Corte di cassazione
Sezione III civile
Sentenza 1° dicembre 2004, n. 22592
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 17 agosto 1995, P. Fabiano conveniva, davanti
al pretore di Tolmezzo, il Comune di Tolmezzo, chiedendo il risarcimento del
danno subito in seguito alla caduta dalla bicicletta, avvenuta alle ore 14 del
31 marzo 1995 in via Tarvisio, nel centro cittadino, occasionata dall'urto del
telaio contro un paletto in ferro sporgente dal manto stradale per circa un
metro, a suo dire costituente insidia, sia perché inclinato, sia perché avente
colorazione simile a quella dell'asfalto.
Il Comune resisteva alla domanda.
Il Pretore rigettava la domanda sul rilievo che il paletto era posizionato su
un'area della quale il Comune non aveva né la proprietà né la custodia.
Proponeva appello il P..
Si costituiva il Comune e chiedeva il rigetto dell'appello.
Il Tribunale di Tolmezzo, con sentenza depositata il 20 novembre 2000,
rigettava l'appello.
Riteneva il Tribunale che la zona in questione era oggettivamente assoggettata
al pubblico transito, asfaltata per tutta la sua ampiezza;
che nella fattispecie non era invocabile la presunzione di responsabilità di
cui all'art. 2051 c.c., perché, attesa l'estensione delle strade comunali del
Comune di Tolmezzo, era impossibile l'esercizio di un continuo ed efficace
controllo;
che conseguentemente in astratto una responsabilità poteva ravvisarsi a carico
del convenuto solo se fosse esistita un'ipotesi di insidia o trabocchetto
stradale;
che tanto non sussisteva in concreto, in quanto il paletto era ben
individuabile, essendo sporgente dal terreno per un metro ed essendo bene
visibile alle ore 14 del 31 marzo 2004.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'attore.
Resiste con controricorso il Comune di Tolmezzo, che ha anche presentato
ricorso incidentale condizionato e memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi a norma dell'art. 335 c.p.c.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente principale lamenta la violazione
e/o falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., in relazione agli artt. 5 r.d. n.
2506/1923 e 14-21 del d.lgs. n. 285/1992, nonché mancata o contraddittoria
motivazione in ordine alla sua applicazione al caso di specie, confondendo i
concetti di responsabilità presunta o oggettiva con quella formatasi nel
diritto vivente in ordine alla responsabilità per insidia stradale e collegata
al regime generale di responsabilità fissato dall'art. 2043 c.c.
Lamenta il ricorrente che il tribunale, pur avendo ritenuto astrattamente
applicabile nella fattispecie la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., ha
poi temperato la stessa con quella di cui all'art. 2043 c.c. in tema di
insidia stradale; che erratamente il tribunale aveva escluso la responsabilità
del comune ai sensi dell'art. 2051 c.c., sulla base delle dimensioni del
territorio comunale.
2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione
dell'art. 2043 c.c., in relazione all'art. 1227, comma 1, c.c., dell'art. 5
r.d. n. 2506/1923 e degli artt. 14-20-21 del d.lgs. n. 285/1992, nonché il
vizio motivazionale in ordine alla natura insidiosa dei paletti conficcati nel
manto stradale e della rilevanza di eventuale colpa del danneggiato.
Ritiene il ricorrente che la sentenza impugnata ha erratamente applicato i
principi in tema di insidia stradale, ritenendo che il paletto fosse
avvistabile da esso attore, e quindi ritenendo che sussistesse la colpa del
danneggiato a norma dell'art. 1227 c.c.; che non era possibile avvistare il
paletto di ferro, se non previa ispezione della sede stradale, mentre l'utente
percorreva la strada, confidando nella normalità del fondo.
3.1. Ritiene questa Corte che i due motivi di ricorso, essendo strettamente
connessi, vadano esaminati congiuntamente.
Essi sono infondati e vanno rigettati.
Osserva questa Corte che esistono due orientamenti giurisprudenziali in merito
alla responsabilità della P.A. per i danni subiti dall'utente conseguenti ad
omessa od insufficiente manutenzione di strade pubbliche.
Secondo l'orientamento predominante questa tutela è esclusivamente quella
predisposta dall'art. 2043 c.c.
Si osserva, infatti, che la P.A. incontra nell'esercizio del suo potere
discrezionale anche nella vigilanza e controllo dei beni di natura demaniale,
limiti derivanti dalle norme di legge o di regolamento, nonché dalle norme
tecniche e da quelle di comune prudenza e diligenza, ed in particolare dalla
norma primaria e fondamentale del neminem laedere (art. 2043 c.c.), in
applicazione della quale essa è tenuta a far sì che il bene demaniale non
presenti per l'utente una situazione di pericolo occulto, cioè non visibile e
non prevedibile, che dia luogo al c.d. trabocchetto o insidia stradale.
Sussiste l'insidia, fondamento della responsabilità risarcitoria ex art. 2043
c.c., della P.A. per danni riportati dall'utente stradale, allorché essa non
sia visibile o almeno prevedibile (Cass. 22 aprile 1999, n. 3991; Cass. 28
luglio 1997, n. 7062; Cass. 20 agosto 1997, n. 7742; Cass. 16 giugno 1998, n.
5989 e molte altre).
3.2. Un orientamento minoritario, invece, riconduce la responsabilità della
P.A., proprietaria di una strada pubblica, per danni subiti dall'utente di
detta strada, alla disciplina di cui all'art. 2051 c.c., assumendo che la P.A.,
quale custode di detta strada, per escludere la responsabilità che su di essa
fa capo a norma dell'art. 2051 c.c. deve provare che il danno si è verificato
per caso fortuito, non ravvisabile come conseguenza della mancanza di prova da
parte del danneggiato dell'esistenza dell'insidia, che questi, invece, non
deve provare, così come non ha l'onere di provare la condotta commissiva o
omissiva del custode, essendo sufficiente che provi l'evento danno ed il nesso
di causalità con la cosa (Cass. 22 aprile 1998, n. 4070; Cass. 20 novembre
1998, n. 11749; Cass. 21 maggio 1996, n. 4673).
4.1. Ritiene questa Corte di dover condividere il primo orientamento.
Con riferimento all'orientamento favorevole alla riconducibilità di tale
responsabilità nell'alveo dell'art. 2043 c.c. appare opportuno richiamare, sia
pure per sommi capi, il percorso tracciato dalla giurisprudenza che nei primi
anni del 1900 iniziò ad affermare il principio della responsabilità della P.A.
conseguente alla violazione colposa delle regole di prudenza e di esperienza
nell'ambito della attività amministrativa, fissando il limite oltre il quale
la discrezionalità (e la correlata insindacabilità del suo comportamento da
parte dell'autorità giudiziaria) doveva arrestarsi, e sostenendo la rilevanza
sul piano civilistico della inosservanza delle regole di prudenza, perizia e
diligenza anche con riguardo alla specifica materia della manutenzione
stradale.
In tale contesto la giurisprudenza in un primo tempo elaborò la figura della
insidia o trabocchetto quale elemento sintomatico della attività colposa
dell'amministrazione, ricorrente allorché la strada nascondeva una insidia non
evitabile dall'utente con l'ordinaria diligenza; successivamente, peraltro,
tale nozione divenne un indice tassativo ed ineludibile della responsabilità
della P.A., e l'onere probatorio in ordine alla sua sussistenza ricadeva a
carico del danneggiato.
Tale orientamento costituisce sostanzialmente ancor oggi un elemento
fondamentale per l'affermazione della responsabilità della P.A. ex art. 2043
c.c. con riferimento ai danni prodotti da omessa o insufficiente manutenzione
di strade pubbliche, ricondotta infatti all'inosservanza del principio del "neminem
laedere", ma sempre a condizione che venga provata l'esistenza di una
situazione insidiosa caratterizzata dalla non visibilità e dalla non
prevedibilità del pericolo.
4.2. La problematica in esame è stata esaminata dalla Corte costituzionale (10
maggio 1999, n. 156) a seguito di una ordinanza del Giudice di Pace di Genova
che, investito della risoluzione di una controversia promossa da un privato
contro il Comune di Genova per i danni subiti a causa di una caduta da un
motociclo prodotta dalla presenza, astrattamente percepibile in anticipo ma
non segnalata, di terriccio su una strada comunale, aveva sollevato la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 2043, 2051 e 1227, primo
comma, c.c. in rapporto agli artt. 3, 24 e 97 Cost.
La Corte costituzionale, nel ritenere non fondata la questione, richiamato il
principio di autoresponsabilità a carico degli utenti "gravati di un onere di
particolare attenzione nell'esercizio dell'uso ordinario diretto del bene
demaniale per salvaguardare appunto la propria incolumità", ha tra l'altro
considerato la nozione di insidia "come una sorta di figura sintomatica di
colpa, elaborata dalla esperienza giurisprudenziale, mediante ben sperimentate
tecniche di giudizio, in base ad una valutazione di normalità, con il preciso
fine di meglio distribuire tra le parti l'onere probatorio, secondo un
criterio di semplificazione analitica della fattispecie generatrice della
responsabilità in esame" (sull'infondatezza della sollevata questione di
incostituzionalità, vedasi anche Cass. S.U. n. 10893/2001).
4.3. Non può, invece, condividersi l'orientamento, sostenuto dal ricorrente
principale, secondo cui la responsabilità della P.A., nella fattispecie,
sarebbe regolata dall'art. 2051 c.c. Infatti, in conformità ad una
giurisprudenza consolidata di questa Corte Suprema, deve ribadirsi che la
presunzione di responsabilità per danni cagionati dalla cosa in custodia, di
cui all'art. 2051 c.c., non si applica agli enti pubblici, ogni qual volta il
bene, sia esso demaniale o patrimoniale, per le sue caratteristiche
(estensione e modalità di uso) è oggetto di una utilizzazione generale e
diretta da parte di terzi che limita in concreto la possibilità di custodia e
vigilanza sulla cosa (tra le tantissime, ad esempio, 15 gennaio 1996, n. 265,
nonché Cass. 21 gennaio 1987 n. 526, Cass. 4 aprile 1985, n. 2319, Cass. 20
marzo 1982, n. 1817, Cass. 20 gennaio 1982, n. 943).
L'art. 2051 c.c., in tema di presunzione di responsabilità per il danno
cagionato dalle cose che si hanno in custodia in realtà trova applicazione nei
confronti della pubblica amministrazione, con riguardo ai beni demaniali,
esclusivamente qualora tali beni non siano oggetto di un uso generale e
diretto da parte dei terzi, ma vengano utilizzati dall'amministrazione
medesima in situazione tale da rendere possibile un concreto controllo ed una
vigilanza idonea ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo (Cass. 30
ottobre 1984, n. 5567), ovvero, ancora, qualora trattisi di beni demaniali o
patrimoniali che per la loro limitata estensione territoriale consentano una
adeguata attività di vigilanza sulle stesse (Cass. 7 gennaio 1982, n. 58).
4.4. Pacifico essendo che nella specie l'incidente si è verificato su una
strada del Comune di Tolmezzo, il giudice d'appello, con valutazione fattuale
rientrante nei suoi esclusivi poteri, ha ritenuto che date le dimensioni del
territorio comunale non era possibile una forma di controllo sulle strade
comunali, nei termini in cui essa grava sul custode della cosa, per cui, sulla
base di questa premessa fattuale, ha correttamente ritenuto che la questione
andasse decisa esclusivamente sotto il profilo della disciplina di cui
all'art. 2043 c.c., escludendo che potesse inquadrarsi in quella di cui
all'art. 2051 c.c.
Avendo poi il giudice d'appello accertato in fatto, con motivazione né
insufficiente né contraddittoria, ed in ogni caso immune da censure rilevabili
in questa sede di sindacato di legittimità, che nella fattispecie non
ricorrevano gli estremi dell'insidia stradale, poiché il paletto era di
notevoli dimensioni in quanto uscente per circa un metro da terra, avvistabile
ed evitabile, in considerazioni delle sue dimensioni, del colore di intensità
diversa e non confondibile con l'asfalto, correttamente ha rigettato la
domanda anche sotto il profilo dell'art. 2043 c.c.
5. Il rigetto del ricorso principale comporta che vada dichiarato assorbito il
ricorso incidentale condizionato.
Esistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il
ricorso incidentale condizionato.
Compensa per intero tra le parti le spese
del giudizio di cassazione.