REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

DEL LAZIO

ROMA – SEZIONE PRIMA

N                 /

Reg. Sent.

N. 2506/1999 Reg. Ric.

composto dai Magistrati:

- CORRADO CALABRO’  Presidente

- EUGENIO MELE  Consigliere

- ELENA STANIZZI  I Referendario Rel. Est.

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

Sul ricorso N. 2506/1999 R.G. proposto dai Sig.ri URSIDA VINCENZO, GRACEFFA ROSARIO, SURLETI GIUSEPPE, PALERMO GERVASIO, IACCARINO GIACOMO, LOMBARDI PIETRO, RISUCCI ANTONIO, RUCO CESARE, COSSU PAOLO, NARDINI ITALA, MIGNOGNA VITALE, NICOLAI ANGELO, BENASSI ENZO, CHIARADIA FARNCESCO, BATTISTA LUIGI, rappresentati e difesi dall’Avv. Mario Tonucci e dall’Avv. Riccardo Troiano ed elettivamente domiciliati presso il loro Studio Legale sito in Roma, Via Principessa Clotilde n. 7;

CONTRO

- la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è, ope legis, domiciliata;

E NEI CONFRONTI DI

- il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è, ope legis, domiciliato;

- il MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso il cui Ufficio sito in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è, ope legis, domiciliato;

PER L'ANNULLAMENTO

- dei Decreti interministeriali, non conosciuti in quanto “segretati”, del novembre 1980, con i quali non è stata riconosciuta ai ricorrenti l’intera anzianità di servizio da essi maturata presso le Amministrazioni di provenienza antecedentemente al loro trasferimento nella consistenza organica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e, in particolare, nel c.e.s.i.s. (Comitato Esecutivo per i Servizi di Informazione e Sicurezza), nel s.i.s.m.i. (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare), e nel s.i.s.d.e. (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica);

  Visto il ricorso con i relativi allegati;

  Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno e del Ministero della Difesa;

  Visti gli atti tutti della causa;

  Uditi, alla pubblica udienza del 13 novembre 2002, l'Avv. Mario Tonucci per la parte ricorrente e l'Avv. dello Stato Francesco Sclafani per le Amministrazioni costituite - Giudice relatore il Primo Referendario Elena Stanizzi;

  Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

  Espongono in fatto gli odierni ricorrenti di aver prestato servizio, alcuni, alle dipendenze delle Amministrazioni militari o della Polizia di Stato ed altri presso Amministrazioni Civili, e di essere stati trasferiti, ai sensi dell’art. 7 della legge 24 ottobre 1977 n.801, nella consistenza organica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con assegnazione al c.e.s.i.s., al s.i.s.m.i. o al s.i.s.d.e.

  Nel richiamare le previsioni di cui all'art. 7 della citata legge - il quale, nel disciplinare le prerogative del personale appartenente agli OO.I.S., stabilisce che "la consistenza dell’organico (…) ed il trattamento giuridico-economico sono stabiliti anche in deroga ad ogni disposizione vigente, rispettivamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro per la Difesa e dal Ministro per l’Interno (…)” e che "Il trattamento giuridico ed economico del personale non può comunque essere inferiore a quello delle qualifiche corrispondenti del pubblico impiego” – ricordano gli odierni ricorrenti che successivamente alla riforma del pubblico impiego, operata per effetto della legge 11 luglio 1980 n. 312, sono stati adottati nel novembre 1980 i decreti interministeriali con cui, come previsto dal richiamato art. 7, è stato stabilito il trattamento giuridico ed economico del personale trasferito agli OO.I.S, ed è stato altresì disposto il relativo trasferimento nella consistenza organica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché l’inquadramento nelle relative qualifiche funzionali.

  Quale conseguenza del nuovo inquadramento, i ricorrenti hanno acquisito lo status civile se provenienti dall’Amministrazione militare, ed iscritti nella c.d. “riserva", se ufficiali o sottufficiali, e posti in “congedo illimitato” se militari di truppa, ovvero cancellati dal ruolo”, se impiegati civili, venendo così privati di ogni specificità economica e di carriera connessa allo status originario precedentemente acquisito presso le Amministrazioni di provenienza.

  Sulla base di tali decreti – inizialmente non conosciuti nel loro contenuto in quanto segretati – è stata riconosciuta ai dipendenti trasferiti, dietro loro consenso, a seguito dell’inquadramento nei nuovi ruoli della Presidenza del Consiglio, l’anzianità dagli stessi precedentemente maturata nelle Amministrazioni di provenienza solo nella misura del 50%, con conseguente decurtazione dell’ulteriore 50% in sede di attribuzione delle classi e degli scatti stipendiali.

  Al fine di ottenere il riconoscimento dell’intera attività prestata nelle Amministrazioni di provenienza, i ricorrenti - dopo aver inoltrato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri diverse istanze, tutte rimaste senza esito – hanno adito questo Tribunale chiedendo l’accertamento del loro diritto all’integrale riconoscimento dell’anzianità pregressa maturata nelle Amministrazioni presso le quali hanno prestato servizio prima del passaggio nella consistenza organica della Presidenza del Consiglio, e ciò sia ai fini della progressione economica che della connessa determinazione della base retributiva pensionabile, nonché l’annullamento, in parte qua, dei decreti recanti il mancato riconoscimento di tale diritto.

  A sostegno dell’azione i ricorrenti articolano i seguenti motivi di censura:

  - violazione di legge per violazione dell’art. 7, comma 2, della legge 24 ottobre 1977 n.801;

  - violazione dell’art. 3 della Costituzione;

  - eccesso di potere per disparità di trattamento.

  Nel ricordare, i ricorrenti, come, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 801 del 1977, sia stato riconosciuto all’Amministrazione il potere di adottare regolamenti praeter e contra legem con riguardo alla consistenza dell’organico ed al trattamento giuridico ed economico del personale degli OO.I.S., affermano gli stessi che tale potere di deroga alle fonti primarie sarebbe stato concesso, con riguardo al trattamento giuridico-economico, limitatamente alla possibilità di introdurre modifiche in melius.

  Posto che nel concetto di trattamento giuridico-economico refluiscono anche gli scatti stipendiali connessi alla progressione nell’anzianità di servizio, che a sua volta incide sul trattamento di quiescenza, assumono in sostanza i ricorrenti che il mancato riconoscimento dell’intera anzianità pregressa, introducendo un trattamento deteriore rispetto a quanto disposto per il pubblico impiego, concreterebbe una violazione del disposto perequativo di cui all’art. 7 della legge n. 801 del 1977, nonché dell’art. 3 della Costituzione, con integrazione altresì di un’ipotesi di eccesso di potere per disparità di trattamento.

  Ricordano in proposito i ricorrenti che in sede di primo inquadramento nelle nuove qualifiche funzionali, operato in applicazione della legge n. 312 del 1980, è stata riconosciuta a tutto il personale l’intera anzianità pregressa, analogamente a quanto disposto anche da specifiche normative di settore e dalla legislazione successiva, laddove con i gravati decreti è stato riconosciuto ai ricorrenti un trattamento giuridico ed economico inferiore rispetto a quello previsto per gli altri pubbici dipendenti, trattando quindi in modo difforme situazioni omogenee che lo stesso art. 7 della legge n. 801 ha inteso invece trattare in maniera uniforme.

  Sulla base dei riportati assunti i ricorrenti concludono, pertanto, per il riconoscimento del loro diritto alla riliquidazione dello stipendio spettante dalla data di trasferimento presso gli Organismi di cui alla legge n. 801 del 1977, con la valutazione per intero, e non nella misura del 50%, dell’anzianità di servizio maturata presso le Amministrazioni di provenienza, con conseguente annullamento dei decreti che hanno disposto tale riconoscimento limitatamente al 50% dell’anzianità, con ogni ulteriore conseguenza sul piano retributivo e previdenziale.

  Si sono costituite in resistenza le intimate Amministrazioni eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso in quanto, vertendo lo stesso sulla determinazione dello stipendio percepito in attività di servizio, risulterebbe intempestivo per intervenuto decorso del termine per impugnare i provvedimenti di attribuzione del trattamento economico, sostenendo nel merito, con articolate controdeduzioni e successiva memoria, l’infondatezza dello stesso con richiesta di corrispondente pronuncia, e chiedendo, in ogni caso, l’applicazione dei termini di prescrizione.

  Con memoria successivamente depositata parte ricorrente ha insistito nelle richieste e deduzioni di cui al ricorso introduttivo.

  Alla pubblica udienza del 13 novembre 2002, la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

D I R I T T O

  Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso i decreti, adottati nel novembre del 1980 - con i quali sono stati emanati i regolamenti disciplinanti il trattamento giuridico ed economico del personale inquadrato nella consistenza organica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per le esigenze degli Organismi di Informazione e Sicurezza - limitatamente alla parte in cui tali decreti prevedono il riconoscimento dell’anzianità pregressa, maturata dai ricorrenti nelle Amministrazioni di provenienza, solo nella misura del 50%.

  Gli odierni ricorrenti – tutti trasferiti da altre Amministrazioni ed inquadrati nella consistenza organica della Presidenza del Consiglio dei Ministri riservata agli Organismi di Informazione e di Sicurezza – propongono, altresì, azione di accertamento del loro diritto al riconoscimento dell’intera anzianità maturata presso le Amministrazioni di provenienza in epoca anteriore al primo inquadramento negli OO.I.S., con integrazione ‘ora per allora’ di detta anzianità, con ogni ulteriore conseguenza sul piano della progressione economica e della determinazione della base retributiva pensionabile.

  A sostegno della pretesa, assumono i ricorrenti che il mancato riconoscimento, ad opera dei gravati decreti – per lungo tempo non conosciuti in quanto segretati e non soggetti alle ordinarie forme di pubblicità – dell’intera anzianità pregressa, si porrebbe in aperta violazione del disposto perequativo di cui all’art. 7 della legge n. 801 del 1977 – il quale prevede che il trattamento economico del personale degi Organismi non può essere inferiore a quello delle corrispondenti qualifiche del pubblico impiego – con conseguente integrazione di un’ipotesi di disparità di trattamento rispetto agli altri dipendenti pubblici, in spregio del principio di parità di trattamento di cui all’art. 3 della Costituzione.

  Così illustrato l’oggetto del presente giudizio, il Collegio è chiamato preliminarmente a pronunciarsi sull’eccezione, sollevata dalla difesa delle Amministrazioni resistenti, di inammissibilità del ricorso, articolata sulla base della considerazione che vertendo lo stesso sulla determinazione dello stipendio percepito in attività di servizio, sarebbe intempestivo per intervenuto decorso del termine di impugnativa dei provvedimenti di attribuzione del trattamento economico.

  In proposito, precisa parte resistente che il contenuto dei gravati provvedimenti – pur se non soggetti alle ordinarie forme di pubblicità – era conoscibile mediante azione di accesso ed anzi portato a conoscenza degli interessati al momento della costituzione del rapporto di impiego, oltre che chiaramente desumibile dal prospetto delle buste paga.

  L’eccezione è priva di pregio.

  Come costantemente affermato dalla giurisprudenza formatasi sul punto, la domanda del pubblico dipendente volta al riconoscimento di un'anzianità pregressa integra una pretesa di diritto soggettivo che, nella sede della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, può essere azionata nel termine di prescrizione, indipendentemente dalla sussistenza di atti amministrativi con i quali la medesima sarebbe stata disattesa (ex plurimis: Cons. Stato – Sez. VI - 11 dicembre 1999, n. 2071; 10 novembre 1993, n. 807; Sez. IV – 21 gennaio 1997, n. 38; TAR Lazio – Sez. I – 6 aprile 2000, n. 2856; 9 ottobre 1996, n. 1761; T.A.R. Campania – Napoli – Sez. V – 27 novembre 1997, n. 3195; 10 maggio 1996, n. 164).

  Ne discende che proprio in ragione della natura dell’oggetto del giudizio – invocata da parte resistente a sostegno dell’eccezione – il ricorso risulta ammissibile, non soggiacendo lo stesso alle regole del giudizio impugnatorio.

  Così delibata negativamente la superiore eccezione e passando all’esame del merito del ricorso, il Collegio ne ritiene l’infondatezza.

  Avuto riguardo ai profili normativi coinvolti dalla materia che qui occupa, occorre ricordare che con la legge n. 801 del 24 ottobre 1977 – recante istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato – è stata introdotta una disciplina organica relativamente all’organizzazione, ai compiti ed all’attività degli organismi stessi, prevedendo all’art. 7, con specifico riferimento allo stato giuridico-economico del personale appartenente a tali organismi, che "il personale di ciascuno dei Servizi … è costituito da dipendenti civili e militari dello Stato che vengono trasferiti, con il loro consenso, alle esclusive dipendenze dei Servizi stessi, nonché da personale assunto direttamente. ….

  La consistenza dell'organico del Comitato di cui all'articolo 3 e di ciascun Servizio, i casi e le modalità relativi al rientro dei dipendenti pubblici nelle amministrazioni di originaria appartenenza, il trattamento giuridico-economico e i casi e le modalità di trasferimento ad altra amministrazione dello Stato del personale assunto direttamente, sono stabiliti, anche in deroga ad ogni disposizione vigente, rispettivamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro per la difesa e dal Ministro per l'interno su parere conforme del Comitato interministeriale di cui all'articolo 2 e di concerto con il Ministro per il tesoro. Il trattamento giuridico ed economico del personale del Comitato di cui all'articolo 3 e dei Servizi di cui agli articoli 4 e 6, non può comunque essere inferiore a quello delle qualifiche corrispondenti del pubblico impiego”.

  Posto che – come ribadito da un consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in materia (ex plurimis: Cons. di Stato – Sez. IV – 10 novembre 1999, n. 1863; T.A.R. Lazio – Roma – Sez. I – 6 aprile 2000, n. 2856) - la disciplina del rapporto d’impiego del personale degli Organismi di Informazione e di Sicurezza non si sottrae ai principi generali ed alle norme comuni del pubblico impiego, con riguardo a tale ambito il citato art. 7 ha operato una delegificazione della materia, devolvendo in maniera permanente al Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero al Ministro della Difesa od al Ministro dell’Interno, su parere del Comitato interministeriale per le Informazioni e la Sicurezza, di concerto con il Ministro del Tesoro, la relativa potestà normativa, esercitabile anche in deroga alle disposizioni legislative vigenti, e ciò in considerazione della specialità del complesso ordinamentale, che trae origine dalla peculiarità delle attribuzioni proprie degli Organismi, la disciplina della cui organizzazione, pertanto, si è ritenuto di dover rimettere ai vertici dell’Esecutivo mediante devoluzione agli stessi della potestà di adozione di atti normativi non soggetti alle regole sulla gerarchia delle fonti ed alle ordinarie forme di pubblicità.

  Unica condizione limitativa all’esercizio di tale potestà è costituita dalla previsione che il trattamento giuridico ed economico del personale di tali organismi non sia inferiore a quello delle qualifiche corrispondenti del pubblico impiego.

  Lo stato giuridico ed il trattamento economico degli appartenenti agli Organismi in questione è stato disciplinato con i DD.P.C.M. nn. 7 ed 8 del 21 novembre 1980 e successive integrazioni e modificazioni, i quali delineano – in ragione delle speciali esigenze istituzionali degli Organismi – un rapporto di dipendenza del tutto atipico, costituendo, nel predetto contesto, le norme di stato giuridico-economico un ordinamento speciale che comporta per i suoi appartenenti – siano essi assunti direttamente o provenienti con il loro consenso da altre Amministrazioni dello Stato - l’applicazione esclusiva delle disposizioni speciali.

  In particolare, la disciplina derogatoria prevista e consentita dal citato art. 7 della legge n. 801 del 1977 è stata introdotta dall’art. 18, comma 6, del D.P.C.M. n. 8 del 1980, laddove stabilisce espressamente che ai fini della determinazione del trattamento economico e della progressione economica del personale transitato negli Organismi di Informazione e di Sicurezza il servizio prestato presso altre Pubbliche Amministrazioni è riconosciuto solamente entro il limite del 50%.

  In sostanza il ricorso, in relazione ai motivi di doglianza proposti, è rivolto avverso tale disposizione, della quale viene contestata la legittimità, per contrasto con il disposto perequativo di cui all’art. 7 della legge n. 801 del 1977 e con l’art. 3 della Costituzione, sull’assunto che in applicazione di tale disposizione normativa sarebbe stato riservato ai ricorrenti un trattamento, sia retributivo che pensionistico, deteriore rispetto a quello previsto per le qualifiche corrispondenti del pubblico impiego, cui la normativa, anche di settore, riconosce sempre per intero l’anzianità maturata nella stessa o in altre Amministrazioni dello Stato.

  Più specificamente, secondo l’iter argomentativo sotteso al ricorso, la disciplina dell’anzianità di servizio dettata per il personale degli OO.I.S., in ragione dei riflessi che riverbera in materia di trattamento giuridico ed economico degli stessi, non risulterebbe compatibile con la disciplina relativa al pubblico impiego la quale, per effetto della clausola di salvaguardia di cui al citato art. 7, costituisce limite tassativo all’esercizio della potestà normativa derogatoria riconosciuta all’Esecutivo.

  L’impianto ricorsuale sollecita, pertanto, innanzitutto, un’indagine sull’eventuale avvenuto superamento dello sbarramento posto dall’art. 7 della legge n. 801 del 1977, secondo cui il trattamento economico del personale degli OO.I.S. non può essere inferiore a quello delle corrispondenti qualifiche del pubblico impiego.

  In proposito, occorre preliminarmente evidenziare un’errore di impostazione, sia logica che giuridica, in cui cade parte ricorrente, la quale assume la violazione della predetta norma di salvaguardia in ragione – esclusivamente – del non integrale riconoscimento della anzianità pregressa, invocando, quale tertium comparationis, il principio tendenziale vigente per il pubblico impiego, secondo cui, in caso di passaggio da un’Amministrazione ad un’altra, viene riconosciuta per intero l’anzianità pregressa.

  Secondo tale modus procedendi vengono posti a confronto solo alcuni degli elementi (agganciati unicamente alla progressione nell’anzianità di servizio) che contribuiscono a determinare il trattamento economico complessivo, cui invece si riferisce l’invocata clausola di salvaguardia laddove menziona il ‘trattamento economico e giuridico’, sottintendendo in tal modo il concetto di trattamento omnicomprensivo, di talchè il raffronto non va effettuato, come fa invece parte ricorrente, tra le singole voci che lo compongono le quali, nel contesto normativo di riferimento, possono ben conoscere discipline diverse con riferimento ai dipendenti degli OO.I.S. e gli altri appartenenti al pubblico impiego, purchè tale disciplina non refluisca, per i primi, in un trattamento complessivo deteriore rispetto a quello goduto dai secondi.

  Alla luce di tale precisazione va pertanto rinvenuta l’infondatezza della censura ricorsuale in esame nella circostanza che, come chiarito dalla difesa erariale – e non contestato puntualmente da parte ricorrente - è stato corrisposto ai ricorrenti, dalla data del loro primo inquadramento nella consistenza organica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un trattamento economico complessivo addirittura più favorevole di quello goduto nella corrispondente qualifica del pubblico impiego, e cioè superiore a quello, omnicomprensivo, maturato o che avrebbero maturato nell’Amministrazione di provenienza.

  In tale contesto, la previsione di cui all’art. 18 del D.P.C.M. n. 8 del 1980 circa il riconoscimento dell’anzianità pregressa maturata nell’Amministrazione di provenienza nella misura del 50%, non incide sul trattamento economico complessivo goduto dai ricorrenti in modo tale da renderlo – se globalmente inteso – deteriore rispetto a quello riconosciuto per le corrispondenti qualifiche del pubblico impiego, cosicché non può ritenersi integrata la denunciata ipotesi di violazione del disposto perequativo di cui all’art. 7 citato.

  A conferma del superiore assunto va rilevato come non si sia resa necessaria la corresponsione ai ricorrenti di differenze stipendiali ad personam al fine di salvaguardare la pregressa posizione economica in applicazione del divieto di reformatio in peius.

  Per quanto sopra esposto, pur potendosi concordare con quanto affermato da parte ricorrente circa la tendenziale valutazione a fini economici, nell’ambito del pubblico impiego, dell’intera anzianità pregressa, tale circostanza non vale a far ritenere l’illegittimità della disposizione di cui all’art. 18 del D.P.C.M. n. 8 del 1980, la cui applicazione non si è tradotta in violazione del principio di salvaguardia affermato dall’art. 7 della legge n. 801 del 1977.

  In proposito, giova peraltro ricordare che, secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, "nel vigente sistema normativo non è rinvenibile alcun principio di diritto che imponga ad una Pubblica Amministrazione, nell’esercizio della sua potestà organizzativa, l’integrale riconoscimento ai fini economici del servizio prestato presso altra Amministrazione” (Cons. Stato – Sez. IV – 8 maggio 1986, n.331; e più recentemente, su analogo precedente: TAR Lazio – Roma – Sez. I - 6 aprile 2000, n.2856).

  Più specificamente, la valutazione della complessiva anzianità di servizio non costituisce un principio di rango costituzionale, trovando la stessa il proprio fondamento in disposizioni ordinarie le quali, per effetto del più volte citato art. 7, possono essere derogate da disposizioni regolamentari autorizzate a disciplinare lo speciale ordinamento degli OO.I.S. anche in contrasto con la normativa di rango legislativo.

  A fini di completezza espositiva, preme al Collegio sottolineare che anche nell’ambito dell’ordinamento giuridico-economico del pubblico impiego sono contenute disposizioni che prevedono la decurtazione dell’anzianità pregressa valutabile ai fini della determinazione della progressione del trattamento economico nei ruoli o nelle qualifiche anche della stessa carriera di appartenenza, con la conseguenza che, anche sotto questo profilo – in disparte la considerazione della specialità del rapporto di impiego con gli OO.I.S. e del potere regolamentare derogatorio della normativa di rango legislativo – la disposizione che preclude la valutazione, ai fini del calcolo della retribuzione, dell’intera anzianità pregressa maturata presso l’Amministrazione di provenienza non si pone in contrasto con la disciplina generale inerente la valutazione dell’anzianità di servizio ai fini dell’attribuzione degli incrementi stipendiali connessi all’anzianità nelle qualifiche nel pubblico impiego.

  Più specificamente, la valutazione dell’anzianità di servizio in misura intera o ridotta ai fini dell’inquadramento giuridico economico – pur costituendo la prima ipotesi una regola tendenziale dell’ordinamento – è rimessa alla discrezionalità del legislatore non trovando, come accennato, copertura costituzionale.

  Ne discende che l’invocato diritto al riconoscimento dell’intera anzianità costituisce conseguenza di singole previsioni normative, non sussistendo nell’ordinamento una norma generale che assicuri, nel caso di trasferimento presso altre Amministrazioni, la conservazione delle anzianità precedentemente acquiste.

  A maggior ragione ciò vale con riferimento al personale degli OO.I.S., posto che in relazione alla specialità del relativo ordinamento è stata introdotta, ad opera dell’art. 7 della legge n. 801 del 1877, la delegificazione della materia, rimettendo allo strumento regolamentare la relativa disciplina, così legittimando l’introduzione di norme fortemente derogatorie rispetto alla disciplina generale del pubblico impiego, fermo restando il divieto di riconoscimento di un trattamento inferiore rispetto a quello stabilito per le corrispondenti qualifiche del pubblico impiego.

  Secondo un ulteriore ordine di censure, i ricorrenti deducono il contrasto della mancata valutazione, ai fini della determinazione dello stipendio e del conseguente trattamento pensionistico, dell’intera anzianità pregressa, maturata nell’Amministrazione di provenienza, con il principio di uguaglianza costituzionalmente garantito dall’art. 3 della Carta Costituzionale, assumendo – quale presupposto logico sotteso alla proposizione della doglianza – l’omogenità della loro posizione con quella del restante pubblico impiego, il che impone la previsione di un trattamento uniforme.

  Ad avviso del Collegio va innanzitutto confutato il predetto presupposto, e ciò in quanto – ferme restando le superiori considerazioni, soprattutto con riferimento alla mancata copertura costituzionale della regola del riconoscimento dell’intera anzianità pregressa – le categorie del personale poste a raffronto non possono ritenersi, contrariamente agli assunti ricorsuali, omogenee tra di loro, per cui l’invocata applicazione del principio di uguaglianza non può tradursi nella necessità di previsione di trattamenti uniformi, posto che la citata norma costituzionale impone di trattare in modo uniforme solo situazioni omogenee.

  Va, difatti, ricordato in proposito che alla luce della costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, va ritenuta la legittimità di una diversa disciplina giuridica del trattamento riservato a categorie diverse di pubblici dipendenti nei casi in cui manchi, come nella fattispecie in esame, l’omogeneità delle relative situazioni giuridiche.

  Ed è del tutto evidente come la posizione dei dipendenti degli organismi non possa essere ritenuta omogenea rispetto a quella del personale dipendente da altre Amministrazioni, e ciò nella considerazione della natura delle funzioni, delle particolari attività ed operazioni che i primi sono chiamati a svolgere e della peculiarità dei relativi rapporti di servizio.

  Richiamate sul punto le considerazioni sopra svolte circa lo speciale ordinamento giuridico ed economico che caratterizza il rapporto di impiego del personale appartenente agli Organismi di cui alla legge n. 801 del 1977, caratterizzato da una disciplina con contenuti intensamente derogatori rispetto a quella che regola il rapporto di impiego statale, può in proposito ricordarsi – ad ulteriore specificazione dei profili di specialità che connotano tale ordinamento – che l’attività svolta dagli Organismi è assimilata all’attività delle Forze Armate in tempo di guerra, il che imprime al servizio svolto presso gli stessi quel carattere di eccezionalità che non ne consente l’assimilazione con le altre categorie del pubblico impiego.

  La particolarità del settore e dei compiti istituzionali degli Organismi, che giustificano lo speciale ordinamento del personale, rende difatti il relativo rapporto del tutto difforme da quello generale dei dipendenti dello Stato sia con riferimento alla provvista del personale (il cui reclutamento può avvenire anche mediante assunzione diretta, e quindi in deroga al principio costituzionale del concorso per l’accesso ai pubblici uffici), sia per la natura essenzialmente precaria e fiduciaria che lo contraddistingue (potendo essere interrotto unilateralemtne da ciascuna delle parti), sia per la collocazione dei dipendenti in apposite qualifiche funzionali atipiche correlate esclusivamente al profilo professionale ed alle prestazioni chiamati ad espletare, sia per la mancanza di qualsiasi collegamento e riferimento alle qualifiche rivestite precedentemente all’immissione nella consistenza organica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla conservazione della qualifica rivestita nell’Amministrazione di originaria appartenenza e della posizione di stato acquisita in relazione all’anzianità pregressa, sia per la maggior retribuzione corrisposta in ragione della particolarità dell’impegno richiesto.

  Conseguentemente, al personale degli Organismi è riservato un autonomo stato giuridico ed economico non comparabile con quello delle altre Amministrazioni statali, del tutto svincolato dal ruolo di provenienza, per cui le differenziazioni inerenti il trattamento giuridico ed economico degli stessi trovano ampia giustificazione nella peculiarità dell’attività istituzionale e dell’ordinamento degli OO.I.S., nonché nella atipicità del rapporto di impiego instaurato alle dipendenze degli stessi, cosicché nessuna violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione risulta configurabile, mancando il presupposto della omogeneità di situazioni giuridiche che solo può giustificare ed imporre l’applicazione di un medesimo trattamento.

  In tale ottica, risulta pienamente legittima l’adozione di una norma regolamentare – quale l’art. 18 del D.P.C.M. n. 8 del 1980 – la quale, per effetto della delegificazione autorizzata con l’art. 7 della legge n. 801 del 1977, non prevede la conservazione dell’anzianità pregressa, dovendosi ricordare in proposito che l’anzianità di qualifica e di carriera – rilevante nell’ordinamento del pubblico impiego a diversi fini quali l’attribuzione di aumenti periodici di stipendio, delle successive classi di stipendio, di promozioni – viene in genere riconosciuta in misura integrale nei passaggi di ruolo ove vi sia una sostanziale identità tra vecchia e nuova qualifica o ruolo, e sempre per effetto di una specifica disposizione normativa, non sussistendo una norma generale che garantisca, nel caso di passaggi di ruolo, la conservazione delle anzianità precedentemente acquisite, la quale, peraltro, come accennato, non gode di copertura costituzionale.

  Nel delineato iter argomentativo della decisione sulla controversia che qui occupa ed avuto riguardo ai profili normativi coinvolti dalla materia del contendere, può pertanto affermarsi che l’unico parametro normativo di riferimento che residua è quello di cui all’art. 7 della legge n. 801 del 1977, nella sua valenza di clausola di salvaguardia volta ad assicurare al personale degli OO.I.S. un trattamento giuridico ed economico non inferiore a quello delle corrispondenti qualifiche del pubblico impiego, con riaffermazione, quindi, in tale ambito, del principio di carattere tendenziale del divieto di reformatio in pejus.

  Principio che, già in parte esaminato e riconosciuto rispettato sulla base delle considerazioni sopra esposte, merita ulteriore approfondimento dovendosi precisare come la citata norma non impone alcun riferimento alle posizioni di stato giuridico ed economiche conseguite nell’Amministrazione di provenienza, così non prescrivendo che ai fini dell’inquadramento economico del personale degli OO.I.S. si debba valutare l’intera anzianità pregressa ma, piuttosto, intende tutelare i diritti patrimoniali già entrati a far parte della sfera giuridica ed economica del dipendente al fine di evitare, all’atto di trasferimento presso gli Organismi, che il complesso dei diritti di natura economica acquisito possa essere inferiore a quello delle corrispondenti qualifiche del pubblico impiego.

  Risultato questo che, in aderenza alla lettera della legge, viene raggiunto per effetto di una comparazione generale del trattamento economico attribuito in conseguenza del nuovo inquadramento con quello omnicomprensivo percepito dalle corrispondenti qualifiche del pubblico impiego, senza alcuna necessità di riferimento all’anzianità di servizio acquisita prima del trasferimento, dovendo prendersi a riferimento la retribuzione complessivamente dovuta con quella globalmente percepita nella carriera di originaria appartenenza.

  Nel rispetto di tale principio, ai ricorrenti – come a tutto il personale civile e militare trasferito presso la predetta consistenza organica - è stato corrisposto un trattamento economico più favorevole rispetto a quello goduto in relazione all’anzianità di servizio posseduta nella corrispondente qualifica dell’Amministrazione di provenienza, identificando le indennità e gli altri assegni, eventualmente percepiti in relazione alle peculiari situazioni di impiego della precedente carriera di appartenenza, ivi comprese quelle agganciate all’anzianità di servizio, nella più elevata retribuzione stipendiale spettante alla qualifica attribuita alla data di trasferimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con conseguente riconoscimento di un trattamento economico complessivamente superiore a quello omnicomprensivo percepito nella precedente carriera.

  Deve puntualizzarsi, in proposito, come l’art. 7 della legge n. 801 del 1977 abbia introdotto il principio perequativo in parola solo ai predetti fini, cosicchè il collegamento con le corrispondenti qualifiche del pubblico impiego non rileva ai fini della debenza del riconoscimento dell’intera anzianità pregressa – come invece affermato da parte ricorrente – dovendo ricordarsi, peraltro, come al momento di inquadramento nella consistenza organica destinata agli OO.I.S., i dipendenti non conservano lo status originario, venendo i dipendenti civili cancellati dai ruoli organici, mentre il personale militare viene collocato nelle posizioni di congedo, con estinzione quindi del rapporto originario e costituzione ex novo di un rapporto con gli Organismi, regolato da un differente e speciale ordinamento.

  In relazione alle superiori considerazioni non vale, quindi, il richiamo effettuato dai ricorrenti alle norme del T.U. n. 3 del 1957 sulla conservazione dell’intera anzianità degli impiegati trasferiti, trattandosi di previsione concernente il trasferimento da un ruolo ad un altro della corrispondente carriera dell’Amministrazione, laddove nella fattispecie in esame viene in rilievo, si ripete, la cessazione dell’appartenenza al ruolo di provenienza.

  Sotto altro profilo, deducono i ricorrenti di aver percepito un trattamento pensionistico inferiore rispetto a quello riconosciuto alle corrispondenti qualifiche del pubblico impiego e che avrebbero ottenuto nell’Amministrazione di provenienza, con conseguente violazione, anche con riguardo a tale profilo, del disposto di cui all’art. 7 della legge n. 801 del 1977.

  La doglianza, stante la sua genericità ed indeterminatezza, va ritenuta inammissibile, non avendo allegato, i ricorrenti, alcuna puntuale precisazione in merito, limitandosi a lamentare generici effetti deteriori sul trattamento pensionistico e di fine rapporto conseguenti al mancato riconoscimento dell’anzianità pregressa ed alla mancata salvaguardia dei progressi economici conseguiti per effetto dell’anzianità.

  Né i ricorrenti hanno confutato, con puntuali e circostanziate controdeduzioni, quanto affermato dalla difesa delle Amministrazioni resistenti circa l’avvenuta corresponsione agli stessi di un trattamento di quiescenza sensibilmente superiore a quello che gli stessi avrebbero percepito nell’Amministrazione di provenienza e di quello riservato agli altri dipendenti dello Stato di qualifica corrispondente.

  In conclusione, alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, conducenti alla declaratoria di infondatezza di tutte le censure ricorsuali proposte, il ricorso in esame va rigettato.

  Valutati tutti gli elementi della vicenda contenziosa possono integralmente compensarsi tra le parti le spese, le competenze e gli onorari del presente giudizio.

  P.Q.M.

  Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

  - Roma -Sezione Prima-

  Definitivamente pronunciando sul ricorso n. 9017/1998, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

  Spese compensate.

  Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

  Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 13 novembre 2002.

Dott. Corrado CALABRO’ – Presidente 
 

Dott.ssa Elena STANIZZI – Relatore Estensore