Con la stessa quantità di droga nello stesso contesto temporale i reati sono unificati
Reato unico per detenzione e vendita di stupefacenti PAGINA PRECEDENTE
(Cassazione 25276/2002)
   
   
Con la stessa quantità di sostanze stupefacenti la detenzione e la vendita configurano un unico reato, purché avvenute nello stesso contesto temporale. Il principio è stato stabilito dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che, interpretando l'art.73 del Testo Unico in materia di stupefacenti, ha chiarito che, nel caso di detenzione e di offerta di vendita del medesimo quantitativo di sostanza stupefacente, maturate in un unico contesto temporale, il fatto deve considerarsi unitario e costituisce una unica violazione, essendo escluso in tal caso il concorso di reati, eventualmente unificabili sotto il vincolo della continuazione. (9 dicembre 2002)  


Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, sentenza n.25276/2002

 

 

In fatto e diritto

Avverso la sentenza della Corte d'Appello di Milano 6 marzo 2001 n.1416 - con la quale, a conferma della sentenza del Tribunale di Milano 5 luglio 2000, sono stati dichiarati colpevoli del reato loro contestato per aver abusivamente detenuto kg 2,050 di eroina e gr. 30 di cocaina col materiale necessario per la lavorazione e il confezionamento, offrendo in vendita gr. 1,5 di eroina ad altra persona - M. L. e S. A. hanno proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

la A.

1. Erronea applicazione (art.606 c.1 lett.b) c.p.p.) dell'art.81 c.p. in relazione all'art.73 D.P.R. n.309/90 [1], che costituisce una norma a fattispecie alternative, il che esclude la possibilità del concorso formale di reati in relazione alle fattispecie in esso comprese;

il L. (difensore)

2. Violazione e falsa applicazione degli artt.125, 546 lett.e) c.p.p. (art.606 c.1 lett.b) c.p.p.) perché la Corte d'Appello si è limitata a richiamare gli aspetti evidenziati dal Giudice di primo grado, senza dare contezza alle censure avanzate con l'atto di appello;

3. Violazione e falsa applicazione (art.606 c.1 lett.b) c.p.p.) dell'art.62 - bis e 133 c.p. perché la Corte ha negato le attenuanti generiche facendo genericamente riferimento ai precedenti penali dell'imputato, omettendo di valutare il comportamento processuale posto in essere dall'imputato con la sua confessione;

4. Violazione e falsa applicazione (art.606 c.1 lett.b) c.p.p.) dell'art.81 c.2 c.p. perché la continuazione è stata illegittimamente applicata a fatti connessi e inscindibili, costituenti un unico reato, in quanto lo stupefacente era detenuto in un unico luogo, l'abitazione del L., e in un unico quantitativo, del quale faceva parte quello sequestrato nella borsetta della moglie dell'imputato;

il L. (personalmente)

5. Erronea applicazione (art.606 c.1 lett.b) c.p.p.) dell'art.81 c.p. in relazione all'art.73 D.P.R. n.309/90, che costituisce una norma a fattispecie alternative, il che esclude la possibilità del concorso formale di reati in relazione alle fattispecie in esso comprese.

L'impugnazione è fondata limitatamente al primo e al quarto e quinto motivo di ricorso.

Per principio giurisprudenziale acquisito in materia di sostanze stupefacenti l'art.73 D.P.R. 9 ottobre 1990 n.309 elenca una serie di condotte tipiche, con la previsione della detenzione in funzione di chiusura rispetto agli altri comportamenti illeciti descritti, tutti puniti allo stesso modo e costituenti, perciò, ipotesi criminose equivalenti che si pongono in rapporto di alternatività formale. Le diverse condotte dalla norma previste perdono la loro individualità se costituiscono manifestazione del potere di disposizione della medesima sostanza. Tale assorbimento - con conseguente esclusione del concorso di reati e, quindi, della continuazione tra gli stessi - è subordinata al duplice presupposto che si tratti della stessa sostanza stupefacente e che le condotte siano state poste in essere contestualmente, ossia indirizzate ad un unico fine e senza apprezzabile soluzione di continuità. Quando, invece, le differenti azioni tipiche (detenzione, vendita, offerta in vendita, cessione etc.) siano distinte sul piano ontologico, cronologico, psicologico e funzionale, o l'azione tipica sia oggettivamente differenziata perché riguardante sostanze stupefacenti diverse, si hanno più violazioni della diversa disposizione di legge e, quindi, distinti reati eventualmente unificati nel vincolo della continuazione (Cass., Sez. VI, 13 novembre 1992 n.11943, ric. De Vitis e altri; Sez. I, 16 giugno 1992 n.6992, ric. Altadonna e altri; Sez. IV, 21 febbraio 1997 n.3208, ric. Buttazzo; e, da ultimo, Cass. Sez. VI, 11 gennaio 2000 n.230, ric. D'Antoni e altro).

Nella specie detenzione e offerta in vendita appaiono maturate in un unico contesto, in quanto la S. è stata arrestata subito dopo aver prelevato il quantitativo offerto in vendita per portarlo all'acquirente, identificato per F. A., presso il bar (omissis), dove questi l'attendeva insieme con suo marito, il coimputato M. L.. Subito dopo i Carabinieri procedevano alla perquisizione in casa di quest'ultimo e vi rinvenivano il rimanente quantitativo di kg 2,050 di eroina e i gr.30 di cocaina. A meno che non si accerti che l'inizio della detenzione fosse anteriore di un certo lasso di tempo, in modo da dar luogo a una condotta distinta, per cui si avrebbe una pluralità di ipotesi delittuose, tra le quali sarebbe ravvisabile la continuazione (v. Cass., Sez. IV, 12 gennaio 1996 n.1974, ric. Caparco).

Al di fuori di queste ipotesi il fatto deve considerarsi come unitario anche sotto il profilo della qualità dello stupefacente, dal momento che le due sostanze, eroina e cocaina, detenute dagli imputati sono comprese nella medesima tabella (tab.1 dell'art.14 D.P.R. n.309/90) (Cass., Sez. IV, 7 aprile 1997 n.3208, ric. Buttazzo).

Ne consegue che erroneamente è stata ritenuta la continuazione tra la detenzione e l'offerta in vendita delle sostanze suddette, per cui deve procedersi all'annullamento della sentenza impugnata con rinvio - salvo che si accertino gli elementi di fatto per ritenere la sussistenza della pluralità delle condotte, alternativamente previste, ai fini della continuazione - per la determinazione della pena in relazione alla quantità complessiva della droga sequestrata, considerando che la pena base è stata determinata in base ai kg 2,050 di eroina, detenuta dai ricorrenti nell'appartamento da loro abitato.

Il secondo e il terzo motivo sono, invece, inammissibili, il primo per la genericità della formulazione e il secondo per manifesta infondatezza, dati i precedenti penali per lesioni e violazione della disciplina sul controllo delle arti, e i procedimenti in corso per detenzione e offerta in vendita di sostanze stupefacenti e detenzione di banconote false, a fronte di un comportamento processuale tutt'altro che ispirato a collaborazione.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano.

 

Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2002.

 
 

[1] D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).

Art.73 (Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope):

1. Chiunque senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve, a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi previste dagli articoli 75 [e 76], sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14, è punito con la reclusione da otto a venti anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni.

2. Chiunque, essendo munito dell'autorizzazione di cui all'articolo 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nel comma 1, è punito con la reclusione da otto a ventidue anni e con la multa da lire cinquanta milioni a lire seicento milioni.

3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione.

4. Se taluno dei fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dall'articolo 14, si applicano la reclusione da due a sei anni e la multa da lire dieci milioni a lire centocinquanta milioni.

5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14, ovvero le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da lire due milioni a lire venti milioni se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV.

6. Se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è aumentata.

7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.