IL TEMPO DI VIAGGIO E TRASFERTA
Cassazione Sezione Lavoro. 22.03.2004 n.5701

“Il tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro durante il periodo di trasferta non può considerarsi come impiegato nell’esplicazione dell’attività lavorativa vera e propria, non facendo parte del lavoro effettivo e, quindi, viene qualificato come lavoro straordinario, con l’ulteriore conseguenza che il tempo di viaggio non fa sorgere il diritto a un compenso autonomo ma è assorbito nell’apposita indennità di trasferta, la quale è in parte diretta a compensare il disagio psicofisico e materiale dato dalla faticosità degli spostamenti”

Breve nota a cura dell’Avv. Rocchina Staiano-Dottore di ricerca Università di Salerno

SEGUE TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Sergio MATTONE - Presidente -
Dott. Alberto SPANO' - Consigliere -
Dott. Fernando LUPI - Consigliere -
Dott. Francesco Antonio MAIORANO - Consigliere -
Dott. Aldo DE MATTEIS - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B. A., T. L., elettivamente domiciliati in ROMA
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dagli avvocati COSIMO FRANCIOSO, FRANCO
SCARPELLI, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
Soc. a r.l.
- intimato -
e sul 2° ricorso n° 22114/01 proposto da:
Soc. A RL, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA
LARGO LUCIO APULEIO 11, presso lo studio dell'avvocato CESARE DELLA
ROCCA, rappresentato e difeso dall'avvocato PAOLO MANZOLI, giusta
delega in atti;
- ricorrente -
nonché contro
B. A., T. L., domiciliati in ROMA presso LA
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi
dagli avvocati COSIMO FRANCIOSO, FRANCO SCARPELLI, giusta delega in
atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 324/01 della Corte d'Appello di MILANO,
depositata il 31/05/01 - R.G.N. 1023/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/11/03 dal Consigliere Dott. Aldo DE MATTEIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Vincenzo NARDI che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,
per inammissibilità o comunque rigetto dell'incidentale.

Fatto
T. L. e B. Alessandro hanno convenuto, con separati ricorsi, dinanzi al Tribunale di Milano, giudice del lavoro, la società cooperativa a r.l. xxx per sentir accertare che l'inizio e il termine della prestazione lavorativa doveva essere individuato al momento dell'ingresso e dell'uscita dall'unità produttiva di via Bovisasca a Milano, e per sentir condannare la convenuta per il periodo pregresso al pagamento di un ulteriore ora di retribuzione per ogni giornata lavorata.
A sostegno della domanda, i ricorrenti esponevano di essere stati sempre retribuiti sulla base di 40 ore settimanali ripartite su 5 giorni lavorativi, senza tener conto del tempo trascorso dall'arrivo al luogo di raduno nel magazzino di via Bovisasca, ove avevano gli spogliatoi e gli attrezzi, al raggiungimento dei cantieri, nonché del ritorno nello stesso luogo. Sottolineavano l'obbligatorietà di tale modalità e lo svolgimento di attività rientrante nella prestazione lavorativa.
Ritualmente costituita, la cooperativa convenuta negava che fosse obbligatoria la partenza e l'arrivo al magazzino di via Bovisasca, trattandosi di un'agevolazione anche per facilitare l'accesso ai cantieri tramite il mezzo di trasporto offerto.
In via riconvenzionale la Cooperativa chiedeva la restituzione di importi a titolo di indennità di trasferta non dovuta.
Il primo giudice ha respinto tutte le domande, ritenendo che i ricorrenti non avessero provato la obbligatorietà per i lavoratori di recarsi nel magazzino di via Bovisasca e lo svolgimento ivi di attività complementari necessarie per la successiva prestazione lavorativa.
L'appello dei lavoratori è stato respinto dalla Corte d'Appello di Milano con sentenza 29 marzo/31 maggio 2001 n. 324.
Due i motivi di appello: a) solo in via Bovisasca i lavoratori apprendevano dove dovevano effettuare la prestazione lavorativa; b) la necessità di radunare tutti in via Bovisasca emergeva dal fatto che i singoli cantieri non erano attrezzati con spogliatoi e servizi vari.
Sul primo punto, il giudice d'appello ha ammesso che la normale prassi, in funzione della quale veniva organizzato il lavoro con la costituzione dei gruppi da avviare ai cantieri, prevedeva che i lavoratori si recassero nel magazzino di via Bovisasca; ma ha negato che tale prassi fosse obbligatoria, perché chi avesse voluto recarsi direttamente al cantiere poteva farlo, previo accordo con il presidente della cooperativa. Anche se alcuni testi ed i ricorrenti usano l'espressione chiedere il permesso, è comunque risultato che costituiva una facoltà dei lavoratori, che necessitava però di tale preventivo accordo per non interferire nella usuale organizzazione; ed è risultato che tale facoltà è stata in concreto esercitata in alcuni casi in cui il cantiere si trovava più vicino all'abitazione che al punto di raccolta.
Ha concluso che il recarsi al punto di raccolta in via Bovisasca costituiva una modalità che da una parte agevolava i lavoratori (per il trasporto al cantiere), e dall'altra la stessa organizzazione del lavoro; non aveva però carattere necessitato, anche se era data come normale presupposto, onde la necessità di avvertire individualmente in caso di diversa scelta del lavoratore.
Sul secondo motivo di appello ha osservato che il fatto che il lavoratore solo in via Bovisasca e non nei cantieri si potesse cambiare, ed al ritorno dal lavoro fare la doccia, non è elemento decisivo per considerare il prolungamento dell'orario di lavoro in relazione all'attività preparatoria e successiva.
Per tali motivi ha respinto l'appello principale.
Ha respinto del pari l'appello incidentale della cooperativa, motivando che il fatto che siano stati attribuiti ai lavoratori importi per indennità di trasferta ai quali la datrice di lavoro non era obbligata in base al CCNL nazionale non comporta che tali importi possano essere ripetuti come indebiti, tanto più che sono stati corrisposti sulla base di una delibera della cooperativa stessa che non fa riferimento ai limiti individuali nel CCNL.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione i due lavoratori soccombenti, con quattro motivi.
La intimata si è costituita con controricorso, resistendo; ha proposto ricorso incidentale per la indennità di trasferta.

Diritto
Vanno preliminarmente riuniti il ricorso principale ed il ricorso incidentale proposti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 36 Cost.; 2094 cod. civ.; 5 e 10 r.d. 10 settembre 1923, n. 1955; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), censurano la sentenza impugnata per non avere considerato tra le attività complementari o preparatorie (costituenti lavoro effettivo ai sensi dell'art. 10 r.d. 10 settembre 1923, n. 1955), il caricamento sui furgoni, in via Bovisasca, delle attrezzature, quando occorrente, e la guida dei furgoni per il trasporto di uomini e mezzi nel tragitto dal magazzino al cantiere, attività che risulta anche dalle buste paga alla voce "indennizzo guida".
Si dolgono altresì che il giudice d'appello non abbia motivato sulla loro istanza istruttoria di riesame e confronto tra i testi escussi in primo grado.
Il motivo è inammissibile, perché, nella prima parte, introduce per la prima volta in Cassazione una circostanza di fatto, il caricamento e la guida di automezzi, che i ricorrenti non deducono di avere trattato nei precedenti gradi di merito; nella seconda parte censura i poteri istruttori del giudice del merito, senza dedurre violazione di legge.
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2094 cod. civ.; insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), censurano la sentenza impugnata sotto due profili: per avere ammesso che il punto di raccolta in via Bovisasca corrispondeva ad un'esigenza organizzativa aziendale, senza trarne le dovute conseguenze in punto di conformazione della esecuzione della prestazione alle esigenze dell'organizzazione produttiva; per aver affermato che ciò costituiva anche una agevolazione per i lavoratori, senza spiegare in alcun modo in che cosa consistesse tale agevolazione, contraddetta viceversa dalla mappa dei cantieri prodotta dalla stessa controparte.
Con il terzo motivo i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 214 e 2107 cod. civ.; insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), censurano la sentenza impugnata per avere affermato che i lavoratori avevano facoltà di recarsi direttamente al cantiere, previo accordo con il presidente della cooperativa. Poiché l'accordo è un contratto, che richiede la volontà consenziente della controparte, è contraddittorio parlare di facoltà subordinata al volere della controparte.
Con il quarto motivo i ricorrenti, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 cod. civ.; 36, 39 e 40 d.p.r. 303/1956 e dell'art. 1362 cod. civ. in relazione all'art. 29 del ccnl cooperative edili; omessa o insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto irrilevante la concentrazione degli spogliatoi e docce presso il magazzino di via Bovisasca, contro la previsione dell'art. 29, secondo cui i lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
I tre motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati.
Il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell'attività lavorativa vera e propria (e va quindi sommato al normale orario di lavoro come straordinario), allorché sia funzionale rispetto alla prestazione. In particolare, sussiste il carattere di funzionalità nel caso in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa (Cass. 9 dicembre 1999 n. 13804; Cass. 11 aprile 2003 n. 5775).
D'altra parte, il tempo impiegato giornalmente per raggiungere la sede di lavoro durante il periodo della trasferta. non può considerarsi come impiegato nell'esplicazione dell'attività lavorativa vera e propria, non facendo parte del lavoro effettivo, e pertanto, salvo diverse previsioni contrattuali, non si somma quindi al normale orario di lavoro; del resto l'indennità di trasferta è in parte diretta a compensare il disagio psicofisico e materiale dato dalla faticosità degli spostamenti suindicati (Cass. 3 febbraio 2000 n. 1202; Cass. 10 aprile 2001 n. 5359).
La sentenza impugnata non ha motivato adeguatamente perché la prassi aziendale, dalla medesima descritta, non fosse obbligatoria; né ha esaminato la disciplina contrattuale, anche nella parte indicata dalla controricorrente, per accertare se e in che misura questa consenta la concentrazione degli spogliatoi e docce in luogo diverso dai singoli cantieri, ed in che misura tale disciplina incida sulla domanda dei ricorrenti; né, infine, a chi, in quali circostanze, e per quali percorrenze la indennità di trasferta sia stata corrisposta, e se questa collida con la qualificazione di tempo di lavoro pretesa dai ricorrenti.
Con proprio ricorso incidentale la controricorrente censura il capo della sentenza impugnata che ha rigettato la sua domanda riconvenzionale volta alla restituzione della indennità di trasferta corrisposta ai ricorrenti.
Il motivo è inammissibile, perché si limita a riproporre le censure del grado precedente.
Va pertanto accolto il ricorso principale, la sentenza impugnata cassata, e gli atti trasmessi ad altro giudice, che si designa nella Corte d'Appello di Brescia, perché, alla luce dei principi di diritto sopra enunciati, provveda ad una più puntuale ricostruzione della controversia e motivazione della sentenza.

P.Q.M.
riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Brescia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 20 novembre 2003.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 22 MAR. 2004.