Corte di cassazione
Sezione I civile
Sentenza 3 febbraio 2006, n. 2417
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 19 novembre 2002 il prefetto di Pescara disponeva
l'espulsione dal territorio nazionale del cittadino algerino K.O. per non essere
in possesso di titolo per rimanere in Italia per effetto del mancato rinnovo del
permesso di soggiorno.
Il tribunale di Pescara con ordinanza 15 aprile 2003 accoglieva l'opposizione
del K., disapplicando il decreto 24 ottobre 2002 con cui il questore di Pescara
aveva negato il rinnovo del permesso di soggiorno, nonostante il TAR Abruzzo,
Sezione distaccata di Pescara, avesse dichiarato irricevibile l'impugnazione del
K. in quanto tardiva. Osservava il Tribunale che il mancato rinnovo del permesso
di soggiorno si fondava sulla mancata disponibilità da parte del K. di un
reddito da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento.
Peraltro al momento in cui era stato pronunciato il decreto l'opponente
risultava assunto a tempo indeterminato a far tempo dal 15 luglio 2002 e dunque
da circa quattro mesi presso una ditta di Torre dei Passeri quale operaio
comune. Ad avviso del tribunale la disciplina vigente (artt. 4, comma 3, 5,
comma 5, 6, comma 5, d.lgs. 286/1998) nel prevedere che all'atto dell'ingresso
in Italia o al momento del rinnovo del permesso di soggiorno lo straniero debba
dimostrare la disponibilità di mezzi di sussistenza, si riferiva ad un requisito
avente carattere di attualità. Non era pertanto rilevante che il K. non avesse
dimostrato il possesso di redditi per l'anno 2001.
Avverso l'ordinanza del tribunale di Pescara ha proposto ricorso per cassazione
il prefetto di Pescara con unico motivo. Il K. non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l'unico motivo di ricorso il prefetto di Pescara deduce
violazione degli artt. 13, comma 2, 4, comma 3, 5, comma 5, 6, comma 5, d.lgs.
286/1998 e difetto di motivazione. L'art. 5 del d.lgs. 286/1998 prevede che il
permesso di soggiorno debba essere rifiutato quando mancano o vengono a mancare
i requisiti per l'ingresso in Italia, tra cui anche la disponibilità di mezzi di
sussistenza. Lo stesso principio è affermato anche dall'art. 4, comma 3, d.lgs.
286/1998. Ai sensi dell'art. 22 del d.lgs. l'ingresso in Italia dello straniero
è subordinato al visto del consolato italiano presso lo Stato di origine, previa
esibizione dell'autorizzazione al lavoro, corredata dal nulla osta provvisorio
della questura competente.
2. Nel caso di K. questi, entrato irregolarmente in Italia, aveva beneficiato
della sanatoria di cui al d.P.C.M. 16 ottobre 1998, che era subordinata alla
dimostrazione della possibilità di inserimento nel mercato del lavoro. Egli
peraltro aveva poi lavorato soltanto per quattro mesi, non dimostrando per tutto
il 2001 e per buona parte del 2002 alcun reddito da lavoro subordinato.
3. Il ricorso non è fondato.
Va premesso che in questo caso non viene in esame, perché non è oggetto dei
motivi di ricorso, la questione dei limiti del potere del giudice ordinario in
sede di giudizio di opposizione avverso il decreto di espulsione dello
straniero, ed in particolare se il tribunale potesse sindacare nel merito il
provvedimento di diniego del permesso di soggiorno al fine di stabilire
l'illegittimità del decreto di espulsione.
Il Tribunale di Pescara ha ritenuto di disapplicare il provvedimento di diniego
del permesso di soggiorno ed ha conseguentemente affermato l'illegittimità del
provvedimento di espulsione, perché il K., pur risultando privo di adeguati
mezzi di sussistenza per l'anno 2001, all'atto della richiesta di rinnovo del
permesso di soggiorno, era invece titolare di un rapporto di lavoro subordinato
a partire dal 15 luglio 2002 (il permesso di soggiorno precedentemente
rilasciato scadeva il 18 settembre 2002).
L'amministrazione ricorrente osserva in senso contrario che non è sufficiente il
possesso attuale di un reddito di lavoro, requisito che deve invece sussistere
sin dal momento della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, perché la
ratio della disciplina dettata dagli artt. 4, comma 3 e 5, del d.lgs. 286/1998,
è di impedire l'ingresso o la permanenza in Italia a soggetti privi di adeguati
mezzi di sussistenza, che potrebbero pertanto essere dediti a traffici
delittuosi o ad attività illecite in generale.
Osserva la Corte che ai sensi dell'art. 5, comma 5, d.lgs. 286/1998 il permesso
di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è
stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i
requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato,
fatto salvo quanto previsto dall'art. 22, comma 9, e sempre che non siano
sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di
irregolarità amministrative sanabili. Ai sensi dell'art. 4, comma 3, del d.lgs.
l'ingresso in Italia è consentito allo straniero che dimostri "la disponibilità
di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno". Ai sensi
dell'art. 6, comma 5, "per le verifiche previste dal presente testo unico o dal
regolamento di attuazione, l'autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano
fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la
disponibilità di un reddito, di lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente
al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato".
Dal complesso di queste disposizioni risulta evidente che la disponibilità di
mezzi di sussistenza va riferita al momento in cui viene chiesto il rilascio del
permesso di soggiorno ovvero il suo rinnovo. Il legislatore ha tuttavia previsto
che si debba tener conto dei "nuovi elementi" che consentano il rilascio o il
rinnovo del permesso di soggiorno (art. 5, comma 5, d.lgs. 286/1998). Di
conseguenza la valutazione del possesso da parte dello straniero di adeguati
mezzi di sussistenza va riferita non tanto al momento in cui viene presentata la
domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, ma al momento in cui l'autorità
amministrativa è chiamata a pronunciarsi. In altri termini occorre far
riferimento non alla situazione pregressa dello straniero, ma alle sue
condizioni attuali.
Era pertanto illegittimo il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno in
favore del K., nel momento in cui questi aveva potuto dimostrare di svolgere una
regolare attività lavorativa, sia pur riferita al 2002 e non al 2001, vale a
dire all'anno in cui era stata presentata la domanda di rinnovo del permesso di
soggiorno.
Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimato esime dalla
pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.