Corte di cassazione
Sezione lavoro
Sentenza 17 gennaio 2007, n. 995
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 9 gennaio 2004, A.M.D.
proponeva appello avverso la sentenza con la quale era tata respinta la sua
domanda diretta ad ottenere la condanna dell'Inail alla corresponsione della
rendita per infortunio sul lavoro.
Costituitosi il contraddittorio, la Corte d'appello di L'Aquila rigettava
l'appello e dichiarava irripetibili le spese. Nel pervenire a tale conclusione
la Corte territoriale osservava che, come aveva dichiarato la stessa assicurata,
il tempo di percorrenza del tragitto che separava il suo posto di lavoro dalla
sua abitazione era pari a 20 minuti utilizzando il mezzo proprio ed ad un'ora
facendo ricorso ai mezzi pubblici, con una differenza per i due distinti
tragitti pari a 40 minuti. In una siffatta situazione non era consentito
ritenere che l'uso del mezzo proprio fosse necessitato dall'assenza dei mezzi
pubblici di trasporto utili o dall'abnorme aumento dei tempi di percorrenza che
il ricorso a questi ultimi avrebbe imposto. Il risparmio del tempo si
configurava come una mera comodità personale, per cui ne conseguiva
l'infondatezza della domanda attrice perché solamente differenze di orari di
percorrenza, che assumano una significativa rilevanza, possono giustificare l'indennizzabilità
di sinistri, nei quali l'assicurato rimane vittima, mentre è alla guida del
proprio autoveicolo.
Avverso tale sentenza A.M.D. propone ricorso per cassazione, affidato a due
motivi.
Resiste con controricorso l'Inail.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i due motivi di ricorso l'assicurata denunzia violazione e
falsa applicazione del d.P.R. 1124/1965 e dell'art. 12 del d.lgs. 38/2000 nonché
vizio di motivazione dell'impugnata sentenza.
Più specificamente l'assicurata lamenta che il giudice d'appello non ha tenuto
conto che l'utilizzazione dei mezzi pubblici - per l'orario in cui doveva ogni
giorno intraprendere il lavoro (ore 6.50 del mattino) e per la lunghezza del
tragitto da percorrere - risultava incompatibile con le proprie esigenze
familiari, importando per essa ricorrente numerosi e gravi disagi. Per di più
gli stessi giudici avevano trascurato di considerare anche che la malattia
pregressa all'infortunio da cui era afflitta rendeva ancora più inconciliabile
l'uso dei mezzi pubblici con le sue esigenze familiari.
Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato.
Questa Corte ha affermato che in materia di assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro ai fini della indennizzabilità dell'infortunio in itinere, anche in
caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, deve aversi riguardo ai criteri
che individuano la legittimità o meno dell'uso del mezzo in questione secondo lo
standard comportamentale esistente nella società civile e rispondente ad
esigenze tutelate dall'ordinamento, quali un più intenso legame con la comunità
familiare ed un rapporto con l'attività lavorativa diretto ad una maggiore
efficienza delle prestazioni non in contrasto con una riduzione del conflitto
fra lavoro e tempo libero (cfr. in tali sensi Cass. 10750/2001); ed ha più volte
ribadito, sempre in tema di infortunio in itinere, che l'indennizzabilità di
detti infortuni è condizionata, in caso di uso di mezzo proprio, all'esistenza
della necessità, per l'assenza di soluzioni alternative, di detto uso, tenuto
conto che il mezzo di trasporto pubblico rappresenta lo strumento normale per la
mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio
della strada (cfr. al riguardo: Cass. 19940/2004; 7717/2004).
Orbene, questa Corte - confermando la sentenza del giudice d'appello che aveva
rigettato la richiesta di una lavoratrice a part time del riconoscimento
dell'infortunio in itinere fondata su esigenze familiari - ha statuito che
allorquando il lavoratore utilizzi il mezzo di trasporto privato, non possono
farsi rientrare nel rischio coperto dalle garanzie previste dalla normativa
sugli infortuni sul lavoro situazioni che, senza rivestire carattere di
necessità - perché volte a conciliare in un'ottica di bilanciamento di interessi
le esigenze del lavoro con quelle familiari proprie del lavoratore - rispondano,
invece, ad aspettative che, seppure legittime per accreditare condotte di vita
quotidiana improntate a maggiore comodità o a minori disagi, non assumano uno
spessore sociale tale da giustificare un intervento a carattere solidaristico a
carico della collettività (cfr. in tali precisi termini, Cass. 17167/2006).
L'indicato indirizzo giurisprudenziale nel parametrare il riconoscimento
dell'infortunio sul criterio del bilanciamento degli interessi - con una
valutazione che, devoluta al giudice di merito, si presenta insuscettibile di
ricorso in sede di legittimità se sorretta da motivazione congrua - rispetta la
ratio dell'art. 38 Cost. Ed invero, stante l'esigenza di conciliabilità del
bilancio con i compiti di tutela sociale dello Stato, non può gravarsi la
collettività di spese ricollegabili a cause comportamentali che, non improntate
alla necessaria prudenza, non siano funzionalizzate a ridurre - attraverso la
percorrenza di itinerari più brevi e sicuri, la utilizzabilità di mezzi di
trasporto di maggiore affidabilità e la praticabilità delle più opportune ed
adeguate cautele - i margini di rischio che il lavoratore incontra nel percorso
(di andata e ritorno) dal luogo di abitazione a quello di lavoro.
Alla stregua delle argomentazioni sinora svolte non merita alcuna censura la
sentenza impugnata per avere la stessa evidenziato come nel caso di specie - in
presenza di mezzi di trasporto pubblici utili - il risparmio di quaranta minuti
che il lavoratore conseguiva con l'uso del mezzo proprio configurasse, come si è
detto, una "mera comodità personale, trattandosi di differenza di tempo di
entità modesta e sicuramente tollerabile".
Per concludere, il ricorso va rigettato.
In ragione della natura della controversia nessuna statuizione può essere emessa
sulle spese del presente giudizio di cassazione (art. 152 disp. att. c.p.c.).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del presente giudizio di cassazione