La situazione è diversa da quella dei lavoratori dipendenti
Lavoratori in permesso sindacale senza assicurazione infortuni PAGINA PRECEDENTE
Ordinanza della Corte Costituzionale n. 136/2003
   
   
Ai fini dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la situazione dei lavoratori dipendenti che si trovino in permesso sindacale è diversa dalla situazione dei lavoratori dipendenti che si trovino in aspettativa sindacale. Infatti, i permessi sindacali di cui all’art. 30 della legge n. 300/1970 hanno carattere di episodicità e di occasionalità che non alterano la continuità della prestazione lavorativa del dipendente e del correlato obbligo retributivo del datore di lavoro, mentre l’aspettativa sindacale di cui all’art. 31 della stessa legge n. 300/1970 si configura come un distacco essenzialmente durevole del dipendente in favore del sindacato, dando luogo ad una sospensione dell’originario rapporto di lavoro e facendo venir meno l’obbligo del dipendente a fornire la prestazione lavorativa e l’obbligo del datore di lavoro a corrispondere la retribuzione. Conseguentemente, il fatto che, in base all’art. 4 del DPR n. 1124/1965, i lavoratori dipendenti in aspettativa sindacale siano obbligatoriamente assicurati contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali a carico dell’Organizzazione sindacale, mentre i lavoratori dipendenti in permesso sindacale non abbiano la stessa tutela previdenziale, non determina disparità di trattamento fra le due categorie di soggetti. Lo ha affermato la Corte Costituzionale nella Ordinanza 9-24 aprile 2003, n. 136, dichiarando manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al DPR 30 giugno 1965, n. 1124, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione, dalla Corte di appello di Firenze. La Corte Costituzionale, in sostanza, dopo avere posto in evidenza gli aspetti principali per i quali la posizione dei lavoratori in permesso sindacale non può essere assimilata a quella dei lavoratori in aspettativa sindacale, è pervenuta alle seguenti conclusioni. Le rilevate differenze tra le due non comparabili fattispecie giustificano, allo stato, una disciplina differenziata senza che sia violato il principio di uguaglianza. Il principio di cui all’art. 38, secondo comma, della Costituzione, relativo all’adeguatezza della tutela previdenziale in caso di infortunio subito dal lavoratore non è violato nella situazione del lavoratore in permesso sindacale, considerato che, come già affermato dalla stessa Corte Costituzionale nelle sentenze n. 26 del 2000 e n. 410 del 1994, il nostro attuale sistema di sicurezza sociale non è ancora evoluto nel senso della piena socializzazione del rischio di qualsiasi attività, latamente riferibile ad una prestazione di lavoro, quale appunto l’occasionale episodico svolgimento di attività sindacale dei dipendenti che fruiscono dei permessi sindacali. Di qui la dichiarazione di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del TU di cui al DPR n. 1124/1965, sollevata dalla Corte di appello di Firenze. (22 maggio 2003)  


ORDINANZA N. 136/2003 della CORTE COSTITUZIONALE

 

 

La CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

……………….omissis…………….

ha pronunciato la seguente

O R D I N A N Z A

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 [1] (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza del 16 luglio 2002 emessa dalla Corte di appello di Firenze nel procedimento civile vertente tra Americo Leoni e l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), iscritta al n. 458 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visti l’atto di costituzione dell’INAIL nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 25 febbraio 2003 il Giudice relatore Franco Bile;

uditi l’avvocato Adriana Pignataro per l’INAIL e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che la Corte di appello di Firenze, con ordinanza del 16 luglio 2002 emessa nel procedimento civile, pendente in grado d’appello, tra Americo Leoni e l’INAIL, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione [2], questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 [1] (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui non comprende tra le persone assicurate i lavoratori dipendenti in permesso sindacale;

che l’appellante ha chiesto l’accoglimento della domanda proposta contro l’INAIL per ottenere il pagamento dell’indennità e della rendita previsti dal citato d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 [3], in conseguenza dell’infortunio a lui occorso in data 21 gennaio 1997 durante il tragitto autostradale di rientro a Firenze, a bordo di mezzo privato, dopo aver partecipato in giornata ad incontri sindacali in Roma mentre era in permesso sindacale; domanda alla quale l’INAIL si è opposto assumendo trattarsi di situazione non tutelata dall’ordinamento vigente poiché il Leoni si trovava in permesso sindacale;

che la Corte rimettente richiama la sentenza n. 171 del 2002 di questa Corte [4] che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 4 e 9 del citato d.P.R. n. 1124 del 1965 [1], nella parte in cui non prevedono, tra i beneficiari della tutela assicurativa e tra gli obbligati, rispettivamente, i lavoratori in aspettativa sindacale e le relative organizzazioni di appartenenza;

che - secondo la Corte rimettente - si sarebbe determinata una situazione di disparità di trattamento (articolo 3 della Costituzione [2]) e di insufficiente copertura previdenziale (articolo 38 della Costituzione [2]) per i lavoratori in permesso sindacale rispetto alla posizione dei lavoratori in aspettativa sindacale ai quali tale copertura assicurativa è stata estesa per effetto della citata sentenza n. 171 del 2002; talché, per emendare questo asserito vulnus, si renderebbe necessaria l’estensione della tutela assicurativa anche ai lavoratori in permesso sindacale;

che si è costituito l’INAIL, che ha rilevato la diversità fra la situazione del sindacalista in permesso sindacale e quella del sindacalista in aspettativa e ha chiesto la dichiarazione di infondatezza della questione;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ed ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza della questione medesima.

Considerato che dall’ordinanza di rimessione emerge che la fattispecie oggetto del giudizio a quo è quella di un lavoratore al quale era occorso un infortunio mentre rientrava in sede dopo aver svolto attività sindacale extra-aziendale, giovandosi di un permesso assentito dal datore di lavoro per tale specifica e ben individuata attività, consistente nella partecipazione ad incontri sindacali nella stessa giornata dell’infortunio;

che la fattispecie così delineata - ricadente nella previsione dell’ art. 30 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), che riconosce il diritto a permessi retribuiti in favore di dipendenti che siano dirigenti provinciali o nazionali al fine di consentire la loro partecipazione agli organi direttivi, provinciali e nazionali - si connota per il suo marcato carattere di episodicità ed occasionalità che non altera la continuità della prestazione lavorativa del dipendente e del correlato obbligo retributivo del datore di lavoro;

che è invece diversa la fattispecie del lavoratore in aspettativa sindacale ( ai sensi dell’art. 31 della citata legge n. 300 del 1970) al quale la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è stata estesa per effetto della sentenza n. 171 del 2002 di questa Corte [4];

che infatti l’aspettativa sindacale - diversamente dal permesso sindacale – si configura come un distacco del dipendente in favore del sindacato, essenzialmente durevole, in quanto di norma si protrae per tutta la durata del mandato sindacale, onde l’originario rapporto di lavoro entra in una fase di sospensione non essendo dovute né la prestazione lavorativa dal dipendente, né la retribuzione dal datore di lavoro;

che soltanto nel caso dell’aspettativa sindacale il sindacato, come beneficiario della prestazione di c.d. lavoro sindacale, è tenuto a corrispondere all’INAIL il premio assicurativo computato sull’indennità erogata al lavoratore sindacalista, in quanto questa Corte, con la ricordata sentenza n. 171 del 2002, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale - non solo dell’art. 4 del d.P.R. n.1124 del 1965, nella parte in cui non prevede tali lavoratori tra i beneficiari della tutela assicurativa - ma (correlativamente) anche dell’art. 9 del medesimo d.P.R., nella parte in cui non prevede tra gli obbligati al pagamento del premio assicurativo le organizzazioni sindacali per conto delle quali i lavoratori in aspettativa sindacale svolgano attività previste dall’art. 1 [1];

che, pertanto, la posizione dei lavoratori in permesso sindacale, nella fattispecie sopra descritta, non è assimilabile a quella dei lavoratori in aspettativa sindacale, e le rilevate differenze fra le due non comparabili fattispecie giustificano, allo stato, una disciplina differenziata, senza che sia violato il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.);

che neppure è violato il principio di adeguatezza della tutela previdenziale in caso di infortunio subito dal lavoratore (art. 38, secondo comma, Cost.) considerato che - come già affermato da questa Corte (sentenze n. 26 del 2000 e n. 310 del 1994 [5]) - il nostro attuale sistema di sicurezza sociale non si è ancora evoluto nel senso della piena socializzazione del rischio di qualsiasi attività latamente riferibile ad una prestazione di lavoro, quale appunto è l’occasionale ed episodico svolgimento di attività sindacale;

che, pertanto, la sollevata questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 [1] (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 38 della Costituzione [2], dalla Corte di appello di Firenze con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 2003. Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2003