REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.7798/03

Reg.Dec.

N. 5326  Reg.Ric.

ANNO  2003

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 5326/03, proposto da:

TRENITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Lucio V. Moscarini, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Roma, via Sesto Rufo, n. 23;

contro

MORACE PIETRO E MENDOLA VINCENZO, rappresentati e difesi dall’avv. Umberto Guerini, ed elettivamente domiciliati presso lo studio Grez in Roma, Lungotevere Flaminio, n. 46;

e nei confronti

di TURTURRO MARIO, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna, sede di Bologna, sezione seconda, 18 aprile 2003, n. 481;

visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori Morace e Mendola;

vista l’ordinanza istruttoria di questa sezione n. 4475/03 resa nella camera di consiglio del 1 luglio 2003;

visti tutti gli atti della causa;

relatore alla camera di consiglio del 7 novembre 2003 il consigliere Carmine Volpe, e uditi altresì l’avv. L. V. Moscarini per l’appellante e l’avv. Falorni, in delega dell’avv. U. Guerini, per i signori Morace e Mendola;

ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO E DIRITTO

Il primo giudice ha accolto il ricorso proposto dai signori Pietro Morace e Vincenzo Mendola per la declaratoria, nei confronti della Trenitalia s.p.a., del proprio diritto all’accesso ai documenti ed agli atti riguardanti la procedura di immissione per posti di primo tecnico della manutenzione, come da avviso al personale n. 9 in data 3 giugno 2002, e per l’annullamento della nota 29 gennaio 2003, n. 26 di diniego dell’accesso.

I signori suindicati sono dipendenti della Trenitalia s.p.a., hanno partecipato alla detta procedura selettiva interna e non sono stati ritenuti idonei.

La Trenitalia s.p.a., con la citata nota in data 29 gennaio 2003, ha negato l’accesso sulla ritenuta non applicabiità alla fattispecie della normativa dagli stessi invocata.

Il primo giudice ha ritenuto fondata la censura di difetto di motivazione; ha affermato poi che l’obbligo all’accesso riguarda anche i soggetti privati gestori di un pubblico servizio e che sussiste l’interesse degli istanti all’accesso.

La sentenza viene appellata dalla Trenitalia s.p.a. per i seguenti motivi:

1) Trenitalia s.p.a., diversamente da F.S. s.p.a. (ora Rete ferroviaria italiana s.p.a.), sarebbe un’impresa ferroviaria ai sensi del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 146 operante in regime di mercato e quindi di libera concorrenza, al pari di altre imprese ferroviarie pubbliche o private per il trasporto di merci o di persone. Essa non sarebbe un gestore di un pubblico servizio in regime di monopolio, ma solo licenziataria nel libero mercato in regime di piena concorrenza. Ne consegue la non applicabilità della l. 7 agosto 1990, n. 241 a quelle attività interne di carattere propriamente organizzativo e gestionale, e di quanto ritenuto dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la decisione 22 aprile 1999, n. 4;

2) la l. n. 241/1990 non si potrebbe applicare, poiché la domanda di accesso riguarderebbe materia organizzativa interna e non quella più specificamente attinente alla gestione ed all’erogazione del servizio.

I signori Morace e Mendola si sono costituiti in giudizio, resistendo al ricorso in appello.

Questa sezione, con ordinanza n. 4475/03 resa nella camera di consiglio del 1 luglio 2003, ha disposto incombenti istruttori, che sono stati adempiuti.

Ciò premesso, la sezione ritiene che il ricorso in appello sia infondato.

E’ vero che la Trenitalia s.p.a. non è soggetto concessionario ma opera nel regime di mercato in forza di licenza. Essa, tuttavia, gestisce pur sempre un servizio pubblico, quale è il trasporto su rotaie, anche se non in forza di concessione. Così che si applica nei suoi confronti l’art. 23 della l. n. 241/1990, nel testo sostituito dall’art. 4 della l. 3 agosto 1999, n. 265, secondo cui “il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi”; indipendentemente dal titolo giuridico in base al quale viene gestito il servizio pubblico (questa sezione, 17 febbraio 2000, n. 1414).

Le procedure di selezione del personale, da assumere al fine dell’erogazione dell’utilità alla collettività in cui si sostanzia la gestione del servizio pubblico, devono essere sottoposte all’esercizio del diritto di accesso siccome potenzialmente incidenti sulla qualità del servizio stesso. Si tratta, invero, di procedure tese a garantire che i soggetti privati, i quali gestiscono un servizio pubblico, scelgano le persone più idonee, e, quindi, pur sempre di attività funzionalmente collegata all’organizzazione del servizio; organizzazione che non ha solo riflessi interni, essendo strumentale alla gestione ed all’erogazione del servizio, ossia al soddisfacimento di interessi collettivi cui deve tendere il servizio.

Di qui l’esistenza di quelle esigenze di trasparenza su cui si fonda il sistema dell’accesso costruito dalla l. n. 241/1990 (si veda, in particolare, l’art. 22). Tra l’altro, l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la citata decisione n. 4/1999, ha rilevato come il soggetto che assume di essere stato leso dal gestore del servizio pubblico nel corso di un procedimento per l’assunzione o la promozione di dipendenti, “non solo può lamentare la violazione dei principi di buona fede e di correttezza innanzi al giudice ordinario, ma può accedere agli atti del medesimo procedimento, in quanto vi è lo svolgimento di una attività strettamente connessa e strumentale alla quotidiana attività di gestione del servizio pubblico”.

Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto.

Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio, liquidati come da dispositivo, seguono la soccombenza. Non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti del signor Mario Turturro che non si è costituito in giudizio.

Per questi motivi

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, respinge il ricorso in appello.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore dei signori Pietro Morace e Vincenzo Mendola, delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi euro duemila. Nulla spese nei confronti del signor Mario Turturro.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 7 novembre 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:

Mario Egidio SCHINAIA                               Presidente

Sergio SANTORO                                         Consigliere

Carmine VOLPE                                            Consigliere Est.

Giuseppe MINICONE                                   Consigliere

Domenico CAFINI                                         Consigliere

Presidente

 

Consigliere                                                                           Segretario

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

il.....................................

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

 

 

 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa

 

al Ministero..............................................................................................

 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

 

                                                                                              Il Direttore della Segreteria