ASSENZA PER INFORTUNIO SUL LAVORO - FASCE DI REPERIBILITA' EX ART. 5 D.L. N. 463/1983 - APPLICABILITA' - ESCLUSIONE - ACCERTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI - RISERVA DI LEGGE - CONSEGUENZE - CLAUSOLA DI CONTRATTO COLLETTIVO ESTENSIVA DELL'OBBLIGO DELLE FASCE ORARIE - NULLITA' - FATTISPECIE.

( Cassazione - Sezione Lavoro - Lanni S. Presidente - Filandro C. Relatore )
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Sergio LANNI Presidente
Dott. Sergio MATTONE Consigliere
Dott. Camillo FILADORO Cons. Relatore
Dott. Florindo MINICHIELLO Consigliere
Dott. Stefano Maria EVANGELISTA Consigliere
ha pronunciato la seguente:


S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da: SANAC spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 6 presso l'avv. Sergio Dionisio, rappresentato e difeso giusta delega in atti dall'avvocato Guido Mussi - ricorrente -
contro
MAGNANI Carlo - intimato -
avverso la sentenza del Tribunale di Massa dell'1 febbraio 1994 - 15 marzo 1995, n. 156 del 1995. RG. 1616/51.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 febbraio 1998 dal Relatore Cons. Camillo Filadoro;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Guido Raimondi, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con sentenza dell'1 febbraio 1994-15 marzo 1995, il Tribunale di Massa rigettava l'appello proposto dalla spa La Nuova Samac avverso la decisione del locale Pretore che aveva accolto la domanda del lavoratore, Magnani Carlo, intesa ad ottenere la dichiarazione di illegittimita' della sanzione disciplinare di tre ore di multa, inflittagli per non essere stato reperito al suo domicilio nel corso di visita medica di controllo disposta dall'azienda, ai sensi dell'art. 5 della legge 300 del 1970, durante il periodo di assenza per infortunio sul lavoro.

Il Tribunale condivideva la decisione del Pretore, che richiamava integralmente, rilevando che non sono operanti nel caso di infortunio sul lavoro le prescrizioni sulle fasce orarie di reperibilita' di cui all'art. 5 del decreto-legge 463 del 1983,convertito in legge con modificazioni, dalla legge 638 del 1983.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la spa La Nuova Samac, con due distinti motivi.
L'intimato non ha svolto difese in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art.112 codice di procedura civile (per essere stata la decisione resa ultra ed extrapetita), nonche' violazione dei principi del contraddittorio.
Il Magnani, osserva la societa', non aveva affatto dedotto l'inapplicabilita' del contratto collettivo -ritenuta invece dal giudice - limitandosi a sostenere che il fatto contestatogli, cioe' l'assenza durante le fasce di reperibilita', era giustificato in quanto al momento egli era all'Ospedale di Massa per una visita specialistica di controllo.

Il Tribunale invece aveva dichiarato che il Magnani non era tenuto a rispettare l'obbligo di reperibilita', trovandosi assente per infortunio invece che per malattia: ma in tal modo aveva operato una - inammissibile - modificazione della "causa petendi" e del "petitum" inizialmente proposti, in tal modo violando la norma di cui all'art.112 codice di procedura civile (decidendo da un lato su una domanda mai proposta ed ignorando, dall'altra, il "thema decidendum" prospettato dalla parte).

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto, violazione e falsa applicazione degli articoli 37 e 38 del contratto collettivo nazionale di lavoro, in relazione agli articoli 2104 e seguenti del codice civile, nonche' violazione e falsa applicazione degli articoli 2067, 2069, 2070 e 2071 del codice civile.

La sede naturale per regolamentare il rapporto di lavoro tra le parti e' quella del contratto collettivo, con il quale si determinano le modalita' particolari per l'esercizio dei diritti - doveri previsti dalla legge. Poiche' nel caso di specie il contratto collettivo applicabile faceva obbligo al lavoratore assente per malattia o per infortunio di essere presente in casa nelle cosiddette fasce di reperibilita' determinate dal D.M., la sanzione disciplinare inflitta al Magnani doveva ritenersi del tutto giustificata.

Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente perche' connessi tra di loro, sono infondati. Secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, il vizio di ultra o extrapetizione ricorre solo quando il giudice pronunci oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili di ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato.

Tale vizio riguarda esclusivamente la decisione della controversia e non anche le ragioni di fatto e di diritto che vengono assunte a sostegno della decisione, ben potendo il giudice dare al rapporto controverso una diversa qualificazione giuridica o sostituire al titolo enunciato un titolo diverso, purche' dalla pronuncia non derivino effetti sostanziali piu' ampi di quelli richiesti dalla parte. (Cass. 2730 del 5 ottobre 1971,2504 del 10 aprile 1986).

Nel caso di specie, il Pretore prima e il Tribunale poi, hanno ritenuto di dover rilevare di ufficio la nullita' del contratto collettivo, prima di esaminare la sussistenza del giustificato motivo di assenza indicato dal Magnani (sottoposizione a visita specialistica presso struttura ospedaliera in coincidenza con la disposta visita di controllo).
Ed hanno concluso, con una motivazione che sfugge a qualsiasi censura, che il Magnani non poteva essere tenuto a restare in casa durante le ore di reperibilita' fissate per la malattia, nonostante la esplicita previsione in tal senso contenuta nel contratto collettivo.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che non ricorre alcuna violazione del principio dispositivo di cui all'art. 112 codice di procedura civile qualora il giudice dichiari di ufficio la nullita' di un contratto del quale si richieda l'adempimento. Infatti, la nullita' del contratto e' rilevabile d'ufficio nella controversia promossa per far valere diritti presupponenti la validita' del contratto medesimo. (Cass. 2321 dell'11 luglio 1972, 5003 del 28 aprile 1993, 1340 del 9 febbraio 1994).

Nel caso di specie, la nullita' della clausola del contratto collettivo di diritto comune che estendeva anche all'ipotesi dell'infortunio sul lavoro gli obblighi di reperibilita' fissati per il caso di malattia, discende direttamente dalla disposizione di cui all'art. 14 della Costituzione, terzo comma, secondo la quale "Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanita' e di incolumita' pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali".

Si tratta, come e' evidente dal testo della norma, di una riserva assoluta (e non relativa) di legge, con la inevitabile conseguenza dell'impossibilita' di estendere le disposizioni di cui alla legge 638 del 1983 art.5 comma 14, e dei decreti ministeriali emanati sulla base del comma 13, sia pure ai soli fini di una sanzione disciplinare ordinaria, oltre l'ipotesi della malattia in essa prevista.

Non e' neppure applicabile al caso di specie il principio affermato in alcune decisioni di questa Corte (Cass. 2756 del 9 marzo 1995, 11358 del 1993, v. pero' Cass.3681 del 1990), secondo il quale non costituisce deroga "in peius" la disposizione del contratto collettivo, la quale, obbligando il lavoratore assente per malattia a trovarsi in determinate fasce orarie nel domicilio comunicato all'azienda gli imponga altresi' di dare preventiva comunicazione al datore di lavoro, qualora egli debba lasciare il domicilio e non possa osservare tali fasce per eventuali e comprovate necessita' di assentarsi per visite, prestazioni o accertamenti specialistici o altri giustificati motivi.

Infatti, in questo caso non si tratta di regolare meglio, sulla base di principi generali di correttezza, comportamenti delle parti all'interno di una ipotesi gia' prevista dalla legge (malattia), ma di estendere l'obbligo della presenza nelle fasce di reperibilita' ad una ipotesi esclusa dalla legge (infortunio), sia pure ai soli fini disciplinari, in una materia la cui disciplina e' riservata secondo la Costituzione soltanto alla legge.

Correttamente, tale estensione e' stata ritenuta illegittima da parte dei giudici di appello che hanno affermato la nullita' delle disposizioni del contratto collettivo, nella parte in cui impongono, sia pure ai soli fini disciplinari, al lavoratore infortunato sul lavoro l'osservanza delle fasce di reperibilita' fissate dai Decreti Ministeriali.

Le argomentazioni ora svolte sono sufficienti a spiegare il rigetto del ricorso.
Val la pena di ribadire, tuttavia che i due regimi dei controlli di malattia e di infortunio - come gia' osservato dal Pretore e ribadito dal Tribunale nella sentenza impugnata- appaiono nettamente distinti e spesso tra loro antitetici, non soltanto per le diversita' di procedura, ma anche perche' ispirate a interesse pubblico di differente valore.
La ricorrente richiama il disposto dell'art. 5 della legge 300 del 1970, (secondo motivo di ricorso) per derivarne la legittimita' del controllo e della sanzione disciplinare inflitta al Magnani.

Il richiamo a tale disposizione appare tuttavia fuor di luogo, perche' la norma stabilisce che "il controllo delle assenze per infermita' (per malattia o per infortunio del lavoratore dipendente) puo' essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti", ma non fissa assolutamente un obbligo di reperibilita' a carico del lavoratore infortunato.
In base all'art. 5 della legge 300 del 1970, il datore di lavoro puo' richiedere all'INAIL - Istituto assicuratore competente- la verifica dello stato di infermita', ma nell'accertamento relativo l'Istituto dovra' conformarsi ai limiti tracciati dalla norma regolatrice.

Dopo la riforma sanitaria del 1978,spetta parimenti al datore di lavoro il diritto di attivarsi per chiedere la verifica dello stato di infermita' del dipendente, quale effettiva conseguenza dell'infortunio sul lavoro, attraverso l'accertamento sanitario predisposto dalla USL in base alle sue competenze medico-legali (art. 14 lettera q)della legge 23 dicembre 1978 n. 833).
Cio' non significa, tuttavia, automatica estensione della normativa riguardante le fasce orarie di reperibilita', che del resto non e' contenuta nella legge 833 del 1978, ma nella legge 638 del 1983, volta a regolamentare la sola assenza derivante da malattia ordinaria.

Infatti, come gia' accennato in precedenza, tale normativa legale non incide sul diritto del cittadino alla liberta' di movimento nel territorio dello Stato (in senso conforme, cfr.Corte Cost. 943 del 28 luglio 1988 e n. 23 del 1975), ma sul divieto di accertamenti sanitari non previsti dalla legge (art.14 comma terzo della Costituzione), limitandolo, e non puo' essere applicata al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge.

In altre parole, come esattamente ritenuto dai giudici di appello, l'accertamento sullo stato di inabilita' conseguente ad infortunio sul lavoro non puo' che mantenere tutte le peculiarita' tipiche del procedimento nel quale esso si inserisce, con esclusione di qualsiasi sovrapponibilita' con quello vigente per la infermita' conseguente a malattia ordinaria, essendo essenzialmente rivolto alla verifica dello stato di inabilita' temporanea assoluta o relativa, senza alcun riguardo alle modalita' operative impiegate (accertamento domiciliare o successiva verifica ambulatoriale).

Modalita' operative che invece per la malattia ordinaria ai sensi dell'art. 6 comma 14 del piu' volte citato Decreto Legge 463 del 1983 anno autonoma e specifica rilevanza, con decadenza dal diritto a qualsiasi trattamento economico nel caso di assenza ingiustificata alla seconda visita di controllo (Corte Cost. n.78 del 26 gennaio 1978) a prescindere dal riscontro obiettivo delle condizioni patologiche del dipendente.
Per le stesse ragioni, il contratto collettivo non puo' estendere, anche se solo a fini disciplinari, l'obbligo della reperibilita' all'ipotesi dell'infortunio sul lavoro.

Ogni questione relativa ai contenuti della clausola contrattuale in esame, di cui al secondo motivo di ricorso, deve ritenersi assorbita dall'accertamento della nullita' della stessa.
Nessuna pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio, non avendo l'intimato svolto difese in questa sede.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese di questo giudizio di cassazione.
Cosi' deciso in Roma, il 16 febbraio 1998
Depositato in Cancelleria il 2 giugno 1998.
 

ASSENZA PER INFORTUNIO SUL LAVORO - FASCE DI REPERIBILITA' EX ART. 5 D.L. N. 463/1983 - APPLICABILITA' - ESCLUSIONE - ACCERTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI - RISERVA DI LEGGE - CONSEGUENZE - CLAUSOLA DI CONTRATTO COLLETTIVO ESTENSIVA DELL'OBBLIGO DELLE FASCE ORARIE - NULLITA' - FATTISPECIE.

( Cassazione - Sezione Lavoro - Lanni S. Presidente - Filandro C. Relatore )
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Sergio LANNI Presidente
Dott. Sergio MATTONE Consigliere
Dott. Camillo FILADORO Cons. Relatore
Dott. Florindo MINICHIELLO Consigliere
Dott. Stefano Maria EVANGELISTA Consigliere
ha pronunciato la seguente:


S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da: SANAC spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 6 presso l'avv. Sergio Dionisio, rappresentato e difeso giusta delega in atti dall'avvocato Guido Mussi - ricorrente -
contro
MAGNANI Carlo - intimato -
avverso la sentenza del Tribunale di Massa dell'1 febbraio 1994 - 15 marzo 1995, n. 156 del 1995. RG. 1616/51.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 febbraio 1998 dal Relatore Cons. Camillo Filadoro;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Guido Raimondi, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell'1 febbraio 1994-15 marzo 1995, il Tribunale di Massa rigettava l'appello proposto dalla spa La Nuova Samac avverso la decisione del locale Pretore che aveva accolto la domanda del lavoratore, Magnani Carlo, intesa ad ottenere la dichiarazione di illegittimita' della sanzione disciplinare di tre ore di multa, inflittagli per non essere stato reperito al suo domicilio nel corso di visita medica di controllo disposta dall'azienda, ai sensi dell'art. 5 della legge 300 del 1970, durante il periodo di assenza per infortunio sul lavoro.

Il Tribunale condivideva la decisione del Pretore, che richiamava integralmente, rilevando che non sono operanti nel caso di infortunio sul lavoro le prescrizioni sulle fasce orarie di reperibilita' di cui all'art. 5 del decreto-legge 463 del 1983,convertito in legge con modificazioni, dalla legge 638 del 1983.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la spa La Nuova Samac, con due distinti motivi.
L'intimato non ha svolto difese in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art.112 codice di procedura civile (per essere stata la decisione resa ultra ed extrapetita), nonche' violazione dei principi del contraddittorio.
Il Magnani, osserva la societa', non aveva affatto dedotto l'inapplicabilita' del contratto collettivo -ritenuta invece dal giudice - limitandosi a sostenere che il fatto contestatogli, cioe' l'assenza durante le fasce di reperibilita', era giustificato in quanto al momento egli era all'Ospedale di Massa per una visita specialistica di controllo.

Il Tribunale invece aveva dichiarato che il Magnani non era tenuto a rispettare l'obbligo di reperibilita', trovandosi assente per infortunio invece che per malattia: ma in tal modo aveva operato una - inammissibile - modificazione della "causa petendi" e del "petitum" inizialmente proposti, in tal modo violando la norma di cui all'art.112 codice di procedura civile (decidendo da un lato su una domanda mai proposta ed ignorando, dall'altra, il "thema decidendum" prospettato dalla parte).

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto, violazione e falsa applicazione degli articoli 37 e 38 del contratto collettivo nazionale di lavoro, in relazione agli articoli 2104 e seguenti del codice civile, nonche' violazione e falsa applicazione degli articoli 2067, 2069, 2070 e 2071 del codice civile.

La sede naturale per regolamentare il rapporto di lavoro tra le parti e' quella del contratto collettivo, con il quale si determinano le modalita' particolari per l'esercizio dei diritti - doveri previsti dalla legge. Poiche' nel caso di specie il contratto collettivo applicabile faceva obbligo al lavoratore assente per malattia o per infortunio di essere presente in casa nelle cosiddette fasce di reperibilita' determinate dal D.M., la sanzione disciplinare inflitta al Magnani doveva ritenersi del tutto giustificata.

Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente perche' connessi tra di loro, sono infondati. Secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, il vizio di ultra o extrapetizione ricorre solo quando il giudice pronunci oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili di ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato.

Tale vizio riguarda esclusivamente la decisione della controversia e non anche le ragioni di fatto e di diritto che vengono assunte a sostegno della decisione, ben potendo il giudice dare al rapporto controverso una diversa qualificazione giuridica o sostituire al titolo enunciato un titolo diverso, purche' dalla pronuncia non derivino effetti sostanziali piu' ampi di quelli richiesti dalla parte. (Cass. 2730 del 5 ottobre 1971,2504 del 10 aprile 1986).

Nel caso di specie, il Pretore prima e il Tribunale poi, hanno ritenuto di dover rilevare di ufficio la nullita' del contratto collettivo, prima di esaminare la sussistenza del giustificato motivo di assenza indicato dal Magnani (sottoposizione a visita specialistica presso struttura ospedaliera in coincidenza con la disposta visita di controllo).
Ed hanno concluso, con una motivazione che sfugge a qualsiasi censura, che il Magnani non poteva essere tenuto a restare in casa durante le ore di reperibilita' fissate per la malattia, nonostante la esplicita previsione in tal senso contenuta nel contratto collettivo.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che non ricorre alcuna violazione del principio dispositivo di cui all'art. 112 codice di procedura civile qualora il giudice dichiari di ufficio la nullita' di un contratto del quale si richieda l'adempimento. Infatti, la nullita' del contratto e' rilevabile d'ufficio nella controversia promossa per far valere diritti presupponenti la validita' del contratto medesimo. (Cass. 2321 dell'11 luglio 1972, 5003 del 28 aprile 1993, 1340 del 9 febbraio 1994).

Nel caso di specie, la nullita' della clausola del contratto collettivo di diritto comune che estendeva anche all'ipotesi dell'infortunio sul lavoro gli obblighi di reperibilita' fissati per il caso di malattia, discende direttamente dalla disposizione di cui all'art. 14 della Costituzione, terzo comma, secondo la quale "Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanita' e di incolumita' pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali".

Si tratta, come e' evidente dal testo della norma, di una riserva assoluta (e non relativa) di legge, con la inevitabile conseguenza dell'impossibilita' di estendere le disposizioni di cui alla legge 638 del 1983 art.5 comma 14, e dei decreti ministeriali emanati sulla base del comma 13, sia pure ai soli fini di una sanzione disciplinare ordinaria, oltre l'ipotesi della malattia in essa prevista.

Non e' neppure applicabile al caso di specie il principio affermato in alcune decisioni di questa Corte (Cass. 2756 del 9 marzo 1995, 11358 del 1993, v. pero' Cass.3681 del 1990), secondo il quale non costituisce deroga "in peius" la disposizione del contratto collettivo, la quale, obbligando il lavoratore assente per malattia a trovarsi in determinate fasce orarie nel domicilio comunicato all'azienda gli imponga altresi' di dare preventiva comunicazione al datore di lavoro, qualora egli debba lasciare il domicilio e non possa osservare tali fasce per eventuali e comprovate necessita' di assentarsi per visite, prestazioni o accertamenti specialistici o altri giustificati motivi.

Infatti, in questo caso non si tratta di regolare meglio, sulla base di principi generali di correttezza, comportamenti delle parti all'interno di una ipotesi gia' prevista dalla legge (malattia), ma di estendere l'obbligo della presenza nelle fasce di reperibilita' ad una ipotesi esclusa dalla legge (infortunio), sia pure ai soli fini disciplinari, in una materia la cui disciplina e' riservata secondo la Costituzione soltanto alla legge.

Correttamente, tale estensione e' stata ritenuta illegittima da parte dei giudici di appello che hanno affermato la nullita' delle disposizioni del contratto collettivo, nella parte in cui impongono, sia pure ai soli fini disciplinari, al lavoratore infortunato sul lavoro l'osservanza delle fasce di reperibilita' fissate dai Decreti Ministeriali.

Le argomentazioni ora svolte sono sufficienti a spiegare il rigetto del ricorso.
Val la pena di ribadire, tuttavia che i due regimi dei controlli di malattia e di infortunio - come gia' osservato dal Pretore e ribadito dal Tribunale nella sentenza impugnata- appaiono nettamente distinti e spesso tra loro antitetici, non soltanto per le diversita' di procedura, ma anche perche' ispirate a interesse pubblico di differente valore.
La ricorrente richiama il disposto dell'art. 5 della legge 300 del 1970, (secondo motivo di ricorso) per derivarne la legittimita' del controllo e della sanzione disciplinare inflitta al Magnani.

Il richiamo a tale disposizione appare tuttavia fuor di luogo, perche' la norma stabilisce che "il controllo delle assenze per infermita' (per malattia o per infortunio del lavoratore dipendente) puo' essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti", ma non fissa assolutamente un obbligo di reperibilita' a carico del lavoratore infortunato.
In base all'art. 5 della legge 300 del 1970, il datore di lavoro puo' richiedere all'INAIL - Istituto assicuratore competente- la verifica dello stato di infermita', ma nell'accertamento relativo l'Istituto dovra' conformarsi ai limiti tracciati dalla norma regolatrice.

Dopo la riforma sanitaria del 1978,spetta parimenti al datore di lavoro il diritto di attivarsi per chiedere la verifica dello stato di infermita' del dipendente, quale effettiva conseguenza dell'infortunio sul lavoro, attraverso l'accertamento sanitario predisposto dalla USL in base alle sue competenze medico-legali (art. 14 lettera q)della legge 23 dicembre 1978 n. 833).
Cio' non significa, tuttavia, automatica estensione della normativa riguardante le fasce orarie di reperibilita', che del resto non e' contenuta nella legge 833 del 1978, ma nella legge 638 del 1983, volta a regolamentare la sola assenza derivante da malattia ordinaria.

Infatti, come gia' accennato in precedenza, tale normativa legale non incide sul diritto del cittadino alla liberta' di movimento nel territorio dello Stato (in senso conforme, cfr.Corte Cost. 943 del 28 luglio 1988 e n. 23 del 1975), ma sul divieto di accertamenti sanitari non previsti dalla legge (art.14 comma terzo della Costituzione), limitandolo, e non puo' essere applicata al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge.

In altre parole, come esattamente ritenuto dai giudici di appello, l'accertamento sullo stato di inabilita' conseguente ad infortunio sul lavoro non puo' che mantenere tutte le peculiarita' tipiche del procedimento nel quale esso si inserisce, con esclusione di qualsiasi sovrapponibilita' con quello vigente per la infermita' conseguente a malattia ordinaria, essendo essenzialmente rivolto alla verifica dello stato di inabilita' temporanea assoluta o relativa, senza alcun riguardo alle modalita' operative impiegate (accertamento domiciliare o successiva verifica ambulatoriale).

Modalita' operative che invece per la malattia ordinaria ai sensi dell'art. 6 comma 14 del piu' volte citato Decreto Legge 463 del 1983 anno autonoma e specifica rilevanza, con decadenza dal diritto a qualsiasi trattamento economico nel caso di assenza ingiustificata alla seconda visita di controllo (Corte Cost. n.78 del 26 gennaio 1978) a prescindere dal riscontro obiettivo delle condizioni patologiche del dipendente.
Per le stesse ragioni, il contratto collettivo non puo' estendere, anche se solo a fini disciplinari, l'obbligo della reperibilita' all'ipotesi dell'infortunio sul lavoro.

Ogni questione relativa ai contenuti della clausola contrattuale in esame, di cui al secondo motivo di ricorso, deve ritenersi assorbita dall'accertamento della nullita' della stessa.
Nessuna pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio, non avendo l'intimato svolto difese in questa sede.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese di questo giudizio di cassazione.
Cosi' deciso in Roma, il 16 febbraio 1998
Depositato in Cancelleria il 2 giugno 1998.