N. 3052/2004

Reg. Dec.

N. 7868 Reg. Ric.

Anno 1996 
 

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 7868 del 1996 proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è ex lege domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

c o n t r o

la dr.ssa ********, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gabriele Letizia e Paolo Vecchioli presso il cui studio è elettivamente domiciliata, in Roma, via Caio Mario, n. 8;

per l'annullamento

della sentenza n. 44 del 1° marzo 1996, resa inter partes dal Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Relatore alla pubblica udienza del 25 novembre 2003 il Consigliere Dedi Rulli;

Uditi l'Avvocato dello Stato D’Elia per il Ministero dell’Interno e l'Avv. A. Angeletti su delega dell’Avv. Paolo Vecchioli per la dr.ssa ********

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo per l’Abruzzo la sig.ra **********, Vice-ispettore della Polizia di Stato, chiedeva l’annullamento della deliberazione della Commissione del personale ruolo ispettori, con la quale era stata esclusa dagli scrutini per la promozione alla qualifica superiore riferiti alle date del 30 giugno e 31 dicembre 1994, perché in precedenza sospesa dal servizio.

Il Tribunale adito accoglieva il gravame sul rilievo che la disposizione di cui l’Amministrazione aveva inteso fare applicazione (art. 93 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3) non era idonea a disciplinare la fattispecie in esame atteso che, alla data degli scrutini, l’interessata era stata riammessa in servizio.

Con atto notificato in data 28 settembre 1996 l’Amministrazione ha proposto appello avverso la predetta decisione ritenendola erronea e lesiva dei propri interessi.

In particolare l’Avvocatura Generale dello Stato afferma che il predetto art. 93 del T.U. n. 57 non prevede espressamente che lo stato di sospensione dal servizio sia attuale, ma riguarderebbe anche il dipendente non più sospeso dal servizio la cui posizione (penale e disciplinare) non risulti ancora chiarita.

E l’interpretazione fornita dal giudice di primo grado apparirebbe oltremodo restrittiva ed avulsa dal ben più ampio quadro normativo in cui si colloca la detta disposizione; a sostegno richiama i successivi articoli dello stesso decreto (gli artt. 94 e 96), nonché l’art. 6 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, e l’art. 61 del D.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, norme, queste, poste sia in favore dell’Amministrazione alla quale è consentito di escludere dagli scrutini di promozione il dipendente interessato da un provvedimento di sospensione dal servizio, sia in favore del dipendente al quale assicura di ottenere, comunque, la promozione a suo tempo “congelata” nel momento in cui la sua posizione sia definitivamente chiarita.

L’Amministrazione conclude, quindi, chiedendo l’annullamento della decisione impugnata.

Per resistere al giudizio si è costituita la sig.ra ****** la quale, nell’atto di costituzione e nella successiva memoria difensiva, dopo aver precisato che, al momento delle promozioni, era stata riammessa in servizio, sostiene come il giudice di primo grado abbia correttamente interpretato la disposizione in argomento, e la irrilevanza delle ulteriori norme ricordate nell’atto di appello che attengono a ben diverse ipotesi.

L’appellata conclude per la reiezione del gravame e la conferma della sentenza impugnata.

Alla pubblica udienza del 25 novembre 2003, su richiesta dei difensori delle parti, la controversia è stata spedita in decisione.

D I R I T T O

1. Con la decisione in epigrafe, il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo ha accolto il ricorso proposto dalla sig.ra ******* avverso i provvedimenti con i quali l’Amministrazione la aveva esclusa dagli scrutini per la promozione alla qualifica superiore (riferiti alle date del 30 giugno e 31 dicembre 1994), ai sensi dell’art. 93, primo comma, o - in via analogica - del secondo comma del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, perché l’interessata era stata sospesa cautelarmene dal servizio in connessione con un procedimento penale instaurato a suo carico presso il Tribunale di *****.

La decisione di accoglimento qui contestata dall’Amministrazione dell’Interno muove dal rilievo sostanziale che la disposizione in esame attiene esclusivamente ai dipendenti in atto sospesi da servizio, né l’interessata è stata successivamente sottoposta a procedimento disciplinare.

2. Le argomentazioni e le conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di primo grado appaiono al Collegio pienamente condivisibili, non essendo sufficienti, per giungere ad opposte conclusioni, le tesi argomentative sviluppate nell’atto di appello a sostegno della erroneità della decisione impugnata.

Giova preliminarmente precisare in punto di fatto che alla dr.ssa ******, con provvedimento del Tribunale di L’Aquila del 9 giugno 1993, venive applicata la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio delle funzioni per un periodo di mesi sei. Nello stesso tempo interveniva il provvedimento ministeriale di sospensione dal servizio per identico periodo temporale.

Con successivo decreto del 21 giugno 1993, a seguito di rettifica dell’ordinanza del G.I.P. relativamente alla durata della misura interdittiva (ridotta a mesi due), si disponeva analoga riduzione dl provvedimento di sospensione dal servizio e, alla scadenza dei due mesi, con successivo decreto del 9 agosto 1993, l’interessata era riammessa in servizio, così che, alla data degli scrutini, la stessa non era più in posizione di dipendente sospeso dal servizio.

3. In tale quadro fattuale di riferimento, il Collegio ritiene che sia esatta la affermata inapplicabilità dell'art. 93 del D.P.R. n. 3 del 1957 concernente l'esclusione dagli esami e dagli scrutini di promozione, sostenuta dal T.A.R., non potendo condividersi l’opposta interpretazione seguita dall'Amministrazione secondo cui la detta esclusione riguarderebbe non solo gli impiegati in atto sospesi dal servizio ai sensi dei precedenti artt. 91 e 92 dello stesso D.P.R., ma anche quelli già sospesi cautelarmente dal servizio, la cui situazione sul piano penale e disciplinare non sia stata ancora definita.

Trattasi, infatti, di disposizione la cui formulazione letterale è estremamente chiara e che, per la natura degli effetti fortemente limitativi dello stato giuridico del dipendente, non appare suscettibile di interpretazione estensiva.

D'altra parte l'Amministrazione ben poteva mantenere la misura cautelare della sospensione facoltativa dal servizio originariamente disposta ai sensi dell'art. 92 del D.P.R. n. 3 del 1957, a seguito dell'avvio di un procedimento penale nei confronti della dipendente, anziché riammetterla in servizio: se ha provveduto in tal senso, lo ha fatto ritenendo che non ricorressero i presupposti per protrarre la sospensione cautelare nei termini di cui agli artt. 9 del D.P.R. n. 737 del 1981 e del D.P.R. n. 3 del 1957.

E non ha senso affermare che la sospensione cautelare è stata revocata ex nunc, fatti salvi gli effetti nel frattempo prodottisi con espressa riserva di riesaminarli a conclusione della vicenda disciplinare e processuale: tra questi effetti non era infatti ricompresa l'esclusione dallo scrutinio di promozione, disposta successivamente in costanza di riammissione in servizio, oltre tutto a distanza di ben due anni dalla stessa revoca della sospensione cautelare.

D’altra parte nessuna delle disposizioni richiamate dall'Amministrazione al fine di giustificare, sul piano sistematico, l'interpretazione estensiva dell'art. 93 del D.P.R. n. 3 del 1957 può ritenersi decisiva in tal senso: non lo è innanzitutto la disposizione di garanzia (art. 95 del citato D.P.R.) che prevede, a favore dell'impiegato prosciolto o che abbia subito la più lieve delle sanzioni disciplinari, l'ammissione agli esami e agli scrutini con effetto retroattivo, anche in soprannumero, dell'eventuale promozione dalla data dello scrutinio dal quale era stato escluso, ma non per questo può imporre o consentire esclusioni in casi non espressamente previsti; non lo sono neppure la disposizione (art. 96 del medesimo D.P.R.) che prevede la decorrenza dell'eventuale sanzione della sospensione dalla qualifica dalla data della sospensione cautelare disposta a carico del dipendente, con conseguente computo di quest'ultima nella sanzione, né la disposizione (art. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981) in forza della quale la sanzione della sospensione dal servizio comporta una corrispondente perdita dell'anzianità nonché il ritardo di due o tre anni nella promozione, né infine la disposizione (art. 61 del D.P.R. 24 aprile 1982 n. 335) che non ammette a scrutinio il personale che nei tre anni precedenti abbia riportato sanzioni più gravi della deplorazione, disposizioni tutte che presuppongono l'irrogazione di una sanzione disciplinare e che sono comunque in grado di produrre gli effetti loro propri allorché il procedimento disciplinare potrà essere concluso.

In senso decisamente contrario depone infine il comma 2 dell'art. 93 del D.P.R. n. 3 del 1957, secondo cui, in assenza di sospensione cautelare dal servizio, solo il Ministro, sentito il consiglio di amministrazione, può escludere l'impiegato dall'esame o dallo scrutinio allorché lui stesso è stato deferito al giudizio della commissione di disciplina perchè, nella specie nessun procedimento disciplinare è stato iniziato nei confronti dell’appellata).

In conclusione, l'Amministrazione in coerenza con la decisione assunta in ordine alla riammissione in servizio della ricorrente, sul presupposto che non ricorressero i presupposti per protrarre la misura cautelare della sospensione dal servizio in pendenza del procedimento penale avviato nei suoi confronti, non può più avvalersi del potere - dovere di escludere la stessa dagli esami e dagli scrutini, che è misura cautelare analoga a quella della sospensione e strettamente connessa al perdurare dei relativi effetti, e deve pertanto procedere alla valutazione finalizzata alla eventuale promozione alla qualifica superiore, tenendo ovviamente conto in questa sede, sia pure nei limiti propri di una sommaria cognitio ed avendo ben presente che è tuttora impregiudicato l'esito del procedimento penale, anche dei fatti che sono all'origine degli stessi.

4. In conclusione l’appello proposto dal Ministero dell’Interno non può trovare accoglimento e la sentenza impugnata merita conferma.

Le spese e gli onorari del giudizio, che si liquidano in dispositivo, seguono, come di regola, la soccombenza.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effettto, conferma la sentenza impugnata.

Liquida in complessivi 3.000 (tremila euro) le spese e gli onorari del giudizio, spese che pone a carico della parte soccombente.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 25 novembre 2003, in camera di consiglio, con l'intervento dei magistrati:

     Stenio  RICCIO  Presidente

     Dedi   RULLI Consigliere, estensore

     Giuseppe  CARINCI  Consigliere

     Carlo   SALTELLI  Consigliere

     Nicola  RUSSO  Consigliere

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

Dedi Rulli    Stenio Riccio

      IL SEGRETARIO

Maria Grazia Nusca