Il dipendente pubblico nel momento in cui certifica è un pubblico ufficiale | ||
È reato far timbrare da terzi il cartellino |
![]() |
|
(Cassazione 39077/2003) | ||
![]() |
||
![]() |
||
![]() |
||
Far timbrare il cartellino dai colleghi di lavoro facendo così risultare la propria presenza mentre si è altrove costituisce reato. La Quinta Sezione Penale ha confermato la condanna inflitta ad un dipendente pubblico per i reati di truffa, falso ed abuso d'ufficio per avere fatto timbrare da altri il proprio cartellino elettronico, mentre era assente, e ottenendo così la liquidazione di competenze economiche non dovute. Secondo la Suprema Corte, infatti, il dipendente pubblico, a prescindere dalle mansioni svolte, nel momento in cui opera una certificazione è pubblico ufficiale e, per quanto riguarda il cartellino rivelatore delle presenze, "è indubbio che quest'ultimo contenga una attestazione in punto effettuazione e durata della prestazione lavorativa, attestazione idonea a produrre effetti giuridici non solo per quanto riguarda la retribuzione, ma anche il controllo dell'attività e regolarità dell'ufficio". Pertanto, la falsa attestazione di presenza costituisce anche una vera e propria truffa. (1 dicembre 2003) | ||
|
||
MOTIVI DEL RICORSO Con sentenza 20.9.01 il Gip presso il Tribunale di Agrigento, a seguito di giudizio abbreviato, assolveva T.A. dalle imputazioni ascrittagli di truffa ex artt. 110, 640 c. 2 n. 1, 61 n9, e 11 c.p. [1] ( per avere in concorso con ignoti e con artifici e raggiri, consistiti nel far timbrare da altri il proprio cartellino elettronico nel sistema di rilevazione delle presenze, così facendo risultare la propria presenza sino alle ore 17,34 del 17/6/99, mentre sin dalle ore 17 si trovava su un autobus della S.A.I.S, indotto in errore la P.A. ottenendo la liquidazione di competenze economiche non spettategli, capo A); di falso ex artt. 110, 479 c.p. [2] (per avere in concorso con ignoti esecutori materiali, attestato falsamente la sua presenza sino alle ore 17,34 del 17 6 99 nel registro informatico delle presenze, capo B) e di abuso di ufficio ex art. 323 c.p [3] (in relazione ad un diverso episodio, capo D). A seguito di appello del P.M., la Corte di appello di Palermo, con pronuncia 23.10.02, dichiarava il predetto responsabile di tentata truffa aggravata così qualificati i fatti sub A e di falso: con le attenuanti generiche prevalenti e la riduzione del rito lo condannava a pena ritenuta di giustizia; confermava l'assoluzione per il capo D. Avverso la decisione di secondo grado il T. ha ora proposto ricorso per cassazione nei termini infradescritti. 1. Violazione degli artt. 357 e
479 c.p. nonché vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza:
della di lui qualifica di pubblico ufficiale, della natura di atto
pubblico del cartellino marcatempo ed infine dell'elemento soggettivo. 2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla
affermazione di responsabilità per il reato di tentata truffa aggravata. PER QUESTI MOTIVI |
||