REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE

LIGURIA

 

nella composizione di Giudice Unico delle pensioni in persona del consigliere dr. PASTORINO OLMI Giovanni, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

(Numero 218/2006)

sul ricorso iscritto n. 16336 depositato dal sig. ...OMISSISVLD..., nato a ....., rappresentato e difeso nel presente giudizio dall'Avv. Andrea Bava ed elettivamente domiciliato in Genova presso lo studio del medesimo, sito in via alla Porta degli Archi n. 10/6,

contro

il Ministero degli Affari Esteri, per l'annullamento, del provvedimento n. 645/mfr/0398059 in data 9 settembre 2004, nonché per la concessione di trattamento di pensione di inabilità assoluta ex art. 2, comma 12, della legge n. 335/1995 a decorrere dal 12.3.2004;

Visti gli atti e i documenti di causa;

Udito nella pubblica udienza del 1° dicembre 2005 l'Avv. Andrea Bava, non comparso il Ministero degli Affari Esteri;

Ritenuto in

FATTO

Con ricorso depositato in data 15.4.2005, il sig. ...OMISSISVLD... ha esposto di essere stato assunto, con decorrenza 1.10.1990 (rectius 1.2.1990), presso il Ministero degli Affari Esteri per chiamata diretta quale invalido del lavoro ai sensi della legge 482/68, con mansioni di conducente di automezzi speciali.

Nell'aprile del 1998, essendo in servizio presso il Consolato Generale d'Italia a Berlino, il ricorrente decideva di rientrare in Italia per un periodo di ferie, regolarmente autorizzate dal Capo Missione.

Durante il viaggio il veicolo di cui era alla guida veniva violentemente tamponato e il ricorrente subiva gravi lesioni che determinavano anche il riacutizzarsi delle patologie alla base del suo status di invalido per lavoro.

Iniziava quindi un lungo periodo di assenza dal lavoro, in relazione al quale il XXXXX faceva presente all'Amministrazione, fin dall'invio dei primi certificati medici, che la propria assenza doveva essere considerata come derivata da “infortunio in itinere”, per cui chiedeva il congedo straordinario.

A fronte di dette comunicazioni il Ministero degli Affari Esteri nulla eccepiva e proseguiva nel pagamento della retribuzione, pagamento che seguiterà fino al 2004.

Intanto, il ricorrente, visto il protrarsi dell'inabilità derivante dall'incidente e le recrudescenze di precedenti infortuni subiti, nonché l'insorgere di nuove gravi patologie, in data 4 agosto 1998 aveva inoltrato domanda all'Amministrazione al fine di percepire la pensione di inabilità ai sensi dell'art. 2, comma 12, legge 8 agosto 1995 n. 335.

Avviata la pratica, il XXXXX veniva sottoposto a visita presso la Commissione Medica Ospedaliera di Genova che, con verbale n. 66 del 23.2.1999, gli diagnosticava le seguenti infermità: “Documentati episodi di fibrillazione atriale parossistica ad alta frequenza ventricolare scarsamente controllabili con la terapia farmacologia in soggetto con ballonizzazione mitralica con minimo rigurgito - documentata ipercolesterolemia; Disturbo d'ansia reattiva con note depressive; Gastroduodenite di rilievo clinico - riscontro clinico colon irritabile già rilevato strumentalmente - quadro anamnestico di emorroidi interne; Limitazione funzionale antalgica colonna vertebrale in artrosi diffusa pluridiscopatica - note osteoporotiche; Non documentata gonartrosi - periartrite scapolo-omerale sx; Documentata prostato uretrale cronica; Assenza di obiettività patologica attuale di pertinenza ORL in soggetto con pregresso quadro fibroscopico per laringite cronica ipertrofica e con documentati precedenti di sensazione di laringospasmo; Gammapatia monoclonale (documentata) di modesta entità”.

La Commissione giudicava le riscontrate infermità non dipendenti da causa di servizio ed esprimeva il parere che le stesse non determinassero l'inabilità ex art. 2, comma 12, della legge n. 335/95, ma costituissero impedimento permanente alla prestazione lavorativa specifica, rimettendo all'A.S.L. competente l'accertamento finalizzato a valutare l'impiego del ricorrente in altre mansioni compatibili con la sua qualifica.

Nel novembre del 1999 il ricorrente inoltrava domanda di essere sottoposto a nuova visita. Seguiva accertamento da parte della C.M.O. di Genova che, con verbale in data 28.11.2000, diagnosticava le seguenti infermità: “1) Allegati episodi di fibrillazione atriale in soggetto con lieve prolasso mitralico, piccola pervietà forame ovale e insufficienza mitralica lieve, ecodoppler accertati in soggetto con riferita assunzione di beta bloccanti; 2) Periartrite spalla sinistra in gonartrosi e lombalgia; 3) Stato ansioso reattivo con note depressive; 4) Allegata BPCO con quadro spirometrico ridotto misto; 5) Note di gastroduodenite e colite - prostatite cronica; 6) Quadro elettroforetico sospetto per componente monoclinale in allegato - mieloma multiplo - MGUS”. Per quanto riguarda l'inabilità di cui all'art. 2, comma 12, della legge n. 335/95, la Commissione confermava il giudizio espresso nella visita precedente, non ravvisando inabilità permanente e assoluta, ma impedimento alla specifica prestazione lavorativa, con valutazione a cura dell'ASL per l'impiego in altre mansioni compatibili.

Il provvedimento dell'Amministrazione che, in conformità con il sopra citato parere medico, respingeva la domanda di pensione, è stato impugnato dall'interessato ed è oggetto di altro ricorso pendente presso questa Sezione.

In data 26.9.2001 l'A.S.L. n. 2 “Savonese”, incaricata di verificare l'idoneità del ricorrente alle mansioni specifiche, stabiliva che l'interessato era idoneo alla mansione di coadiutore da svolgersi presso la sede più vicina al comune di residenza.

Con provvedimento in data 4.10.2002 l'Amministrazione inquadrava il ricorrente nel profilo di coadiutore, ma non provvedeva ad assegnarlo a sede più vicina al Comune di Savona dove era residente.

Successivamente, con lettera del 22 ottobre 2001 il Ministero comunicava al ricorrente di aver deciso di imputare il periodo di assenza dal lavoro dal 1° luglio 1998 al 21 dicembre 2001 a malattia, in luogo di infortunio, tanto da considerare retribuito e coperto a livello previdenziale solo il periodo fino al 15.11.1999, dovendosi ritenere il periodo successivo concesso senza retribuzione e senza anzianità di servizio.

Intanto, l'interessato aveva presentato nuova domanda di pensione di inabilità in data 10 febbraio 2001, sulla quale la Commissione Medica Ospedaliera Militare di Roma, dopo vari rinvii, si pronunciava con verbale in data 10 marzo 2004, con il quale venivano riscontrate al ricorrente le seguenti infermità: “Cervicobrachialgia sn e lombosciatalgia sn in soggetto affetto da mieloma multiplo. Spondilosi cervico-lombare. RM documentata con protrusioni discali multiple. Sindrome depressivo-ansiosa. BOC. Gastroduodenite con sindrome da reflusso gastroesofageo”. Sotto il profilo medico legale, la Commissione non riconosceva la dipendenza da causa di servizio delle suddette patologie, ma dichiarava il ricorrente non idoneo in modo assoluto e permanente al servizio, affermando che il medesimo si trovava nella assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsivoglia attività lavorativa. Sotto il profilo della classifica, infine, la Commissione riteneva che le infermità di cui in giudizio diagnostico risultavano ascrivibili, ai fini della Pensione Privilegiata Ordinaria, alla Tabella A prima categoria di cui al d.p.r. n. 834/1981.

All'esito di quanto sopra, con lettera in data 17.3.2004, l'Amministrazione comunicava che era in corso di formalizzazione la cessazione dal servizio del ricorrente per motivi di salute ai sensi dell'art. 2, coma 12, della legge 335/95, a decorrere dal 12.3.2004.

Tuttavia, con successiva lettera in data 9 settembre 2004, il Ministero degli Affari Esteri dava notizia al ricorrente che, in base alla vigente normativa, l'anzianità da lui maturata alla data del 12.3.2004 non consentiva di liquidargli un trattamento di quiescenza e che, nei confronti di coloro che cessano dal servizio senza aver maturato diritto a pensione, è prevista la costituzione di posizione assicurativa presso l'Assicurazione generale obbligatoria.

Con il presente ricorso il sig. XXXXX impugna il predetto provvedimento ministeriale e ne chiede l'annullamento con l'emissione di sentenza che tenga luogo del decreto di collocamento a riposo e dichiari essersi verificate per il ricorrente le condizioni dalle quali sorge il diritto a pensione.

Il ricorrente espone infatti che l'art. 2, comma 12, della legge n. 335/95 ha esteso ai dipendenti pubblici l'istituto della pensione di inabilità previsto dall'art. 2 della legge 12 giugno 1984 n. 222, delegando ad un successivo decreto la determinazione delle modalità applicative. Tale decreto, il D.M. 8 maggio 1997 n. 187, stabilisce all'art. 2 lett. a) che la pensione di inabilità spetta ai dipendenti in possesso di anzianità contributiva da almeno cinque anni, di cui almeno tre nel quinquennio precedente alla decorrenza della pensione di inabilità.

Secondo informazioni assunte dal ricorrente presso l'Amministrazione, il diniego della pensione di inabilità sarebbe dovuto al fatto che l'interessato non raggiungerebbe tale contribuzione in quanto, in forza del provvedimento del 22.10.2001 che ha imputato il periodo di assenza dal lavoro (1° luglio 1998 - 21 dicembre 2001) a malattia anziché ad infortunio, dal 16.11.1999 il sig. XXXXX risulterebbe in aspettativa senza assegni e, dunque, senza copertura previdenziale fino alla data di effettiva cessazione dal servizio, dichiarata solo il 12.3.2004.

Ad avviso del sig. XXXXX però il requisito della contribuzione di tre anni negli ultimi cinque anni sussisterebbe, perché a mente della legge 222/84 tale qualità dovrebbe essere posseduta nel quinquennio precedente la domanda di pensione e non, come poi illegittimamente statuì il D.M. 187/97, nel quinquennio precedente alla decorrenza della pensione di inabilità. Il ricorrente precisa infatti che nel quinquennio anteriore al 10 febbraio 2001, data della domanda di pensione, egli ha una anzianità di tre anni 9 mesi e 5 giorni.

Il ricorrente ha pertanto chiesto che, previo annullamento del provvedimento impugnato e previa disapplicazione in parte qua del D.M. 187/97, sia affermato il proprio diritto a godere della pensione di inabilità ex art. 2, comma 12, della legge n. 335/1995, con decorrenza dalla data di cessazione dal servizio, avvenuta in data 12.3.2004 (ma con riserva di azione per ottenere la retrodatazione giuridica della decorrenza della cessazione dal servizio, al fine della correlata retrodatazione della decorrenza della pensione).

Contestualmente al ricorso, il sig. XXXXX ha presentato istanza cautelare, che tuttavia è stata respinta con ordinanza di questa Sezione giurisdizionale n. 145/2005 dell'8.8.2005, che ha fissato alla data odierna l'udienza per la trattazione della causa nel merito.

Con comparsa conclusionale depositata il 16.11.2005, l'Avv. Andrea Bava ha ribadito e ampliato le considerazioni svolte nel ricorso. Il patrono di parte, in particolare, ha osservato che, ai sensi dell'art. 191 comma 3 del d.p.r. 1092/1973, ove la domanda di pensione sia presentata entro il biennio dalla cessazione, la decorrenza del trattamento è quella della cessazione dal servizio. Pertanto, a fronte di una cessazione collocabile in data 15.11.1999 (atteso che con provvedimento in data 22 ottobre 2001 è stato considerato retribuito e coperto a livello previdenziale solo il periodo fino al 15.11.1999) il requisito di anzianità di tre anni negli ultimi 5 deve essere calcolato a ritroso da quest'ultima, con la conseguenza che il requisito in questione sussiste pacificamente, in quanto il ricorrente è stato assunto presso il Ministero degli Esteri in data 1.2.1990.

Alla luce di quanto sopra, il difensore del ricorrente ha chiesto che la pensione decorra dal 16.11.1999 ai sensi dell'art. 191 comma 3 del d.p.r. n. 1092/1973, in quanto la domanda di pensione venne presentata in data 10.2.2001 e, quindi, entro il biennio dalla cessazione, collocabile in data 15.11.1999.

Con memoria pervenuta in data 29.11.2005, nel trasmettere gli atti del fascicolo amministrativo, si è costituito (tardivamente) il Ministero degli Affari Esteri, osservando che non è stato possibile riconoscere all'interessato il trattamento di pensione di inabilità in attuazione dell'art. 2 lett. a del Decreto del Ministro del Tesoro n. 187 dell'8.5.1997, atteso che detta norma richiede un'anzianità contributiva di almeno tre anni nel quinquennio precedente alla decorrenza della pensione di inabilità e tale anzianità non è rinvenibile dal momento che al ricorrente è stata concessa l'assenza per motivi di salute, senza retribuzione e senza anzianità, ininterrottamente dal 16.11.1999 sino all'11.3.2004. L'Amministrazione ha poi soggiunto che il sig. XXXXX ha lasciato una situazione debitoria di € 40.310,08 per stipendi percepiti e non dovuti in relazione agli anni 2001-2004.

All'odierna udienza l'Avv. Andrea Bava, dopo aver preso visione della memoria di costituzione pervenuta da parte del Ministero degli Affari Esteri, ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Quanto alla decorrenza della pensione l'Avv. Bava ha insistito sulla circostanza che la cessazione dal servizio sarebbe avvenuta in data 15.11.1999 e non in data 12.3.2004, come sostenuto dall'Amministrazione. Pertanto, la pensione di inabilità dovrebbe avere decorrenza dal 16.11.1999.

Considerato in

DIRITTO

Con il ricorso in esame, il ricorrente ha chiesto la declaratoria del diritto a percepire la pensione di inabilità prevista dall'art. 2, comma 12, della legge n. 335/1995, che prevede: “Con effetto dal 1º gennaio 1996, per i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché per le altre categorie di dipendenti iscritti alle predette forme di previdenza, cessati dal servizio per infermità non dipendenti da causa di servizio per le quali gli interessati si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, la pensione è calcolata in misura pari a quella che sarebbe spettata all'atto del compimento dei limiti di età previsti per il collocamento a riposo. In ogni caso non potrà essere computata un'anzianità utile ai fini del trattamento di pensione superiore a 40 anni e l'importo del trattamento stesso non potrà superare l'80 per cento della base pensionabile, né quello spettante nel caso che l'inabilità sia dipendente da causa di servizio. Ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di cui al presente comma è richiesto il possesso dei requisiti di contribuzione previsti per il conseguimento della pensione di inabilità di cui all'articolo 2 della legge 12 giugno 1984, n. 222. Con decreto dei Ministri del tesoro, per la funzione pubblica e del lavoro e della previdenza sociale saranno determinate le modalità applicative delle disposizioni del presente comma, in linea con i princìpi di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222, come modificata dalla presente legge. Per gli accertamenti ed i controlli dello stato di inabilità operano le competenze previste dalle vigenti disposizioni in materia di inabilità dipendente da causa di servizio”.

Al riguardo si precisa che la sopra riportata norma pone, ai fini dell'ottenimento della pensione di invalidità, un triplice ordine di condizioni, aventi carattere: temporale, medico-legale e contributivo.

Nella fattispecie, non si pone alcun problema di ordine temporale, atteso che la decorrenza della pensione non può che essere posteriore al 1° gennaio 1996, in quanto sia la domanda di pensione che la cessazione dal servizio (tanto con riferimento alla data indicata dal ricorrente, quanto con riferimento a quella statuita dall'Amministrazione) sono successive al 1° gennaio 1996.

E' altresì pacifica la sussistenza del secondo tipo di condizione, atteso che il ricorrente versa in uno stato di inidoneità assoluta e permanente al servizio, con conseguente impossibilità per il ricorrente di svolgere qualsiasi attività lavorativa, a causa di infermità non riconosciute dipendenti da causa di servizio, come attestato dalla Terza Commissione Medica Ospedaliera del Centro Militare di Medicina Legale di Roma con verbale in data 10.3.2004.

Passando alle condizioni di tipo contributivo, occorre premettere che l'art. 2, comma 12, della legge n. 335/95 ha esteso ai dipendenti pubblici l'istituto della pensione di inabilità, previsto dall'art. 2 della legge 12 giugno 1984 n. 222 per gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, delegando ad un successivo decreto la determinazione delle modalità applicative. Tale decreto, il D.M. 8 maggio 1997 n. 187, stabilisce all'art. 2 lett. a) “che la pensione di inabilità spetta ai dipendenti in possesso di anzianità contributiva da almeno cinque anni, di cui almeno tre nel quinquennio precedente alla decorrenza della pensione di inabilità”.

Sulla base di quest'ultima disposizione, il Ministero ha negato al ricorrente la pensione di inabilità, avendo calcolato i tre anni di anzianità con riferimento al quinquennio anteriore alla data di cessazione dal servizio, data che l'Amministrazione, con decreto n. 965 dell'11.3.2004, aveva fissato nel 12.3.2004. In questo modo, il ricorrente si è trovato in possesso di una anzianità ben inferiore ai tre anni nel quinquennio 12.3.1999 - 12.3.2004, atteso che, con i decreti del Ministero degli Affari Esteri n. 4654 del 24.10.2001 e n. 2068 del 14.6.2004, era stato disposto il suo collocamento in assenza per malattia senza retribuzione e anzianità di servizio dal 16.11.1999 all'11.3.2004, avendo il medesimo superato il periodo di 18 mesi previsto dall'art. 21 del C.C.N.L.

Sennonché, il citato D.M. 8 maggio 1997 n. 187, che in qualità di norma regolamentare di attuazione avrebbe dovuto limitarsi a dettare le modalità applicative delle disposizioni dell'art. 2, comma 12, della legge n. 335/1995, adattando ai lavoratori del pubblico impiego i princìpi di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222, non appare coerente con quanto stabilito al riguardo dalla normativa in materia di assicurazione generale che, ai fini che qui interessano, non fa riferimento alla data di decorrenza della pensione di invalidità, bensì alla data della domanda di pensione.

Come ben evidenziato dall'Avvocato di parte ricorrente, infatti, la legge 12 giugno 1984 n. 222, cui fa richiamo l'art. 2, comma 12, della legge n. 335/1995 per la determinazione dei requisiti di contribuzione, prevede all'art. 4, comma 1, che: “Ai fini del perfezionamento del diritto dell'assegno di invalidità e alla pensione di inabilità di cui ai precedenti articoli 1 e 2, è richiesto il possesso dei requisiti di assicurazione e di contribuzione stabiliti dall'articolo 9, n. 2), del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, quale risulta sostituito dall'articolo 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218”. Il successivo comma 2 dello stesso articolo, poi, dispone che: “Per i lavoratori subordinati, esclusi gli operai dell'agricoltura, i requisiti di contribuzione previsti dalla lettera b) dell'articolo 9, n. 2), di cui al comma precedente, fermi restando i riferimenti alle tabelle ivi previsti, sono elevati rispettivamente a 36 contributi mensili e 156 contributi settimanali …”.

A sua volta, l'art. 9 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636 stabilisce: “L'assicurato ha diritto alla pensione:

1)   … omissis …

2)   a qualunque età quando sia riconosciuto invalido ai sensi dell'art. 10 e quando:

a) siano trascorsi almeno cinque anni dalla data iniziale dell'assicurazione e risultino versati o accreditati in di lui favore almeno:

     60 contributi mensili di cui alla tabella A, ovvero

     260 contributi settimanali di cui alla tabella B, n. 1, ovvero

     5 contributi annui di cui alla tabella B, n. 2, ovvero

     780 contributi giornalieri di cui alla tabella B, n. 3, per gli uomini, ovvero

     520 contributi giornalieri di cui alla tabella B, n. 3, per le donne e i giovani, ovvero 520 contributi giornalieri di cui alla tabella B, n. 3, per i braccianti eccezionali se uomini, ovvero

     350 contributi giornalieri di cui alla tabella B, n. 3, per i braccianti eccezionali se donne o giovani;”.

E fino a questo punto il requisito di contribuzione è stato tradotto esattamente dal D.M. n. 187/1997 in cinque anni di anzianità minima. Ma l'articolo prosegue con le seguenti disposizioni:

b) sussistono nel quinquennio precedente la domanda di pensione almeno:

     12 contributi mensili di cui alla tabella A, ovvero

     52 contributi settimanali di cui alla tabella B, n. 1, ovvero

     un contributo annuo di cui alla tabella B, n. 2, ovvero

     156 contributi giornalieri di cui alla tabella B, n. 3, per gli uomini, ovvero

     104 contributi giornalieri di cui alla tabella B, n. 3, per le donne e i giovani”.

Ora, se è corretto che il D.M. n. 187/1997 abbia richiesto una anzianità contributiva di tre anni nel quinquennio precedente, tenuto conto che il secondo comma dell'art. 4 della legge n. 222/1984 (più sopra riportato) aveva triplicato la contribuzione (annuale) prevista alla lettera b) del comma 2 dell'appena trascritto art. 9, non è però coerente con le citate disposizioni in materia di assicurazione generale sostituire il riferimento al quinquennio precedente la domanda di pensione, con quello della decorrenza della pensione di inabilità.

In effetti, il D.M. 187/1997, in quanto norma regolamentare e, dunque, di rango gerarchicamente subordinato a quelle aventi forza di legge, non può disporre in contrasto con queste ultime, ponendo oltretutto condizioni più restrittive all'esercizio del diritto da parte dell'assicurato. Ciò è in evidente contrasto con l'art. 4 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al codice civile, che stabilisce una precisa gerarchia tra le fonti di produzione. I regolamenti, infatti, non possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge, a meno che la legge stessa, cui il regolamento dà attuazione, non contenga al riguardo un'espressa previsione in deroga. Una siffatta autorizzazione, tuttavia, non si rinviene nella legge n. 335/1995.

Alla luce di quanto sopra, il menzionato regolamento va disapplicato nel caso concreto e con riferimento all'aspetto evidenziato, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E. D'altra parte, analoga disapplicazione del D.M. 187/1997 è già stata disposta da precedenti sentenze di questa Corte (cfr. Sezione giurisdizionale Liguria n. 762 del 3.10.2002; Sezione giurisdizionale Calabria n. 169 del 16.2.2005), ancorché con riguardo ad elementi di contrarietà a legge diversi da quello qui in esame.

Peraltro, come fa giustamente notare il difensore di parte ricorrente, il riferimento alla decorrenza della pensione di inabilità, stabilito all'art. 2 lett. a) del D.M. 187/1997, pare proprio il frutto di un mero errore di coordinamento, atteso che detta disposizione contiene comunque un espresso riferimento all'art. 2 della legge 4 aprile 1952 n. 218, ossia alla norma che sostituì l'art. 9, n. 2) del regio decreto-legge 14 aprile 1939 n. 636. E ciò dà modo di comprendere come essa intendesse effettivamente rifarsi ai requisiti di anzianità sanciti dalla suddetta legge, senza modificarli, ma solo specificarli in una terminologia più attuale.

Va osservato infine che, anche sul piano logico, non sarebbe giusto far dipendere il calcolo del requisito dei tre anni di pregressa anzianità da un fattore che l'assicurato non è in grado di controllare, come la decorrenza della pensione di inabilità. E, difatti, come testimonia il caso in esame, tra la domanda di pensione e la visita collegiale finalizzata all'accertamento dell'inabilità, può trascorrere un lasso di tempo considerevole che, ove l'interessato si trovi nel frattempo collocato in assenza per malattia senza retribuzione e anzianità di servizio, può determinare il venir meno del richiesto requisito di contribuzione.

In conclusione, questo giudice reputa che il computo dei tre anni di contribuzione non vada riferito alla decorrenza della pensione di inabilità, bensì alla domanda di pensione e, dunque, nella fattispecie, al quinquennio antecedente al 10 febbraio 2001 (data della domanda stessa), con la conseguenza che si rivela realizzato il requisito contributivo richiesto, avendo l'interessato, contando a ritroso dalla predetta data, una anzianità di ben maggiore di tre anni.

La pensione di inabilità ai sensi dell'art. 2, comma 12, della legge n. 335/95 va pertanto riconosciuta.

Quanto alla decorrenza della stessa, si precisa che l'art. 191, primo comma, del d.p.r. 29.12.1973 n. 1092 dispone: “La pensione diretta e l'assegno rinnovabile decorrono dalla data di cessazione dal servizio stabilita nel relativo provvedimento … “. Analogamente, il comma 2 dell'art. 8 del D.M. n. 187/1997 stabilisce: “La pensione di inabilità decorre dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro … “.

Ciò detto, questo giudice si limiterà ad esprimersi in conformità alle norme sopra riportate che fanno decorrere la concessione del trattamento pensionistico dalla cessazione del rapporto di lavoro, non potendo sindacare gli atti di collocamento a riposo emessi dall'Amministrazione, né pronunciarsi in merito all'esattezza o meno della loro decorrenza, atteso che le controversie aventi per oggetto tali questioni non rientrano nella giurisdizione della Corte dei conti, ma riguardano il rapporto di attività (cfr., Sez. giurisdiz. Lazio, 08/04/1998, n.2217; Sez. giurisdiz. Lombardia, 15/10/2001, n.1461; Sez. giurisdiz. Trentino-A. Adige, 16/10/2000, n.455).

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Liguria, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando

ACCOGLIE

il ricorso in epigrafe proposto dal sig. ...OMISSISVLD... e, per l'effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla pensione di inabilità ex art. 2 comma 12 della legge 8.8.1995 n. 335 con decorrenza dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro.

Sulle somme arretrate dovute in esecuzione della presente sentenza spetta il maggior importo tra interessi e rivalutazione monetaria dalla scadenza di ciascun rateo fino al soddisfo.

Spese compensate.

Così deciso in Genova il 1° dicembre 2005.

Il GIUDICE

(Cons. Giovanni PASTORINO OLMI)

Deposito in Segreteria il 10/3/2006