Chi dimostra la funzione ha paga da dirigente
(Cassazione 8529/2006)
 
 
Corte di Cassazione civile - Sezione lavoro - Sentenza n. 8529/2006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

......................omissis..........................

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ING. C.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G B VICO 1, presso lo studio dell’avvocato PROSPERI MANGILI LORENZO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI FREZZA, giusta delega in atti;

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 175/03 della Corte d’Appello di BRESCIA, depositata il 25/07/03 - R.G.N. 331/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/06 dal Consigliere Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI;

udito l’Avvocato PROSPERI MANGILI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

C.M., dipendente del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, inquadrato nella 9a qualifica funzionale, conveniva in giudizio l’amministrazione datrice di lavoro esponendo di aver prestato la sua attività presso l’Ufficio Provinciale della Motorizzazione Civile di Mantova, al cui vertice doveva essere posto per legge un primo dirigente di fascia B. Con decreto del 28 agosto 1998 la direzione dell’ufficio era stata affidata al ricorrente con la mansione di direttore reggente. Chiedeva quindi il riconoscimento del diritto al trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori di dirigente di fascia B, con la condanna dell’amministrazione al pagamento delle corrispondenti differenze retributive.

Il Tribunale di Mantova accoglieva la domanda con decisione che la Corte di Appello riformava con la sentenza oggi denunciata, rigettando la pretesa azionata. Ad avviso del Giudice dell’appello, i compiti dei dirigenti, connessi all’attribuzione di responsabilità per il raggiungimento di obiettivi e la determinazione dell’indirizzo e la gestione degli uffici, si differenziano da quelli dei funzionali che non hanno l’autonomia e gli obblighi di risultato dei primi, e dirigono l’ufficio assegnato secondo gli ordinali criteri di gestione; data la diversità della carriera, non era possibile ravvisare nella fattispecie la assegnazione di mansioni superiori considerata dal DLgs n. 29 del 1993,articolo 56 [1] e successive modifiche.

In ogni caso, affermava la Corte Territoriale, non risultava provata l’effettiva attribuzione in modo prevalente sono il profilo qualitativo, quantitativo e temporale dei compiti propri delle dedotte mansioni superiori, e la dimostrazione non poteva essere tratta dall’incarico affidato di direttore reggente.

Avverso questa sentenza C.M. propone ricorso per Cassazione con quattro motivi, al quale l’amministrazione resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme contenute nei DLgs n. 387 del 1998, DLgs n. 29 del 1993, DLgs n. 165 del 2001, nell’articolo 24 del CCNL comparto ministeri [2] e negli articoli 3 e 36 della Costituzione [3].

Richiamata la disciplina di legge relativa al diritto al trattamento economico previsto per la qualifica superiore in caso di espletamento delle corrispondenti mansioni, e alla sostituzione ad opera della contrattazione collettiva della preesistente regolamentazione del rapporto di pubblico impiego (nella specie, con l’abrogazione della norma del DPR n. 266 del 1987 secondo cui rientrava nei compiti dei dipendenti inquadrati nella nona qualifica la reggenza dell’ufficio in attesa della destinazione del dirigente titolare), si sostiene che la sostituzione prolungata del dirigente non rientrava tra i compiti della qualifica di inquadramento. Si critica quindi l’affermazione secondo cui il disposto del DLgs n. 29 del 1993, articolo 56 [1] (nel testo sostituito dal DLgs 31 marzo 1998, n. 80, articolo 25) non può trovare applicazione nel caso di assegnazione di mansioni superiori proprie di una diversa carriera come quella del dirigente.

2. Con il secondo motivo, mediante la denuncia di insufficiente e contraddittoria motivazione, si censura la valutazione espressa dal Giudice dell’appello in ordine alla mancata prova dello svolgimento delle mansioni superiori di dirigente: posto che la sentenza impugnata ha riconosciuto la natura dirigenziale dell’incarico affidato all’ing. C. quale direttore reggente dell’Ufficio Motorizzazione Civile di Mantova - incarico proprio di un primo dirigente di fascia B - si afferma che la prova dell’espletamento delle mansioni superiori "e in re ipsa, ossia intrinseca alle mansioni dirigenziali connesse al ruolo ricoperto per anni".

3. Il terzo motivo, con la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 del codice civile [4] in relazione al DLgs n. 387 del 1998, nonché motivazione apparente, critica l’affermazione secondo cui il menzionato decreto di incarico del 28 agosto 1998 non rappresenta la prova documentale dell’affidamento delle dedotte mansioni superiori, ma dimostra solo la necessità di nominare un referente dell’amministrazione centrale. Si sostiene che l’incarico di reggenza di un ufficio comporta lo svolgimento di tutti i compiti e l’assunzione delle responsabilità proprie delle attribuzioni del dirigente sostituito: nel caso di specie, ciò risulta anche dal fatto che il ricorrente è stato preposto all’ufficio per oltre cinque anni.

Si afferma anche che "la prova dello svolgimento o meno dei compiti facenti capo al Primo Dirigente e per esso al Funzionario reggente era ed è in capo al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e non invece all’attuale ricorrente".

Secondo la parte, la "travisata interpretazione della assuntamente mancata attribuzione - mediante il decreto di affidamento dell’incarico - delle mansioni - globalmente intese - di Primo Dirigente all’odierno ricorrente, si concreta in una esposizione motivazionale contenente argomentazioni del tutto slegate dalla situazione di fatto, traducendosi in mancanza assoluta di motivazione".

4. Con l’ultimo motivo, denunciando i vizi di violazione e falsa applicazione degli articoli 13 e 24 del CCNL Comparto Ministeri [2], nonché difetto di motivazione, si critica l’argomento svolto nella sentenza impugnata con il richiamo alla previsione del citato contratto collettivo relativa all’obbligo di svolgere, oltre alle prestazioni corrispondenti alla posizione di lavoro attribuita, anche le attività strumentali e complementari a quelle proprie del corrispondente profilo.

Contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, lo svolgimento dell’incarico affidato non può essere ricondotto alle mansioni proprie del livello attribuito né ad attività strumentali e complementari.

5.1. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, non meritano accoglimento.

Ad avviso della Corte Territoriale, la posizione del primo dirigente, definita dalla stipulazione di apposito contratto all’atto dell’incarico, comporta non solo la direzione dell’ufficio al quale egli è destinato "in senso tradizionale", ma anche la determinazione dell’indirizzo e della gestione in senso proprio, per l’attuazione di progetti individuati autonomamente o delegato dai dirigenti generali; il funzionario, anche del grado più elevato, non è in alcun modo paragonabile alla figura del dirigente, non avendone l’autonomia né gli obblighi di risultato.

La sentenza impugnata afferma quindi che, non trattandosi "di mansioni superiori ma di una diversa carriera" nei casi come quello esaminato non può trovare applicazione la disciplina del DLgs 3 febbraio 1929, n. 29, articolo56 [1] (nel testo sostituito dal DLgs 31 marzo 1998, n. 80, articolo 25 e successivamente modificato dal DLgs 29 ottobre 1998, n. 387, articolo 15: v. ora DLgs 30 marzo 2001, n. 165, articolo 52).

In questi termini, l’enunciazione non può essere condivisa. La disciplina richiamata, mentre conferma al primo comma il principio secondo cui "l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione", regola anche al quinto comma l’ipotesi di assegnazione a mansioni proprie di una qualifica superiore al di fuori dei casi espressamente consentiti dal secondo comma, e, mentre stabilisce da un lato la nullità di tale assegnazione, riconosce dall’altro il diritto del lavoratore alla differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.

La considerazione delle specifiche caratteristiche delle posizioni organizzative di livello dirigenziale e delle relative attribuzioni regolate dal contratto di incarico, come della diversità delle "carriere", non può escludere l’applicazione della disciplina in esame quando venga dedotto, come nella specie, l’espletamento di fatto di mansioni dirigenziali da parte di un funzionario; tale ipotesi può essere invece ricondotta certamente alla previsione del citato quinto comma, relativa al conferimento illegittimo di mansioni superiori, da cui consegue il diritto al corrispondente trattamento economico, secondo la ratio della norma che è di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’articolo 36 della Costituzione [3] (cfr. Cassazione 4 agosto 2004 n. 14944 e Cassazione 25 ottobre 2004 n. 20692).

Il presupposto per l’attribuzione di tale diritto è peraltro definito dal terzo comma dello stesso DLgs n. 29 del 1993, articolo 56 nel testo successivamente modificato (attualmente DLgs n. 165 del 2001, articolo 52[1]), secondo cui "si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni".

Per questo aspetto, la sentenza impugnata risulta sorretta da una autonoma ratio decidenti, che appare conforme alla regola di diritto così enunciata: la Corte Territoriale ha infatti affermato che il C. avrebbe dovuto non solo provare di avere in concreto svolto le funzioni tipiche del primo dirigente, ma anche fornire i dati relativi all’impegno, in termini qualitativi e quantitativi, che tale mansione superiore aveva in concreto comportato; tali elementi non potevano ritenersi dimostrati documentalmente dal decreto di assegnazione dell’incarico di dirigente dell’ufficio provinciale della Motorizzazione civile.

Mancano quindi, secondo la Corte Territoriale, i dati di fatto su cui dovrebbe basarsi l’esame del Giudice di merito, dati che l’attuale ricorrente non ha fornito né si è offerto di fornire.

La decisione, con cui è stato rilevato un fondamentale difetto di allegazione degli elementi costitutivi della pretesa azionata, sfugge alle critiche mosse dalla parte. Il ricorrente insiste nell’affermare che la prova dell’espletamento delle mansioni superiori "è in re ipsa", in relazione al fatto stesso dell’assegnazione dell’incarico di direttore reggente dell’ufficio: ma tale assunto non trova sostegno nella deduzione di precise circostanze di fatto idonee a definire il contenuto professionale di tale posizione di lavoro, e quindi a stabilire la corrispondenza delle mansioni svolte (come si sostiene) a quelle di dirigente di fascia B. Sotto il profilo del denunciato vizio di motivazione, la sentenza non è efficacemente censurata con l’indicazione di elementi di fatto di cui sia stato omesso o trascurato l’esame, mentre d’altro canto il ricorrente non riproduce neppure il contenuto specifico del decreto di incarico, né richiama provvedimenti con cui - come previsto dalla contrattazione collettiva di settore - sia stata identificata la posizione organizzativa dirigenziale dall’amministrazione competente.

Nulla è stato poi specificamente dedotto, come rileva la sentenza impugnata, in ordine ai profili qualitativi e quantitativi dei compiti concretamente svolti.

Il ricorso deve essere quindi respinto. In relazione alla particolarità delle questioni esaminate, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2006. Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2006.

[1] DLgs 3 febbraio 1993, n. 29, (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

Art. 56. Disciplina delle mansioni (nel testo così sostituito dall’art. 25 del DLgs 31 marzo 1998, n. 80 e modificato dall’art. 15 del DLgs 29 ottobre 1998, n. 387, ndr).

[1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.

2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.

3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.

4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.

5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.]

Ndr. Il DLgs 3 febbraio 1993, n. 29, è stato abrogato dall’art. 72 del DLgs 30 marzo 2001, n. 165. Le disposizioni del presente articolo sono ora contenute nell’articolo 52 del DLgs 30 marzo 2001, n. 165.

 

 

DLgs 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

Art. 52. Disciplina delle mansioni.

1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.

2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.

3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.

4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.

5. Al fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggiore onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazioni della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.

 

 

 





[2]
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Comparto Ministeri 1998-2001

Art. 13. Aree di inquadramento

1. Il nuovo sistema di classificazione del personale, improntato a criteri di flessibilità correlati alle esigenze connesse ai nuovi modelli organizzativi, si basa sui seguenti elementi:

a) accorpamento delle attuali nove qualifiche funzionali in tre aree:

Area A - comprendente i livelli dal I al III;

Area B - comprendente i livelli dal IV al VI

Area C - comprendente i livelli dal VII al IX ed il personale del ruolo ad esaurimento;

b) istituzione nell’area C di una separata area dei "professionisti dipendenti", nella quale confluiscono i lavoratori inquadrati nella VII, VIII e IX qualifica che espletano una attività che richiede, in base alla laurea, l’abilitazione all’esercizio della professione e/o l’iscrizione ad albi professionali.

c) previsione nella medesima area C di posizioni organizzative che richiedono svolgimento di funzioni di elevata responsabilità.

2. Le aree sono individuate mediante le declaratorie riportate nell’allegato A) che descrivono l’insieme dei requisiti indispensabili per l’inquadramento nell’area, corrispondenti a livelli omogenei di competenze.

3. I profili collocati nelle aree secondo l’allegato A) descrivono il contenuto professionale di attribuzioni specifiche relative all’area di appartenenza. All’interno della stessa area i profili caratterizzati da mansioni e funzioni contraddistinte da differenti gradi di complessità e di contenuto possono essere collocati su posizioni economiche diverse.

4. Ogni dipendente è inquadrato, in base alla ex qualifica e profilo professionale di appartenenza, nell’area e nella posizione economica ove questa è confluita ed è tenuto a svolgere, come previsto dall’art. 56 del DLgs 29/1993, tutte le mansioni considerate equivalenti nel livello economico di appartenenza. nonché le attività strumentali e complementari a quelle inerenti lo specifico profilo attribuito.

5. L’individuazione di nuovi profili ovvero una diversa denominazione o ricollocazione di quelli esistenti nelle aree - in relazione alle proprie esigenze organizzative - è definita da ciascuna amministrazione, nell’ambito della contrattazione integrativa a livello di amministrazione con le organizzazioni sindacali di cui all’art. 8 comma 1 del presente CCNL e con l’assistenza dell’ARAN.

 

Art. 24. Mansioni superiori

1.Il presente articolo completa la disciplina delle mansioni prevista dall’art. 56, commi 2, 3 e 4 del DLgs n. 29/1993 per la parte demandata alla contrattazione.

2. Nell’ambito del nuovo sistema di classificazione del personale previsto dal presente contratto, si considerano "mansioni immediatamente superiori" le mansioni svolte dal dipendente all’interno della stessa area in profilo appartenente alla posizione di livello economico immediatamente superiore a quella in cui egli è inquadrato, secondo la declaratoria riportata nell’allegato A del presente contratto. Le posizioni economiche "super" non sono prese in considerazione a tal fine. Sono, altresì, considerate "mansioni superiori", per i dipendenti che rivestono l’ultima posizione economica dell’area di appartenenza, le mansioni corrispondenti alla posizione economica iniziale dell’area immediatamente superiore.

3. Il conferimento delle mansioni superiori di cui al comma 2 avviene nei seguenti casi :

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura del posto vacante, anche mediante le selezioni interne di cui all’art. 15;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.

4. Il conferimento delle mansioni superiori di cui ai commi precedenti è comunicato per iscritto al dipendente incaricato, mediante le procedure stabilite da ciascuna amministrazione secondo i propri ordinamenti, sulla base di criteri, da definire entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente contratto, che tengano conto del contenuto professionale delle mansioni da conferire, previa consultazione delle Organizzazioni sindacali di cui all’art.8 comma 1. La disciplina delle mansioni superiori come integrata dal presente articolo entra pertanto in vigore dalla data di definizione dei predetti criteri.

5 Il dipendente assegnato alle mansioni superiori di cui al comma 2 ha diritto al trattamento economico previsto per la posizione corrispondente alle relative mansioni, fermo rimanendo quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità.

6 Per quanto non previsto dal presente articolo resta ferma la disciplina dell’art. 56 del DLgs 29/1993.

 

 

 





[3]
Costituzione della Repubblica italiana - 27 dicembre 1947

Art. 3.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

 

Art. 36.

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

 

 

 





[4]
Codice civile

2697. Onere della prova.

Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.

Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.