REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 2960/2009

Reg.Dec.

N. 8558-8560 Reg.Ric.

ANNO   2005

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi riuniti in appello nn. 8558/2005 e 8560/2005, proposti rispettivamente:

1) ric. n. 8558/2005 dal Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

- @@@@@@@ @@@@@@@, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza resa dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2746/04, pubblicata in data 30 giugno 2004;

2) n. 8560/05 dal Ministero dell’interno, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

- @@@@@@@ @@@@@@@, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza resa dal T.A.R. per la Lombardia, Sez. I, n. 326/05, pubblicata in data 10 febbraio 2005;

     Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

     Visti gli atti tutti delle cause;

     Nominato relatore il Consigliere -

     Udito alla pubblica udienza del 9.1.2009 l’Avv. dello Stato -

     Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

     Con sentenza n. 2746 del 30 giugno 2004 il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sez. I, accoglieva il ricorso presentato dal sig. @@@@@@@ @@@@@@@, agente di P.S. presso la Questura di Milano, per l’annullamento del provvedimento adottato dal Ministero dell’Interno il 21 novembre 2003 di diniego dell’istanza del ricorrente di trasferimento presso la sede di Bari ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 104/92. A seguito di nuovo provvedimento di diniego del trasferimento da parte dell’Amministrazione in data 1 giugno 2004, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. I, con decisione n. 326 del 10 febbraio 2005 accoglieva il successivo ricorso presentato dal sig. @@@@@@@ @@@@@@@, annullando l’atto.

     Il Ministero appellante contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado.

     Non si è costituito il sig. @@@@@@@ @@@@@@@.

     Alla pubblica udienza del 9.1.2009 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

      1. Va preliminarmente disposta la riunione dei giudizi per connessione soggettiva ed oggettiva.

      2.   Gli appelli sono da accogliere.

     Il Ministero appellante rileva l’erroneità delle sentenze impugnate in quanto i giudici di primo grado non hanno tenuto in considerazione che l’istanza di trasferimento del sig. @@@@@@@ non poteva trovare accoglimento perché, essendo stata riconosciuta l’invalidità della madre in epoca successiva all’assegnazione del richiedente alla Questura di Milano, non risultava sussistente il requisito della continuità nell’assistenza in atto, che costituisce un presupposto per l’applicazione della fattispecie prevista dall’articolo 33, V comma della L. n. 104/92.

     Né tale requisito poteva essere riconosciuto sulla base delle assegnazioni temporanee concesse al ricorrente di primo grado, che assumono solo un carattere di sporadicità e sono collegate a vicende soggette a termine.

     Il motivo è fondato.

     Sul punto, il Collegio rileva che, come chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio e ribadito anche di recente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22 febbraio 2006, n. 793; 21 febbraio 2005, n. 565), sia con riferimento al testo originario della legge (cfr. Cons. Stato, IV Sez. 21.4.1997, n. 425) che a quello modificato (cfr. Cons. Stato, III Sez., 26.11.2000, n. 1623), la normativa richiamata si riferisce solo al lavoratore che già assista con continuità un familiare portatore di handicap, e non anche al dipendente che, non assistendo in atto con continuità un familiare, aspiri al trasferimento proprio al fine di poter instaurare il detto rapporto di assistenza continuativa. In sostanza, dal momento che il diritto vigente tutela le situazioni di assistenza già esistenti, la cui interruzione crei pregiudizio allo stato di fatto favorevole al portatore di handicap, ne consegue che le esigenze di assistenza successivamente determinatesi non sono ricomprese nella previsione legislativa.

     La esclusione di questa ipotesi è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale la quale, con la sentenza 29 luglio 1996, n. 325, ha precisato che la norma si inserisce in un sistema che prevede anche altre forme di assistenza agli handicappati, al di fuori dell'ambito familiare, sicché con l'art. 33, quinto comma, il legislatore ha ragionevolmente previsto, quale misura aggiuntiva, la salvaguardia dell'assistenza in atto nell'ambito familiare, senza prevedere anche, nell'esercizio della sua discrezionalità, la possibilità di trasferimenti del lavoratore dipendente finalizzati a instaurare un rapporto di assistenza, nell'ambito familiare, al portatore di handicap.

     Il criterio ispiratore della decisione di accordare o meno il beneficio resta quello, pertanto, di tutelare le situazioni di assistenza già esistenti, la cui interruzione crei pregiudizio allo stato di fatto favorevole al portatore di handicap, che già godeva dell’aiuto del familiare prima che quest’ultimo si dovesse allontanare per lavoro.

     Né, d’altra parte, le assegnazioni temporanee di cui ha usufruito il ricorrente di primo grado possono essere ritenute idonee ad integrare una stabilizzazione del rapporto di assistenza continuativa, giacchè esse, proprio per il loro carattere temporaneo ed eccezionale non possono conciliarsi con una attività svolta in via continuativa ed esclusiva.

     Va, pertanto, rilevata la legittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado.

     3.  Alla luce delle suesposte considerazioni, ed assorbito quant’altro, i ricorsi in appello vanno accolti, con conseguente riforma delle sentenze impugnate.

     4. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, previa riunione, accoglie gli appelli in epigrafe e per l’effetto, in riforma delle sentenze impugnate, rigetta i ricorsi di primo grado.

     Compensa le spese di giudizio.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2009 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giuseppe Barbagallo   Presidente

Paolo Buonvino   Consigliere

Aldo Fera    Consigliere

Domenico Cafini   Consigliere

Michele Corradino   Consigliere, Est. 
 

Presidente

Giuseppe Barbagallo

Consigliere       Segretario

Michele Corradino     Andrea Sabatini 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il....13/05/2009.

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

Maria Rita Oliva 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 8558-8560/2005


 

CA