ad oggi; stante la riconosciuta incapacità del Ministero dell'interno nell'identificare i mittenti delle minacce, tutti i fascicoli aperti in tal senso vengono archiviati, mentre a tre dipendenti della sezione di polizia giudiziaria, stante il riconosciuto pericolo, verrà fornita - solo nel 1998 - un'arma supplementare; che nel 1996 la procura indaga anche il Fuschi, il quale dichiara di essere un killer professionista e testimonia la sua responsabilità in numerosi omicidi; ma il Fuschi tenta il suicidio, sparandosi in procura; si salva e continua a collaborare mischiando però a notizie vere anche quelle verosimili e false; che le sue responsabilità oggettive negli omicidi di cui si autoaccusa vengono sostanzialmente confortate dagli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria della dottoressa Viglione; il Fuschi dichiara di aver lavorato per il SISDE in merito a informazioni su traffici d'armi e con il SISMI, avendo quale diretto suo riferimento il defunto colonnello Ferraro di quel servizio, notoriamente trovato impiccato nella sua abitazione; che il lavoro dichiarato dal Fuschi per conto del Ferraro sarebbero tre omicidi da questo commissionatigli; sulla scorta di queste indicazioni incomincia nel 1997 un'attività integrativa d'indagine finalizzata a comprovare tali dichiarazioni; che nel novembre 1998 inizia il processo a carico del Fuschi, in merito agli omicidi compiuti; che simultaneamente riprendono costanti i recapiti di lettere minatorie, questa volta però indirizzati direttamente al pubblico ministero e comprendenti la promessa di morte per la stessa, per la sua scorta e per la polizia giudiziaria che con la medesima collabora; tali missive sono tutte corredate di un bossolo di P38; che nel corso degli anni precedenti tutti i giornalisti che si sono occupati del caso sono stati intimiditi o ridotti al silenzio sulla questione che, nonostante l'entità della situazione, viene sminuita anche dagli organi di stampa e televisivi nazionali; che nel corso delle indagini sui tre omicidi che il Fuschi riferisce essere stati compiuti su mandato del Ferraro, e cioè quello di Giacomo Lea, Massimo Mantovani e Ivo Asteggiano, emergono numerosi elementi che denotano gravi carenze nelle indagini compiute all'epoca dei fatti, spesso presentatesi come veri e propri depistaggi e un discreto interessamento dei servizi segreti civili; il SISMI non ha fornito al pubblico ministero procedente quanto richiesto in merito alla faccenda, ma da nessuna parte emergono indizi oggettivi a carico di tale servizio, mentre personaggi notoriamente dichiaratisi pubblicamente collaboranti con lo stesso e noti per utilizzare il proprio ruolo istituzionale pro-domo propria non esitano ad esporsi nell'interessarsi allo sviluppo dei casi; in tale contesto emerge una fonte confidenziale dell'assistente Vianzone che riferisce di essere stata avvicinata da uno di tali soggetti dichiaratosi "referente" del SISMI, il quale diffidava dall'interessarsi dell'omicidio Asteggiano, minacciando in caso di scoperta della verità di far fare la stessa fine agli inquirenti; che consta che ad oggi il questore di Torino, informato della gravità della situazione dal segretario generale del SIULP torinese, abbia attivato un servizio non continuativo di vigilanza sulle abitazioni di due uomini della polizia giudiziaria fa cui Vianzone e che abbia sollecitato la locale DIGOS ad interessarsi della faccenda, anche alla luce di un recente episodio, in cui un sedicente quanto falso funzionario di polizia si introduceva nella casa del pubblico ministero mentre questi era assente; è importante notare che nelle lettere minatorie recentemente pervenute si fanno espliciti riferimenti a dati oggettivi di servizi riservati compiuti dal personale della polizia giudiziaria, denotando quindi un interesse ed una capacità di controllo di livello superiore da parte dei minaccianti; la richiesta di trasferimento ad altro ufficio del personale della polizia giudiziaria è stata rifiutata dagli interessati poichè lo Stato democratico non deve fuggire innanzi a tali situazioni ma reagire e tutelare i propri dipendenti sconfiggendo chi trama oscuramente contro di esso, si chiede di sapere: se sia intenzione del Ministero dell'interno fare chiarezza sui fatti assumendo iniziative concrete; se vi sia l'intenzione degli organismi competenti di fare chiarezza sul ruolo dei servizi segreti in tale vicenda; se sussistano reali elementi di interessamento del SISMI per ragioni istituzionali nella vicenda o se la mancata "collaborazione" degli stessi con gli organi inquirenti, al di là della pretestuosa interpretazione della legge, sia determinata dal timore di "fare pulizia" al proprio interno; se non si ritenga opportuno sentire in merito il pubblico ministero dottoressa Viglione e l'ispettore capo Emilio Souberan, che sin dall'inizio ha seguito il caso e che negli anni scorsi è stato a sua volta avvicinato in modo "suggestivo" da un autodichiaratosi ufficiale del SISMI. (4-13816) |