M O T I V A Z I O N I
Gianni Biondillo
Con la morte nel cuore
Guanda, Parma 2005
Il nuovo libro di Biondillo è ricchissimo di storie di vita che si intrecciano attorno ad un commissariato che opera in una zona difficile della periferia di Milano. La realtà del lavoro quotidiano dei poliziotti è stata ricostruita con vivacità e verosimiglianza, aspetto questo che è stato particolarmente apprezzato dai membri delle forze dell’ordine che fanno parte della Giuria del premio Franco Fedeli.
L’ispettore Ferraro - afflitto dal suo cognome, che viene sempre storpiato (Ferrara, Ferrari), “era pure pronto a cambiare cognome…tanto non è che doveva difendere chissà quale tradizione araldica, ma almeno si mettessero d’accordo su come chiamarlo, cazzo! Manco si chiamasse Shostakovic…- è accidioso, inadeguato, istintivo, disorganizzato (dimentica sempre di portarsi dietro la pistola), viscerale, ritardatario cronico, intuitivo.
Il suo habitat naturale è Quarto Oggiaro, popolato di amici come Mimmo e il Baffo, ma anche di implacabili nemici e di strani interlocutori: Zoran affascinante e diabolico (Sembrava un Antonello da Messina in carne ed ossa); Don Leo, boss della ‘Ndrangheta in pensione; l’enigmatico Maestro, figura demiurgica e risolutiva. Fra i poliziotti emerge l’ispettore Lanza, ottimo elemento, ma del tutto privo di senso dell’umorismo, che sembra un marziano o un vulcaniano. I personaggi, insomma, sono tutti molto ben caratterizzati, in una parola indimenticabili, compresi gli oggetti inanimati che nel libro acquistano vita e sentimenti, come la macchinetta del caffè e la sveglia.
Lo stile è efficace e divertente. La lingua è vivace, spregiudicata, mescolata con il dialetto, anzi i dialetti: il milanese, il calabrese, nonché l’albanese. L’intreccio è interessante e mantiene il suspence fino alla fine. Il finale non delude e scioglie tutti i nodi della trama (cosa non scontata, nel giallo italiano degli ultimi anni).
Andrea Cotti
Un gioco da ragazze
Mondadori, Milano 2005
E’ un romanzo dallo stile teso e duro, un noir molto più che un poliziesco classico, che prende spunto dalla cronaca giudiziaria recente, ma se ne stacca in modo originale. Interessante è l’idea del delitto per gioco, sviluppata con il ritmo di una sceneggiatura cinematografica.
Le indagini sono condotte dall’ispettore Giulia Vita che testardamente si rifiuta di accettare la soluzione più “semplice” e, passo dopo passo, ricostruisce lo scenario di perversione e violenza che si cela dietro una tranquilla esistenza borghese. La terribile cefalea, che periodicamente l’assale, sembra una simbolica invasione del male che la circonda.
I personaggi sono freddi e anaffettivi come Elena Flores, la giovanissima dark lady, Davide Maglio, il suo ragazzo (forse è proprio tutta la sua vita che è sempre stata simile a una pietra, a un sasso, a una cosa pesante ma semplice), l’ambiguo avvocato Guido Miserre. Proprio per questo, sono capaci di rispecchiare una realtà degradata, in cui l’istituzione familiare e i valori tradizionali hanno perso ogni significato.
Loriano Macchiavelli – Sandro Toni
Sarti Antonio e l’assassino
Mondadori, Milano 2004
Il sergente Sarti Antonio è un vecchio amico che torna, per merito, questa volta, di due autori che sono riusciti ad armonizzarsi perfettamente. Sfigato come sempre e colitico, è un poliziotto perbene che “si sarebbe dimesso da questurino se fosse stato a Genova”. La sua casa è il solito porto di mare, di cui tutti hanno la chiave. C’è sempre il capo Raimondi Cesare, èverocomesidice, l’ottuso contraltare di Sarti, in strepitosa forma come cretino. Ritorna anche Rosas, che è ormai invecchiato, ma non rinuncia a intrufolarsi nelle indagini, a volte complicandole.
Grazie al professore accusato dell’omicidio, entriamo nel mondo del carcere, variopinto e rappresentato nelle sue varie tipologie: la Marisa, Flip, Menelik, Tano, il secondino sadico, quello pensoso, la direttrice.
La trama (che si sdoppia seguendo per un verso le indagini di Sarti, per l’altro le vicende del professore in carcere), l’intreccio complesso e la scrittura a quattro mani fanno del libro un’opera originale e interessante. Soprattutto, come un basso continuo, c’è Bologna, descritta con le parole del cuore, di uno che ama questa città malgrado i suoi molti difetti.
Stefano Tura
Arriveranno i fiori del sangue
Mondadori, Milano 2005
E’ un romanzo nel quale emerge con molta forza lo stile dell’inviato speciale, che conosce profondamente, per averle viste, le vicende del Kosovo, devastato dalla guerra e, almeno altrettanto, dal dopoguerra. Il libro è un noir per l’ambientazione cruda e per lo sguardo desolato sulla realtà del potere (anche quello apparentemente buono delle forze impegnate nel peace keeping) e sulla natura umana, che esprime il peggio di sé nella guerra. La tecnica narrativa, con veloci cambiamenti di luoghi e di personaggi, sembra appartenere più alla tradizione della spy story che al giallo classico.
Il protagonista, l’ispettore Gerace, è un poliziotto che ritiene di avere visto e vissuto troppo, al punto da avere perso il senso del proprio lavoro. Ma, quasi condizionato da una professionalità che gli rimane attaccata addosso come una malattia, si lascia coinvolgere in un’indagine che gli farà sperimentare una realtà ancora più dura .
Il libro acquista valore di documento perché racconta di avvenimenti che nella realtà sono sempre difficili da narrare, sia perché coperti dall’omertà e dal segreto militare, sia perché le stesse vittime delle violenze perpetrate in ogni guerra non hanno le parole per dirle.
Sabato, 29 ottobre 2005.
In attesa della proclamazione del vincitore, scambiamo due chiacchiere con
Simona Mammano, organizzatrice del Premio Franco Fedeli,
nella cornice suggestiva del teatro dell'Abbazia di San Salvatore, a Bologna.
Che cosa è il Premio Franco Fedeli?
È un premio letterario, organizzato da nove anni dal SIULP, il sindacato di
polizia, di Bologna e dedicato alla narrativa italiana di genere poliziesco. Il
protagonista è un appartenente alle forze dell'ordine ed è colui che conduce
le indagini. Non basta che ci sia un poliziotto fra i personaggi, altrimenti si
corre il rischio di diventare un premio per il giallo. Non vogliamo perdere la
particolarità dei poliziotti che leggono, giudicano, si confrontano con le
tecniche di indagine della letteratura e conoscono gli autori. Luigi Notari,
della segreteria nazionale del SIULP e Rita Parisi, segretario provinciale a
Bologna, hanno fortemente voluto questo premio e mi hanno incaricata, fin dal
primo anno, di organizzarlo.
Chi era Franco Fedeli? Puoi tracciarci un breve profilo ?
Nato a Roma nel 1922, Franco Fedeli, a soli diciannove anni, viene arrestato
dall'Ovra per aver manifestato sentimenti antifascisti. Dopo una permanenza in
carcere, partecipa attivamente alla lotta di liberazione come vice comandante di
una formazione partigiana. È stato componente del Comitato di Liberazione
Nazionale.
Collaboratore come inviato speciale dei più importanti giornali europei e
americani, Fedeli gira tutto il mondo: Africa, Estremo e Medio Oriente, America.
Negli anni Sessanta, accetta la vicedirezione del mensile Ordine Pubblico.
Qui si mette subito all'opera prefigurando (cosa impensabile per quegli anni)
una riforma della Polizia che la smilitarizzi. Gli "irriducibili" del Ministero,
con la cecità propria di taluni vertici della burocrazia ministeriale con una
manovra oscura e trasversale ottennero dall'editore di Ordine Pubblico il
licenziamento di Fedeli. Eravamo nel dicembre 1976. Dopo un solo mese di
silenzio, Franco Fedeli, la sua redazione e tanti amici
poliziotti che lo avevano sempre seguito, diedero vita al periodico Nuova
Polizia e riforma dello Stato, che in pochissimo tempo riconquistò, e anzi
accrebbe, il numero dei sostenitori. E giunse così la storica data dell'aprile
1981, quando fu approvata la legge di riforma dell'Amministrazione della
Pubblica Sicurezza e la nascita della Polizia di Stato. Ma Franco Fedeli non
volle adagiarsi sugli allori. C'era ancora tanto da fare per la riforma, in
termini di efficienza degli apparati dello Stato. Ed eccoci all'importante tappa
della nascita della rivista Polizia e Democrazia, una creatura a cui
Fedeli era tenacemente affezionato.
Come è nato il Premio Franco Fedeli?
Negli anni '90, il SIULP di Bologna pensò di organizzare
un'iniziativa sul poliziesco: il Police film festival. Una rassegna di
una settimana, che coinvolgeva diversi ambiti: cinema, fumetto, letteratura,
teatro. Mancati i fondi, è rimasto solo il Premio Franco Fedeli, che era
una sezione all'interno del festival.
Il Premio Franco Fedeli è stato bandito per la prima volta nel 1997. Si
pensava di chiamarlo in altra maniera ma Fedeli morì proprio quell'anno,
all'improvviso, e abbiamo deciso di dedicarlo a lui. Da allora la vedova,
Angela, viene a Bologna in occasione della premiazione. Angela Fedeli è il vice
direttore della rivista Polizia e Democrazia. Alla prima edizione del
Premio, nel 1997, partecipò Camilleri con Il cane di terracotta. Allora
non era così conosciuto come oggi. Venne e vinse. Per noi, questo è stato molto
importante, abbiamo iniziato a credere nel lavoro della giuria e nella sua
capacità valutativa.
Due giurie, una "ristretta" e una più ampia, esaminano le opere che
concorrono al premio. Puoi illustrarci come operano entrambe?
La nostra giuria è composta, per più della metà, da esponenti delle forze
dell'ordine, soprattutto poliziotti; poi ci sono altre figure, come magistrati,
docenti universitari, liberi professionisti.
Una prima giuria, la giuria "ristretta" è composta da forti lettori (per lo
più da poliziotti, circa tre quarti) i quali leggono tutti i libri pubblicati
nell'anno in corso; nel caso dell'edizione 2005, abbiamo preso in considerazione
i libri del panorama editoriale pubblicati da luglio 2004 a giugno 2005. Le
segnalazioni arrivano direttamente dalle case editrici oppure sono gli autori
che si propongono spontaneamente, come previsto dallo statuto del premio. Oppure
si tratta di libri che trovo nelle librerie, in quanto io stessa forte
lettrice. Una delle regole della giuria è rappresentata dall'obbligo di leggere
tutti i libri in concorso. Se per caso un giurato non legge tutti i testi non
può votare. Questa giuria, quindi, fa la selezione iniziale, sotto mio diretto
coordinamento. Man mano che esce un titolo, tutti i membri della giuria
ristretta cominciano a leggerlo, secondo scadenze prestabilite.
La prima "scrematura" si conclude a luglio: si vota e sulla base del punteggio
ottenuto si stabiliscono i finalisti. Questi libri vengono poi letti dalla
giuria più ampia. Di solito, i candidati sono 3. Quest'anno abbiamo avuto 4
finalisti, perché vota, rivota, incrocia i pareri non è stato possibile arrivare
a 3: infatti, 2 erano a pari merito. Io non esprimo mai pareri personali sui
libri selezionati: mantengo i rapporti con gli autori e leggo i libri se
li recensisco per Polizia e Democrazia o per altre testate a cui
collaboro. Poi, una settimana prima della data della premiazione (lo scorso 22
ottobre), si riunisce tutta la giuria. Quest'anno era composta da 32 lettori.
Sono entusiasta, perché ho coinvolto, come giurati, anche il comandante e il
vicecomandante della stazione dei carabinieri di Langhirano. Ne sono molto lieta
e li ringrazio.
Come viene giudicato un libro e come siete giunti alla proclamazione del
vincitore?
Un libro viene giudicato sulla base di 4 criteri: sui primi 3 votano tutti i
membri della giuria, il quarto è riservato solo alle forze dell'ordine o ai
magistrati:
1. la figura del protagonista;
2. il plot, ossia l'intreccio;
3. la qualità letteraria;
4. la verosimiglianza delle tecniche investigative.
Presidente della giuria è Giuseppe Giliberti, docente di Fondamenti di
diritto romano all'Università di Urbino.
Giliberti presiede la riunione, io verbalizzo. Lo scorso 22 ottobre, quindi, i
giurati presenti erano 18; gli altri giurati sono stati contattati per telefono
e le votazioni sono avvenute in diretta, con il viva voce. Tutti avevano letto i
4 romanzi finalisti esprimendo un giudizio, con un punteggio da 1 a 10. Si è
discusso molto sulla verosimiglianza, concludendo che è importante non
confondere un romanzo con un saggio sulla polizia o sui carabinieri e su come
agiscono. Poi, dalla somma matematica, è venuto fuori il vincitore. Non
l'abbiamo annunciato prima, e nessuno dei finalisti, qui presenti, lo sa.
Lasciamo a Luca Crovi e al presidente Giliberti, in diretta su Rai Radio Due, a
Tutti i colori del giallo, il piacere di leggere il comunicato della
giuria con le motivazioni e il nome del vincitore.
Che cosa riceve, materialmente, il vincitore del Premio Fedeli?
È un premio puramente simbolico, considerando anche il fatto che ci
autofinanziamo. Consiste in un piatto in terracotta ideato, prodotto e dipinto a
mano da una brava artista di Bologna, Silvia Sabbioni.
Tra la premiazione del Premio Fedeli e la rassegna Ad Alta voce c'è una
sinergia che si ripete anche quest'anno. Puoi spiegarci come è nata?
Siamo all'interno della rassegna Ad alta voce da 4 anni. La
manifestazione è giunta, ormai al suo quinto anno. Dopo la prima edizione, ho
contattato il comitato scientifico (Paola Parenti, Roberto Grandi, che conosco
personalmente) e il direttore di Coop Adriatica Stefanini (attraverso la
mediazione di Walter Dondi) e ho chiesto di partecipare con il Premio Franco
Fedeli.
Il Premio Fedeli fotografa la realtà editoriale del genere poliziesco
italiano, in un anno. Puoi darci un'idea dell'ordine di grandezza?
Anche una ventina di romanzi. E sono sempre di più, anno dopo anno. I primi
anni erano una decina, per esempio nel 2000 abbiamo avuto undici romanzi in
concorso. Il lavoro della giuria era più semplice. Tecla Dozio, proprietaria
della Sherlockiana di Milano, mi mandava l'elenco dei romanzi polizieschi
usciti e la giuria li leggeva. Adesso, poiché la produzione è aumentata, il
libro viene letto appena uscito, o perché me lo manda l'autore o la casa
editrice, o lo vedo in libreria. È un lavoro costante che copre l'intero anno.
Fiction televisiva e Premio Fedeli: sono mondi che si parlano?
Le produzioni delle fiction televisive hanno rapporti direttamente con il
Ministero dell'Interno, rapporti obbligatori. L'importante, per il Premio
Fedeli, è la verosimiglianza. Sono stata sul set, dove si stava girando la
trasposizione televisiva dei romanzi di Valerio Varesi, Nebbie e delitti,
in onda a fine novembre: ho conosciuto Luca Barbareschi, alias commissario
Soneri, e ti garantisco che ha mantenuto integra la personalità del protagonista
e rispettato, trasferendola sul set, la verosimiglianza già presente nel libro.
Si parla di verosimiglianza perché nessuno vorrebbe leggere un trattato di
polizia. Ho chiesto, una volta, a Loriano Macchiavelli, perché continuava a
chiamare Sarti Antonio "sergente", un grado mai esistito in polizia. "Perché
io dico: questa è fiction, questa è letteratura, quindi un altro ambito", ha
risposto. Ogni autore ha quindi un suo modo di proporre un poliziesco.
C'è di tutto, nella nostra come in tutte le categorie di lavoratori. Perché
negarlo. Colleghi colitici (come Sarti Antonio di Macchiavelli) o colleghe con i
dolori mestruali (come Grazia Negro di Lucarelli), o ancor peggio devianze.
Bologna ne ha avuto esperienza. Non vedo perché proporre, allora, per
televisione, poliziotti tutti bravi e belli, che si lanciano dall'aeroplano con
evoluzioni incredibili (cosa che da noi fanno solo i NOCS), oppure,
all'opposto, poliziotti che hanno solo problemi che a volte mi viene l'ansia
quando leggo. "Mamma mia, poi pensano che siamo così", mi dico.
Un ringraziamento a Simona, per la gentilezza e la disponibilità e... alla
prossima edizione del Premio Franco Fedeli!
Cronologia del Premio Franco Fedeli
1997 — Andrea Camilleri — Il cane di terracotta
1998 – Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli — Macaroni
1999 — Edoardo Angelino — Binario morto
2000 — Carlo Lucarelli — L'isola dell'angelo caduto
2001 — Alessandro Perissinotto — La canzone di Colombano
2002 — Ex aequo Marcello Fois — Dura madre e Valerio Varesi — Il
cineclub del mistero
2003 — Santo Piazzese — Il soffio della valanga
2004 — Marco Vichi — Il nuovo venuto
2005 — Gianni Biondillo — Con la morte nel cuore