LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
SENTENZA
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Genova ha applicato a G. A., dietro richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di mesi due di reclusione, per il reato di peculato d’uso [1], perché, avendo sa disposizione linee telefoniche e fax per ragioni di ufficio (collegamenti con il CED di Roma), quale dipendente della sede INPS di Genova, se ne serviva per uso personale.
Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova, deducendo che l’utilizzazione dell’apparecchio telefonico destinato a comunicazioni dell’Ufficio pubblico non concreta il peculato d’uso, ma il peculato ordinario, trattandosi di consumo di energie non più restituibile dopo l’uso.
Il ricorso merita accoglimento.
La qualificazione giuridica del reato contestato, per la quale è stata applicata la pena concordata, è errata. Il peculato d’uso presuppone che la cosa oggetto del reato possa essere restituita dopo l’uso, mentre nella fattispecie astratta del peculato ordinario (che ricorre nella specie) si riscontra una appropriazione della cosa che esaurisce la risorsa della pubblica amministrazione di cui il pubblico ufficiale abbia la disponibilità, risorsa che pertanto non può essere restituita.
È noto, d’altra pare, che le sezioni unite di questa Corte si sono pronunciate nel senso che: con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento può essere denunciata l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell’accordo delle parti e recepita dal giudice, in quanto la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla disponibilità di parte e l’errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen. (Sez. Un., sent. 00005 del 28/4/2000, CC. 19/1/2000, PG in proc. Neri, 215825).
La sentenza impugnata va annullata senza rinvio con ordine di trasmissione degli atti al Tribunale di Genova per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Genova per l’ulteriore corso.
Roma, 26 ottobre 2005.
Depositata in Cancelleria il 15 novembre 2005.
[1] Art.314 codice penale (Peculato): Il pubblico ufficiale o l'incaricato
di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il
possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui,
se ne appropria, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.