R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.3929/2004

Reg. Dec.

N. 7887 Reg. Ric.

Anno 1994

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso n. 7887/94 proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la stessa legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

XXXXXXX, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Colletta, elettivamente domiciliato insieme al proprio difensore in Roma, via Nemorense n. 15, presso lo studio dell’avv. Valerio Butò;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, XXXXXXXX n. 699, pubblicata in data 1° luglio 1994, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso proposto dall’attuale appellato, concernente provvedimento di trasferimento d’autorità.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 27 gennaio 2004 il Consigliere Giuseppe Carinci;

Uditi l'Avvocato dello Stato M. L. Spina, per l'Amministrazione appellante, e l’avv. M. Contaldi per l’appellato;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione Staccata di XXXXX, XXX XXXXXXX, Vice Ispettore di Polizia di Stato, ha impugnato, unitamente agli atti connessi, il provvedimento con il quale il Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ha disposto il suo trasferimento dal Commissariato di Pubblica Sicurezza di XXXXX alla Questura di XXXXXX. Con il gravame chiedeva l’annullamento del provvedimento, in quanto inficiato da violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso, ritenendo fondata la censura riferita al dedotto difetto di motivazione.

Avverso detta pronuncia ha interposto appello il Ministero dell’Interno con atto notificato in data 14 settembre 1994 e depositato l’8 del mese successivo. Nel gravame ha dedotto i seguenti motivi.

L’assegnazione del dipendente alla Questura di Roma è avvenuta per inconfutabili esigenze di servizio, determinate dalla necessità di colmare la grave carenza d’Ispettori in tale sede (n. 470 su un organico di 889), a seguito della idoneità conseguita dal medesimo nella graduatoria del concorso riservato bandito con DD.MM. 4 settembre 1987 e 26 agosto 1989 per 1200 posti di vice ispettore, e della utilizzazione che di tale graduatoria è stata fatta ai sensi dell’art. 1, comma 5, del D.L. 18 gennaio 1992, n. 9, convertito in legge 28 febbraio 1992, n. 217. Si rivela perciò inesatta la tesi sostenuta dal Tribunale amministrativo, che non ha tenuto nel debito conto come l’assegnazione del dipendente a una nuova sede non sia stata conseguenza di una promozione per anzianità, ma della sua nomina a Vice Ispettore, a seguito della partecipazione a concorso, in relazione alle previsioni di organico dei singoli uffici. L’assegnazione peraltro – continua l’appellante - è avvenuta in modo coerente, secondo il piano di ripartizione di cui alla circolare del 6 agosto 1991. Donde l’errore in cui è incorso il giudice di primo grado che, nell’accogliere il dedotto difetto di motivazione, non ha rilevato che la nuova assegnazione di sede è stata disposta in perfetta aderenza allo spirito della legge n. 217 del 28 febbraio 1992, in attuazione di una potestà discrezionale correttamente utilizzata in relazione alle pressanti esigenze avvertite.

Il dipendente, peraltro, non ignorava che la partecipazione al concorso comportava l’esercizio di funzioni diverse dalle precedenti, e l’eventualità dell’assegnazione a sedi diverse. Al provvedimento, perciò, non possono attribuirsi intenti “coartatori”. Quanto alla lamentata considerazione della situazione familiare, è evidente che l’Amministrazione ne ha tenuto conto, destinando il dipendente a una sede geograficamente più vicina tra quelle che consentivano l’assorbimento dei Vice ispettori. E’ altresì palese che l’assegnazione disposta corrisponde al principio costituzionale di autorganizzazione degli uffici pubblici secondo legge, nel rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa.

Con atto depositato in data 14 dicembre 1994 si è costituito in giudizio l’appellato, osservando che poco prima la proposizione dell’appello l’Amministrazione, con decreto del Capo della Polizia in data 22 agosto 1994, ha annullato d’ufficio il provvedimento in contestazione, “in ottemperanza alla sentenza del TAR del Lazio, Sezione Staccata di Latina, n. 699/94 del 25 marzo 1994”. Lo spontaneo adempimento della sentenza, che sarebbe stata disposta dall’Amministrazione nell’esercizio del proprio potere di autotutela, avrebbe determinato acquiescenza alla decisione giurisdizionale, con conseguente inammissibilità del gravame. L’appello sarebbe comunque infondato, attesa la palese carenza di motivazione del provvedimento e la sicura inammissibilità del tentativo dell’Amministrazione di integrarla in sede giudiziale. In ogni caso, le indicazione date da questa sarebbero inesatte e lontane dalla realtà.

All'udienza del 27 gennaio 2004 la causa è stata assegnata in decisione.

D I R I T T O

Vanno presi in esame preliminarmente i rilievi con i quali l’appellato sostiene che il ricorso proposto in questa sede sia da ritenere inammissibile, avendo l’Amministrazione provveduto a dare spontaneo adempimento alla sentenza impugnata.

L’eccezione è infondata.

Dagli atti depositati in giudizio si rileva che a seguito della decisione di accoglimento del ricorso da parte del giudice di primo grado, il Capo della Polizia, riesaminando il provvedimento che aveva costituito oggetto di impugnazione, è pervenuto, con decreto del 22 agosto 1994, alla medesima decisione di trasferire, per esigenze di servizio, l’attuale appellato dal Commissariato di P.S. di Terracina alla Questura di Roma, evidenziando, altresì, che il dipendente non poteva più essere mantenuto presso tale Commissariato in quanto l’organico previsto per il personale del ruolo degli Ispettori era ampiamente coperto. Tale nuova determinazione è stata assunta dal suddetto organo, “in ottemperanza alla sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione Staccata di Latina”, previo annullamento del precedente trasferimento del 21 maggio 1992.

La nuova decisione - che ha confermato l’assegnazione del dipendente alla stessa sede di Roma in precedenza contestata – non è frutto di un’autonoma valutazione dell’Amministrazione, ma è stata da questa assunta in ottemperanza alla sentenza del Tribunale amministrativo che, accogliendo l’originario ricorso in relazione al dedotto difetto di motivazione, aveva altresì precisato che restava salva la facoltà dell’adozione di un nuovo provvedimento, purchè privo del vizio riscontrato in quella sede.

L’organo amministrativo si è attenuto quindi, nel rinnovare il provvedimento di trasferimento, semplicemente alle statuizioni contenute nella sentenza; e non è esatto che in tale circostanza abbia fatto uso del potere discrezionale di autotutela, essendosi limitato a dare attuazione alla decisione giurisdizionale, confermando il movimento disposto con la specificazione di più dettagliati motivi. La nuova decisione non può perciò determinare l’improcedibilità dell’appello. In effetti, anche se la mancata impugnazione del rinnovato atto di trasferimento può costituire indice della inconsistente permanenza, in capo all’originario ricorrente, di ogni interesse in ordine al movimento disposto, altrettanto non può dirsi per l’Amministrazione che ha proposto l’appello, non solo per l’interesse morale che la stessa certamente possiede a vedere riconosciuta la legittimità del proprio operato, ma anche per l’interesse concreto a evitare rivendicazioni di carattere risarcitorio eventualmente conseguenti al consolidamento della pronuncia di annullamento dell’originario atto di trasferimento.

Nel merito il gravame risulta fondato.

Il giudice di prime cure ha messo in evidenza che l’atto oggetto di impugnazione non poteva essere considerato provvedimento di assegnazione di sede a seguito di vincita di concorso, atteso che le stesse espressioni usate nel provvedimento si opponevano a una tale interpretazione. L’Amministrazione, infatti, dopo aver nominato il dipendente “Ispettore della Polizia di Stato a decorrere dal 10 giugno 1992”, e averlo invitato a presentarsi “presso la Scuola Allievi Agenti di Roma per la frequenza del Corso di aggiornamento”, aveva indicato, nella nota del 21 maggio 1992 - con cui è stato disposto il movimento - che “è stata disposta l’assegnazione dello stesso alla Questura di Roma ove pertanto il predetto è trasferito d’autorità”. L’uso di tale ultima locuzione, a parere del Tribunale amministrativo, altro non poteva significare se non che erano state utilizzate, nella circostanza, le regole del trasferimento e non quelle dell’assegnazione di sede a seguito di concorso.

Il rilievo del Tribunale trae spunto, in realtà, da una mera indicazione formale e non tiene conto di tutti gli altri elementi evidenziati nel provvedimento. Non tiene conto, in particolare, che la decisione di destinare il dipendente alla nuova sede costituiva diretta conseguenza della nomina alla superiore qualifica da lui conseguita a seguito del superamento del concorso a 1200 posti di Vice Ispettore. Nemmeno tiene conto che prima dell’assunzione delle nuove funzioni, il medesimo era obbligato a frequentare un corso d’aggiornamento, in diversa località, della durata di due mesi, come previsto dall’art. 14 del D.P.R. 24 aprile 1982, n. 336.

Si rileva, peraltro, che l’indicazione contenuta nel testo del provvedimento, secondo cui il dipendente “è trasferito d’autorità”, fa seguito alla proposizione con la quale l’Amministrazione aveva disposto “l’assegnazione dello stesso alla Questura di Roma . . .”. Né è stato trascurato di precisare, nello stesso atto, che il movimento veniva disposto a seguito della vincita del concorso a posti di Vice Ispettore della Polizia di Stato.

E’ parere del Collegio che attraverso tali elementi l’atto in questione debba essere interpretato come provvedimento di nuova assegnazione di sede, in considerazione della nuova qualifica funzionale acquisita dall’interessato, e non come atto di trasferimento, che presuppone, com’è noto, lo spostamento di un dipendente da una sede all’altra in posti aventi identica posizione funzionale.

Si appalesano perciò esatti i rilievi svolti dall’appellante, la quale sostiene di aver dato esauriente contezza nel suo provvedimento degli specifici motivi che avevano determinato lo spostamento del dipendente in altra sede; ed ha errato il primo giudice nel ritenere che l’atto mancava di una sufficiente motivazione.

In ordine all’individuazione della sede di nuova destinazione, l’Amministrazione si è richiamata agli atti del procedimento, osservando che la disposizione è stata determinata dalle carenze d’organico degli Ispettori avvertite nelle diverse sedi, e dalla posizione occupata dall’interessato nella graduatoria del concorso. Il che è sufficiente a giustificare l’adozione dell’atto.

Quanto alle condizioni personali e familiari - che secondo i rilievi del dipendente non sarebbero state considerate - deve ricordarsi che queste non possono divenire prevalenti rispetto alle ragioni organizzative ed operative dell’Amministrazione (Cons. St., Sez. IV, n. 677 del 7.7.1992). In ogni caso, tenuto conto della collocazione geografica della nuova sede rispetto a quella precedentemente occupata, appare evidente che le situazioni esposte dal dipendente non siano state ignorate nella circostanza.

Per le esposte considerazioni l’appello si appalesa fondato e merita di essere accolto.

Le spese seguono la regola generale della soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso specificato in epigrafe, accoglie l’appello, e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Condanna lattuale appellato a pagare in favore dellAmministrazione appellante le spese del doppio grado di giudizio, che liquida complessivamente in 5.000,00 (cinquemila/00), di cui 2.000,00 (duemila/00), per il primo grado, e 3.000,00 (tremila/00) per il secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 27 gennaio 2004, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio con l’intervento dei seguenti signori:

Stenio RICCIO     Presidente

Costantino SALVATORE   Consigliere

Dedi RULLI      Consigliere

Giuseppe CARINCI    Consigliere est.

Vito POLI      Consigliere

         L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE      Giuseppe Carinci    Stenio Riccio

                              IL SEGRETARIO

Maria Grazia Nusca

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

15 giugno 2004

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

     Il Dirigente

     Giuseppe Testa