REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato
la seguente
DECISIONE
sui ricorsi in appello nn. 15/1999 e 5385/2002, proposti da F. Andrea,
rappresentato e difeso dall’avv.to Giuseppe Castellaneta ed elettivamente
domiciliato in Roma, Via SS Quarto, n. 56, presso lo studio dell’avv.to
Raffaele Losardo;
contro
- l’Ente Poste Italiane, ora Poste Italiane S.p.a., costituitasi in giudizio,
rappresentata e difesa dall’avv.to Luigi Fiorillo, con domicilio eletto presso
lo stesso in Roma, via Plinio, n. 21;
- il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, ora delle Comunicazioni,
in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
Generale dello Stato ed elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi
n. 12;
per l'annullamento
- quanto al ricorso n. 15/1999 della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sez.
I^, n. 612/98 pubblicata il 23.07.1998;
- quanto al ricorso n.5385/2002 della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sez.
I^, n. 2350/2001 pubblicata il 12.06.2001;
Visti i ricorsi ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Poste Italiane S.p.a. e del
Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista la memoria prodotta dalle Poste Italiane S.p.a. a sostegno della propria
difesa;
Nominato relatore per la pubblica udienza del 20 gennaio 2004 il Consigliere
Polito Bruno Rosario;
Uditi per le parti gli avvocati difensori come da verbale di udienza;
FATTO
Con sentenza n. 612/98, pubblicata il 23.07.1998, il T.A.R. per la Puglia,
Sez. I^, respingeva il ricorso proposto dal sig. F.A. avverso il provvedimento
dell’Amministrazione delle Poste Italiane n. prot. 1/AAGG/1281/TRZ del
31.01.1989, recante il diniego di riconoscimento dell’equo indennizzo per
infermità riconosciuta dipendente dal servizio sul rilievo dell’avvenuta
presentazione della domanda di concessione del predetto beneficio economico
una volta decorsi “i termini previsti dall’art. 36 del d.P.R. 03.05.1957, n.
686”.
Avverso detta sentenza il F. ha proposto ricorso in appello notificato il
12.12.1998 e ne ha censurato i capi di decisione perché in contrasto con
quanto previsto dall’art 51 del d.P.R. n. 686/1957, circa la decorrenza del
termine per la presentazione della domanda di concessione dell’equo indennizzo
una volta emesso il decreto che accerta il nesso di causalità fra la malattia
e la prestazione lavorativa resa.
Sottolinea, inoltre, la tempestività della domanda intesa ad ottenere i
riconoscimento della causa di servizio, poiché solo in data 29.11.1982, a
seguito di visita specialistica, ha acquisito conoscenza della patologia in
atto imputabile all’attività di servizio.
Con successiva sentenza n. 2350/2001 pubblicata il 12.06.2001 il T.A.R. per la
Puglia, Sez. I^, respingeva altro ricorso proposto dal sig. F. teso ad
ottenere l’annullamento del decreto del Ministero delle Poste e delle
Telecomunicazioni emesso il 15.07.1988, di riconoscimento della dipendenza da
causa di servizio dell’infermità “grave nevrosi marginale con manifestazioni
fobiche ossessive ed ipocondriache; in atto sindrome dissociativa”, nella
parte in cui dichiarava che l’istanza di riconoscimento della causa di
servizio “era stata prodotta oltre i termini previsti dall’art. 36 del d.P.R.
03.05.1957, n. 686”.
Avverso detta decisione il F. si è gravato avanti al Consiglio di Stato con il
ricorso rubricato al n. 5385/2002 ed ha rinnovato motivi di illegittimità
della statuizione oggetto di contestazione per erronea e falsa applicazione
dell’art. 36 del d.P.R. n. 686/1957, chiedendo l’annullamento e riforma della
sentenza impugnata.
In entrambi i ricorsi si è costituita il giudizio la S.p.a. Poste Italiane ed
ha contrastato in memoria i motivi dedotti concludendo per il rigetto delle
impugnative.
All’udienza del 20 gennaio 2004 i ricorsi sono stati trattenuti per la
decisione.
DIRITTO
1) Per il rapporto di connessione soggettiva ed oggettiva va disposta la
riunione dei ricorsi per la contestuale decisione.
2) Per ragioni di evidente pregiudizialità va preliminarmente esaminato il
ricorso rubricato al n. 5385/2002.
L’appello merita accoglimento.
L’art. 36 del d.P.R. 03.05.1957, n. 686, stabilisce che “l’impiegato che abbia
contratto infermità per farne accertare l’eventuale dipendenza da causa di
servizio deve, entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l’evento
dannoso, presentare domanda scritta all’amministrazione dalla quale
direttamente dipende, indicando specificamente la natura dell’infermità, le
circostanze che vi concorsero, le cause che la produssero e, ove possibile, le
conseguenze sull’integrità fisica”. Pertanto, se in presenza di taluni eventi
connessi al servizio la loro incidenza sull’integrità fisica è di immediata
percezione da parte del pubblico dipendente - come nei casi di traumatismo
avvenuto in servizio ed in dipendenza delle mansioni esercitate; degli
infortuni c.d. “in itinere”; delle malattie c.d. professionali, perché
ordinariamente indotte dall’adibizione a specifiche lavorazioni o dall’impiego
in compiti notoriamente usuranti - non sempre alla percezione dello stato di
malattia e di disagio fisico si riconnette la consapevolezza del nesso
eziologico fra l’infermità e la prestazione lavorativa resa.
Tale ultimo elemento di carattere soggettivo non è, invero, irrilevante ai
fini del decorso del termine semestrale per la denunzia all’Amministrazione
dell’evento dannoso, poiché l’art. 36, primo comma, del d.P.R. n. 686/1957 in
precedenza menzionato pone a carico del pubblico dipendente, in sede di
presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza della malattia
dal servizio, lo specifico onere di indicare “le circostanze che vi concorsero
e le cause che la produssero” aspetti che, come in precedenza esposto, non
emergono nell’immediato in presenza di talune patologie.
La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che il termine di
cui all’art. 36 del d.P.R. n. 686/1957 inizia decorrere dal momento in cui il
dipendente abbia acquisito la conoscenza che il danno all’integrità fisica è
derivato da fatti inerenti al servizio, non essendo sufficiente la mera
percezione dello stato di malattia, ma l’acquisita consapevolezza della sua
gravità e della sua possibile dipendenza da causa di servizio, così
valorizzando il momento della percezione intellettiva della malattia in
connessione con le sue cause invalidanti (C.di.S. Sez. VI^, n. 435 del
14.04.1999, n. 435; IV^, 20.07.1998, n. 1096; Cons. Giust. Sic. n. 49 del
25.02.1999).
Il su riferito orientamento giurisprudenziale si configura tanto più valido i
presenza di patologie afferenti alla sfera psichica del pubblico dipendente.
La c.d. anormalità psichica, che già sul piano diagnostico della sua
insorgenza non trova fra i clinici e ricercatori unanimità di consensi, pone
problemi di non univoca soluzione nell’individuazione delle cause scatenanti
che possono ascriversi alla struttura biologica o psichica dell’individuo o a
condizioni ambientali afferenti alla vita di relazione ed affettiva del
soggetto.
Applicando i su riferiti criteri è agevole rilevare che, se dalla
documentazione versata in giudizio emerge che i disturbi afferenti alla sfera
psichica del ricorrente, con svariati effetti sulle sue condizioni fisiche e
sulla stessa vita di relazione e lavorativa, erano risalenti nel tempo, in
nessuno dei referti diagnostici detta patologia è ricondotta sotto il profilo
causale all’attività di servizio resa alle dipendenze dell’Amministrazione
delle Poste e delle Telecomunicazioni. Solo a seguito della visita
specialistica cui il F. si sottopose in data 28.11.1982, dopo una completa
anamnesi remota e recente, estesa anche agli stretti familiari, e la
ricostruzione dell’intera storia clinica del paziente, la sindrome
riscontrata, qualificata “grave nevrosi marginale con manifestazioni fobico
ossessive ed ipocondriache, spurie ad andamento irreversibile con notevole
alterazione del tono, dell’attenzione affettiva, dei sentimenti, del
comportamento e della volontà”, viene ricondotta nella sua eziologia al
servizio reso con mansioni di fattorino nella città di Milano, ritenuto idoneo
per le sue modalità di espletamento nell’ambito di quel contesto urbano e per
l’esposizione ad una pluralità di disagi, ad assumere un ruolo causale
efficiente nell’insorgenza della malattia.
Prima del rilascio di detto referto medico nessun onere di produzione della
domanda di riconoscimento della causa di servizio appare ragionevolmente
esigibile da parte del ricorrente che, sia per la condizione di disagio
psichico in cui versava, sia per l’evidente inettitudine a svolgere un’autodiagnosi
del male da cui era affetto, non era certo in condizione di individuare le
cause ambientali genetiche del disturbo psichico.
Il ricorso in appello rubricato al n. 5385/2002 va quindi accolto e, in
riforma della sentenza impugnata, il decreto direttoriale del 15.07.1988 va
annullato nella parte in cui dichiara che l’istanza di riconoscimento della
causa di servizio “era stata prodotta oltre i termini previsti dall’art. 36
del d.P.R. 03.05.1957, n. 686”.
L’invalidità in parte “de qua” del predetto provvedimento del 15.07.1988 si
riflette in via derivata sulla determinazione dell’Amministrazione delle Poste
Italiane n. prot. 1/AAGG/1281/TRZ del 31.01.1989, che ha negato di
riconoscimento dell’equo indennizzo per infermità “grave nevrosi marginale con
manifestazioni fobiche ossessive ed ipocondriache: in atto sindrome
dissociativa” sull’unico presupposto della tardiva presentazione della domanda
di riconoscimento della causa di servizio, di cui innanzi è stata dichiarata
l’illegittimità. Anche il ricorso in appello rubricato al n. 15/1999 merita
quindi accoglimento.
Le spese e gli onorari possono essere compensate fra le parti per tutti e due
i gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione VI^, accoglie entrambi
i ricorsi in appello proposti da F. Andrea e, in riforma delle sentenze
impugnate, annulla i provvedimenti impugnati in data 15.07.1988, in parte “de
qua”, e 31.01.1989.
Compensa fra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 gennaio 2004 con
l’intervento dei seguenti magistrati:
Sergio SANTORO Presidente f.f.;
Luigi MARUOTTI Consigliere;
Carmine VOLPE Consigliere;
Lanfranco BALUCANI Consigliere;
Bruno Rosario POLITO Consigliere Est.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, con la decisione n. 1310 del 15 marzo 2004, precisando che non è sufficiente la mera percezione dello stato di malattia, ma l’acquisita consapevolezza della sua gravità e della sua possibile dipendenza da causa di servizio, così valorizzando il momento della percezione intellettiva della malattia in connessione con le sue cause invalidanti.