SPETTA AL GIUDICE DEL LAVORO LA DECISIONE SULLE CONTROVERSIE DETERMINATE DA IRREGOLARITA’ NELLA GESTIONE DELLE GRADUATORIE DEI CONCORSI PER PROMOZIONI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Quando non si contesta la legittimità della procedura concorsuale (Cassazione Sezioni Unite Civili n. 1989 del 3 febbraio 2004, Pres. Grieco, Rel. Vidiri).
         Anna R., dipendente del Provveditorato degli Studi di Frosinone in qualità di collaboratrice scolastica, ha partecipato ad un concorso interno per titoli e prova pratica, indetto in base all’art. 557 del Decreto Legislativo n. 297 del 1994, ottenendo la collocazione nella graduatoria degli idonei per il profilo professionale di assistente amministrativo della scuola. La graduatoria è stata utilizzata dal Ministero della Pubblica Istruzione per l’immissione in ruolo degli assistenti amministrativi secondo il contingente annuale. Nel 2001 sono state assunte 49 persone che precedevano Anna R. nella graduatoria. Essendo risultata la prima dei non assunti, ella ha chiesto al Tribunale di Frosinone di accertare che due persone che la precedevano in graduatoria avevano perso, per varie ragioni, i requisiti per l’assunzione e conseguentemente di disporre, dapprima con provvedimento d’urgenza e quindi con sentenza, la sua nomina ad assistente amministrativo. Il Giudice, decidendo sulla richiesta di provvedimento di urgenza, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, in quanto ha ritenuto che, trattandosi di procedura concorsuale per assunzione, il ricorso dovesse essere proposto davanti al Tribunale Amministrativo Regionale. Anna R. ha proposto, davanti alla Suprema Corte, ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, sostenendo che la causa doveva essere decisa dal giudice ordinario, in quanto concerneva un diritto nascente dal rapporto di lavoro. Il Ministero della Pubblica Istruzione si è difeso rilevando che, anche dopo la privatizzazione del pubblico impiego, sono rimaste devolute alla giurisdizione dei TAR le controversie relative ai concorsi per assunzione.
         La Suprema Corte (Sezioni Unite Civili n. 1989 del 3 febbraio 2004, Pres. Grieco, Rel. Vidiri) ha accolto il ricorso. Dal complesso delle norme relative al sistema di accesso al ruolo dei responsabili amministrativi nel settore scolastico (ed in particolare dagli artt. 550-557 del D.L. n. 297 del 1994) – ha osservato la Corte – risulta che: a) l’accesso ha luogo mediante concorso per titoli ed esami, con frequenza triennale (cfr. art. 551, primo comma e 552, primo comma) o mediante l’utilizzazione delle graduatorie permanenti; b) le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli dei responsabili amministrativi vengono, all’esito dei concorsi stessi, trasformate in graduatorie permanenti (cfr. art. 553, comma quarto); c) dette graduatorie sono funzionalizzate alla ripartizione nella misura del cinquanta per cento dei posti disponibili e vacanti per l’accesso ai ruoli di responsabili amministrativi, restando l’altro cinquanta per cento da assegnare attraverso il concorso per titoli ed esami (cfr. combinato disposto art. 553, primo comma e art. 551, primo e quarto comma); d) le graduatorie permanenti sono utilizzate al fine del conferimento agli impiegati (di ruolo delle qualifiche immediatamente inferiori), in esse inserite, dei posti disponibili annualmente nella dotazione della seconda e terza qualifica (di cui al contratto collettivo nazionale di lavoro) nei limiti delle prefissate riserve rispettivamente del 30 e del 40 per cento; e) l’assunzione nei ruoli avviene attraverso un apposito atto di nomina da parte degli organi competenti.
         In base a tale normativa – ha affermato la Corte – deve distinguersi, nella procedura di copertura delle riserve (nella misura del 30 e del 40 per cento) dei posti disponibili annualmente nei ruoli della seconda e terza qualifica, la fase relativa all’espletamento del concorso, che termina nel momento in cui la graduatoria è divenuta permanente e la fase che, iniziata con l’utilizzazione degli esiti della graduatoria, prosegue con la verifica dei requisiti necessari per il conseguimento dei posti riservati e termina infine con la nomina in ruolo a copertura dei posti oggetto della riserva.
         La giurisdizione del giudice amministrativo – ha affermato la Corte – va riconosciuta in tutti i casi in cui la controversia investa la singole procedure concorsuali o tenda ad inficiare la graduatoria disconoscendone la legittimità e chiedendone la modifica, mentre deve affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario allorquando si agisca sul presupposto della definitività della graduatoria permanente e quindi, senza in alcun modo censurare lo svolgimento del concorso e il relativo atto finale, si faccia valere il diritto alla nomina alla qualifica superiore contestando specificamente l’utilizzazione che viene fatta della graduatoria permanente in base a circostanze successive all’esaurimento del concorso.
         La Suprema Corte ha precisato che questa decisione concerne una questione del tutto diversa da quella presa in esame dalla sentenza delle Sezioni Unite 15.10.2003 n. 15403 relativa alle procedure concorsuali per le promozioni. Nel caso in esame – ha rilevato la Suprema Corte – la lavoratrice rivendica una posizione di diritto soggettivo alla nomina nei ruoli di assistente amministrativo, non chiedendo l’annullamento del concorso o della graduatoria finale, ma basando la sua domanda su circostanze fattuali successive, addebitando in particolare al Ministero dell’Istruzione e al Provveditore agli Studi di aver fatto malgoverno della graduatoria permanente.
 

INVERSIONE DI ROTTA DELLA SUPREMA CORTE IN MATERIA DI CONCORSI INTERNI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Affermata la giurisdizione del giudice amministrativo (Cassazione Sezioni Unite Civili n. 15403 del 15 ottobre 2003, Pres. Carbone, Rel. Prestipino).
            Guido G., dipendente del Ministero delle Finanze con qualifica di direttore tributario, ha partecipato al concorso interno per titoli e colloqui indetto con decreto ministeriale del 19 gennaio 1993 per l’assegnazione di 999 posti di primo dirigente nel ruolo amministrativo. Esaurite le operazioni concorsuali, egli è stato collocato al 1.054° posto della graduatoria perché gli è stato riconosciuto un periodo di servizio inferiore a quello effettivo; pertanto ha promosso nei confronti del Ministero un giudizio davanti al Tribunale di Prato, diretto ad ottenere l’accertamento del suo diritto ad essere collocato al 976° posto, con conseguente attribuzione del posto di primo dirigente. Il Ministero delle Finanze ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Il Tribunale ha disatteso l’eccezione ed ha accolto la domanda. Questa decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Firenze. Il Ministero ha proposto ricorso per cassazione sostenendo che Guido G. avrebbe dovuto rivolgersi al Tribunale Amministrativo Regionale e chiedendo l’annullamento della decisione della Corte di Appello per difetto di giurisdizione.
            La Suprema Corte (Sezioni Unite Civili n. 15403 del 15 ottobre 2003, Pres. Carbone, Rel. Prestipino) ha accolto il ricorso, cambiando il suo precedente orientamento in materia, secondo cui, in base all’art. 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, la giurisdizione del giudice amministrativo doveva ritenersi limitata ai concorsi per assunzioni, mentre la materia dei concorsi interni per promozioni doveva ritenersi appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario.
            Il ripensamento della Suprema Corte è stato motivato con riferimento alla giurisprudenza, in materia, della Corte Costituzionale che, in particolare con le sentenze n. 1 del 1999, n. 194 del 2002, n. 218 del 2002 e n. 373 del 2002 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di varie disposizioni di legge (alcune delle quali relative ai corsi-concorso per la riqualificazione del personale del Ministero delle Finanze: art. 3, commi, 205, 206 e 207 l. 28 dicembre 1995 n. 549 e successive modificazioni) nella parte in cui le stesse prevedevano il passaggio a fasce funzionali superiori "in deroga alla regola del pubblico concorso" o comunque non prevedevano "alcun criterio selettivo", ovvero riservavano, esclusivamente o in maniera ritenuta eccessiva, al personale interno l'accesso alla qualifica superiore. La stessa Corte Costituzionale ha sottolineato che la previsione non già di un concorso pubblico con riserva dei posti, bensì di un concorso interno, in quanto riservato ai dipendenti dell'amministrazione per una percentuale dei posti disponibili particolarmente elevata, appare irragionevole e si pone in contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione (sentenze 4 gennaio 1999 n. 1, 16 maggio 2002 n. 194, 29 maggio 2002 n. 218 e 23 luglio 2002 n. 373). A tali principi – ha osservato la Cassazione – si è ispirata la medesima Corte Costituzionale nel motivare l'ordinanza n. 2 del 4 gennaio 2001, con la quale è stata dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 68 d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 e successive modificazioni (ora art. 63 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165). In tale ordinanza la Corte, nel fornire la sua interpretazione della norma di legge, ha affermato che la procedura selettiva diretta all'accesso ad una qualifica superiore - e riservata sia al personale interno all'amministrazione, sia a candidati esterni - integra "una vera e propria procedura concorsuale di assunzione nella qualifica indicata nel bando".
            Alla luce dell'intero quadro normativo, come deriva, soprattutto, dalle sentenze della Corte Costituzionale che si sono succedute nel tempo – ha affermato la Suprema Corte – il precedente indirizzo giurisprudenziale deve essere sottoposto ad una necessaria rimeditazione. Deve infatti applicarsi il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l'accesso del personale dipendente ad un'area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso al quale, di norma, deve essere consentita anche la partecipazione di candidati esterni. Pertanto deve ritenersi – ha osservato la Corte – che il quarto comma dell'art. 63 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, quando riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo "le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", faccia riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l'accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore; il termine "assunzione", d'altra parte, deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all'ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l'accesso nell'area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica. Nel caso in esame – ha rilevato la Corte – il concorso al quale ha partecipato Guido G. riguarda l'accesso ad uno dei novecenovantanove posti della qualifica di primo dirigente del ruolo amministrativo; pertanto, trattandosi di un'area diversa (superiore) a quella di appartenenza dei candidati interni ed essendo stata dal G. denunciata l'illegittimità della graduatoria e non già un atto a questa successivo, la controversia deve essere decisa dal giudice amministrativo. Pertanto le Sezioni Unite hanno dichiarato la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, cassando senza rinvio la sentenza della Corte di Appello di Firenze.