Adunanza della Sezione Prima 27 Giugno 2001

N. Sezione 589/2001 La Sezione

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oggetto:

Quesito. Art. 33, co.5, L. 104/92. Assistenza, integrazione sociale e diritti persone handicappate. Trasferimento sede per ricongiungimento a disabile.

Interpretazione art. 20 L. 53/2000.

 

Vista la relazione n. prot. M/2407/A del 15 maggio 2001, pervenuta in data 25 maggio 2001, con la quale il Ministero dell'interno - Direzione generale

 

per l’amministrazione generale e per gli affari del personale – Direz. Centrale del personale - chiede il parere del Consiglio di Stato sul quesito in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore-estensore Consigliere Livia Barberio Corsetti;

Premesso

Riferisce l’Amministrazione dell’interno che l’attuazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104 ha comportato numerose problematiche riconnesse alla definizione del suo ambito applicativo.

In particolare ricorda che anche il Consiglio di Stato, con parere del 10 dicembre 1996, ebbe a pronunciarsi in merito all’interpretazione dell’articolo 33, 5° comma della predetta legge sul significato da attribuire al concetto di "convivenza" – prima che lo stesso venisse chiarito dalla legge 8 marzo 2000, n. 53 – così anticipando il dettato normativo, in un’ottica di equità sostanziale mirata a costituire una situazione di maggior favore nei confronti del portatore di handicap e di chi abbia la responsabilità della sua assistenza.

Pertanto in sede di concreta applicazione di detta normativa l’Amministrazione si è mossa fino ad ora proprio nella delineata prospettiva volta a ripristinare, per quanto possibile, il legale familiare instaurato, stabilendo tra l’altro che il dipendente, ove non possa essere assegnato in prima istanza –per carenza di posti in organico- nel luogo in cui risiede il parente disabile, debba comunque essere destinato, sia pure in via temporanea e mantenendo la priorità acquisita per la prima sede, in quella più vicina da lui stesso individuata che gli consenta di prestare comunque un’adeguata e continuativa assistenza.

Ciò sul presupposto che il diritto al ricongiungimento alla persona affetta da handicap sia da ritenersi completamente soddisfatto solo all’atto dell’effettivo trasferimento nell’ambito provinciale in cui il parente risiede.

L’impostazione sino ad oggi seguita dal Ministero dell’interno, che subordina la completa soddisfazione del diritto del dipendente beneficiario della legge 104 al suo trasferimento effettivo presso la sede prescelta e non presso altra vicina, merita, ad avviso del Ministero, una più attenta riflessione e rivalutazione sia sul piano strettamente giuridico che su quello di natura sostanziale, tenuto conto che in base alla formulazione letterale del comma 5° della norma in oggetto, il diritto riconosciuto in capo al lavoratore che assista un parente affetto da handicap potrebbe intendersi limitato alla scelta della sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e quindi soddisfatto all’atto di trasferimento nella stessa, in caso di mancanza di posti in quella di prima elezione.

Sul piano pratico tale interpretazione consentirebbe di esaudire anche l’aspirazione di altri dipendenti, egualmente in attesa di trasferimento ai sensi della legge 104/92, che nella stessa graduatoria seguono il beneficiario che ha già ottenuto un riavvicinamento e che proprio a causa della limitata disponibilità di posti in organico, vedono sostanzialmente vanificata la possibilità di soddisfare il proprio diritto.

Altro aspetto problematico connesso con l’applicazione della normativa in esame discende dalla circostanza che si è convenuto di individuare nella data di perfezionamento dell’istanza il criterio atto a disciplinare l’ordine di priorità nel caso di più richieste per la medesima sede.

Ciò in considerazione del fatto che la norma in questione assicura una tutela indistinta al lavoratore che assista con continuità un parente o affine handicappato entro il terzo grado, senza operare gradazioni di sorta nell’ambito di tali legami familiari.

L’Amministrazione espone tuttavia che nel corso degli anni si è assistito ad un aumento esponenziale di richieste di trasferimento prodotte ai sensi della legge 104/92, che purtroppo, a tutt’oggi, sono per la maggior parte rimaste inevase a fronte della esiguità di posti disponibili specie presso le sedi, maggiormente richieste, del sud-Italia.

Si è così verificato che in presenza di più istanze per una determinata sede con una limitata disponibilità di posti, i dipendenti che avevano perfezionato per primi la propria domanda di trasferimento, ai sensi della citata legge 104, siano stati preferiti ad altri, ugualmente beneficiari della stessa, che pur dimostrando di prestare assistenza a familiari più prossimi (genitori, fratelli o coniuge) o addirittura a figli con gravi handicap, avevano tuttavia perfezionato la propria istanza in epoca successiva.

Tale situazione, se pure rispondente sul piano strettamente formale alla volontà del legislatore, appare peraltro contraria –ad avviso dell’amministrazione- proprio a quel principio di equità sostanziale che sorregge l’intero costrutto della legge e che ha ispirato codesto Consiglio nello stesso parere in precedenza richiamato.

Pertanto, proprio nel rispetto di detto criterio che impone di assicurare trattamenti differenziati a fronte di situazioni non omogenee (e tale sembrerebbe l’ipotesi della madre che debba prestare assistenza al figlio rispetto a quella del lavoratore che presti assistenza alla nonna del coniuge) si chiede se possa ritenersi legittimo operare, per il futuro, combinando il criterio collegato al momento perfezionativo della domanda con quello del grado di parentela che lega il dipendente alla persona da assistere.

Sempre nella prospettiva suindicata, tenuto conto della "ratio" della disposizione in argomento che è volta ad assicurare la continua e concreta assistenza del parente disabile, si potrebbe procedere anche ad una verifica periodica –quanto meno nel primo biennio- della permanenza delle condizioni di legge nel soggetto che ha beneficiato del trasferimento. Ciò al fine di consentire, qualora queste venissero meno, di procedere ad una reintegrazione nella sede di provenienza del dipendente trasferito, a vantaggio di altro impiegato che presenti invece un interesse concreto ed attuale a fruire del beneficio in questione.

Un’ultima questione attiene all’interpretazione da dare al concetto di assistenza "esclusiva" introdotto dall’articolo 20 della citata legge 53/2000 di modifica alla legge 104.

Sino ad oggi infatti si è operato, anche nella prospettiva delle recenti disposizioni in materia di semplificazione amministrativa, nel senso di ritenere sufficiente a dimostrare la sussistenza di tale requisito la semplice autocertificazione prodotta dall’interessato con cui lo stesso dichiari di essere l’unico in grado di assistere il parente disabile, a prescindere dalla presenza nel luogo di residenza dell’handicappato di altri componenti il nucleo familiare dello stesso.

Anche in questo caso ci si chiede se l’Amministrazione debba limitarsi ad un mero e formale accertamento documentale, ovvero se la presenza nell’ambito del nucleo familiare dell’handicappato di altri soggetti legati allo stesso da vincoli di parentela possa essere elemento discrezionale di valutazione al fine di ritenere o meno soddisfatta quella condizione di esclusività richiesta dalla norma per la concessione del beneficio richiesto.

Considerato

La Sezione osserva preliminarmente che la materia oggetto del quesito rientra nella più vasta materia della mobilità che la riforma del pubblico impiego introdotta col d.lgs. n. 29/93 ha affidato, per il personale non espressamente mantenuto nell’area pubblicistica, alla contrattazione collettiva.

E’ quella la sede nella quale l’Amministrazione potrà far valere utilmente le argomentazioni rappresentate per giungere ad una regolamentazione concordata dell’applicazione dell’articolo 33 per gli aspetti non espressamente disciplinati dalla normativa primaria.

Per quanto riguarda il personale non contrattualizzato l’Amministrazione potrà seguire la via del regolamento di attuazione, adottando a norma dell’articolo 17 della legge n. 400/1988, specifiche disposizioni in merito.

Sia in sede contrattuale che in sede regolamentare sarà possibile tutelare altre situazioni rilevanti per l’ordinamento (ad esempio maggior grado di parentela) e stabilire quale rilievo debba avere il venire meno delle condizioni che hanno consentito l’avvicinamento di sede. Esiste infatti una tale molteplicità di situazioni che non è possibile pensare di affrontarle volta per volta, utilizzando una discrezionalità amministrativa che la norma primaria non concede. Una regola uniforme, dettata in via generale, che tenga conto per quanto possibile delle molteplici ipotesi, potrà soddisfare le esigenze dell’amministrazione meglio e più stabilmente.

Quanto al valore dell’autocertificazione, sembra inutile ricordare che questa ha valore pieno fino a quando ne sia riconosciuta la falsità. L’Amministrazione, ove nutra dubbi sulla sua veridicità, potrà sempre compiere accertamenti per verificarne la rispondenza allo stato dei fatti, adottando, ove la falsità sia verificata, i provvedimenti conseguenti, ivi compreso l’annullamento del trasferimento.

P.Q.M.

Nelle suesposte considerazioni è il parere

Per estratto dal verbale

Il Segretario della Sezione

(Licia Grassucci)

Visto

Il Presidente della Sezione

(Paolo Salvatore)