L'espressione ingiuriosa è punibile se accompagnata da gesti osceni
Dire ‘vaffa’ può anche essere reato PAGINA PRECEDENTE
(Cassazione 17680/2003)
   
   
L'espressione "vaffa…" è una ingiuria che può far scattare una condanna penale, specie quando sia accompagnata da gesti osceni che ne esplicitino il significato. Lo ha stabilito la Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, come già accaduto in passato, sulle conseguenza penali della diffusa espressione. La Suprema Corte in questo caso ha ritenuto sussistere il reato di ingiuria in quanto l'espressione, che talvolta può essere usata in modo colorito e non penalmente rilevante, è certamente ingiuriosa e, quindi, punibile, quando sia accompagnata da gesti osceni di contenuto inequivocabile. (30 giugno 2003)  


Suprema Corte di Cassazione, Sezione Settima Penale, sentenza n.17680/2003

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

VII SEZIONE PENALE

SENTENZA ORDINANZA

Sentita la relazione svolta dal consigliere Marasca Gennaro, lette le richieste del PG che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, considerato che l’imputato G. è stato condannato dalla Corte d’Appello di Ancona per il delitto di ingiuria [1] ed ha proposto ricorso avverso la indicata sentenza deducendo la errata applicazione della legge penale e processuale penale; ritenuto che il primo motivo relativo alla non offensività del termine usato dall’imputato è manifestamente infondato perché il G. accompagnò il termine vaffanculo a gesti osceni con chiaro intento ingiurioso come hanno sottolineato i giudici di merito; con il secondo e terzo motivo i giudici di merito hanno contestato la valutazione compiuta dalla testimonianza della parte lesa, che, invero, una decisione può fondarsi anche sulle sole dichiarazioni della parte offesa a condizione che le stesse vengano valutate con le necessarie cautele; che la motivazione sul punto dei giudici di merito appare logica e congrua e, quindi, i motivi di ricorso di traducono in censure di merito della decisione impugnata; che per le ragioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; che alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 500,00;

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché al versamento della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Roma, 26 novembre 2002.

Depositata in Cancelleria il 15 aprile 2003.

 
 
 

[1] Art.594 codice penale (Ingiuria): Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire un milione.

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.

La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a lire due milioni se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.

Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.