Sentenza. Presidente F. Providenti - Relatore
P.F. Marini
La Corte osserva
Con sentenza
20.3.2001, il Tribunale di Lamezia Terme, in composizione monocratica,
condannava Z. F. alla pena (sospesa) di mesi 8 di reclusione quale
responsabile del reato di cui all'art. 617 bis cod. pen., per avere
abusivamente installato nella propria abitazione un apparecchio di
registrazione delle conversazioni telefoniche del coniuge R. M.,
dichiarando viceversa non doversi procedere nei suoi confronti quanto
al reato di cui all'art. 617 cod. pen. per essere tal reato estinto
per sopravvenuta remissione della querela da parte della detta R..
La Corte di appello di Catanzaro, adita sul
gravame dell'imputato, confermava integralmente la pronuncia del primo
giudice.
Lo Z., a mezzo del proprio difensore, ricorre
per cassazione e denuncia: 1) inosservanza e/o erronea applicazione
degli artt.15, 52 e 617 bis cod.pen. e 649 cod.proc.pen., sul rilievo
che sarebbe stata ignorata l'identicità della condotta con quella
contestagli come violazione dell'art.617 cod.pen., per la quale egli
era stato prosciolto in primo grado; 2) mancanza di motivazione ovvero
manifesta illogicità della medesima in punto di giudizio di
sussistenza del dolo del reato, sul rilievo che la Corte territoriale
avrebbe trascurato di considerare sia il reale movente della condotta
- accertare le ragioni di esosità della bolletta telefonica nonché
individuare l'autore delle telefonate - sia la convinzione
dell'imputato di agire con l'assenso del coniuge, come dimostrerebbe
la remissione della querela quanto all'addebito ex art.617 cod.pen..
Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo, infatti, deve ritenersi
la diversità ontologica delle condotte delineate negli artt.617 e 617
bis cod. pen.; mentre il primo articolo, invero, descrive la condotta
di abusiva installazione di apparecchiature atte alla intercettazione,
il secondo, viceversa, descrive quella di fraudolenta intercettazione
delle comunicazioni o conversazioni (telegrafiche o telefoniche)
altrui, cosicché il legislatore punisce, nella prima ipotesi, la
ricezione comunque avvenuta di comunicazioni inter alios e, nella
seconda, la semplice installazione abusiva di apparecchiature
finalizzate all'intercettazione, sanzionando condotte che ben possono
essere realizzate in modo autonomo ed indipendente e, normalmente, si
compiono in tempi diversi (poiché l'art. 617 cod. pen. richiede una
effettiva "presa di cognizione"); consegue che, quando, come nella
specie, l'abusivo installatore delle apparecchiature, pur perseguendo
il fine cui l'installazione è finalizzata, prende cognizione delle
altrui conversazioni e, quindi, le intercetta, egli viola entrambi gli
articoli e risponde di entrambi i reati.
Il secondo motivo, poi, lungi dal cogliere un
qualsiasi vizio argomentativo della sentenza, si traduce nella
inammissibile richiesta di una differente e più favorevole lettura del
materiale probatorio e in una diversa ricostruzione in fatto della
vicenda quale caratterizzata, sotto il profilo del dolo, secondo
incensurabile apprezzamento del giudice di merito, dall'intenzione
dell'agente di indagare surrettiziamente, in costanza del giudizio di
separazione, su possibili infedeltà del coniuge (movente inidoneo, in
simile fattispecie, a configurare gli estremi della necessità e della
proporzione che qualificano la scriminante della legittima difesa: v.,
per caso sostanzialmente identico: Cass. Sez. V, 23.5.1994, n. 6727,
Innocenti); e ciò, peraltro, introducendo una circostanza di fatto, la
remissione della querela per il reato di cui all'art. 617 cod. pen.,
per nulla dimostrativa ex se, dell'assenza del dolo specifico, ovvero
della ragionevole convinzione dell'agente di un preventivo assenso, in
forma evidentemente tacita, del coniuge, ma, anzi, in linea con il
contesto fattuale recepito in sentenza, contraddetta proprio dalla
presentazione della istanza punitiva.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato;
consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il
ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. |