Carabinieri: non applicabili per analogia i benefici CCNL del comparto scuola
(Corte dei Conti Veneto, Sentenza 7 luglio 2004 n° 902)

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del popolo italiano

 

CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE VENETO

IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

 

nella persona del Referendario dott. Giancarlo Astegiano

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni ed integrazioni;

visti gli artt. 1 e 6 del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19;

visto l'art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205;

visti gli artt. 131, 132, 420, 421, 429, 430 e 431 cod. proc. civ., nonché l'art. 26 del Reg. di proc. per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, di cui al r.d. 13 agosto 1933, n. 1038;

visto l'atto introduttivo del giudizio;

esaminati gli atti e i documenti tutti di causa;

assenti le parti alla pubblica udienza del 18 maggio 2004, nonostante la regolarità della notifica del decreto di fissazione di udienza, con l'assistenza del segretario d'udienza sig.ra Nicoletta Niero;

ha emanato la seguente

SENTENZA

(numero 902/2004)

 

nel giudizio pensionistico iscritto in data 10 aprile 1991 al n. 0139283, ora 20059 del Registro di Segreteria, promosso dal signor Francesco M., elettivamente domiciliato ai fini del presente giudizio in Roma,

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro-tempore, e

Ministero del Tesoro, ora dell'Economia, in persona del Ministro pro-tempore;

 

AVVERSO

 

il provvedimento della Legione dei Carabinieri di Padova prot. n. 3048/1-12, in data 24 aprile 1990, con il quale è stata respinta l'istanza del ricorrente diretta ad ottenere l'accertamento del diritto alla  riliquidazione del trattamento di quiescenza, a decorrere dal 1° febbraio 1981.

 

Svolgimento del processo

 

Il signor Francesco M., pensionato a far data dal 31 dicembre 1978, avendo prestato in precedenza servizio nell'Arma dei Carabinieri, in data 21 aprile 1990 ha presentato all'Amministrazione istanza diretta ad ottenere la riliquidazione del trattamento pensionistico, mediante l'estensione dei benefici previsti per i pensionati del comparto scuola, collocati in quiescenza nello stesso periodo.

 La Legione dei Carabinieri di Padova, con provvedimento prot. n. 3048/1-12, in data 24 aprile 1990, ha respinto la domanda specificando che l'estensione dei benefici accordati ai pensionati del comparto scuola non poteva essere applicata ai pensionati appartenenti ad altri comparti.

Avverso detto provvedimento il signor M. ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio chiedendo, in via preliminare, la rimessione degli atti relativi al giudizio alla Corte costituzionale “per l'esame della eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 26 del D.L. n. 283/81, convertito in L. n. 432/81 e dell'art. 7 della L. n. 141/85, nella parte in cui non hanno previsto il diritto alla riliquidazione del trattamento di quiescenza per il personale collocato a riposo nel triennio 1977-1979 sulla base dell'intera anzianità di servizio a decorrere dal 1° febbraio 1981, in relazione agli artt 3 e 97 della Costituzione” e, nel merito, l'accertamento del diritto alla riliquidazione del trattamento di quiescenza, sulla base della intera anzianità di servizio maturata.

A sostegno della domanda ha illustrato la questione di legittimità costituzionale sopra richiamata ed ha, di fatto, chiesto l'estensione di quanto statuito dalla Corte costituzionale  con la sentenza n. 504, in data 5 maggio 1986, riferita al comparto scuola, così come interpretata ed applicata dal Ministero della Pubblica Istruzione.

L'Amministrazione non si è costituita in giudizio e non ha inviato alcuna nota illustrativa, limitandosi a trasmettere, in data 23 luglio 1991, il fascicolo amministrativo.

In data 26 settembre – 3 ottobre 2000, i legali del ricorrente hanno presentato l'istanza per la prosecuzione del giudizio prevista dall'art. 6, comma primo, della legge 14 gennaio 1994, n. 19.

All'odierna pubblica udienza, assenti le parti, la causa è stata trattenuta a decisione.

 

Motivi della decisione

 

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il signor Francesco M. ha impugnato il provvedimento con il quale l'Amministrazione ha respinto la sua domanda diretta ad ottenere la riliquidazione del trattamento pensionistico. 

1)  La domanda proposta dal signor M. concerne l'applicabilità al ricorrente, così come agli altri pensionati del Ministero della Difesa, del diritto ad ottenere la decorrenza del trattamento pensionistico liquidato sull'anzianità effettiva a partire dal 1° gennaio 1981 con trattamento pieno, anziché limitato al 50%, in analogia a quanto riconosciuto al personale del comparto scuola.

Il ricorrente è consapevole che il provvedimento con il quale l'Amministrazione ha respinto la sua domanda è conforme alle norme vigenti, tant'è che, in via preliminare, propone questione sulla legittimità costituzionale dell'art. 26 del d.l. 6 giugno 1981, n. 283, convertito in legge 6 agosto 1981, n. 432 e dell'art. 7 della legge 17 aprile 1985, n. 141, chiedendo la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione.

2)  Al riguardo occorre premettere che spetta al giudice dinanzi al quale sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale di una norma compiere un primo sommario esame e rimettere gli atti alla Corte costituzionale nel solo caso in cui la richiesta non appaia manifestamente infondata.

Nel caso di specie giova rammentare che la Corte costituzionale si è già pronunciata sulla legittimità dell'art. 26 del citato d.l. n. 283 del 1981, come convertito nella legge n. 432 del 1981, dichiarando non fondata la questione (Corte cost. 30 dicembre 1993, n. 477).

Il giudice delle leggi ha precisato che sul raccordo fra pensioni e retribuzioni il legislatore può intervenire a fini perequativi, nell'esercizio della sua discrezionalità e secondo meccanismi che legittimamente tengano conto delle esigenze fondamentali di politica economica e dei limiti delle risorse disponibili”, con la conseguenza che possono coesistere disposizioni differenziate all'interno dell'ordinamento.

 Con l'ulteriore conseguenza che disposizioni dettate per singoli comparti non possono essere estese ad altri, neppure in virtù di pronunce della Corte costituzionale, quale, in particolare, quella richiamata dallo stesso ricorrente (la n. 504 del1988), come ha riconosciuto la stessa Corte costituzionale nella citata sentenza n. 477 del 1993, specificando che la pronuncia deriva da “problemi di assestamento della riforma operata dalla legge n. 312 del 1980, e non del rapporto tra questa e il rinnovo contrattuale” e la costante giurisprudenza della Corte dei conti (per tutte: Corte dei conti, sez. giurisd. Abruzzo, 26 marzo 1999, n. 212).

3)  La norma vigente ha sostanzialmente equiparato in modo solo parziale i dipendenti statali dei vari comparti poichè, di fatto, ha introdotto discipline differenziate, rispettando il disposto dell'art. 3 della Costituzione poiché ogni situazione può avere un differente assetto rispetto alle altre e solo il legislatore può intervenire per stabilire la disciplina concreta.

Ed a tali conclusioni è pervenuta in più occasioni la giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 26 della legge n. 432 del 1981 poiché non opera alcuna ingiustificata discriminazione tra i dipendenti pubblici cessati dal servizio dopo o prima del 1° gennaio 1979, poiché non può che appartenere alla valutazione del legislatore disporre i mezzi necessari per attuare il principio dell'adeguamento delle pensioni in ragione della peculiarità dei singoli casi e delle situazioni concrete (Corte dei conti, sez. giurisd. Lazio, 21 novembre 1996, n. 1372; in precedenza, già sez. IV, 20 dicembre 1989, n. 73337).

4)  La questione della legittimità costituzionale dei citati artt. 26 del d.l. n. 283 del 1981 e dell'art. 7 della l. n. 432 del 1985, negli ultimi anni è stata sottoposta in numerose occasione all'attenzione del giudice delle pensioni pubbliche che l'ha ritenuta sempre manifestamente infondata.

Ed invero, è stato ritenuto che rientra nella discrezionalità del legislatore attribuire benefici differenziati a soggetti e categorie differenti (Corte dei conti, sez. giurisd. Veneto, 2 luglio 2002, n. 781), dal momento che non si può configurare disparità di trattamento tra personale cessato in epoche diverse e perciò con diritto a trattamenti pensionistici differenti e che comunque non vi è alcuna violazione dell'articolo 36, posto che all'interessato è stato liquidato un trattamento pensionistico differente sulla base di un trattamento economico che, per effetto dell'inquadramento previsto dalla legge n. 312 del 1980 ai soli fini pensionistici, supera quello in godimento all'atto della cessazione dal servizio (Corte dei conti sez. giurisd., Emilia Romagna, 24 settembre 2003, nella causa Scalpellini contro Ministero della Difesa)(analoghe considerazioni in sez. giurisd. Lazio, 25 marzo 2003, n. 442; sez. giurisd. Veneto, 16 marzo 2004, n. 348).    

5)  Le considerazioni svolte sopra evidenziano la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata nel ricorso introduttivo proposto dal signor M. posto che il legislatore con gli articoli 26 del d.l. n. 283 del 1981 e 7 della l. n. 141 del 1985 si è limitato a regolamentare uno specifico settore attribuendo, con scelta insindacabile, alcuni benefici che non apportano alcun danno alla categoria alla quale appartiene l'odierno ricorrente, come ha riconosciuto la giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla decisione n. 69893 del 6 settembre 1993 della III Sezione giurisdizionale Pensioni Civili.       

A questo proposito, non è inutile ricostruire contenuto e ratio della norma seguendo le linee espositive contenute nella sentenza da ultimo citata, che si attaglia perfettamente al caso oggetto del presente giudizio.

Il punto di partenza è costituito dal richiamo dell'art. 4 della l. 11 luglio 1980 n. 312, in forza del quale il personale in servizio alla data del 1° gennaio 1978 era stato inquadrato nelle qualifiche funzionali ai fini giuridici dalla stessa data ed ai fini economici dal 1° gennaio 1978.

E, per effetto dell'art. 25 della medesima legge, al personale di cui trattasi era stato attribuito, a decorrere dal 1° gennaio 1978, il trattamento previsto dalla progressione economica nei nuovi livelli retributivi sulla base del “maturato economico” derivante dalla precedente normativa, anziché in base all'effettiva anzianità di servizio.

Così per il personale che, come il ricorrente, era cessato dal servizio nel periodo compreso tra la decorrenza giuridica (1° gennaio 1978) e quella economica (1° luglio 1978) dell'inquadramento, l'art. 160 della citata legge n. 312/1980 stabiliva che l'inquadramento era effettuato ai soli fini del trattamento di quiescenza, sempre sulla base del trattamento economico maturato alla data di cessazione dal servizio e fermo restando che la conseguente rideterminazione della pensione aveva effetto dalla data di decorrenza economica (1° luglio 1978) dell'inquadramento.

Riguardo alla maggiore anzianità di servizio rispetto a quella conferita nei livelli sulla base del maturato economico, l'art. 152 della l. n. 312/1980 disponeva che “essa sarà disciplinata anche gradualmente a cominciare dal triennio 1979-1981” e che “nei confronti di coloro che maturino il diritto al trattamento di quiescenza il riconoscimento di cui al comma precedente verrà comunque effettuato con priorità”.

Il d.p.r. 9 giugno 1981, n. 310 (decreto presidenziale di recepimento dell'accordo triennale 1979 – 1981) ha, quindi, disposto il recupero delle anzianità pregresse per il personale in attività di servizio con effetto economico graduale decorrente, quanto al primo scaglione, dal 1° febbraio 1981.

In applicazione del criterio di “priorità” enunciato dall'art. 15 sopra citato, per coloro che avevano maturato il diritto al trattamento di quiescenza nell'anzidetto triennio gli artt. 25 e 26 del d.l. 6 giugno 1981 n. 283, convertito con modificazioni nella l. 6 agosto 1981 n. 432, stabilirono che la pensione doveva essere liquidata o riliquidata sulla base dell'intero beneficio derivante dal riconoscimento dell'anzianità maturata alla data di cessazione dal servizio e con effetto dal 1° febbraio 1981.

Invece, per coloro che, come il ricorrente, erano cessati dal servizio nel 1978 ed avevano pertanto usufruito dell'inquadramento ex l. n. 312/1980 ma non della valutazione dell'intera anzianità pregressa, il beneficio del recupero della maggiore anzianità previsto dal menzionato art. 152 è stato concesso solamente con l'art. 7 della l. 17 aprile 1985 n. 141, e con decorrenza per la quota del 50% dal 1° gennaio 1986 e per l'intero dal 1° gennaio 1987.

Alla stregua dell'esposta normativa risulta evidente che la normativa applicabile non appare manifestamente incostituzionale e che non sussiste per il ricorrente alcun diritto al riconoscimento dell'intera anzianità pregressa ai fini della determinazione della base pensionabile anteriormente alla data espressamente fissata da quest'ultima legge, in attuazione appunto dell'art. 152 della l. n. 312/1980.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

la Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Veneto, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,

respinge il ricorso n. 20059, ex 0139283, presentato dal signor Francesco M..

Ordina la restituzione degli atti all'Autorità amministrativa competente per i provvedimenti di sua competenza.

Compensa le spese di giudizio.

Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 18 maggio 2004.

 

Il Giudice Unico

f.to Dott. Giancarlo Astegiano

 

Depositata in Segreteria il giorno 07.07.2004