LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Pretore di Catanzaro del 26/10/93 F. A. conveniva in giudizio
il Ministero dell'Interno per il riconoscimento del suo diritto alla
pensione di invalidità e dell'indennità di accompagnamento.
Il Ministero contrastava la domanda, ma il Pretore, istruita la causa con
consulenza tecnica, la accoglieva limitatamente alla pensione di invalidità.
Il Tribunale di Catanzaro, investito in sede di appello ad istanza del
Ministero dell'Interno, con sentenza del 28/2 - 5/3/99, confermava la
decisione, precisando che il CTU nominato in secondo grado aveva accertato
che "non è il solo deficit intellettivo ad acquisire rilevanza per la
definizione percentuale del grado di invalidità indotto… (rappresentando lo
stesso) solo un elemento del più complesso quadro patologico, e psico -
patologico, su cui si fondano i disturbi del comportamento ed elettivamente
l'avversione del cibo, che viene assunto solamente a seguito di pressanti
insistenze dei familiari. Tale condizione, perdurante da diversi anni, ed
all'attuale età di 53 anni della F., deve ritenersi inemendabile"; la
stessa, alta cm 149, di 37 kg di peso, è affetta da una complessa condizione
che ne inficia la possibilità di recupero e se non viene seguita con
costanza dai familiari smette di alimentarsi e sicuramente non è in grado di
svolgere un proficuo lavoro.
Le considerazioni del consulente erano condivisibili e quindi la sentenza
doveva essere confermata.
Avverso questa propone ricorso per cassazione il Ministero dell'Interno
fondato su tre motivi.
L'intimata non si è costituita.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Lamentando, con il primo motivo, violazione e falsa applicazione dell'art.12
L.n.118/71, nonché omessa e contraddittoria motivazione (art.360 n.3 e 5
c.p.c.) deduce il ricorrente che il quadro clinico diagnostico non è tale da
giustificare il beneficio della pensione di inabilità; la patologia
anoressica, ai sensi del codice 9334 della tabella allegata al D.M.5/2/92
del Ministero della Sanità, comporta una inabilità parziale compresa tra il
41% ed il 50%; il medesimo D.M., al fine di prendere in considerazione il
"deficit intellettivo e/o sindrome psico - patologica" ed in genere le
sindromi psichiche che si riflettono in disturbi del comportamento, prevede
che le stesse debbano essere associate ad un danno organico cerebrale
dimostrabile mediante appositi esami clinico diagnostici. Si deve quindi
escludere la sussistenza dei presupposti medico legali per il riconoscimento
della totale inabilità lavorativa, in quanto, tra l'altro, il limitato peso
corporeo di kg.37 deve essere rapportato all'altezza al di sotto della
norma, cm 149, con la conseguenza che "il quadro patologico appare in parte
ridimensionato".
Lamentando, con il secondo motivo, violazione e falsa applicazione degli
artt.75 ed 83 c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento, nonché
omessa e contraddittoria motivazione (art.360 n.3 e 5 c.p.c.) deduce il
ricorrente che il ricorso è stato introdotto dalla stessa F., che assume di
non essere in grado di svolgere attività lavorativa a causa del deficit
psichico, la cui esistenza però comporta la nullità ed insussistenza del
rapporto processuale per incapacità assoluta della
parte. Ove venisse accertata tale incapacità dovrebbe dichiararsi la nullità
del procedimento e della sentenza.
Lamentando, con il terzo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt.34
e 295 c.p.c., nullità del procedimento, nonché omessa motivazione (art.360 n.3
e 5 c.p.c.) deduce il ricorrente che l'eventuale riconoscimento della
pensione di invalidità per accertata patologia psichica si risolve in un
inammissibile accertamento di status circa la capacità di intendere e
volere, che non può formare oggetto di accertamento incidentale ed avrebbe
invece dovuto costituire oggetto di accertamento in via principale nel
giudizio di interdizione, ex art.712 c.p.c.. La sentenza quindi deve in ogni
caso essere cassata.
Il ricorso è infondato.
Va innanzitutto precisato, in ordine al primo motivo, che questa Corte ha
già avuto modo di affermare il principio di diritto, condiviso dal Collegio,
secondo cui "in sede di valutazione della capacità di lavoro, ai fini della
sussistenza del diritto all'assegno ordinario di invalidità disciplinato
dall'art.1 della legge 12 giugno 1984 n.222 [1], si deve tener conto del
quadro morboso complessivo del soggetto assicurato e non delle singole
manifestazioni morbose, considerate l'una indipendentemente dalle altre, né
può procedersi ad una somma aritmetica delle percentuali di invalidità
relative a ciascuna delle infermità riscontrate, dovendosi invece compiere
una valutazione complessiva delle stesse, con specifico riferimento alla
loro incidenza sull'attività svolta in precedenza e su ogni altra che sia
confacente, nel senso che potrebbe essere svolta dall'assicurato, per età,
capacità ed esperienza, senza esporre ad ulteriore danno la propria salute"
(Cass.n.5934 del 20/6/94).
Questo principio affermato dalla Corte con riferimento a prestazioni
previdenziali a carico dell'INPS è applicabile anche per quelle
assistenziali a carico del Ministero dell'Interno nel caso in cui coesistano
una infermità tabellata (anoressia) ed altre non tabellate ("deficit
intellettivo", "sindrome psico - patologica" ed eccessiva "magrezza", tali
da costituire un complesso quadro patologico inemendabile, su cui si
innestano disturbi del comportamento e che giustifica "la percentuale di
invalidità più volte espressa da differenti Commissioni mediche in epoche
differenti", come si legge in sentenza): la nuova tabella indicativa delle
percentuali di invalidità, approvata con D.M.5 febbraio 1992, all'art.1,
terzo comma, espressamente prevede, infatti, che "nel caso di infermità
plurime" vi possono essere "invalidità dovute a menomazioni multiple per
infermità tabellate e/o non tabellate (che) possono risultare da un concorso
funzionale di menomazioni (quando interessano lo stesso organo) ovvero da
una semplice loro coesistenza… In alcuni casi il concorso è direttamente
tariffato in tabella… In tutti gli altri casi, valutata separatamente la
singola menomazione, si procede a
Il Tribunale nella sua decisione si è attenuto a tale principio, effettuando
in concreto la valutazione del "più complesso quadro patologico, e psico -
patologico, su cui si fondano i disturbi del comportamento" della F., e
considerando anche, ai fini del giudizio di inemendabilità della malattia,
l'età, l'altezza ed il peso minimo raggiunto dall'interessata in conseguenza
dell'anoressia da cui la stessa è affetta. Il ricorrente, invece, contesta
la sussistenza delle condizioni per la concessione del chiesto beneficio
sulla base di una rigida, ed inammissibile, applicazione delle tabelle
ministeriali. Il primo motivo va quindi disatteso.
Gli altri due motivi vanno trattati congiuntamente, perché strettamente
connessi. In proposito osserva il Collegio che il Tribunale non ha
effettuato alcun accertamento sulla capacità di intendere e di volere della
F., e non doveva farlo, ma si è limitato ad accertare la situazione
sanitaria da cui deriva l'invalidità e l'incapacità di svolgere un proficuo
lavoro in cui la stessa si trova a causa di un complesso quadro morboso; il
giudice di merito giunge alla conclusione che " non è il solo deficit
intellettivo ad acquisire rilevanza per la definizione percentuale del grado
di invalidità", essendo questo solo una delle componenti il quadro morboso
invalidante ed irreversibile, da cui è affetta la F.. La sussistenza di tale
deficit intellettivo (che unitamente ad altre affezioni ha portato al
riconoscimento della prestazione assistenziale) non influisce minimamente
sulla capacità di agire della F. per la tutela dei suoi diritti (che
certamente esiste fino a che non venga, in sede propria, effettuato
l'accertamento dell'eventuale incapacità di intendere e volere, con la
conseguente pronuncia di interdizione) e non porta alcun mutamento del suo
status personale, per cui entrambe le censure vanno disattese ed il
ricorso rigettato. Non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese, perché
l'intimata non si è costituita in giudizio.
P.Q.M. LA CORTE
Rigetta il ricorso e dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese.
Roma, 18 dicembre 2001
Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2002