R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.1474/2004

Reg. Dec.

N. 3546 Reg. Ric.

Anno 1996

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso N.R.G. 3546/1996, proposto dal sig. ************, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Pirocchi e Emanuele Bracaglia, presso lo studio del primo elettivamente domiciliato in Roma, Largo T. Solera 7/10;

contro

Il Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato ed ex lege domiciliato in Roma Via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

   della sentenza del T.A.R. Lazio – Sez. I ter 26.1.1995 n. 1744;

   Visto il ricorso con i relativi allegati;

   Visto l’atto di costituzione dell’Amministrazione;

   Visti gli atti tutti della causa;

   Relatore alla pubblica Udienza del 21 novembre 2003 il Consigliere Antonino Anastasi; nessuno è comparso per le parti;

   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

L’odierno appellante, all’epoca agente della Polizia di Stato, ha impugnato avanti al TAR del Lazio il provvedimento ministeriale n. 813 del 18.7.1991 col quale è stata respinta per intempestività la domanda da lui presentata al fine di ottenere la corresponsione dell’equo indennizzo per la menomazione fisica derivante dall’infermità “ulcera duodenale” da cui è affetto e che fu riconosciuta dipendente da causa di servizio dalla CMO di Roma con p.v. 3261 del 21.7.1983.

A sostegno dell’impugnativa l’interessato ha dedotto in primo luogo l’eccesso di potere per contraddittorietà, avendo l’Amministrazione riconosciuto la dipendenza dell’infermità da causa di servizio all’esito di un procedimento promosso d’ufficio e conclusosi solo con l’emissione del citato parere della Commissione di prima istanza.

In secondo luogo il ricorrente ha dedotto la violazione di legge, osservando come dalla pregressa insorgenza di sintomi generici non fosse possibile dedurre il concreto stabilizzarsi dell’infermità.

Infine, deducendo ancora la violazione di legge, l’agente ha osservato che proprio l’Amministrazione, dopo aver riconosciuto la dipendenza, lo ha sollecitato a produrre quella domanda che è stata poi invece giudicata intempestiva.

La sentenza in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale ha respinto il ricorso, è impugnata con l’appello in esame dal sig. *********il quale torna a dedurre motivi di doglianza analoghi a quelli versati in primo grado.

Si è costituita l’Amministrazione, insistendo per il rigetto dell’appello.

All’udienza del 21 novembre 2003 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello non è fondato.

Con il primo motivo di appello l’appellante torna a dedurre l’impossibilità per l’Amministrazione di eccepire (in sede di procedimento finalizzato alla concessione dell’equo indennizzo) l’intempestività della pregressa domanda di riconoscimento, nel caso in cui il procedimento per il riconoscimento della causa di servizio sia stato attivato d’ufficio.

Con il secondo motivo l’appellante osserva che la contraddittorietà delle diagnosi formulate dagli organi sanitari nei suoi confronti gli ha reso impossibile – prima della definitiva pronuncia della CMO - la percezione del radicarsi dell’infermità e delle relative conseguenze invalidanti.

Con il terzo motivo l’appellante deduce di aver proposto domanda per la concessione dell’equo indennizzo nel rispetto dei termini specificamente imposti dalla normativa di riferimento.

I mezzi, che possono essere congiuntamente esaminati, non risultano fondati.

Al riguardo va intanto chiarito che, come risulta dagli atti, il procedimento per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “ulcera duodenale” dalla quale era all’epoca affetto l’appellante non risulta attivato d’ufficio ma su istanza di parte, presentata il 24.2.1981.

Ne deriva che la pratica riguardante l’agente scelto ******** è stata sottoposta alla CMO non d’ufficio, e cioè per autonoma iniziativa dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 36 comma secondo del DPR 3.5.1957 n. 686, ma su domanda dell’interessato, ai sensi del comma primo dell’art. 36 ora citato.

Tanto chiarito, deve ricordarsi che, ai sensi dell’art. 77 del DPR 24.4.1982 n. 335, per l’accertamento della dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte dal personale della Polizia di Stato devono applicarsi le disposizioni riguardanti il disciolto Corpo della Guardie di Pubblica Sicurezza e dunque il Regolamento approvato con RD 15.4.1928 n. 1024.

Ora l’art. 3 di tale regolamento prevede espressamente che la domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità va presentata dal dipendente entro il termine (perentorio) di sei mesi dal verificarsi dell'evento dannoso o dalla piena conoscenza dell'infermità.

Analogamente, come è noto, anche il citato art. 36 D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 - nella formulazione antecedente alla sua abrogazione intervenuta con D.P.R. 20 aprile 1994 n. 349 - subordina al termine di sei mesi la presentazione della domanda del dipendente diretta ad ottenere il riconoscimento della causa di servizio.

Ai fini della individuazione del momento dal quale far decorrere il suddetto termine semestrale (che, ripetesi, ha natura perentoria) la giurisprudenza ha chiarito come si dovesse valorizzare il momento di percezione intellettiva della malattia e delle sue cause invalidanti da parte del lavoratore: in base a tale assunto, è consolidato il principio per cui l'individuazione del dies a quo per la presentazione della domanda di riconoscimento va operata con riferimento non tanto a un dato della realtà oggettivamente noto o conoscibile come è l'infermità in sé considerata, quanto a un rapporto fra l'infermità stessa e il soggetto portatore, privilegiando l'aspetto conoscitivo di quest'ultimo, rispetto al quale vengono in evidenza la conoscenza della natura della malattia, delle cause che vi concorsero e delle cause che la produssero cosi da fornire al dipendente la percezione, in concreto, della gravità del male (fra le tante VI Sez. 9.5.2000 n. 2678).

Peraltro, è evidente che il riscontro di cui sopra va operato alla stregua di criteri di normalità, in base ai quali da un lato si può escludere che la conoscenza dell’instaurarsi di minori patologie comporti de plano la consapevolezza dell’esistenza di una infermità di cui queste costituiscano un mero antecedente sul piano clinico; dall’altro, però, si deve riconoscere che, nel caso dell’ulcera, dalla diagnosi dell’infermità discende normalmente la cognizione della patologia instauratasi e degli effetti invalidanti ad essa collegati.

In sostanza nel caso in esame, proprio applicando il criterio della normale esigibilità, è da ritenere che l’interessato avesse acquisito, al più tardi al momento della inequivoca diagnosi formulata a seguito di ricovero presso l’Ospedale militare di Roma e riportata nel foglio matricolare alla data del 20.7.1979, nozione chiara e sufficientemente esaustiva della infermità da lui patita e della natura invalidante della stessa, risultando perciò impossibile differire il dies a quo a data successiva.

Non appare perciò possibile seguire l’appellante laddove afferma che solo con il verbale della CMO egli ha acquisito conoscenza del cronicizzarsi dell’infermità in questione e delle limitazioni che gli esiti della stessa gli avrebbero nel futuro imposto, in quanto – a giudizio del Collegio – la consapevolezza piena dell’infermità e del carattere invalidante della stessa deve farsi ragionevolmente risalire ad epoca anteriore.

Una volta accertata la tardività della domanda di riconoscimento, deve altresì rilevarsi che l’Amministrazione conservava – anche nell’ambito del diverso procedimento finalizzato alla concessione dell’equo indennizzo – la facoltà di proporre la relativa eccezione.

Infatti – secondo l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, dal quale il Collegio non ritiene di doversi discostare - il rispetto del termine di sei mesi dalla data di comunicazione del decreto di riconoscimento della dipendenza della menomazione da causa di servizio non è per sé stesso sufficiente al fine di conseguire il titolo al beneficio dell'equo indennizzo, occorrendo al riguardo anche la previa osservanza del termine di cui al citato art. 36 per la tempestiva denuncia dell'infermità. (cfr. Csi. 25.3.1999 n. 122 nonchè III Sez. 12.5.1992 n. 461 e II Sez. 30.3.1994 n. 1295).

In sostanza, la concessione dell’equo indennizzo è subordinata alla presentazione di apposita domanda entro il termine previsto dalla legge e decorrente dal riconoscimento, solo se a sua volta il predetto riconoscimento sia stato tempestivamente richiesto: mentre, nel caso in esame, l’interessato ha rispettato il secondo termine (quello per la richiesta dell’equo indennizzo) ma non il primo (quello per il riconoscimento della dipendenza)

Ne risulta che correttamente l’Amministrazione, in sede di procedimento per la concessione dell’equo indennizzo, ha rilevato la preclusione discendente, ai sensi dell’art. 3 RD 1.4.1928 n. 1024, dalla tardiva presentazione della domanda di riconoscimento.

Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello va perciò respinto.

Si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

   Spese del grado compensate.

   Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

   Così deciso in Roma il 21 novembre 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori:

   Livia BARBERIO CORSETTI            Presidente, f.f.

      Filippo PATRONI GRIFFI                   Consigliere

   Antonino ANASTASI, estensore   Consigliere

   Aldo SCOLA       Consigliere

   Anna LEONI      Consigliere

      L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE 
 

IL SEGRETARIO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23.3.2004

(art. 55, L. 27.4.1982, 186)

     Il Dirigente