REPUBBLICA ITALIANA     N. 532/09

In Nome del Popolo Italiano

La Corte dei Conti

Sezione Giurisdizionale Regionale per il Veneto

composta dai Sigg.ri Magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. .. del registro di segreteria, promosso ad istanza della Procura regionale della Corte dei conti per il Veneto con atto di citazione depositato in data 22 gennaio 2009

nei confronti di:

@@@@@@@ @@@@@@@, nato a ....giusta procura in calce alla comparsa di costituzione;

Visto l'atto di citazione;

Visti gli atti ed i documenti tutti del giudizio;

Uditi, nella pubblica udienza del 10 giugno 2009, il magistrato relatore dott.ssa .. il pubblico ministero nella persona del Vice Procuratore Generale dott. ..

con l’assistenza del segretario d’udienza dott. .

Considerato in

FATTO

Con atto di citazione depositato il 22 gennaio 2009, ritualmente notificato, la Procura Regionale della Corte dei Conti per il Veneto conveniva dinanzi a questa Sezione Giurisdizionale il sig. @@@@@@@ @@@@@@@, all’epoca dei fatti Ispettore della Polizia di Stato, per ivi sentirlo condannare al pagamento, in favore del Pubblico Erario, della  complessiva somma di € 30.000,00, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio, quale risarcimento del danno all’immagine provocato all’Amministrazione di appartenenza.

Esponeva l’Organo requirente che con sentenza ex art. 444 c.p.p.  n. 843 della Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Brescia del 30.07.2003, divenuta irrevocabile in data 17.06.2004 a seguito di dichiarazione di inammissibilità del ricorso per Cassazione resa con ordinanza n. 11612 della Sezione Settima Penale, l’odierno convenuto è stato condannato alla pena di anni tre di reclusione, al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare, in quanto lo stesso,  agendo quale pubblico ufficiale in servizio presso l’Ufficio Immigrazioni della Questura di @@@@@@@,  con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, aveva favorito, in concorso con altri e a fini di lucro, l’ingresso e la permanenza in Italia di numerose cittadine extracomunitarie impiegate come intrattenitrici presso locali notturni, rendendosi colpevole della fattispecie criminose, legate dal vincolo della continuazione, di cui all’art. 81 c.p.v. e 319 c.p., per corruzione continuata per atti contrari ai doveri d’ufficio e di cui all’art. 110 c.p., 12 I, II, III bis del d.lgs. n. 286 del 1998.

La trasmissione alla locale Procura delle summenzionate sentenza e ordinanza  avveniva con nota del 26.10.2007 della Questura di @@@@@@@, la quale rappresentava, altresì, che nei confronti del @@@@@@@ era stato attivato anche il procedimento disciplinare ed era stata inflitta la sanzione disciplinare della destituzione.

Il Pubblico Ministero contabile, svolti gli accertamenti preliminari, ritenendo i suesposti fatti idonei a determinare una notevole perdita dell’immagine della Polizia di Stato, sia per la gravosità intrinseca, sia per il rilievo avuto presso l’opinione pubblica, con atto del 01.10.2008, formulava al predetto dipendente  l’invito a dedurre, di cui all’art. 5 del d.l. 15.11.1993, n. 453 convertito in L. 14.01.1994 n. 19.  Nel medesimo atto la locale Procura quantificava in via equitativa il danno all’immagine in euro 30.000,00 e ne intimava il pagamento.

In risposta il @@@@@@@ @@@@@@@ chiedeva di essere sentito personalmente e in data 01.12.2008 lo stesso veniva sentito in audizione nel corso della quale, pur negando le accuse penali ed eccependo di essere stato sospeso dal servizio presso l’Ufficio passaporti della Questura di @@@@@@@, per altra questione, ammetteva di aver fatto da autista per conto di un’agenzia di spettacoli, accompagnando delle ragazze nei locali cui erano utilizzate come ballerine, durante il periodo della sua sospensione dal servizio.

La Procura,  non ritenendo dirimenti le difese prodotte, riteneva di confermare l’impianto accusatorio e  notificava atto di  citazione all’odierno convenuto, ritenendo la sussistenza, nel caso di specie, di tutti i presupposti per l’azione di responsabilità erariale.

In particolare, la Procura  ritiene che la gravità del comportamento del convenuto emerga chiaramente dagli atti del procedimento penale ricordando che a questi viene contestato di aver favorito, a fini di lucro e in concorso con altro collega, per il quale la Procura ha ritenuto di procedere separatamente con altro giudizio di responsabilità in relazione ad alcuni aspetti di differenziazione delle azioni illecite eseguite, il rilascio di permessi di soggiorno nei confronti di cittadine extracomunitarie, pur in assenza dei presupposti di legge e di aver impiegato, ai fini di lucro, cittadine straniere come intrattenitrici presso locali notturni, favorendone, a tal fine, l’ingresso e la permanenza sul territorio in violazione delle norme di settore, procedendo alla loro assunzione fittizia e regolarizzazione in assenza dei presupposti di legge. Considerato tra l’altro che, in conseguenza della qualifica rivestita, il @@@@@@@ avrebbe dovuto impegnarsi nella prevenzione e nella repressione dei reati di cui si è reso colpevole, il P.M. ritiene evidente la gravissima deviazione dal modello di corretto comportamento istituzionale e la rilevante violazione dei doveri primari di fedeltà e di probità da parte dello stesso che, attese le finalità illecite, moralmente riprovevoli e particolarmente odiose per l’opinione pubblica, hanno prodotto il contestato danno erariale.

Osservava, a sostegno dell’assunto attoreo, richiamando copiosa giurisprudenza di questa Corte, che il danno all’immagine, in relazione al quale è stata definitivamente affermata la giurisdizione della Corte dei conti, è suscettibile di valutazione anche se non comporta diminuzione patrimoniale diretta in quanto esso attiene alla sfera degli interessi pubblici giuridicamente protetti e dei beni meritevoli di tutela la cui lesione sia suscettibile di arrecare un pregiudizio economicamente valutabile, a prescindere, quindi, dalla patrimonialità o meno del bene o dell’interesse protetto. Esso, inoltre, è riconducibile non tanto alle ipotesi di cui agli art. 2059 c.c. e 185 c.p., quanto a quella del danno ingiusto, inferto ad uno dei diritti fondamentali della persona giuridica pubblica, il quale può discendere anche da un fatto non penalmente rilevante. In merito alla sua quantificazione, la Procura osserva che la natura del danno all’immagine quale danno-evento in cui le conseguenze esistenziali negative finiscono per coincidere con la lesione in sè del bene giudico, consente di prescindere sia dalla reale effettuazione di spese per il ripristino del bene immateriale leso o dalla loro programmazione, sia dall’analitica dimostrazione dei costi sopportati o sopportabili per la reintegrazione del bene leso o, comunque, dal criterio della suscettibilità del danno di essere oggetto di valutazione economica, bastando all’uopo un principio di prova, ben potendo il prudente apprezzamento del giudice fondarsi su circostanze ed elementi disparati. Nel caso di specie, il danno è ontologicamente certo e la sua quantificazione va affidata alla valutazione equitativa del giudice ai sensi dell’art. 1226 c.c. secondo parametri di natura soggettiva, oggettiva e sociale. Precisa, a tal fine, l’Organo Requirente, che in base ad un parametro di natura soggettiva deve essere considerata la delicata posizione occupata dal convenuto, ispettore di polizia, in grado di arrecare una forte visibilità all’esterno dei comportamenti illeciti tenuti e conseguentemente un grave pregiudizio all’Amministrazione di appartenenza; in base ad un parametro di natura oggettiva deve essere considerata la gravità degli illeciti, in grado di procurare nell’opinione pubblica un allarme ed un clima di sospetto di notevole entità nei confronti della generalità dei funzionari pubblici addetti ai controlli, tali da indurre i controllati ad atteggiamenti di sostanziale evasione ed elusione dei propri doveri nei confronti dell’ordinamento pubblico e, in base al parametro di natura sociale deve considerarsi l’importanza che nell’organizzazione sociale riveste l’istituzione della Polizia di Stato con la conseguenza che comportamenti gravemente illeciti da parte dei suoi appartenenti producono un inevitabile effetto pericoloso di sfiducia generale dei cittadini, tale da pregiudicare per un lungo periodo di tempo la regolarità dei rapporti tra tale istituzione e i cittadini. Tutto ciò considerato, determina il danno all’immagine in euro 30.000,00 e, conclusivamente, chiede la condanna  del convenuto @@@@@@@ @@@@@@@ al pagamento, nei confronti dell’erario, a titolo di dolo, della somma complessiva così quantificata, oltre accessori di legge e spese di giudizio.

In data 20 maggio 2009 l’odierno convenuto si costituiva in giudizio, a mezzo degli avvocati ..... Sostiene, in particolare, la difesa del convenuto, l’intervenuta prescrizione dell’eventuale diritto al risarcimento danni all’uopo confutando la tesi accusatoria. Secondo Parte resistente il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione intrapresa  nei confronti dell’odierno ricorrente va individuato nella data di rinvio a giudizio in sede penale, necessariamente anteriore alla data della sentenza di patteggiamento (30.07.2003) e che, alternativamente la stessa potrebbe essere fissata al momento della diffusione delle notizie giornalistiche in merito alla vicenda. Premette, ad ogni modo, parte convenuta di non essere a conoscenza di una diffusione giornalistica della notizia riguardante la propria vicenda giudiziaria. 

Considerato, quindi, che l’invito a dedurre del P.M. contabile è dell’ottobre 2008, l’azione deve ritenersi prescritta per decorso del termine quinquennale di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 20/1994.

Eccepisce, quindi, la difesa del @@@@@@@, che l’atto di citazione appare largamente imperfetto, poiché in esso non sono indicati i mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi ed i documenti che offre in comunicazione. Tale circostanza, pur non censurabile direttamente con la nullità che, ex art. 164 c.p.c, è riservata ad altre ipotesi, incide sulla concreta possibilità per il convenuto di ottemperare ai doveri derivantigli dalla citazione.

Nel merito, sostiene la difesa del ricorrente che il danno all’immagine deve essere sempre provato, nel senso che ai fini risarcitori o riparatori la potenzialità dannosa della condotta va saggiata nel concreto mentre, nel caso di specie, la Procura contabile non offre alcun elemento di riferimento di particolare rilevanza sul quale parametrare l’entità del danno all’immagine, la situazione prospettata non appare idonea a giustificare le richieste risarcitoria di Parte attrice nella misura indicata e non è stata fornita prova o indizio della diffusione della condotta criminosa nell’ambito della collettività, con la conseguenza che “venuto meno un criterio fondamentale per la quantificazione del danno all’immagine, il convenuto deve  essere mandato assolto dalla relativa imputazione”. A supporto delle proprie affermazioni, parte convenuta evidenzia il fatto che era semplice ispettore di Polizia, addetto all’Ufficio Passaporti della Divisione Polizia Amministrativa e Sociale presso la Questura di @@@@@@@ e che pertanto non ricopriva una posizione funzionale di rilievo, non aveva la responsabilità di un ufficio né comandava un reparto (in altri termini, svolgeva mere mansioni burocratiche d’ufficio) e che, tra l’altro la vicenda processuale di che trattasi si è conclusa “in sordina” con una sentenza ex art. 444 c.p.p. in sede di udienza preliminare, con ciò rimanendo estremamente circoscritta ed evitando la fase dibattimentale certamente più idonea a provocare maggior eco. In conseguenza il clamor fori è stato decisamente circoscritto. A ciò deve, poi, aggiungersi che il @@@@@@@ è stato immediatamente sospeso cautelativamente dal servizio e successivamente destituito, di talchè la reazione della Pubblica Amministrazione di appartenenza certamente deve ritenersi significativa ai fini della valutazione della pretesa attorea.

Da ultimo rappresenta che fin dai tempi in cui era in corso il procedimento penale egli era affetto da gravi patologie alla colonna vertebrale (spondilolistesi lombare), culminate in un intervento chirurgico nel dicembre 2003 e successivo decorso riabilitativo e che attualmente svolge, nei limiti delle sue possibilità fisiche, la professione di autotrasportatore per conto terzi e percepisce un reddito imponibile inferiore a 14.000 euro lordi annui. In altri termini, sostiene la difesa del convenuto, che questi “ha già pagato duramente per la vicenda che lo ha coinvolto”  tra l’altro precisando che l’applicazione della pena su richiesta delle parti rimane ancorata al dato meramente accusatorio e, quindi, non filtrato dall’accertamento dei fatti e che molteplici sono le ragioni per le quali un soggetto può aderire ad un rito alternativo, non ultima l’impossibilità di sostenere i costi di un lungo giudizio ordinario o il desiderio di porre termine ad una misura cautelare afflitiva, all’uopo evidenziando che il @@@@@@@ all’epoca dei fatti aveva grossi problemi di salute che prioritariamente doveva affrontare.

Parte convenuta conclude, pertanto, chiedendo, in via preliminare, dapprima la dichiarazione di nullità della citazione  e, quindi, di prescrizione del diritto al risarcimento del richiesto danno all’immagine dell’Amministrazione e, nel merito, il rigetto della richiesta di condanna  avanzata dal P.M. contabile. In via subordinata di merito, in ipotesi di ritenuta affermata propria responsabilità, parte convenuta chiede che ne sia limitata la condanna in relazione al dimostrato danno patito dalla P.A.

Con nota di deposito del 25.05.2009 la locale Procura depositava copia di articoli di stampa comprovanti il clamor fori che ha accompagnato la vicenda.

All'odierna udienza di discussione il Pubblico Ministero, nel confermare le pretese attoree, illustrava analiticamente gli elementi di fatto e di diritto posti alla base dell’atto di citazione, confermando gli elementi accusatori a carico del  convenuto, l’esistenza del danno erariale, contestando dettagliatamente le avverse deduzioni, all’uopo richiamando la giurisprudenza della Corte dei conti in materia ed in particolare la sentenza della Sez. I Centrale d’Appello n. 97/2009. Sottolineava la gravità dei fatti contestati ed in relazione alla invocata presunta compensazione tra sanzione disciplinare e lesione all’immagine invocata dalla difesa, richiamava le argomentazione della sentenza n. 432/2009  di questa Corte.

L’avv. ... per il convenuto, si riportava alla memoria di costituzione ed in particolare a quanto ivi argomentato in merito alla eccepita intervenuta prescrizione dell’azione di responsabilità erariale ed alla quantificazione del danno. Sottolineando, in particolare, la circostanza che l’Amministrazione, di fatto, aveva tutelato la propria immagine provvedendo alla destituzione dal servizio dell’odierno convenuto e che, invece,  il clamore mediatico era derivato dalla conferenza stampa della stessa amministrazione e non dal procedimento penale che si era concluso con sentenza di patteggiamento senza grandi clamori.

Sottolineava di non essere stato notiziato degli articoli di stampa depositati dal P.M. a ridosso dell’udienza di trattazione, evidenziando l’irritualità del deposito medesimo.

Seguivano ulteriori brevi repliche della  Procura e della difesa.

Esaurita la discussione la causa veniva trattenuta in decisione.

Ritenuto in

DIRITTO

Il Collegio è chiamato, nel presente giudizio, a valutare i profili di responsabilità amministrativa afferenti la condotta del sig. @@@@@@@ @@@@@@@, -odierno convenuto - all’epoca dei fatti Ispettore della Polizia di Stato,  causativa di danno erariale, sotto il profilo del danno all’immagine, quale danno conseguente alla perdita del prestigio e al grave detrimento dell’immagine e della personalità dell’Amministrazione di appartenenza, quantificato dalla locale Procura in  euro 30.000,00.

Ciò premesso, pregiudiziale alla decisione della controversia è la valutazione della fondatezza delle eccezioni preliminari formulate da parte resistente in ordine alla nullità della citazione  ed all’intervenuta prescrizione  dell’azione accusatoria.

Eccezione di nullità dell’atto di citazione.

Sostiene la difesa del convenuto che l’atto di citazione con cui è stato introdotto l’odierno giudizio non indica né i mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi, né i documenti che offre in comunicazione. Detta omissione incide sulla concreta possibilità per il convenuto di ottemperare ai doveri derivantigli dalla citazione ai fini della costituzione in giudizio. Ne consegue che il convenuto ponendo in essere la sua difesa, attraverso la costituzione in giudizio e la produzione di memorie e documenti, di fatto va ad emendare le imperfezioni dell’atto di citazione costringendolo “ad argomentare e difendersi al buio, in dispregio delle più elementari regole attinenti al diritto di difesa”.

L’eccezione è priva di fondamento e va disattesa.

Si deve osservare, in proposito che l’art. 1 del R.D. n. 1038/33 richiede, quali elementi oggettivi dell’atto introduttivo “la esposizione dei fatti e la qualità nella quale furono compiuti, l'oggetto della domanda e l'indicazione dei titoli su cui è fondata” mentre l’art. 163 c.p.c. norma sostanzialmente sovrapponibile, - evocabile a fini di integrazione ex art. 26 del medesimo R.D. n. 1038/33 -  richiede a pena di nullità, “3) la determinazione della cosa oggetto della domanda; 4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni”. Se ne deduce che l’editio actionis è vulnerata, nella sua esigenza di assicurare un compiuto diritto di difesa, da un’insufficiente determinazione dell’oggetto della domanda, ossia di petitum e di causa petendi, di modo che vi sia assoluta incertezza sugli elementi identificatori del diritto fatto valere. Tale verifica, però, deve essere effettuata, da parte del Giudice, attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo e dei documenti allegati (cfr. Cass. civ. sez. I n. 17023/03) con la conseguenza che una valutazione in termini di nullità/inammissibilità della pretesa può essere fatta solo allorché l’oggetto sia “assolutamente” incerto, tale da ledere il diritto costituzionale all’approntamento di un’adeguata ed informata difesa (cfr. Corte conti, sez. Lazio n. 2584/2005; n. 1524/2008). Occorre tra l’altro osservare che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 7074/2005; 17023/2003; 7507/2001; 3911/2001), quando il convenuto si è costituito, non si fa luogo  alla dichiarazione di nullità ed al conseguente ordine  all'attore  ex art. 164 c.p.c. comma 5, di integrare l'atto di citazione se il petitum, inteso sia sotto il profilo formale del provvedimento richiesto che sotto quello sostanziale del bene della vita oggetto della domanda, sia desumibile dal complesso dell'atto e dalla documentazione ivi allegata. In altri termini, la fattispecie della assoluta incertezza in ordine all'oggetto della domanda (di cui all'art. 164, comma 4, c.p.c.), cui la legge riconnette la nullità della citazione, con conseguente inammissibilità della domanda attrice, potrebbe verificarsi solo qualora mancassero del tutto le conclusioni in ordine all'oggetto della domanda, o quando alcune delle indicazioni fornite fossero contraddittorie o insufficienti, tanto da non consentire di dedurre, secondo il libero apprezzamento del giudice, l'elemento della domanda attrice richiesto dalla legge (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Molise, 27.9.2004, n. 118; cfr. poi, nello stesso senso, tra le tante, Sezione Sardegna, 28.7.1994, n. 305; Sezione Toscana, 11.4.2000, n. 630; Sezione Calabria, 22.11.2001, n. 1134). Circostanza che, a tutta evidenza, non si verifica nel caso in esame, nel quale viceversa sono chiari sia il petitum che la causa petendi. Nel caso di specie, pertanto, l’opera di verifica demandata al Collego Giudicante non consente di poter formulare una pronuncia nel senso richiesto dalla difesa. L’atto di citazione depositato, infatti, delinea la domanda risarcitoria con indicazione esaustiva dei fatti contestati, delle ragioni che sono alla base delle censure mosse all’odierno convenuto e con articolata deduzione dei motivi di diritto.  Riprova di ciò è fornita dalle puntuali e approfondite argomentazioni difensive opposte che, pertanto, depongono per un’infondatezza della doglianza formulata, che va perciò disattesa.

Eccezione di prescrizione dell’azione.

Come già riportato  in parte narrativa, sostiene la difesa  del convenuto @@@@@@@ @@@@@@@ che l’azione erariale deve ritenersi prescritta per decorso del termine quinquennale di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 20/1994.

L’eccezione è fondata e, pertanto merita accoglimento.

Le coordinate normative necessarie all’esame dell’ eccezione formulata sono contenute nel comma 2 dell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, secondo il quale: “il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta”.

Premesso che il danno all’immagine è da intendersi quale “danno ingiusto ad uno dei diritti fondamentali della persona giuridica pubblica, ovvero ad una delle più rilevanti formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità dell’uomo” e che, per sua natura, detta tipologia di danno può essere  realizzata solo dal personale dell’ente danneggiato in virtù del rapporto di immedesimazione organica che lega questi all’amministrazione e si concreta come effetto di un danno causato in violazione di ben precisi doveri d’ufficio e, in particolare, del dovere di adempiere le pubbliche funzioni con disciplina ed onore, posto che il dovere di tutelare l’immagine ed il prestigio dell’Amministrazione deve essere considerato come valore di etica pubblica, previsto esplicitamente sia dalla normativa di settore che dal Codice di comportamento dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, osserva il Collegio, che per  detta tipologia di danno, il termine prescrizionale decorre dal momento in cui il fatto è stato conosciuto dalla collettività attraverso gli organi di stampa poiché è da tale evento che si realizza il pregiudizio ed il detrimento dell’immagine dell’Amministrazione. 

In conseguenza, l’invito a dedurre in merito ai fatti di causa deve considerarsi  tardivo, in quanto intervenuto a  prescrizione già maturata.

Nella fattispecie in esame, così come risulta dagli atti del processo penale, le condotte illecite sono state perpetrate  nell’anno 2002 (nel periodo aprile- ottobre), l’esecuzione del  provvedimento di custodia cautelare è avvenuta nel mese di febbraio 2003 e dello stesso, così come di tutta l’operazione chiamata “Menelao” ha dato ampio risalto la stampa locale, come comprovato dagli articoli di stampa prodotti dallo stesso P.M. contabile e la sentenza di patteggiamento è intervenuta in data 30.07.2003.

Ne consegue che la lesione dell’immagine della Pubblica Amministrazione di appartenenza dell’odierno convenuto è divenuta sicuramente concreta ed attuale con la divulgazione esterna del comportamento illecito tenuto dallo stesso (cfr. Sez. III^ Centr. App. n. 474-A/2006; Sez. I^ Centr. d’App. n. 94.A/2007).

Invero sul punto la giurisprudenza non è univoca ed oscilla tra le tesi di chi ritiene che il danno avvenga con l’adozione di una “misura di carcerazione preventiva” (cfr. Sez. III^ Centr. App. n. 474-A/2006), ovvero con il “primo articolo di stampa” (cfr. Sez. I^ Centr. d’App. n. 94.A/2007), di chi individua l'exordium praescriptionis nella data di rinvio a giudizio (ex multis: Sezione I Appello, 18 marzo 2003 n. 103, 6 maggio 2009 n. 299) e la tesi di chi ritiene addirittura necessaria la “sentenza definitiva di condanna” (cfr. Sez. II^ Centr. App. n. 106-A/2008 e Sez. I^ Centr. App. n. 97-A/2009, richiamata in aula dal P.M.).

Tuttavia nel caso di specie, considerato che l’amministrazione non si è costituita parte civile nel processo penale, non ha formalizzato alcun atto di messa in mora  e che, in conseguenza, i termini prescrizionali dell’azione di responsabilità per danno erariale sono stati interrotti solo con la notifica dell’invito a dedurre, avvenuta in data 14 ottobre 2008 (cui è seguito il deposito dell’atto di citazione in data 22 gennaio 2009), l’azione erariale, come sopra già evidenziato,  è comunque intervenuta decorso il quinquennio di legge. L’invito a dedurre, infatti è stato emesso oltre il quinquennio sia dal momento in cui il fatto fu commesso, sia dal momento in cui il fatto è stato conosciuto dalla collettività attraverso gli organi di stampa, sia dal momento del rinvio a giudizio e sia dalla sentenza di patteggiamento del 30.07.2003.

Pertanto l’eccezione di prescrizione è giuridicamente fondata e merita accoglimento.

Sussistono giusti motivi, alla luce anche dell’orientamento giurisprudenziale non univoco, per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P. Q. M.

La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale regionale per il Veneto - ogni contraria istanza, deduzione o eccezione reiette, definitivamente pronunciando, dichiara la prescrizione dell’azione promossa dalla Procura Regionale e conseguentemente assolve il convenuto indicato in epigrafe dalla domanda attrice.

Spese compensate.

Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di rito.

Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 10 giugno 2009.

           L' Estensore                                                         Il Presidente. 

Depositata in segreteria il 14/07/2009

Il Dirigente

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