IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA

Sede di Bari - Sezione Seconda

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

Visto il ricorso 1747/2004, proposto dal sig. X, rappresentato e difeso da Sforza Avv. Umberto, con domicilio eletto in Bari, c/o O. Sisto c.so Vitt. Emanuele, 124;

C O N T R O

- il Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato;

- la Questura di Bari, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato;

per l’annullamento

del decreto del 28.4.2004, a firma del Questore della Provincia di Bari (notificato in data 14.5.2004), di revoca della licenza per porto di fucile per uso caccia n. 520046 L rilasciata dal Commissariato di Monopoli il 12.10.2000;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Bari;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 14 luglio 2005, il magistrato Giancarlo Giambartolomei;

Comparsi l’avv. Sforza e l’avv. Nicola Scattarelli, avv. dello Stato;

Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso notificato il 12 luglio 2004, il sig. X ha impugnato il decreto, meglio descritto in epigrafe, con cui il Questore della Provincia di Bari gli ha revocato la licenza del porto di fucile per uso caccia per non aver offerto sicuro affidamento di non abusare di detta autorizzazione di polizia.

Questi i motivi:

a) Violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241/1990 [1];

b) Violazione degli artt. 10, 11 e 43 del t.u.l.p.s [2].; eccesso di potere per sviamento e per insufficiente motivazione.

Si é costituita la Questura della provincia di Bari producendo relazioni scritte e documenti.

Con ordinanza 31 agosto 2004 n.875 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione.

2. - Il ricorso é infondato.

2.1. – Il rilascio della licenza di porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, ma rappresenta un’eccezione al divieto di cui all’art. 669 c.p. e dell’art. 4, primo co., della l. n.110 del 1975.

Tale deroga può divenire operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esista la sicurezza circa il "buon uso" delle armi stesse, tanto da eliminare ogni seppur minimo rischio per l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica.

Per evitare che le armi e gli esplosivi possano essere portati o detenuti da persone moralmente e socialmente inaffidabili, il legislatore ha dettato rigidi criteri restrittivi ed affidato all’Autorità di P.S. ampi poteri di controllo.

In particolare, l'art. 43 delinea talune ipotesi in cui è fatto divieto di concedere "licenza di portare armi"; in tutte le dette ipotesi (v. lett. a, b e c art. 43) la legge si richiama alla intervenuta "condanna" del soggetto a particolari tipi o categorie di reati, perfettamente individuati, cui, in certo senso, viene ricollegata una presunzione assoluta di "cattiva condotta".

L'ultimo comma dell'art. 43 contiene una norma di chiusura secondo cui la licenza "può" essere negata: a) a chi abbia riportato condanne per altri tipi di reato; b) a chi non può provare la sua buona condotta; c) a chi può abusare delle armi.

Dunque, l'art. 43 affida il sistema di "sicurezza" sia a provvedimenti negativi vincolati, sia a provvedimenti che richiedono una valutazione di merito dell'Autorità competente.

Peraltro, anche in tema di "licenza di porto d'armi", trova applicazione (perché espressamente richiamato dall'art. 43) l'art. 11 del T.U. e, in particolare, il suo terzo comma, che prescrive la revoca dell'autorizzazione anche nel caso in cui il titolare perda i requisiti previsti dalla legge ovvero sopravvengano circostanze che ne avrebbero "imposto o consentito il diniego".

2.2. – Tale la normativa di riferimento, osserva il Collegio che nella parte motiva del provvedimento impugnato è contestata la carenza dei requisiti richiesti ed, in particolare, della buona condotta e dell’affidabilità .

Risulta che il sig. X è stato denunciato per estorsione continuata, maltrattamenti in famiglia, percosse, lesioni personali e minacce in danno dei suoi genitori e percosse e lesioni personali in danno della figlia.

La notizia di una denunzia di un reato a carico di un soggetto titolare o richiedente un’autorizzazione di polizia viene in rilievo come fatto e non come evento penalmente sanzionabile, come elemento da aver presente in giudizio meramente prognostico.

Le evidenziate nella parte motiva dell’atto impugnato circostanze, legittimano e supportano l’atto stesso, sufficientemente istruito ed emesso in presenza di idonei presupposti, essendo chiara e palese, valutato il comportamento del soggetto, la mancanza dello stato di affidabilità che - come si é detto - é richiesto esplicitamente dall'art. 43, ultimo comma, del T.U.L.P.S.

In vero, ai sensi di un consolidato orientamento giurisprudenziale, perché una persona possa essere ritenuta affidabile è necessario, tra l’altro, che abbia una condotta assolutamente irreprensibile ed immune da rimproveri, anche remoti e lontani nel tempo.

Infondate sono, dunque, le censure di cui al punto b).

3. - Non sussiste, inoltre, la dedotta violazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241/1990 e di cui al punto a).

La normativa in vigore in tema di porto e/o detenzione di armi e di esplosivi é dettata dall’esigenza di proteggere la collettività dal pericolo dell’uso delle armi, allontanando dalla disponibilità delle stesse, entro un breve termine, un soggetto che si ritiene capace di abusarne.

Tutti i provvedimenti in materia, essendo preordinati alla salvaguardia dell’incolumità delle persone, hanno, perciò, di per sé il carattere dell’urgenza e sono atti caratterizzati da particolari esigenze di celerità, per i quali può essere omessa la comunicazione dell'avvio del procedimento, prevista dal su menzionato art. 7 della legge n. 241/1990.

Tra detti atti rientra anche il provvedimento di revoca previsto dall'art. 11 t.u.l.p.s., in quanto ispirato dall'esigenza ineludibile di privare quanto prima delle armi un soggetto ritenuto capace di abusarne (cfr. T.A.R. Catanzaro, sez. I, 26 marzo 2001 n. 501; T.A.R. Friuli Venezia Giulia 16 febbraio 1999 n. 88).

4.- Il ricorso in esame, pertanto, deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE per la PUGLIA, Sede di Bari - Sezione Seconda, Respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari di giudizio che liquida in complessivi euro 1000/00 ( mille/00)

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 14 luglio 2005 con l’intervento dei Magistrati:

Dott. GIANCARLO GIAMBARTOLOMEI PRESIDENTE, Rel.

Dott. PIETRO MOREA COMPONENTE

Dott. GIUSEPPINA ADAMO COMPONENTE

 

Depositata in Segreteria il 29 agosto 2005

 



[1] Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi



[2] L’art. 10 TULPS ( Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) è il seguente:

Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata.

L’art. 11, stesso Testo, prevede quanto segue:

Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:

1° a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;

2° a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.

Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.

Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione.

L’art. 43, TULPS, è il seguente:

Oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:

a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;

b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;

c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.

La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi.