R E P U B B L I C A    I T A L I A N A N. 350 Reg.Ric.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Anno  1999
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER L’EMILIA-ROMAGNA

N.   192  Reg.Sent.

SEZIONE DI PARMA Anno   2004 

 
 

composto dai Signori:

Dott.   Gaetano  Cicciò Presidente

Dott.   Umberto  Giovannini Consigliere

Dott.   Italo  Caso Consigliere   Rel. Est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 350 del 1999 proposto da XXXXXXXX, rappresentato e difeso dall’avv. Pier Luigi Terenziani e dall’avv. Luciano Petronio, e presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Parma, via Mistrali n. 4;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;

per l’annullamento

del decreto in data 23 giugno 1999, con cui il Ministero dell’Interno – Direzione centrale del personale – Divisione IV ha riconosciuto al ricorrente il diritto all’equo indennizzo di 6^ categoria, nella misura massima;

per il riconoscimento

dell’aggravamento richiesto in data 2 febbraio 1996, con attribuzione della 5^ categoria nella misura massima della tabella A.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Udito alla pubblica udienza del 6 aprile 2004 l’avv. Molinari, in sostituzione dell’avv. Petronio, per il ricorrente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Riferisce il ricorrente, sovrintendente capo della Polizia di Stato, che con d.m. n. 1925 del 1986 gli veniva riconosciuto l’equo indennizzo (6^ categoria nella misura massima) per alcune infermità contratte per causa di servizio; che, ritenendo aggravate le infermità, proponeva nel 1996 una domanda di revisione, al fine ottenere le prestazioni previste per la 5^ categoria nella misura massima della tabella A, così come accertato in data 24 gennaio 1996 dalla Commissione Medico-ospedaliera dell’Ospedale militare di Piacenza; che, tuttavia, per effetto di una pronuncia negativa del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, il Ministero dell’Interno respingeva la domanda di aggravamento (v. decreto in data 23 giugno 1999).

Ha proposto ricorso l’interessato, deducendo:

1) Eccesso di potere per difetto di motivazione.

L’Amministrazione ha recepito acriticamente il parere negativo del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, senza alcuna indicazioni delle ragioni per le quali non si è tenuto conto delle diverse conclusioni della Commissione Medico-ospedaliera dell’Ospedale militare di Piacenza. Inoltre, neppure il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie ha specificato i motivi che lo hanno indotto a discostarsi dalle valutazioni espresse dall’altro organismo.

2) Eccesso di potere per erronea valutazione delle circostanze di fatto.

Indipendentemente dal difetto di motivazione, lo stato di infermità del ricorrente è stato comunque erroneamente apprezzato, visto il parere medico-legale redatto per conto del ricorrente dal dott. Bonfiglio Gambarini. Il che può anche giustificare l’espletamento di una consulenza tecnica.

Conclude il ricorrente per l’annullamento dell’atto impugnato e l’accertamento del diritto all’assegnazione della 5^ categoria nella misura massima della tabella A.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, resistendo al gravame.

All’udienza del 6 aprile 2004, ascoltato il rappresentante del ricorrente, la causa è passata in decisione.

D I R I T T O

Censura il ricorrente il provvedimento con cui l’Amministrazione ha ribadito il suo diritto all’equo indennizzo per la 6^ categoria, senza riconoscerne l’invocata revisione per effetto dell’aggravamento delle infermità che avevano in precedenza dato titolo al beneficio. Lamenta il difetto di motivazione, sia per essere state acriticamente recepite le conclusioni negative del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, sia per avere questi a sua volta omesso di indicare le ragioni per le quali ci si dovesse discostare dal giudizio della Commissione Medico-ospedaliera di Piacenza, pronunciatasi per l’ascrivibilità della menomazione dell’integrità psico-fisica alla 5^ categoria. Invoca, inoltre, l’interessato l’accertamento del diritto all’equo indennizzo corrispondente a detta più elevata categoria, anche in ragione delle valutazioni medico-legali in tal senso espresse da un consulente di parte.

Osserva il Collegio che, per costante giurisprudenza, in materia di equo indennizzo, l’ordinamento non mette a disposizione dell’Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza, sui quali orientarsi, ma affida al Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie il compito di esprimere un giudizio conclusivo, anche sulla base di quello reso dalla Commissione medica ospedaliera; pertanto, in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, il parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie si impone all’Amministrazione, la quale è tenuta solo a verificare se l’organo in questione, nell’esprimere le proprie valutazioni, abbia tenuto conto delle considerazioni svolte dagli altri organi e, in caso di disaccordo, se le abbia confutate, con la conseguenza che un obbligo di motivazione in capo all’Amministrazione è ipotizzabile esclusivamente per l’ipotesi in cui essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati vagliati dal Comitato, ritenga di non potere aderire al suo parere, che è obbligatorio ma non vincolante (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 12 agosto 2002 n. 4158). Tanto implica che il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, pur potendosi discostare dal parere della Commissione medica ospedaliera, motivi in materia specifica sulle ragioni che lo inducono a disattenderne l’esito, mentre l’Amministrazione ha l’obbligo di verificare se, nel far ciò, esso abbia tenuto congruamente conto dei giudizi discordanti espressi nel corso del procedimento (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 2 dicembre 2002 n. 6613); il che, naturalmente, vale anche quando il dissenso concerna esclusivamente la categoria di ascrizione dell’infermità (v. TAR Puglia, Bari, Sez. I, 2 maggio 2001 n. 1402).

Ciò posto, appare meritevole di accoglimento la censura fondata sul difetto di motivazione. In effetti, nel disconoscere la riconducibilità dell’infermità artrosica del ricorrente alla 6^ categoria – che la Commissione Medico-ospedaliera di Piacenza aveva valutato corretta, per poi ascrivere la menomazione complessiva dell’integrità psico-fisica alla 5^ categoria –, il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie si è limitato a prospettare l’assegnazione della suddetta infermità alla 7^ categoria con la considerazione «poiché gli esami clinico-strumentali evidenziano turbe anatomo funzionali di entità tale da meritare ascrivibilità a detta categoria». Con un’affermazione che però si presenta del tutto apodittica e tautologica, nulla invero specificando degli elementi concretamente presi in considerazione per giungere alle conclusioni indicate, e quindi senza consentire un effettivo controllo sugli apprezzamenti operati, a fronte di un’originaria proposta che formulava valutazioni differenti.

Ne risulta conseguentemente viziato il provvedimento dell’Amministrazione, che ha fatto proprio l’avviso del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, pronunciandosi per ciò solo per il diniego di revisione dell’equo indennizzo. Dal che l’annullamento dell’atto.

E’ inammissibile, invece, la domanda di accertamento del diritto all’equo indennizzo nella misura corrispondente alla 5^ categoria, vantando l’interessato solo una posizione di interesse legittimo, mentre il diritto soggettivo è semmai configurabile dopo l’intervento del provvedimento di riconoscimento (v. Cons. Stato, Sez. V, 23 maggio 2003 n. 2783; TAR Calabria, Catanzaro, 21 gennaio 2000 n. 8).

Le spese di giudizio seguono la soccombenza dell’Amministrazione, e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE per l’EMILIA-ROMAGNA, Sezione di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 1.500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 6 aprile 2004.

f.to Gaetano Cicciò    Presidente

f.to Italo Caso    Consigliere Rel.est.

Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 L. 27/4/82, n.186.

Parma, lì 29 aprile 2004

f.to Eleonora Raffaele   Il Segretario