REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4742 del 1997 proposto dall’AZIENDA UNITA' SANITARIA
LOCALE di TERAMO (già ULSS di Atri) in persona del Direttore Generale, nelle
funzioni di Commissario liquidatore della ex Ulss di Atri, rappresentata e
difesa dall'avv. Fortunato Nicola Mattucci ed elettivamente domiciliata in
Roma, Piazza Mazzini n. 8, presso lo studio dell'avv. Giuseppe Crimi,
contro
G.P., rappresentato e difeso dall’avv. Marcello Russo ed elettivamente
domiciliato in Roma, Piazza Acilia n. 4, presso l’avv. Alessia Alesii (studio
dell’avv. Antonio Funari),
e nei confronti
della Regione Abruzzo, non costituita in giudizio,
per l'annullamento
della sentenza n. 36 in data 10 febbraio 1997 pronunciata tra le parti dal
Tribunale Amministrativo Regionale per L’Abruzzo, L’Aquila;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio e di appello incidentale
dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Udito alla pubblica udienza del 9 dicembre 2003 l’avv. Chierrone per delega
dell’avv. Russo;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso in data 16 maggio 1991, Perfetti Giuseppe impugnava dinanzi al
Tribunale Amministrativo Regionale per L’Abruzzo, L’Aquila, la decisione n.
210 datata 26 febbraio 1991 del Comitato Regionale di Controllo - L'Aquila,
con la quale era stata annullata la deliberazione n. 1355 datata 6 dicembre
1990 del Comitato di Gestione della Unità Lovale Socio Sanitaria di Atri
avente ad oggetto: "Rag. Perfetti, Assistente Amministrativo di ruolo. Presa
d'atto della relazione in merito alle mansioni svolte". Chiedeva, nel
contempo, il riconoscimento dei propri diritti patrimoniali e la
corresponsione delle differenze retributive per avere svolto le funzioni di
collaboratore direttivo dal 2 giugno 1971 al 10 marzo 1989, anzichè quelle di
assistente amministrativo.
Il T.A.R. ha accolto le domande con sentenza n. 36 in data 10 febbraio 1997,
di cui si chiede la riforma con l’appello in epigrafe.
Il gravame si fonda sui seguenti motivi:
1) - la sentenza è carente di motivazione in ordine alle eccezioni di mancanza
di interesse del ricorrente e di inammissibilità ed improcedibilità del
ricorso, sollevate dall’Amministrazioen resistente;
2) - manca la formale attribuzione delle funzioni superiori e manca del tutto
la prova del loro effettivo svolgimento e dell’esistenza del posto vacante;
3) - riguardo all’eccepita prescrizione del credito, manca la prova
dell'esistenza di idonei atti di messa in mora.
Si è costituito in giudizio l’appellato, il quale ha controdedotto al gravame,
proponendo, altresì, appello incidentale condizionato. Ha concluso chiedendo
che sia respinto l’appello principale, sia accolto l’incidentale e, per
l’effetto, sia integralmente accolta la domanda avanzata in primo grado. Con
la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese e competenze del
doppio grado di giudizio.
La causa è stata trattata all’udienza pubblica del 9 dicembre 2003, nella
quale, sentito il difensore presente, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
Con l’impugnata sentenza il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo,
L’Aquila, ha accolto in parte il ricorso proposto dall’attuale appellato, già
dipendente dell’Unità Locale Socio Sanitaria di Atri. Ha annullato, per
l’effetto, la decisione del Comitato regionale di controllo di L’Aquila n. 210
del 26 febbraio 1991, recante annullamento della deliberazione n. 1355 datata
6 dicembre 1990 del Comitato di Gestione della U.l.s.s.. Ha, inoltre,
riconosciuto il diritto del ricorrente alle differenze stipendiali tra il
livello di appartemenza e quello superiore di collaboratore amministrativo per
il periodo 1 luglio 1981 - 10 marzo 1989, oltre rivalutazione monetaria ed
interessi legali, esclusi i periodi di congedo ordinario e straordinario.
Di siffatta pronuncia l’Amministrazione contesta la correttezza adducendo la
mancata pronuncia sulle sollevate eccezioni di difetto d’interesse del
ricorrente e d’inammissibilità ed improcedibilità del ricorso e, nel merito,
l’inesistenza di una formale attribuzione delle funzioni superiori, del cui
effettivo svolgimento su posto vacante l’interessato non ha, comunque, dato
idonea prova. Non sarebbe stata, infine, dimostrata l’esistenza di idonei atti
interruttivi della prescrizione del credito vantato.
L’appello è fondato.
E’ incontroverso, nel caso in esame, che nel periodo per il quale sono
reclamate le differenze stipendiali per esercizio di mansioni superiori,
queste non risultano attribuite all’appellato con il necessario provvedimento
formale, adottato dall’organo competente. Cosicché, anche quando si fosse
raggiunta la piena prova dello svolgimento di tali mansioni - cosa che
l’Amministrazione appellante recisamente contesta - si tratterebbe di
esercizio di mero fatto.
Non v’è ragione, allora, di discostarsi dal costante indirizzo
giurisprudenziale, secondo il quale, anche in campo sanitario, lo svolgimento
in via di fatto di mansioni superiori da parte del personale amministrativo è
di regola giuridicamente irrilevante sia ai fini economici sia ai fini della
progressione di carriera. Ciò in quanto l'attribuzione delle mansioni e del
correlativo trattamento economico devono avere il loro presupposto
indefettibile nel provvedimento di inquadramento.
Di qui l’irrilevanza, altresì, di atti ricognitivi postumi (cfr., tra molte,
Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2000 n. 941), quale potrebbe essere
qualificata, nel caso di specie, la deliberazione annullata con il
provvedimento tutorio impugnato.
La radicale infondatezza della pretesa fatta valere dall’originario
ricorrente, che dall’applicazione dei riferiti principi consegue, comporta che
l’appello principale debba essere accolto.
Per le stesse ragioni, peraltro, va respinto l’appello incidentale, con il
quale l’appellato si duole che erroneamente il giudice di primo grado abbia
limitato nel tempo il riconoscimento del diritto agli emolumenti in questione,
avendo ritenuto necessario e, in concreto, inesistente il posto in pianta
organica corrispondente alle mansioni asseritamente svolte; che non abbia
fatto applicazione dellla prescrizione decennale; e che non abbia ammesso i
mezzi di prova (prova testimoniale e giuramento suppletorio) richiesti.
L’appello principale va, pertanto, accolto e, per l’effetto, in riforma della
sentenza impugnata, il ricorso proposto in primo grado deve essere respinto.
Merita di essere respinto l’appello incidentale.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa spese e
competenze di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie
l’appello principale e respinge quello incidentale; per l’effetto, in riforma
della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado.
Compensa tra le parti spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Quinta, nella camera di consiglio del 9 dicembre 2003 con l'intervento dei
Signori:
Alfonso Quaranta - Presidente
Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.
Goffredo Zaccardi - Consigliere
Claudio Marchitiello - Consigliere
Marzio Branca - Consigliere
L’ESTENSORE
F.to Corrado Allegretta
IL PRESIDENTE
F.to Alfonso Quaranta
IL SEGRETARIO
F.to Francesco Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29 marzo 2004
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale